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I fattori che incidono sulla capacità di ricordare del minore: cause emotive e limiti fisiologici

bilanciamento fra tutela del minore, esigenze di accertamento e garanzie dell’imputato

1. Il minore, vittima e testimone, fra necessità di accertamento e tutela della personalità fragile: le valide ragioni della disciplina derogatoria

1.1 Ricordo e ascolto del minore: aspetti problematici

1.1.1. I fattori che incidono sulla capacità di ricordare del minore: cause emotive e limiti fisiologici

Un tema fra i più dibattuti è quello della capacità dei bambini di ricordare e di riferire correttamente fatti di abuso di cui, il più delle volte, sono gli unici testimoni.2

Questa problematica attraversa trasversalmente ambiti molto diversi fra loro, necessariamente in interazione: quello della psicologia e psicoterapia, quello giuridico e giudiziario, “comportando molte difficoltà nel coniugare le metodologie e gli intenti”.3 In questa sede si approfondirà la problematica del ricordo del minore, con particolare attenzione alle tecniche elaborate nell’ambito della psicologia giuridica ed utilizzate nelle audizioni di bambini, presunte vittime di abusi sessuali.

Le tecniche dell’ascolto giudiziale hanno una loro particolarità che le differenzia da quelle della testimonianza; nella testimonianza ci sono gli interroganti (il giudice, il pubblico ministero, il poliziotto, il difensore) che domandano all’interrogato (il minore), che risponde. La testimonianza del minore abusato pone problemi, a monte, sulle modalità e sulle procedure di intervista che consentano di ottenere le risposte più attendibili ed esaurienti, nonché i contenuti ed i significati più rilevanti ai fini giudiziari e, a valle, sulla valutazione dei risultati dell’intervista attraverso un’analisi delle capacità cognitive dei soggetti minorenni. Nell’ascolto, invece, occorre usare delle tecniche di intervista diverse, affinché il minore sia messo nella condizione migliore per esprimere realmente la sua opinione sull’oggetto del processo che lo riguarda e l’operatore giudiziario o di polizia possa adeguatamente comprendere il suo pensiero.4

Molteplici sono gli ostacoli che incontra il minore nell’esprimere fatti tanto delicati quanto intimi, in un contesto a lui estraneo quale è quello giudiziario, ma altrettanti

2

MAZZONI, La psicologia della testimonianza nei casi di presunto abuso sessuale su soggetti minori: il

problema del ricordo e delle tecniche di intervista in La testimonianza nei casi di abuso sessuale sui minori, Milano, 2000, p. 83

3 MALACREA- LORENZINI, Bambini abusati: linee-guida nel dibattito internazionale, Torino 2002, p. 176. Sulla tematica dell’interdisciplinarità della materia trattata e, quindi, sulla necessità di un coordinamento delle competenze dei vari settori coinvolti anche RECCHIONE S., Le indagini nei casi di

sospetti abusi su minori. La prova dichiarativa debole e la fruibilità degli atti di indagine in Cassazione Penale n. 1/2009, pp. 246 e ss.

sono gli errori in cui può cadere chi è deputato a raccogliere le sue dichiarazioni e a decodificare il messaggio in esse contenuto.5

Il minore che si trova coinvolto, per la prima volta, nell’apparato giudiziario come testimone prova una profonda ansia, poiché si trova di fronte ad una situazione sconosciuta, oltre che paura, per il fatto di essere stato coinvolto in un meccanismo per lui strano e incomprensibile come quello processuale.

Pesante è, inoltre, la percezione dell’incapacità tanto di esprimersi quanto di essere creduti sui fatti raccontati; questa percezione, unita al senso di colpa, di vergogna e di imbarazzo, può aumentare a tal punto lo stato di stress della vittima da renderla davvero incapace di testimoniare.6

Tali sentimenti contribuiscono a rafforzare la naturale dipendenza del minore nei confronti degli “adulti significativi”7

e lo spingono a cercare un sostegno che, però, non sempre questi ultimi sono in grado di fornire. Costoro potrebbero mettere in crisi la testimonianza del minore o trasmettergli “un atteggiamento di drammatizzazione dell’evento” o il timore che loro stessi hanno per l’intervento dell’autorità giudiziaria. La vittima subisce, poi, la paura di poter alterare gli equilibri relazionali della propria famiglia e di perderne l’appoggio, specie se non si attiene a ciò che essa desidera che dichiari,8 essendo costretta ad affrontare emozioni e sentimenti complessi, aggravati dal fatto di rappresentarsi come unico responsabile delle conseguenze delle sue dichiarazioni.9

Se, infatti, l’abuso sconvolge la vita del minore, costui sa che una rivelazione incauta, per quanto unica via di uscita potenziale dall’esperienza traumatica, potrebbe addirittura peggiorare la sua situazione.10

Al di là delle componenti emotive personali, che accompagnano l’esperienza di abuso, esistono altri elementi che ostacolano il ricordo del minore e possono contribuire ad alterarne la veridicità. Va, innanzitutto, considerato che il trauma subito può, di per sé,

5 ROTRIQUENZ, I casi di abuso sessuale su minori: aspetti giuridici, in La testimonianza nei casi di

abuso sessuale sui minori: la memoria, l‟intervista e la validità della deposizione, Milano 2000, p. 26

6

MALACREA, LORENZINI Bambini abusati: linee-guida nel dibattito internazionale, Torino 2002, p. 197

7 ROTRIQUENZ, in op. cit. p. 28

8 Il maggior pericolo di inquinamento delle prove deriva proprio dalla pressione psicologica attuata sul minore dalla famiglia, affinché egli ritratti o taccia su quanto accaduto.

9

ROTRIQUENZ, in op. cit. p. 29. Il minore può alimentare sensi di colpa per l’arresto o l’incarcerazione del familiare e per le conseguenze, anche di tipo economico, che ciò può comportare per l’intero nucleo familiare, nonostante i rimedi introdotti con la legge 154/2001.

distorcere il ricordo in diversi modi.11 Nonostante gli studiosi siano combattuti fra la necessità di ammettere l’esistenza di un meccanismo particolare che spieghi l’amnesia dei ricordi traumatici e quella di ritenerli soggetti ai normali processi di oblio, su un punto c’è consenso unanime: ogni attività sessuale tra adulto e bambino è negativa, in quanto determina nel bambino un trauma da cui originano danni gravi e permanenti.12 Mentre, dunque, appare poco discutibile il fatto che il trauma modifichi il naturale processo della memoria, è invece scarsamente prevedibile il suo effetto, che dipende dalla combinazione di molti fattori. L’intensità e la qualità della traccia mnestica possono essere inversamente proporzionali e l’effetto della ripetitività delle esperienze può funzionare sia come “attivatore” che come “desensibilizzatore” dei ricordi.13

In questa complessità si ravvisa almeno un punto fermo: la persistenza o recuperabilità delle parti centrali del ricordo della vicenda traumatica, che può avvenire quando il soggetto si trovi in una condizione simile a quella in cui è avvenuto l’abuso oppure sperimenti “l‟intrusione di percezioni vivide ed improvvise” oppure ancora quando si creano stati d’animo ed emozioni collegati al momento in cui si è formato il ricordo oppure, infine, attraverso la psicoterapia.14

Un altro ostacolo, di tipo fisiologico, al ricordo dell’esperienza traumatica, quale può essere quella di aver subito un abuso sessuale da un familiare, è rappresentato dai meccanismi di difesa del trauma: si innescano, infatti, numerose dinamiche psicologiche volte a mantenere l’equilibrio personale, almeno temporaneamente, in presenza dell’esperienza traumatica. Da ciò deriva una potente interferenza con i processi puramente cognitivi “di immagazzinamento e rievocazione della traccia mnestica”, già in sé intaccata dal trauma.15 Tali meccanismi sono:

11 MALACREA, LORENZINI in Bambini abusati: linee-guida nel dibattito internazionale. p. 181

12 GALLO, Il bambino come prova: limiti e caratteristiche della testimonianza infantile, in Abuso di

minore e processo penale: ruoli e responsabilità, Padova, 1997, p.189.

13 Gli autori distinguono i modi in cui il trauma può colpire le funzioni mnemoniche in quattro categorie principali: l’amnesia traumatica, che consiste nella perdita o nell’assenza di ricordi riguardanti le esperienze traumatiche; il danno globale alla memoria, che si manifesta attraverso la combinazione della mancanza di ricordi autobiografici,della continua dissociazione e degli schemi di pensiero che includono la vittimizzazione, l’impotenza e il tradimento; la dissociazione, a causa della quale i ricordi non sono immagazzinati nella memoria come frammenti isolati consistenti in percezioni sensoriali o stati affettivi;

l‟organizzazione senso-motoria delle esperienze traumatiche, che indica il fenomeno secondo cui i ricordi

del trauma hanno la tendenza ad essere sperimentati principalmente come frammenti delle componenti sensoriali dell’evento.

14 MALACREA, LORENZINI in Bambini abusati: linee-guida nel dibattito internazionale. p. 186-187

- la rimozione, attraverso cui il soggetto abusato giunge a dimenticare in modo temporaneo o permanente ciò che accaduto, come se il doloroso evento venisse spinto in qualche angolo inaccessibile dell’inconscio;

- la repressione, definita come “un atto cosciente e temporaneo il cui obbiettivo è quello di allontanare momentaneamente un contenuto spiacevole dalla coscienza”;

- la dissociazione, cioè “la perdita o l‟alterazione della capacità di integrare la

coscienza e l‟identità”;16

- la negazione, che consiste nella cancellazione, nel rifiuto o nel diniego della realtà spiacevole, che non viene memorizzata perché ad essa “non è

correttamente attribuito valore emotivo”, quindi il ricordo viene arrestato ancor

prima che si formi.17

Nessuno di questi meccanismi in se stesso impedisce di ricordare, ma può diventare la strategia funzionale attraverso cui il bambino obbedisce all’imperativo di rispettare il segreto, che percepisce fortemente anche senza ingiunzioni esterne: “se la violenza

sessuale è qualcosa su cui è interdetta la comunicazione, tentare di dimenticare può sembrare una buona scelta intorno a cui mobilitare attivamente energie mentali”.18 Il problema relativo al ricordo del minore e alla veridicità del suo racconto si acuisce se le vittime del sospetto di abuso sono bambini in età prescolare. Nonostante gli studi in laboratorio e sul campo di bambini di età inferiore ai sei anni siano rari, a causa delle difficoltà di ottenere un’adeguata collaborazione da bambini così piccoli, sembra trovare unanime consenso la tesi secondo cui questi ultimi dimostrino una certa difficoltà mnestica nel distinguere i fatti realmente accaduti da quelli soltanto fantasticati.19 Essi, infatti, sono inclini a sopravvalutare le loro fantasie e tendono a confondere i ricordi delle fantasie con quelli dei fatti reali, non essendo in grado di

16

Gli autori precisano che il termine “dissociazione”viene utilizzato per riferirsi ad alcuni fenomeni distinti, ma correlati: la frammentarietà sensoriale ed emozionale delle esperienze, la depersonalizzazione al momento del trauma e in seguito, che si manifesta con il “sognare ad occhi aperti” nella vita quotidiana, la repressione di ricordi traumatici entro stati dell’io distinti.

17

MALACREA, LORENZINI, in Bambini abusati: linee-guida nel dibattito internazionale. pp. 189-190

18 MALACREA, LORENZINI in Bambini abusati: linee-guida nel dibattito internazionale. p. 191

19 GALLO, in Il bambino come prova: limiti e caratteristiche della testimonianza infantile, in Abuso di

effettuare un corretto esame della realtà:20 sono, dunque, poco attendibili nei ricordi, in quanto incapaci di separare gli aspetti soggettivi da quelli oggettivi delle loro esperienze e, difficilmente, forniscono verbalizzazioni affidabili, pur risultando, nella maggior parte dei casi, gli unici testimoni degli avvenimenti da appurare.21 Uno dei modi per ottenere, da bambini così piccoli, dei ricordi accurati è quello di sottoporli alla procedura del “ricordo libero”, che consiste nel racconto spontaneo, non guidato da domande specifiche da parte dell’intervistatore. Va, però, detto che il ricordo libero nel bambino in tenera età è sempre molto povero, nettamente inferiore a quello dell’adulto, per cui un bambino riporterà pochissimi momenti dell’episodio che ha vissuto.22

La ricerca ha, poi, messo in luce che la memoria di un evento in un bambino sembra sia migliore se egli è stato personalmente coinvolto e non sia rimasto mero spettatore di esso. Tuttavia una memoria migliore non necessariamente comporta una maggiore resistenza ad un informazione suggestiva:23 i bambini di età inferiore ai 10 – 11 anni sono, infatti, altamente suggestionabili.24

La suggestione può essere definita come “il grado in cui gli individui arrivano ad

accettare e, conseguentemente, incorporare una informazione post-evento nei loro ricordi”: vengono incluse, in tale nozione, le influenze di una vasta gamma di fattori

interni ed esterni al soggetto sui “processi di significazione, immagazzinamento,

recupero e racconto di eventi”. Questa definizione comporta che sia possibile accettare

un’informazione senza che il ricordo reale sia alterato, come accade quando il bambino cede a pressioni relazionali o è consciamente spinto da fattori personali a modificare il

20 Uno dei precursori di tale tesi fu FREUD, che sosteneva che la vita mentale dei bambini piccoli fosse influenzata dalle fantasie, anche di tipo sessuale e che essi, nel ricordare, confondessero le fantasie con le loro esperienze vissute.

21 GALLO in op. cit. pp. 193-194-195

22

MAZZONI La psicologia della testimonianza nei casi di presunto abuso sessuale su soggetti minori: il

problema del ricordo e delle tecniche di intervista in La testimonianza nei casi di abuso sessuale sui minori, Milano, 2000p. 95

23 MAZZONI La psicologia della testimonianza nei casi di presunto abuso sessuale su soggetti minori: il

problema del ricordo e delle tecniche di intervista in La testimonianza nei casi di abuso sessuale sui minori, Milano, 2000, p. 98. L’autrice fa riferimento ai risultati delle ricerche condotte da Rudy e

Goodman nel 1991.

24

GALLO in Il bambino come prova: limiti e caratteristiche della testimonianza infantile, in Abuso di

minore e processo penale: ruoli e responsabilità p. 195 e MAZZONI La psicologia della testimonianza nei casi di presunto abuso sessuale su soggetti minori: il problema del ricordo e delle tecniche di intervista in La testimonianza nei casi di abuso sessuale sui minorip. 99 fa riferimento alle ricerche

condotte sul tema da Bruck e Ceci nel 1995. Secondo DE CATALDO NEUBURGER L., L‟esame del

minore in Abuso sessuale di minore e processo penale: ruoli e responsabilità, Padova 1997, p. 129 i

professionisti, incaricati di intervistare il minore- vittima di un presunto abuso sessuale, devono imparare a temere ed evitare i pericoli che si celano dietro la suggestione, dato che il fattore “suggestione” figura al primo posto fra gli elementi che possono inquinare il risultato di un’intervista.

racconto dei fatti.25 La suggestione indotta al minore può essere “positiva” o “negativa”. Si ha una suggestione “positiva” quando le influenze esterne conducano il bambino a credersi abusato quando non lo è stato o ad amplificare, in termini negativi, il significato delle proprie esperienze: essa sovrappone “al reale corpo dei ricordi prodotti che, pur non appartenendo loro, vengono in essi incorporati confusivamente e, forse, definitivamente”; la suggestione “negativa”, invece, tende a contrastare “il racconto della vittimizzazione” e funge da rinforzo alla tendenza, tanto diffusa in tale ambito, a mantenere il segreto. Questo tipo di suggestione viene attuata, per esempio, quando gli adulti impongano al minore di non raccontare i fatti di violenza o ne minimizzino la gravità.26 Vi sono dei fattori a cui la suggestionabilità è positivamente correlata: i bambini, se piccoli, cedono con grande facilità alla suggestione, se sono interrogati a distanza di tempo, se si sentono intimoriti dall’adulto, se sono suggestionati da domande mal poste o volutamente viziate, se la suggestione viene esercitata da persone affettivamente importanti o, comunque, da soggetti che per il bambino rappresentano un esempio da seguire.27

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