• Non ci sono risultati.

Il D.lgs 81/08 e il sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.

Modelli di Gestione

2.1. Il D.lgs 81/08 e il sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.

Con il d.lgs n. 626 del 1994, adottato in attuazione delle direttive comunitarie degli anni 80-90, si ribalta la concezione in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.

L’aspetto innovativo è rappresentato da un nuovo modello prevenzionistico che mira a realizzare quest’ultima, attraverso un’azione coordinata di datore di lavoro e lavoratori; nonché in virtù di una vera e propria programmazione della sicurezza da realizzarsi con la previsione di una serie di procedure tipo,

da applicarsi a qualunque ambiente di lavoro (113).

I principi informatori delle direttive comunitarie, a cui il medesimo decreto dà attuazione, impongono ai Paesi membri il coinvolgimento di tutti i componenti dell’azienda, in particolare dei lavoratori e l’adozione di prescrizioni minime per migliorare gli ambienti di lavoro.

Queste, appunto nell’ottica di una programmazione della sicurezza, sono fondate sulla valutazione dei rischi cui deve provvedere il datore di lavoro, coadiuvato da apposite strutture (come il servizio di prevenzione e protezione e il medico competente), attraverso l’individuazione e l’eliminazione o riduzione al minimo dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori. Nonostante l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico di tale innovativo corpo normativo, tuttavia il fenomeno degli infortuni sul lavoro ha mantenuto un’elevata criticità in termini di allarme sociale.

Per tale ragione, negli anni successivi all’approvazione del d.lgs 626/94, il tema del contrasto agli incidenti sul lavoro è stato posto al centro del dibattito politico e giuridico del nostro Paese. In un tale contesto si inserisce la legge 3 agosto 2007, n. 123 che, nel pieno rispetto dell’art. 117 cost. (il cui terzo comma attribuisce alla competenza ripartita tra Stato e regioni la materia della tutela e sicurezza del lavoro), si prefigge di armonizzare leggi vigenti, in una logica unitaria ed innovativa. Tale legge, all’art. 1, comma 2, 








(113) L. FANTINI – A. GIULIANI, Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, Milano, 2011, pp. 6-7.


individua diciannove criteri di delega attuati con il combinato disposto del d.lgs 2008, n. 81 e del dlgs 2009, n. 106.

L’obiettivo del Testo Unico di salute e sicurezza sul lavoro è quello di coordinare e razionalizzare buona parte della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro “[…] garantendo l’uniformità della tutela delle

lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”, “nel rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia”, nonché dell’assetto delle competenze tra Stato e Regioni (articolo

1, secondo capoverso).

A questo riguardo l’art. 117, comma 3 Cost., così come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, ricomprende la tutela e sicurezza del lavoro tra le materie riservate alla potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni; mentre il successivo comma 4 attribuisce alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. A tali enti è dunque consentito legiferare in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ma nel rispetto dei principi fondamentali e dei minimi di tutela concernente i diritti civili e sociali determinati dallo Stato.

Il coordinamento e la razionalizzazione della materia di salute e sicurezza sul lavoro messi in atto dal d.lgs 81/2008, pur ricomprendendo la massima parte delle disposizioni applicabili in questo ambito, tuttavia non può considerarsi esaustivo dell’intera materia.

Parte della dottrina infatti, qualifica il provvedimento come un “codice” della salute e sicurezza, più che un “vero Testo Unico”, essendo privo di quella onnicomprensività che dovrebbe essere caratteristica imprescindibile

di quest’ultimo (114).

In particolare, in via esemplificativa, non sono confluite nel d.lgs n. 81/2008 le disposizioni sulle industrie estrattive e a cielo aperto (d.lgs 25 novembre 1996, n. 624) e quelle sulla radioprotezione (d.lgs 17 marzo 1995, n. 230); sulla maternità (d.lgs 2001, n. 151) e in tema di orario di lavoro (d.lgs n. 66 del 2003).










(114) P. PASCUCCI, 3 agosto 2007 – 3 agosto 2009. Due anni di attività legislativa per la salute e sicurezza dei lavoratori, Fano, 2001, p. 50.


Inoltre, non vi è uniformità di tutela con riguardo alle differenze di genere, di

età e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati(115).

Non possono, infatti, considerarsi abrogate, oltre alle disposizioni per la tutela del lavoro femminile, quelle per la tutela dei bambini e degli

adolescenti e in caso di prestazione di lavoro notturno (116).

Dal punto di vista sistematico il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro si compone di un primo titolo che sta in rapporto genus – species con i successivi.

Nel titolo primo si rinvengono infatti le disposizioni applicabili ad ogni soggetto e ad ogni ambiente di lavoro, mentre nei successivi le regole applicabili alle materie di specifico interesse.

In virtù del rapporto genere – specie descritto, l’applicazione di dette disposizioni è sempre necessaria, mentre quella dei titoli speciali è eventuale e comunque sempre concorrente con quella del titolo primo. Così ad esempio, la disciplina generale in ordine alla valutazione del rischio va integrata con quella peculiare di cui al Titolo IX del Testo Unico, ove sussista in concreto un rischio relativo all’uso di sostanze pericolose.

Il legislatore ha dunque scelto di individuare una struttura che ricorda il previgente provvedimento in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ossia il d.lgs 624/1994 ed ha innestato su di essa di volta in volta le norme di specifico interesse provenienti da molte fonti (quali soprattutto, i decreti del

Presidente della Repubblica degli anni Cinquanta) (117).

È nel titolo primo che sono contenute le maggiori novità della riforma come: l’ampliamento del campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza, sia da un punto di vista oggettivo che soggettivo, come si deduce dalla combinazione degli artt. 2 (Definizioni) e 3 (Campo di

applicazione).










(115) A. ZINI, Il quadro normativo per la tutela della salute dei lavoratori dopo il decreto legislativo n. 81 del 2008, in La prevenzione dei rischi e la tutela della salute in azienda. Il T.U. e decreto correttivo n. 106/2009, IPSOA, p. 31.


(116) In particolare art. 14 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 <<Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro >>, pubblicato nella G.U. n. 87 del 14 aprile 2003, S.o. n. 61.


(117) M. TIRABOSCHI, La tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dopo il

decreto legislativo n. 106 del 2009: il nuovo testo unico , Milano, 2009, p. 24.

Tali disposizioni sono, infatti, ora riferite a tutti i lavoratori, senza differenziazioni di tipo formale, in applicazione del principio di effettività della normativa antinfortunistica.

L’estensione riguarda anche tutti i datori di lavoro, indipendentemente dal numero dei lavoratori impiegati e dal settore di attività cui appartengono le loro aziende.

Non a caso il testo unico definisce queste come “il complesso della struttura

organizzativa del datore di lavoro pubblico o privato”.

L’area di tutela è inoltre parzialmente estesa alle tipologie del lavoro autonomo e ad alcune forme di impresa (in particolare all’impresa familiare, ai piccoli imprenditori e alle società semplici operanti nel settore agricolo), in precedenza escluse.

Da un punto di vista oggettivo invece, la definizione di luogo di lavoro viene fatta coincidere al limite con il domicilio del lavoratore (a distanza) e include anche “i campi, i boschi e altri terreni facenti parte di un’azienda agricola o

forestale” (art. 62, comma 1, lett. b)) (118).

Inoltre, vengono incluse nel campo di applicazione del decreto e sono da specificare nella valutazione dei rischi, tutte le tipologie di rischio, incluso lo

stress lavorativo.

Altri elementi innovativi sono la creazione di un sistema informativo per la condivisione e circolazione di notizie sugli infortuni; il finanziamento delle azioni promozionali private e pubbliche; il rafforzamento delle prerogative delle rappresentanze in azienda; l’individuazione e l’inasprimento delle sanzioni a carico dei soggetti obbligati.

Un tratto altrettanto innovativo che merita una trattazione a sé è rappresentato dalla disciplina relativa alla responsabilità amministrativa degli enti.










(118) A. ZINI, Il quadro normativo per la tutela della salute dei lavoratori dopo il dicreto legislativo n. 81 del 2008 in La prevenzione dei rischi e la tutela della salute in azienda. Il T.U. e decreto correttivo n. 106/2009, IPSOA, p. 28.


L’art. 30 infatti attribuisce efficacia esimente di detta responsabilità amministrativa, all’adozione del modello di organizzazione e di gestione(119).

È questa una prescrizione conseguenza della scelta della legge 123/2007 di estendere ai reati colposi in tema di salute e sicurezza dei lavoratori, la responsabilità amministrativa dei soggetti giuridici, ai sensi del d.lgs 231/2001, secondo il criterio descritto, confermato dall’art. 30 dello stesso

d.lgs. 81/2008 (120).

L’art. 2, comma 1, lett. dd) di quest’ultimo definisce “modello di

organizzazione e di gestione il modello organizzativo e gestionale per la definizione e l’attuazione di una politica aziendale per la salute e sicurezza”, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lettera a) e, secondo Golzio, ai

sensi del comma 2, lettera b) del d.lgs n. 231/2001, il quale a sua volta precisa che i modelli di organizzazione devono prevedere “protocolli diretti

a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’Ente” (121). Le due definizioni rendono esplicita la funzione dei modelli di organizzazione, quale è la formazione e la realizzazione della politica aziendale per la salute e la sicurezza che, a sua volta, ha come scopo la salute di tutti gli attori coinvolti nell’attività aziendale, ovvero “lo stato completo di

benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in assenza di malattia o d’infermità” (art. 2, lettera o)).

La politica aziendale circa la salute dei lavoratori consiste nell’insieme delle decisioni strategiche prese dall’Alta Direzione per definire gli obiettivi generali di prevenzione da perseguire e quelle operative, prese successivamente dagli attori gerarchicamente inferiori (dirigenti e preposti) nei confronti dei lavoratori per gestire la sicurezza, ovvero realizzare gli obiettivi gestionali specifici.

Oltre alla finalità, l’art. 30 indica altri due elementi progettuali necessari a dare concretezza al modello di organizzazione e gestione. Si tratta delle 








(119) E. GRAGNOLI, Il quadro normativo per la tutela della salute dei lavoratori dopo il

dicreto legislativo n. 81 del 2008 in La prevenzione dei rischi e la tutela della salute in azienda. Il T.U. e decreto correttivo n. 106/2009, IPSOA , p. 409.


(120) V. MARRA, Modelli di organizzazione e di gestione in ZOPPOLI, PASCUCCI,

NATULLO (a cura di), Le nuove regole per la sicurezza e la salute dei lavoratori, Torino, 2008, pp. 483 ss.


(121) L. E. GOLZIO, La prevenzione dei rischi e la tutela della salute in azienda. Il testo unico e le nuove sanzioni a cura di Francesco Basenghi, 2008.


attività da organizzare e dei criteri di progettazione organizzativa dei modelli.

Tali attività, che devono essere documentate e registrate nei sistemi operativi dedicati, danno luogo a due modelli distinti di cui il primo è diretto alla prevenzione rischi, mentre il secondo a gestire l’eventuale insorgere delle situazioni di crisi.

Il modello per la prevenzione dei rischi si articola nella valutazione dei rischi (c.d. risk assment); nella politica aziendale del datore di lavoro; nella gestione dei programmi di prevenzione da parte dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori nello svolgersi della gestione corrente (il c.d. safety

management); nella formazione, nell’addestramento e nell’informazione

delle persone titolari di tutti i ruoli aziendali attraverso l’apprendimento di competenze specifiche (la c.d. safety education and training); nell’analisi degli incidenti e dei mancati incidenti (la c.d. accident investigation) da parte dei ruoli specialisti (medico competente, RSSP), nel controllo e nelle sanzioni previste circa l’operato dell’attività effettiva di prevenzione rispetto a quella programmata.

Il modello di organizzazione per la gestione delle crisi invece, è l’insieme dei ruoli che intervengono nelle crisi; delle loro modalità specifiche di funzionamento, spesso sintetizzate nei piani di emergenza; delle attività (tecniche, di formazione, etc…) da mettere in atto una volta superata la fase acuta della crisi, per garantire il ritorno a condizioni normali di funzionamento.

Per quanto riguarda i criteri di progettazione organizzativa dei modelli, l’art. 30 fa riferimento al concetto di “sistema di gestione della sicurezza del

lavoro “ (SGSL) definito dall’OHSAS 18001/199 come “parte del sistema complessivo che facilita la gestione dei rischi per la salute e sicurezza del lavoro associati al business dell’organizzazione. Include la struttura organizzativa, le attività di pianificazione, le responsabilità, le pratiche, le procedure, i processi e le risorse necessarie per lo sviluppo, l’implementazione, la revisione ed il mantenimento della politica della sicurezza del lavoro dell’organizzazione”.

Si tratta del risultato operativo di Linee guida elaborate da enti di natura governativa (come l’INAIL e l’ISPESL) e non (come le Nazioni Unite) e, si

traduce nella qualificazione della forma organizzativa esistente in impresa, in modo da includere e regolare la prevenzione dei rischi. Tali Linee guida, come specificato nella premessa, non hanno efficacia normativa, né sono una specifica tecnica utilizzabile a scopo di certificazione di parte terza; piuttosto, enfatizzando il principio di volontarietà del SGSL, sono uno strumento per superare le difficoltà legate alle differenti dimensioni e

caratteristiche aziendali (122).

Tuttavia, ciò non impedisce di considerare la gestione della salute e della sicurezza sul lavoro “parte integrante della gestione generale dell’azienda“, secondo la definizione data dallo Standard BS OHSAS 18001:2007.

La “bontà organizzativa” infatti, non può prescindere da una visione di insieme di tutte le attività aziendali, dal momento che queste si intrecciano e influenzano reciprocamente. In ogni caso, sia secondo le Linee guida dell’UNI-INAIL, che secondo lo standard OHSAS 18001 del British

Standards Institute, deve trattarsi di un sistema “reale”, che non prescinde

dalle peculiarità di ogni singola organizzazione e dalla capacità di influenzare i comportamenti umani. Sono dunque da stigmatizzare quelle scelte solo formalmente ineccepibili, che fanno della gestione della sicurezza una mera elencazione di intenti. Per rendere reale tale sistema è necessaria una politica documentata, attuata e mantenuta attiva; nonché conosciuta da tutti i soggetti dell’azienda e dalle altre parti interessate (come ad esempio i clienti, i fornitori e i visitatori).

La necessità di proceduralizzare riguarda anche quelle misure reattive il cui fine è quello, non di impedire l’evento indesiderato, ormai accaduto, ma di eliminarne e mitigarne le conseguenze.

Tale previsione smentisce la tesi che ricollega all’accadimento indesiderato l’automatica inefficacia del sistema; piuttosto la sua validità si basa sull’obbligo di adottare azioni correttive ogni qualvolta emerga una non conformità giuridica o di sistema.

Ciò richiede la programmazione di una serie di audit interni, con lo scopo di verificare la conformità del sistema alle decisioni pianificate; nonché 








(122) A. ANDREANI, I modelli di organizzazione e di gestione, in Il nuovo diritto della

sicurezza sul lavoro, a cura di M. PERSIANI e M. LEPORE, UTET Giuridica, 2012, pp. 481 ss.

un’analisi degli incidenti che, in forma documentata, deve riguardare tutti gli eventi che hanno provocato o avrebbero potuto provocare una malattia o una lesione123.

Le Linee guida dell’UNI-INAIL hanno il loro capostipite nelle “Linee Guida” BS 8800 emanate dal British Standards Institute nel 1996 che, a differenze di quelle attualmente vigenti, avevano il limite di non seguire

completamente gli standard relativi alla “soddisfazione del cliente” (124).

È questo un criterio con origini remote, presente già nel codice Hammurabi stilato durante il regno del re babilonese Hammurabi (1792-1750 avanti Cristo) e alla base delle regole che disciplinano le Corporazioni, allo scopo di perpetrare le modalità di lavoro del “maestro”.

Per lungo tempo, nella ricerca del buon risultato, ci si rivolse al prodotto e non al processo necessario per realizzarlo. La svolta si ebbe alla fine della seconda guerra mondiale, grazie al Giappone che, per uscire dalla grave crisi economica in cui era sprofondato a causa della sconfitta bellica, introdusse nella produzione industriale gli insegnamenti di William Edwards Deming. Il consulente statunitense teorizzò la possibilità per le aziende di aumentare la qualità e contemporaneamente ridurre i costi, impostando la produzione come un sistema, piuttosto che dividerlo in fasi. Le “specifiche tecniche” vengono così integrate con le “specifiche organizzative”, per cui si passa dalla semplice rimozione dei prodotti non conformi, alla progettazione di un sistema capace di ridurre la possibilità di generare errori in ogni fase del ciclo produttivo. A partire dagli anni 80 questo approccio iniziò ad essere applicato anche nell’industria occidentale, nell’ambito della tutela della qualità e dell’ambiente, per poi estendersi alla sicurezza.

La forma organizzativa qualificata dal sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro dipende da tre variabili che sono: la struttura organizzativa, i sistemi operativi ed il potere organizzativo.

La struttura organizzativa è costituita dall’insieme dei ruoli che riflette la divisione delle attività aziendali, intendendo per ruolo il modello di comportamento organizzativo atteso, definito dalle attività, dalle relazioni e 








(123) A. ANDREANI, I modelli di organizzazione e di gestione, op. cit., pp. 481 e ss..

(124) A. ANDREANI, I modelli di organizzazione e di gestione, op. cit., p. 484.

dalle responsabilità che il singolo individuo, titolare di esso è tenuto ad adottare. I sistemi operativi sono l’insieme delle norme e procedure che qualificano ulteriormente, in modo specifico, il comportamento organizzativo definito dai ruoli.

La struttura organizzativa a livello macro è rappresentata dall’organigramma aziendale che deve riportare gli organi e i ruoli specialistici previsti dal Testo Unico, quali: il servizio di prevenzione e protezione e il relativo responsabile, il medico competente, le squadre antincendio e di emergenza, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

Tali organi possono avere una diversa collocazione organizzativa e cioè, alle dirette dipendenze del datore di lavoro in modo distinto, o in unica unità che ricomprenda il medico competente, il servizio di prevenzione e protezione, il controllo qualità e la prevenzione ambientale, sebbene sempre alle dirette dipendenze del datore di lavoro.

Il vantaggio di questa seconda scelta, ispirata al modello europeo integrato

Healt, Environment, Quality, Safety (HEQS), è quello di ridurre il c.d. spano of control, cioè l’ampiezza di supervisione del datore di lavoro, così da

migliorare il coordinamento tra gli organi specialistici.

La struttura organizzativa a livello micro invece è rappresentata dalla descrizione del singolo ruolo o mansionario o job description, attraverso la specificazione sia delle attività che delle responsabilità corrispondenti: dal datore di lavoro, ai dirigenti, preposti e ai singoli lavoratori, nonché dei

ruoli di rappresentanza sindacale (125).

Un problema progettuale riguarda la concezione del ruolo del Responsabile del servizio prevenzione e protezione. Si tratta cioè di stabilire se le sue responsabilità debbono essere assolte nel ruolo dell’alleviatore o del conferitore (126).

L’uno privilegia la dimensione tecnica e induce il Responsabile di prevenzione e protezione ad intervenire direttamente con le sue competenze nella prevenzione dei rischi; l’altro privilegia la dimensione di servizio nel senso che fornisce al suo cliente interno tutte le competenze (spesso esterne). 








(125) L. E. GOLZIO, La prevenzione dei rischi e la tutela della salute in azienda. Il testo unico e le nuove sanzioni a cura di Francesco Basenghi, 2008.


Nelle imprese italiane è adottato in prevalenza il ruolo dell’alleviatore, mentre il legislatore, auspicando la prevenzione partecipata, predilige il ruolo del conferitore.

I sistemi organizzativi rilevanti ai fini della prevenzione sono: il sistema delle decisioni che consente la formulazione della politica aziendale di salute e sicurezza; il sistema informativo che formalizza la valutazione dei rischi, la rilevazione ed elaborazione dei dati sulle situazioni di rischio, gli incidenti e gli infortuni; il sistema della comunicazione che si distingue in interna ed esterna come nel caso della riunione periodica di cui all’art. 35; il sistema di programmazione e controllo che assicura l’autonomia di spesa; il sistema della formazione e quello di valutazione delle prestazioni.

I sistemi nei quali in particolare si innesta la prevenzione e la sicurezza sono quello informativo, delle comunicazioni, di programmazione e di controllo, della formazione, della valutazione delle prevenzioni.

Il sistema informativo richiede una comunicazione mirata nei confronti di tutti i destinatari dettagliatamente indicati nel testo unico, circa la conoscenza del modello organizzativo.

Altra parte importante del sistema informativo riguarda invece la rilevazione documentata dell’attività di controllo e, in particolare, quella dell’analisi, sia degli eventi dannosi (la c.d. accident investigation), che di quelli mancati (c.d. near miss).

Affinché il sistema operativo di programmazione e controllo consenta di esercitare il controllo richiesto dal legislatore sull’assolvimento delle responsabilità, è necessario lo stanziamento di risorse dedicate specificamente alla prevenzione.

Ciò implica un intervento sul sistema contabile che consenta di registrare in modo distinto le risorse da destinare alla prevenzione e al risarcimento dei danni.

L’ultima componente della forma organizzativa è costituita dal potere organizzativo, che rappresenta “l’assetto della distribuzione dell’influenza

all’interno dell’azienda, sia tra i vari organi, sia tra i vari livelli gerarchici”

(127).










(127) L. E. GOLZIO, La prevenzione dei rischi e la tutela della salute in azienda. Il testo unico e le nuove sanzioni a cura di Francesco Basenghi, 2008.


Dunque, anche la sicurezza rappresenta uno dei “giochi organizzativi” tipici della realtà aziendale, che consente a ciascun attore di ritagliarsi i propri ambiti di autonomia e di influenza, attraverso la propria strategia di potere