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La c.d “riqualificazione”

3.2. L’ammissione al concordato in continuità

3.2.3. La c.d “riqualificazione”

La prospettata elevazione dei requisiti di convenienza e fattibilità al rango di condizioni di ammissibilità del concordato con continuità aziendale,172 implica un’analisi delle conseguenze sanzionatorie connesse ad una valutazione negativa espressa su tali condizioni dal tribunale.

Nel particolare caso in cui il concordato preveda la continuazione dell’attività d’impresa, senza gli ulteriori requisiti richiesti dall’art. 186-bis - così, quando manchi il piano di prosecuzione dell’impresa; qualora manchi del tutto l’attestazione circa la funzionalità e convenienza della prosecuzione dell’attività per i creditori rispetto ad un’alternativa liquidatoria; quando, pur essendo stata prodotta un’attestazione, questa esprima un giudizio negativo sulla funzionalità e convenienza; ovvero, da ultimo, quando da essa si evinca in ogni modo la mancanza di tali requisiti, a dispetto dell’apparente attestazione sulla loro sussistenza -173

il proponente non potrà avere accesso ai benefici previsti per la figura tipizzata, in quanto il concordato sarà in continuità solo “di fatto” e non secondo la specifica qualificazione normativa.

Tuttavia, non necessariamente ciò determinerà la definitiva impossibilità per l’imprenditore ricorrente di accedere ad una procedura di tipo concordatario.

È, infatti, opinione prevalente in dottrina, che il concordato possa considerarsi ugualmente ammissibile (naturalmente purché ricorrano gli altri presupposti previsti dalla legge, e in particolare quando sia attestata in modo motivato dall’esperto la fattibilità del piano), anche se come concordato “ordinario”.174

In effetti, un concordato in cui l’attività d’impresa di fatto prosegua, senza che ricorrano gli ulteriori requisiti sopra esposti, può comunque essere in concreto fattibile, seppure eventualmente non conveniente per i creditori. Su questo punto va precisato che il concordato con continuità aziendale, affinché sia integrata la fattispecie legale e, dunque, si possano applicare i benefici di legge, dovrà necessariamente essere anche conveniente (essendo richiesta, ai fini dell’ammissione, l’attestazione circa la sua

172 Sulla quale si veda, in senso critico, CENSONI, La revoca dell'ammissione al concordato preventivo

dopo le riforme della legge fallimentare, in Crisi d’Impresa e Fallimento, 2013, p. 44 ss.

173 Cfr. AMATORE, Concordato con continuità aziendale e requisiti di ammissibilità, in Il

Fallimentarista, Giuffré, 2013.

174

In questo senso, AMATORE, op. cit. e LAMANNA, È opportuno che il Tribunale specifichi la natura

del concordato con continuità aziendale quando pronuncia il decreto di ammissione, in http://www.ilfallimentarista.it/blog/66.

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funzionalità al miglior soddisfacimento dei creditori), mentre un tale requisito non è espressamente richiesto per l’ammissione alla procedura di una proposta di concordato ordinario, sulla cui convenienza ben potranno esprimersi i creditori in una fase successiva.175

In questo caso, pertanto, il tribunale dovrebbe astenersi dal valutare d’ufficio se il concordato sia conveniente per i creditori e disporne l’ammissione, specificando che non si tratta di concordato con continuità aziendale ai fini dell’art. 186-bis.176

Colpisce, a questo proposito, una pronuncia del tribunale fiorentino177 che, dovendo deliberare sull’ammissione al concordato di una società debitrice prospettante un piano con continuità aziendale, dopo aver riscontrato l’insussistenza dei requisiti di ammissibilità previsti dalle lettere a) e b) del secondo comma dell’art. 186-bis, anziché considerare inapplicabile la disciplina di favore dettata da quest’ultimo articolo e scrutinare l’eventuale ammissibilità del concordato in relazione ai presupposti dettati dagli artt. 160 e 161 per il concordato ordinario, ha dichiarato definitivamente inammissibile la proposta concordataria, disponendo, inoltre, il consequenziale fallimento della società debitrice.

Negare ad un’impresa la possibilità di avere accesso ad una procedura concordataria per il semplice motivo che, a dispetto della qualificazione data dal proponente, la proposta non ha le caratteristiche necessarie per integrare un concordato con continuità aziendale ai sensi dell’art. 186-bis, sembra una sanzione decisamente eccessiva, tenendo conto anche del più volte citato favor del legislatore per le soluzioni concordatarie alle crisi d’impresa.

Si è già avuto modo di precisare come, in tali ipotesi, il tribunale dovrebbe “riqualificare” il concordato come “concordato ordinario” e disporne l’ammissione sotto questa diversa veste, purché ricorrano gli altri presupposti di ammissibilità previsti dalla legge. La qualificazione della proposta sub specie di concordato con continuità aziendale non è, infatti, un requisito necessario ai fini dell’accesso alla procedura, ma solo la condizione richiesta per poter fruire dei benefici speciali previsti dalla relativa disciplina.178

175 LAMANNA, È opportuno che il Tribunale specifichi la natura del concordato, cit.

176 LAMANNA, ibidem. Secondo l’autore, in particolare, sarebbe opportuno che il tribunale specificasse

sempre, quando vi sono i presupposti, che il concordato è con continuità aziendale in senso proprio, <<al

fine di garantire la pacifica applicazione dei benefici di legge; analoga specificazione dovrebbe fare, ma in senso e con lo scopo opposto, quando ne ravvisi la insussistenza>>.

177 Trib. Firenze, sez. III, 19 marzo 2013, in Il Fallimentarista.it. 178

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