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D OVE SI COLLOCA LA VICENDA DI L ACONIA NELLA STORIA MALALIANA ?

Βασιλείαι elleniche prima della guerra di Troia

I. Cecrops procerus ann L Anno trecesimo quinto

3. D OVE SI COLLOCA LA VICENDA DI L ACONIA NELLA STORIA MALALIANA ?

Una volta delineati i contorni della “costruzione” malaliana, restano da indagare le motivazioni e le coordinate della sua presenza nella cronaca. Ci domandiamo, cioè, (1) per quale ragione la vicenda di Leda (e, quindi, la storia di Laconia) sia inserita nel racconto e (2) quale posto essa occupi nel tempo e nella narrazione.

24 Per un’illustrazione dettagliata dei particolari del mito modificati in funzione della nuova collocazione geografica delle vicende connesse a Testio, v. Reinert 1981, 487-488.

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Dal punto di vista cronologico, Lapato (e, quindi, l’inizio della basileia) è posto ai tempi di Sansone: si tratta del sesto e ultimo giudice nominato da Malala, dopo Eglom e prima del sacerdote Eli. La datazione assoluta di Sansone non è indicata, mentre il più prossimo terminus ante quem è costituito dal regno di Davide, datato al 4755 da Adamo (V 39). I tempi di Sansone costituiscono l’aggancio cronologico per un notevole numero di elementi: il regno di Dardano in Frigia (IV 13), il regno degli Hellenes (13-14 e 16), i philosophoi Democrito e Ippocrate (15) e, forse, la vittoria di Eracle su Anteo e il regno di Laomedonte in Frigia (17)25. Come al solito, se è chiaro il momento in cui è posto l’inizio del regno, non lo è quello in cui si svolgono i successivi avvenimenti ad esso collegati. Tale carattere è accentuato, in questo caso, dalla mancata indicazione degli anni di regno dei sovrani – salvo Lacone – e della durata complessiva del regno.

Dal punto di vista narrativo, la sezione è preceduta dai capitoli dedicati a Marsia, agli Argonauti e alla storia di Ganimede, mentre è seguita dalla basileia degli Hellenes – e, in particolare, dalla vicenda di Stenebea e Bellerofonte. La sequenza sulla storia della Laconia occupa la medesima posizione anche nei frammenti di Giovanni di Antiochia (F 24 – 38), oltre che nei testi di Cedreno (cap. 135-137) e Giovanni di Nikiu (XL-XLIV)26. La posizione della sequenza nel testo è all’origine di un’incongruenza: Castore e Polideuce, presentati qui quali fratelli di Elena (quindi, più di quattro generazioni dopo Lapato) erano già stati nominati fra i protagonisti dell’impresa degli Argonauti ai tempi di Thola – terzo dei giudici menzionati da Malala – (IV 8-9). La nascita di Castore e Polideuce, quindi, è posta dopo l’impresa alla quale essi partecipano. Questo dato non fa che confermare quanto osservato riguardo a Solone e Talete: nel costruire il proprio racconto, l’autore non sembra avere l’intenzione di seguire la storia di personaggi determinati. Questi, anche quando compaiono più volte, appaiono perlopiù come protagonisti di episodi singoli, slegati l’uno dall’altro (ed è il lettore a cui è noto il mito tradizionale a riconoscere come proprie del personaggio le imprese o le prerogative che

25 V. infra, II 5,2.1.

26 La tradizione successiva, però, non conserva alcune altre notizie presenti nel testo malaliano, ossia: la successione di Ilio a Troo, la vittoria di Pelope su Enomao (IV 11, subito prima del nostro passo) e la successione di Dardano a Ilio (IV 13, subito dopo). Non è chiaro se queste ultime informazioni si debbano ritenere interpolate nel testo di O, oppure se siano eliminate per qualche ragione dagli utilizzatori dell’opera malaliana.

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di volta in volta gli sono attribuite). Sembra quindi necessario considerare gli episodi singolarmente, senza tentare di ricostruire coerentemente la storia dei personaggi. Rispetto a tali osservazioni, il caso dei Dioscuri ci consente di compiere un passo ulteriore. L’incongruenza che si è appena rilevata, infatti, è presente e segnalata anche nei Canones di Eusebio. Ai tempi di Gedeone – 756 ab Abraham – si legge:

Ea, quae de Sfinga et Oedipode et Argo et Argonautis dicuntur, in quibus fuerunt Hercules Asclepius Castor et Pollux. Si autem inter Argonautas fuerunt Castor et Pollux, quo modo potest eorum soror Helena credi, quae post multos annos virgo rapitur a Theseo…27

Se, come vuole Mosshammer, «the Armenian and Latin versions must be considered independent witness to the same original Chronicle»28, l’osservazione presente nello spatium historicum potrebbe risalire allo stesso Eusebio – e applicarsi quindi a un dato della precedente tradizione cronografica. Con questo confronto non intendiamo istituire un legame diretto fra la disposizione delle sequenze in questione in Eusebio e in Malala: la tradizione su Elena presente nei Canones non combacia in alcun punto con quella malaliana sul regno di Laconia e neppure i sincronismi istituiti nei due testi con la storia ebraica presentano punti di contatto. Vorremmo però prendere il caso in questione quale monito a non considerare tutte le incongruenze del testo malaliano come frutto dell’incapacità, dell’incuria o della volontà dell’autore, che avrà forse trovato simili contraddizioni nei propri modelli. Anche in questi avranno talvolta operato criteri e meccanismi che abbiamo osservato nel nostro testo – per cui, ad esempio, la posizione nella narrazione coincide con quella nel tempo. La presente incoerenza potrebbe essere conseguenza del tentativo di disporre prima della guerra di Troia tutti i fatti mitici: fra questi, la vicenda di Elena, collegata ai fatti di Troia, sarà comparsa necessariamente dopo altri racconti, come quello delle imprese degli Argonauti.

Tornando alle possibili spiegazioni della presenza e della posizione della nostra sequenza, dobbiamo ammettere che non sembra possibile individuare una ragione evidente per tale disposizione del materiale. Essa non si giustifica con il riferimento a sincronismi istituiti in fonti a noi note, nelle quali – come abbiamo mostrato – non sono

27 Eus., can., 56f Helm = 169 Karst. Il rapimento di Elena – ancora bambina – da parte di Teseo è posto a 58b, al tempo di Thola, ca. 795 ab Abraham.

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presenti narrazioni paragonabili con quella malaliana; neppure il confronto operabile con singoli elementi in essa contenuti permette di giungere a conclusioni significative: nei Canones di Eusebio, la fondazione dell’Acaia da parte di Acheo è contemporanea ai tempi del 2° giudice Aod (49b,i Helm); sempre nei Canones, la prima notizia riguardante Elena è posta ai tempi di Thola (58b Helm) e la sua vicenda si estende fino alla guerra di Troia, datata ai tempi del giudice Labdon (60b Helm)29. I regni di Menelao a Sparta e di Agamennone a Micene figurano in due notizie contigue, collocate ai tempi di Iefte (decimo giudice, 59b,l.m). Tali notizie non coincidono con l’argomento principale del nostro passo; inoltre, le informazioni ad esse accostate non sono confrontabili con quelle contigue al passo malaliano. Negli Excerpta Barbari, invece, Agamennone e Menelao sono gli unici elementi ad essere ricordati, tra quelli contenuti nel nostro passo: essi, però, sono nominati solamente in relazione alla guerra di Troia, ai tempi di Eli (246,13-14). Si può quindi procedere unicamente per ipotesi: l’inserimento della sequenza che traccia le origini delle figlie di Tindaro, spose dei capi troiani Agamennone e Menelao, potrebbe essere suggerita dall’avvio della storia di Frigia, con Troo e Ganimede. Si può forse pensare, poi, a una qualche relazione con la lista dei re degli Hellenes (nella quale è nominato Agamennone) che segue immediatamente la nostra sequenza30

29 Le notizie relative ad Elena incluse nell’opera eusebiana, peraltro, non si sovrappongono in alcun punto con quelle fornite nel nostro passo: esse riguardano i rapimenti di Elena da parte di Teseo (58b Helm) e Paride (60b,e), il soggiorno di Menelao ed Elena in Egitto dopo la presa di Troia (61b,c). 30 Benché la presenza dei re degli Hellenes sia essa stessa fortemente problematica, il fatto che tale sequenza sia presente, nella medesima posizione, nella tradizione successiva ci consente di tenerne conto nella valutazione della posizione della storia della Laconia.

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Greci o Peloponnesiaci

(13) Sulla regione dei Frigi ai tempi di Sansone regnò Dardano, figlio di Ilio. E negli stessi tempi regnò sui Greci (τῶν Ἑλλήνων), cioè sulla Grecia, un tale di nome Abas per 23 anni. E dopo di lui regnò Preto per 17 anni. La moglie di costui, Stenebea, chiamata anche Antea, si innamorò di Bellerofonte: e gli inviò alcuni messaggeri, ma egli non si lasciò persuadere, dicendo: «Il re Preto mi trovò abbandonato a terra1, prima del suo regno, e mi allevò e mi stimò degno dell’onore filiale di mangiare insieme a lui. E dovrei compiere una tale azione contro di lui? Non è costume fra i Greci fare queste cose». Udito ciò, Stenebea, avendo considerato che egli, poiché aveva verso di lui la libertà di parola di un figlio, gli avrebbe rivelato che lei gli aveva inviato alcuni messaggeri poiché era innamorata di lui, disse di nascosto a suo marito: «Bellerofonte è innamorato di me e mi importuna e temo che mi dia del veleno e che io muoia custodendo per te la castità, poiché amo mio marito». E Preto le disse: «È costume fra i Greci non fare del male a chi ha mangiato insieme, ma lo manderò presso tuo padre Iobate, con il quale non ha mai mangiato, scrivendogli di ucciderlo poiché ha insidiato il mio regno e te stessa». Ed egli, fatto ciò, diede a lui la lettera, dopo averla sigillata con il sigillo regale. E, presa la lettera, Bellerofonte, non sapendo della trama contro di lui, andò presso il re Iobate, e lo trovò a colazione. Iobate, quando seppe che era arrivato, lo fece chiamare e, poiché era caro a Preto, suo genero, lo esortò a mangiare con lui come un figlio. E quando ricevette la lettera e lesse ciò che vi era scritto per lui, e (Iobate) resosi conto che aveva mangiato insieme a lui, disse a se stesso: «Costui è oggetto di un’accusa troppo grande: se infatti fosse stato complice del misfatto, la giustizia non avrebbe permesso che egli mangiasse con me, poiché è costume per i Greci di non fare del male a chi ha mangiato insieme». E scrisse le stesse cose al proprio genero e il resto, come scrisse Euripide il poeta tragico, che compose il dramma.

(14) Dopo il regno di Preto regnò il secondo Acrisio, per 31 anni, e poi dopo la vittoria su Enomao regnò Pelope per 32 anni, dal quale i Greci (οἱ Ἑλλαδικοί) furono chiamati anche Peloponnesiaci. E fondò anche una città, che chiamò (anche) Peloponneso: da allora il regno di Grecia fu chiamato anche «del Peloponneso»

1 χαμεύρετόν με εὗρεν ὁ βασιλεὺς Προῖτος πρὸ τῆς βασιλείας αὐτοῦ καὶ ἀνεθρέψατο καὶ τιμῆς με ἠξίωσεν υἱοῦ συνεσθίειν αὐτῷ (59,5-6): D’Alfonso 2006, 51 traduce: «lo aveva trovato [prostrato] a terra e nutrito». Tale interpretazione rispecchia i contenuti del mito tradizionale, secondo cui Bellerofonte sarebbe giunto presso Iobate come supplice, dopo aver involontariamente ucciso il proprio fratello (cfr. Apollod. II 30). Tuttavia, la successiva azione attribuita a Preto (ἀνατρέφειν) e la sottolineatura del legame filiale stabilito con Belleforonte rendono più plausibile individuare nel racconto malaliano una rielaborazione o una variante del mito, che presenta Bellerofonte come un trovatello, raccolto e cresciuto da Preto (cfr. Reinert 1981, 508). Seguono quest’utlima interpretazione anche le traduzioni di Jeffreys/Jeffreys/Scott 1986, 40 («Before Proitos became emperor he found me a waif and brought me up…») e Meier/Thurn 2009, 103 («Auf dem Boden liegend hat mich König Proitos gefunden, vor seiner Herrschaft, er hat mich aufgezogen…»).

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(15) Negli stessi tempi c’era Democrito, che impartiva insegnamenti filosofici: ed egli espose anche queste cose nella sua opera filosofica, che chi vuole diventare filosofo deve sforzarsi di praticare la temperanza, di tenersi lontano da tutti i mali, di conoscere e fare invece tutte le cose in modo retto, e che quando praticherà la filosofia in questo modo, allora apprenderà il nome di nove lettere e vedrà il figlio di Dio, il Verbo che non conosce sofferenza, che apparirà in futuro come sofferente. Queste cose sono riportate nell’opera di Teofilo, il sapientissimo cronografo. Negli stessi tempi praticava la filosofia Ippocrate, che illustrò la filosofia medica. (16) Dopo il regno di Pelope regnò Atreo per 20 anni, e dopo di lui Tieste per 16 anni, e dopo di lui Agamennone per 18 anni, e dopo di lui regnò Egisto per 6 anni. Il regno dei Greci, cioè dei Peloponnesiaci, durò dunque 164 anni2.

1. STRUTTURA E CONTENUTO

In sincronia con i tempi di Sansone e di Dardano è posto il principio di un nuovo regno, la cui presentazione condivide un buon numero di caratteristiche con le storie delle basileiai finora esaminate: un elenco di re appare inserito nel tessuto narrativo, pur mantenendo i tratti schematici e ripetitivi tipici del formato della lista; tale elenco è “arricchito” da un’ampia sequenza narrativa (dedicata alla vicenda di Stenebea e Bellerofonte), posta in corrispondenza di uno dei re (IV 13); le notizie riguardanti il regno dei Greci, infine, sono interrotte dalla menzione di alcune personalità culturali (IV 15).

2. CONFRONTO CON LA TRADIZIONE

Nel contesto della trattazione del regno di Argo, abbiamo segnalato il fatto che la lista dei re dei Greci coincide con una parte dell’elenco tradizionale dei sovrani argivi – che, nel testo di Malala, si interrompe con i regni di Linceo/Triope (IV 1)3. Ricapitoliamo brevemente i termini della questione:

- I re di Argo elencati da Malala a IV 1 vanno da Inaco a Linceo, corrispondenti ai re 1°-11° delle liste trasmesse dagli Excerpta Barbari e da Eusebio4. Tali sovrani corrispondono solamente a una parte dell’elenco tradizionale dei re di Argo, che raggiunge l’epoca post-troiana con Oreste e i suoi discendenti. La parte successiva di tale lista è riportata nella cronaca malaliana nella sezione qui presa

2 Io. Mal., chron., IV 13-16 3 V. supra, II 1,2.1.

4 È Triope, in realtà, ad essere ricordato quale ultimo re degli Argivi (48,8-9). Egli è il 7° re nelle liste di Africano ed Eusebio. Sulla questione v. supra, II 1,2.1.

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in esame, sotto il nome di basileia dei Greci (IV 13-16). Ci siamo quindi interrogati sulla possibile genesi di tale suddivisione.

- Abbiamo osservato come nella lista dei sovrani di Argo riportata da Eusebio siano indicate alcune suddivisioni interne, in corrispondenza delle diverse dinastie che si avvicendano sul trono della basileia argiva: Inachidi (da Inaco a Stenelo), Danaidi (da Danao ad Acrisio); Pelopidi (da Euristeo ai successori di Oreste). In particolare, una cesura piuttosto netta compare dopo i Danaidi, con la fine dei quali, inoltre, la basileia si “sposta” da Argo a Micene. Tale passaggio è descritto in termini facilmente interpretabili come riferiti alla fine della basileia. Nei Canones, ad esempio, in corrispondenza dell’ultimo anno del regno di Acrisio si incontra la seguente espressione: «Der Argive Könige hörten auf, sich erstreckend auf 543 Jahre, bis zu Pelops, welcher regierte 59 Jahre. Nach Akrisios, da nach Mikean die Herrschaft der Argiver verlegt ward, waren Könige diese: …»5. Ci siamo domandati, quindi, se la suddivisione malaliana della lista possa avere a che fare con le cesure indicate in Eusebio.

- Gli indizi conducono in direzioni contrastanti:

(1) Sembra suggerire una risposta affermativa il fatto che gli anni indicati come durata totale della basileia di Argo in Malala (549 O; 544 Sl.) corrispondono grosso modo a quelli indicati da Eusebio per i re fino ad Acrisio, precedenti la translatio del regno a Micene (544/543).

(2) D’altra parte, però, l’interruzione della lista malaliana cade in un punto diverso rispetto a quelli segnati da Eusebio: due re prima di Acrisio, con Linceo. Inoltre, i sovrani da Abas a Egisto non sono presentati da Malala quali sovrani di Micene.

(3) Infine, la lista seguita nel testo di Malala sembra rifarsi alla tradizione di Africano, più che a quella di Eusebio: in tal senso sono significative, ad esempio,

5 Eus., chron. 167 Karst; cfr. 53b Helm: Argivorum reges defecerunt, qui imperarunt ann. DXLIII usque ad Pelopem, qui regnavit ann. LVIIII et in Mycenas imperio translatio post Acrisium regnavit Eurystheus filius Stheneli ann. XLV. Mentre nei canones di Gerolamo la successione dei re di Micene prende il posto di quella dei sovrani argivi, essa non è riportata nella versione armena dei canones, nella quale i floruit di alcuni dei re di Micene sono indicati nello spatium historicum. La lista riportata nella sezione conclusiva del chronicon armeno (148 Karst), inoltre, si conclude con Acrisio.

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l’omissione di Euristeo e la presenza di Pelope6. Su una lista di tradizione africanea sembrerebbe applicata una suddivisione ispirata alla tradizione di Eusebio. Tuttavia, il fatto che nella lista trasmessa dagli EB, ricondotta alla tradizione di Africano, non siano indicate le suddivisioni interne fra le diverse dinastie, non significa necessariamente che esse non fossero presenti nel testo originale dell’autore delle Chronographiae.

- In definitiva, le informazioni fornite dal nostro testo sembrano frutto di una contaminazione e/o di una rielaborazione di dati delle quali risulta difficile ripercorrere con precisione i passaggi. L’unica osservazione che sembra possibile fare con una certa verosimiglianza è la seguente: la lista argiva di Malala è interrotta in un punto diverso rispetto alle cesure attestate nella tradizione ed è ripresa coerentemente, a più di dieci capitoli di distanza, dal punto in cui l’elenco dei sovrani argivi si era concluso. Questo fatto induce a pensare che l’autore tragga da una lista unitaria (e non da tavole sinottiche) i dati con cui compone il proprio racconto.

Le motivazioni e i criteri della suddivisione non appaiono chiari. Nell’intraprendere l’analisi della sezione dedicata alla basileia dei Greci terremo presente tali questioni, nel tentativo di illuminare le origini di questa nuova basileia mediante l’esame delle sue diverse componenti e caratteristiche.

2.1 LA LISTA DI RE

Poniamo ora a confronto l’elenco malaliano con le liste risalenti ad Africano ed Eusebio a partire da Abas, successore di Linceo. Ci occuperemo quindi dell’eventuale elaborazione malaliana del dato tradizionale e dei problemi che essa pone.

Exc. Barb. 290,10-292,3

Frick (= Afr. F 50 Wallraff/Roberto)

Io. Mal., chron. IV 13-14; 16

Eus., chron., 84,16-85,2 Karst

XII. Post hunc Abas regnauit