Modelli di Gestione
2.2. La valutazione dei rischi.
La concezione procedurale della tutela della sicurezza, prevista dal d.lgs 81/2008, dalla normativa interna antecedente e dalle direttive comunitarie,
impone di identificare in modo razionale e completo i rischi(132).
Ciò è reso possibile dalla valutazione di questi che rappresenta “il punto di
intersezione fra la salvaguardia della persona e la pianificazione dell’organizzazione aziendale” (133).
Secondo l’art. 2, comma 1, lettera q), d.lgs 81/08, si tratta dell’attività di “valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza
dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi presentano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza”.
Se ne deduce che detta valutazione si compone di tre fasi principali, quali: la valutazione di tutti i rischi, l’individuazione di misure adeguate volte a prevenire e proteggere i lavoratori a rischio, l’effettuazione di una programmazione attraverso la quale perseguire il miglioramento dei livelli di
protezione e prevenzione (134).
La generalizzazione dei rischi che un’azienda affronta è sempre molto difficile, poiché questi si differenziano in base alle caratteristiche specifiche della stessa, ai diversi mercati di riferimento, alle modalità di produzione dei beni e dei servizi.
Alcuni rischi sono immediatamente identificabili, come quelli connessi al verificarsi di un evento accidentale; altri richiedono un procedimento di analisi più o meno approfondito, come quelli che hanno origine da un
(132) V. MONTUSCHI, Aspettando la riforma: riflessioni sulla legge n. 229 del 2003 per il riassetto in materia di sicurezza sul lavoro in Aa. Vv., Studi in onore di Giorgio Ghezzi, Padova, 2005, II, pp. 20 ss; V.F. CARNICI, La telenovela del testo unico sulla sicurezza: la nuova delega con qualche succosa anticipazione in Arg. Dir. lav., 2008, pp. 343 ss.; NATULLO, La tutela dell’ambiente di lavoro, Torino, 1995, pp. 35 ss.
(133) V. MONTUSCHI, Diritto alla salute e organizzazione del lavoro in Aa. Vv., Tutela
dell’ambiente di lavoro e direttive Cee, Rimini, 1991, 385 ss.
(134) M. TIRABOSCHI, La tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dopo il
decreto legislativo n. 106 del 2009: il nuovo testo unico, op. cit., p. 549.
comportamento umano o da un processo organizzativo, che coinvolge e comprende più individui e operazioni.
Vi sono più modi per identificare i rischi, sebbene l’approccio più efficace preveda la combinazione degli stessi. Sono tali: l’esame della documentazione storica dell’impresa, l’esistenza di checklist assicurative, l’esame dei processi aziendali, l’analisi dei dati economici dell’impresa, le interviste e i questionari sottoposti ai dipendenti, volti ad identificare le principali debolezze dell’organizzazione.
Ad essere presi in considerazione sono solo i rischi più critici, essendo impossibile e antieconomico la gestione della totalità. Tale criticità si determina in base all’entità del danno causato da un evento e alla probabilità che il danno si verifichi. Moltiplicando la probabilità per il danno, si misura il danno potenziale. Secondo una classificazione per categorie generali, basata sul grado di criticità, si distinguono i rischi trascurabili, quelli rilevanti e quelli critici.
Sono trascurabili quelli che arrecano un danno trascurabile o con una esigua probabilità di accadimento. Come tali possono essere tralasciati in sede di allocazione delle risorse per il controllo; sono rilevanti quelli che hanno alla base il verificarsi di un evento che può potenzialmente provocare danni all’operatività dell’organizzazione, anche senza comprometterne la sopravvivenza; sono critici quelli caratterizzati da un danno elevato e da una probabilità di accadimento significativa. Alla loro concretizzazione seguono eventi che potrebbero compromettere la sopravvivenza dell’impresa; dunque non sono controllabili, né prevenibili.
Nella fase dell’identificazione dei rischi che precede la loro valutazione deve inoltre essere definito il rischio accettabile, ovvero quel livello di rischio al di sopra del quale i vertici aziendali ritengono necessario un intervento di controllo.
Tale definizione può avvenire prima di stilare una graduatoria di criticità dei rischi o in sede di determinazione dei controlli. In questo secondo caso però deve comunque esistere almeno un’indicazione dei danni che l’impresa può sostenere senza mettere in pericolo la propria sopravvivenza, così da poter definire la graduatoria di criticità.
Tra i rischi da identificare vi sono quelli di commissione dei reati da parte di coloro che operano a favore e nell’ambito dell’organizzazione aziendale. Questi possono dipendere da diversi fattori specifici in relazione al settore di attività, alle modalità operative dell’impresa e alla sua organizzazione interna. La probabilità di commissione di un reato dipende da componenti soggettive della persona del reo e da alcuni fattori oggettivi propri dell’impresa, come ad esempio, la mancanza di controlli interni, l’eccesso di delega, l’assenza di linee gerarchiche e di feddback informativi.
La capacità di intervento delle imprese è quasi esclusivamente limitata alle componenti oggettive, anche se queste, a loro volta, possono avere effetti e influenza su fattori soggettivi. Nella valutazione dei rischi si devono prendere in considerazione i rischi dei reati previsti ex d.lgs. 231/2001, caratterizzati da maggiore probabilità di accadimento, mentre riveste minore importanza la determinazione del danno, essendo questo già stabilito a priori
dalle autorità in termini di sanzioni (135).
La valutazione dei rischi ha alla base una concezione procedurale, che ne ha determinato una regolazione minuziosa e spesso sovrabbondante per la reiterazione dell’idea dell’onnicomprensività dell’oggetto, del suo dover essere “globale e documentato”, così da investire “tutti i rischi per la salute
e la sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività” e da “individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione”. (art. 2, comma 1, d.lgs 81/08).
Il legislatore ha cioè imposto al datore di lavoro la descrizione dettagliata dei possibili pericoli e delle corrispondenti regole da dettare, sottolineando più volte come la valutazione debba soffermarsi sulla “scelta delle attrezzature
di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati”, sulla “sistemazione dei luoghi di lavoro”, su “tutti i rischi per la sicurezza e la salute”, su “quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”, sui pericoli “collegati allo stress lavoro” (art. 28, d.lgs 81/08).
Il carattere globale e documentato della valutazione emerge da molti altri riferimenti normativi , come la prescrizione circa la necessità di definire sia il rischio, sia il pericolo (art. 2, comma I, idem), o sull’obbligo di stendere
una relazione scritta sulla valutazione dei rischi, specificando i criteri adottati per la stessa, la cui scelta è rimessa al datore di lavoro (art. 28, comma 2, lett. a), idem).
Anche la tempestività della valutazione, da effettuarsi entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività, è da ricollegarsi alla sua onnicomprensività ex art. 28, comma 3 bis, idem.
In questo modo si assicura cioè che la considerazione dei pericoli sia contestuale al cominciare della funzione produttiva, così da garantire la
rapida adozione delle misure di prevenzione corrispondenti (136).
Chi trova stilisticamente stucchevole e prolisso la continua precisazione dei molteplici profili oggetto della valutazione dei rischi, ritiene che questi siano già insiti nella stessa categoria dell’art. 28. Il datore di lavoro deve cioè considerare in via prognostica qualunque fattore incidente sulla sicurezza, a prescindere dalla sua natura e dal fatto che esso dipenda dall’organizzazione
dei beni strumentali (137).
La nozione di “ tutti i rischi” ex art. 2, idem ricomprende, infatti, di per sé, a prescindere da ulteriori elencazioni, anche quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.
È questo il caso dei lavoratori esposti allo stress lavoro-correlato, delle lavoratrici in stato di gravidanza, dei lavoratori soggetti a rischi connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi. Sono rischi particolari anche quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro.
Si tratta dei lavoratori con contratti atipici e temporanei, rispetto ai quali i rischi relativi ad uno stesso pericolo sono comparativamente più elevati rispetto alla media dei lavoratori.
Ciò per la breve durata del rapporto di lavoro e per la mancanza di uno stabile inserimento in un determinato contesto organizzativo e produttivo. Questa integrazione è stata disposta dal d.lgs n. 106 del 2009, che tuttavia, non ha esaurito l’elenco dei rischi particolari.
(136) E. GRAGNOLI, La nozione di valutazione dei rischi, in La nuova sicurezza in azienda.
commentario al Titolo I del D.Lgs. n. 81/2008, Edizioni 81-2008 (a cura di) Giuseppe Santoro Passarelli, Wolters Kluwer Italia, 2008, pp. 393 e ss.
Spetta al datore di lavoro valutare i rischi propri delle attività di ogni singolo lavoratore, predisponendo le misure di prevenzione più idonee in relazione alle mansioni affidate al medesimo. Al carattere globale della valutazione si affianca quello documentale che ha dato vita ad una riflessione critica sulla sua capacità di dare effettività al diritto di sicurezza, cioè di assicurare realmente la ricerca delle aeree di pericolo.
Favorevole ad una visione ottimistica è Monda, il quale rinviene nell’obbligo di valutazione dei rischi una mera specificazione dell’art. 2087 c.c..
Quest’ultima norma infatti, contenendo un’obbligazione di risultato, presenta una dimensione teleologica, senza specificare le prestazioni richieste e le sue caratteristiche (138).
Ne consegue la necessità, ai fini della sua attuazione, di una previa selezione razionale delle regole cautelari, che a sua volta implica una conoscenza dei pericoli, realizzabili appunto con il compimento della valutazione dei rischi. In questo senso l’art. 2087 c.c. e l’art. 28 del d.lgs 81/08 sono in sintonia, con la differenza che questa seconda norma accentua la dimensione procedurale dell’intervento volto all’identificazione dei pericoli e all’elaborazione di contromosse proporzionate.
Concorde con questa prospettiva è l’art. 17, primo comma, lett. a), d.lgs 81/08 che esclude la possibilità di delegare la valutazione dei rischi poiché, in quanto perno della complessiva organizzazione, non può che spettare all’imprenditore.
Un tale divieto sussiste a prescindere dalle dimensioni dell’impresa, come
precisato da giurisprudenza sia di merito che di legittimità (139).
Tutti i datori di lavoro sono infatti tenuti ad effettuare la valutazione dei rischi, con la differenza che per quelli che occupano fino a 10 lavoratori vi è l’obbligo di redigerla sulla base delle procedure standardizzate.
La possibilità di ricorrere all’autocertificazione non è però ammessa in alcune realtà come le aziende industriali, in particolare negli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose soggette all’obbligo di notifica o
(138) V. MONDA, La valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori in ZOPPOLI, PASCUCCI, NATULLO (a cura di ), Le nuove regole per la salute e la sicurezza dei lavoratori, Torino, 2008, pp. 327 ss.
(139) Cass. pen., sez. IV, 10 dicembre 2008, n. 4123 in Dir. prat. lav., 2009, p. 751; Trib. Nola, 18 febbraio 2008, in Rep. Giur.. it, 2008, Trib. Nola 28 febbraio 2006, in Corr. merito, 2006, p. 756.
rapporto; le centrali termoelettriche; gli impianti e le installazioni nucleari; le aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni; le strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre
cinquanta lavoratori (140)
Merita precisare che la valutazione non è un adempimento episodico, ma accompagna, attraverso una procedura continuativa, l’intera esistenza dell’impresa.
Essa deve cioè essere “immediatamente rielaborata”, ogni qualvolta il processo produttivo e l’organizzazione subiscono modifiche significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, ora a seguito di infortuni, ora per effetto di innovazioni, ora di revisioni indotte dall’acquisizione di un più elevato “grado di evoluzione della tecnica” (art. 29, comma 3, d.lgs 81/08). L’obbligo di aggiornamento in conseguenza di innovazioni tecniche si ricollega all’art. 2087 c.c. che obbliga l’imprenditore ad adottare nell’esercizio dell’impresa “le misure che, secondo la particolarità del
lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Se ne deduce che in materia di tutela della salute e sicurezza non è sufficiente la media diligenza, come nel caso del buon padre di famiglia o del buon professionista, ma è necessario un adeguamento permanente allo
stato della tecnica (141).
Quanto alle modalità di valutazione dei rischi, ai sensi dell’art. 28, comma 2 d.lgs, deve trattarsi di un testo scritto “redatto nel rispetto delle previsioni di
cui all’art. 53…su supporto informatico – dunque è consentito l’impiego di
sistemi di elaborazione automatica dei dati - e munito […] di data certa o
attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro”, con la firma “del responsabile del servizio di prevenzione e di protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato”.
(140) TIRABOSCHI, La tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dopo il decreto legislativo n. 106 del 2009: il nuovo testo unico, in Il testo unico della salute e sicurezza sul lavoro dopo il correttivo (D.Lgs. n.106/2009), Edizioni 81-2008, (a cura di) Michele Tiraboschi, Lorenzo Fantini, Giuffrè Editore, 2009 - 1214 pagine, p. 550.
(141) M. TIRABOSCHI, La tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dopo il decreto legislativo n. 106 del 2009: il nuovo testo unico, op. cit. p. 552.
Tali ulteriori sottoscrizioni sarebbero rilevanti solo ai fini della prova della data, secondo il suggerimento dell’art. 28, comma 2, idem; invece secondo Grignoli detti soggetti, poiché partecipano alla valutazione dando contributi specifici secondo le loro competenze, con la loro firma non si limitano a confermare la data di predisposizione dell’atto, ma ne ribadiscono la loro
partecipazione (142).
Sebbene il datore di lavoro sia il protagonista attivo della funzione prevenzionale, non va persa di vista la natura partecipata del processo di valutazione, funzionale ad ottenere il coinvolgimento attivo di tutte le parti in causa nella ricerca delle soluzioni più efficaci e nella loro applicazione. In questa prospettiva si colloca l’obbligatoria partecipazione dei lavoratori, attraverso il loro rappresentante, che è al contempo una specifica risorsa tecnica e collettore delle specifiche conoscenze ed esperienze dei lavoratori medesimi.
Partecipano al processo aziendale anche i dirigenti e preposti, come anche i progettisti, i fabbricanti, i fornitori e gli installatori, che devono fornire informazioni relative a criteri, ambiti e limiti per l’utilizzazione di ambienti,
impianti e strumenti di lavoro (143).
L’apposizione al documento di valutazione dei rischi della data certa è una delle novità di rilievo introdotte dall’art. 28 del d.lgs 81/08 ed ha lo scopo di combattere la tendenza di retrodatare il documento stesso.
Su tale requisito è intervenuto il Garante per la protezione dei dati personali fornendo alcuni chiarimenti che lo ha ricollegano con la comune disciplina civilistici in materia di prove documentali, ossia agli artt. 2703, 2704 e 2705 del c.c.. Tali norme elencano gli strumenti per attribuire data certa ai documenti, consentendo di provare tale data anche in riferimento a ogni “fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione
del documento”.
La legge n. 325/2000 presuppone quindi che il documento in questione sia collegabile ad un fatto oggettivo attribuibile al soggetto che lo invoca, ma
(142) E. GRAGNOLI, La nozione di valutazione dei rischi, op. cit., p. 401.
(143) P. MASCIOCCHI, La corretta esecuzione della valutazione dei rischi come strumento per
ridurre la responsabilità, in Sicurezza sul lavoro: profili di responsabilità. Adempimenti, procedure, formulario, Wolters Kluwer Italia, 2010, pp. 800 ss.
sottratto alla sua esclusiva sfera di disponibilità ed elenca tutti i possibili strumenti idonei ad assegnargli data certa: dal ricorso alla posta elettronica certificata, all’apposizione di autentica, al deposito del documento o vidimazione di un verbale, in conformità alla legge notarile, alla registrazione o produzione del documento a norma di legge presso un ufficio pubblico.
Si tratta in ogni cosa di procedure di una certa complessità, per ovviare alla quale il d.lgs 2009, n. 106 ha stabilito, in alternativa alla data certa, la possibilità dell’attestazione della sottoscrizione del documento da parte del datore di lavoro, nonché, ai soli fini della prova della data, della sottoscrizione per presa visione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato.
Si è voluto così evitare di gravare le imprese di un onere amministrativo piuttosto pesante in termini gestionali e ribadire la natura condivisa del documento di valutazione del rischio.
Così disponendo si è voluto anche favorire la massima estensione dell’attività di valutazione da parte dei datori di lavoro. In quest’ottica si spiega anche la semplificazione delle procedure di valutazioni nelle imprese di piccole dimensioni con rischi modesti.
In questi casi la valutazione dei rischi è da intendersi principalmente come individuazione dei possibili centri/fonti di pericolo per la sicurezza e la salute dei lavoratori, l’identificazione dei lavoratori potenzialmente esposti a rischio e la valutazione dell’entità dell’esposizione.
Quanto ai metodi di valutazione, questi possono essere di tipo induttivo o semiquantitativo.
Sarà cioè, sufficiente una valutazione approssimativa del rischio, che distingua condizioni accettabili da altre non accettabili, senza essere necessario un approfondimento con complesse procedure analitiche. In particolare, non sono richieste, salvo casi particolari, stime probabilistiche di
accadimento di guasti o di eventi accidentali come, invece, è richiesto per le
imprese a rischio di incidente rilevanza (144).
Da un punto di vista strutturale l’atto adottato è articolato, dovendosi soffermare sia sulla diagnosi dei rischi, che sulle loro ragioni e sui possibili correttivi, seguendo i canoni di stesura che spetta al datore di lavoro scegliere, nei rispetto però di determinati criteri: semplicità, brevità, comprensibilità.
Un tale processo valutativo richiede, preliminarmente, l’individuazione di aree omogenee in termini di pericolo. Per ognuna di esse si deve procedere al censimento dei pericoli e delle relative fonti, in relazione agli impianti, macchine, attrezzature, ciclo tecnologico e modalità operative adottati; nonché degli addetti presenti nell’unità produttiva considerata e delle relative mansioni – soggetti tutelati inclusi, come disabili e invalidi -; delle mansioni rappresentative per le quali si effettua la c.d. analisi di rischio per mansione (JSA), per la stima del rischio.
Ad essa si procede con interviste dirette per stabilire l’esperienza operativa degli addetti e con verifiche sul campo.
Tra le attività preliminari è ricompresa la ricognizione delle attività lavorative (produzione di beni o di servizi, di serie o per campagne, produzione conto terzi, et...), con particolare riferimento all’esistenza di attività di servizio alla produzione (pulizia, manutenzione, et...) od occasionali (guasti, riattivazione di impianti, et…); dovranno essere considerate anche le prestazioni erogate dai lavoratori all’esterno dell’abituale luogo di lavoro (montaggi, riparazioni), come pure la possibilità di presenza sul luogo di lavoro di dipendenti di altre aziende o di utenti. Se si rinviene una motivata possibilità di riduzione dei rischi si provvede ad indicarne le modalità di attuazione attraverso le c.d. misure definitive per il miglioramento; fino a stendere il programma di realizzazione delle misure di
prevenzione e protezione, secondo le priorità individuate (145).
Il processo di valutazione dei rischi così effettuato sfocia nella redazione di un documento che dovrà contenere: una relazione sulla valutazione di tutti i
(144) MASCIOCCHI, La corretta esecuzione della valutazione dei rischi come strumento per
ridurre la responsabilità, op. cit., p. 801.
(145) MASCIOCCHI, La corretta esecuzione della valutazione dei rischi come strumento per ridurre la responsabilità, op. cit., p. 803.
rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, con la specificazione dei criteri adottati. Sono tali, in via esemplificativa, le indicazioni circa l’individuazione delle aree/posizioni di lavoro, dei compiti/mansioni dei lavoratori, di macchine/impianti/lavorazioni oggetto della valutazione; standard di riferimento adottati; criteri seguiti per l’assunzione delle decisioni; le conclusioni della valutazione, ovvero l’elenco dei fattori di rischio con le indicazioni per stimare gravità e probabilità delle possibili conseguenze; l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione definite in conseguenza della valutazione, nonché delle attrezzature di protezione utilizzate; il programma di attuazione di
ulteriori misure previste per migliorare nel tempo i livelli di sicurezza (146).
Tali misure si distinguono in tecniche, organizzative, procedurali, di protezione personale, individuali o collettive. Sono misure tecniche quelle che intervengono sugli ambienti di lavoro, sugli impianti, sul ciclo tecnologico e sulle sostanze come i sistemi di aspirazione o l’insonorizzazione di apparecchiature rumorose; sono misure organizzative quelle che includono studi, interventi ed azioni atti a migliorare le prestazioni del fattore umano, ai fini della prevenzione. Si pensi, ad esempio,