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La valutazione sulla convenienza

3.2. L’ammissione al concordato in continuità

3.2.1. La valutazione sulla convenienza

Il legislatore della riforma ha inteso contemperare l’interesse alla conservazione dei valori aziendali, testimoniato dalla disciplina di favore prevista per i concordati con continuità aziendale, con la tutela dei diritti dei creditori, nel senso che il salvataggio del valore impresa non solo non deve andare a detrimento delle ragioni dei creditori, ma deve addirittura proporsi quale soluzione migliore possibile rispetto alle altre alternative percorribili.124. Non sempre, quindi, la continuazione dell’attività d’impresa merita riconoscimento e tutela all’interno del piano concordatario, ma solo qualora tale prosecuzione sia tale da garantire ai creditori una soddisfazione maggiore di quella che potrebbero lecitamente attendersi qualora il piano non prevedesse la continuazione, ma la cessazione dell’attività.

A tal fine, il piano concordatario in ipotesi di continuità aziendale ha un contenuto più ampio, dovendo comprendere, ai sensi dell’art. 186-bis, secondo comma, lettere a) e

121 DE SANTIS, op. cit., pp. 1070-1071.

122 Cfr. ancora Cass., Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521, cit.

123 Sul punto si veda VELLA, Autorizzazioni, finanziamenti e prededuzioni nel nuovo concordato

preventivo, in Il Fallimento, n. 6/2013, p. 658 ss., secondo cui << per quanto possa apparire paradossale, l’aumento del sindacato di merito è un’espressione particolarmente accorta del favor legislatoris per la regolazione concordata della crisi d’impresa>>.

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b), un analitico “business plan” economico e finanziario, corredato dalla relazione di un professionista attestante che la prosecuzione dell’attività d’impresa, così come prevista dal piano, è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

È indubbio che il più articolato contenuto della proposta influisca sul sindacato che il tribunale è chiamato a svolgere ai fini dell’ammissione alla procedura, incidendo, in particolare, sul modo in cui si atteggiano la valutazione della fattibilità e il giudizio sulla convenienza del piano, nell’interesse dei creditori.125

Il sindacato di convenienza sulla preferibilità della soluzione concordataria rispetto a quella fallimentare è, tuttavia, necessariamente frutto di una prognosi aleatoria sul futuro andamento dell’attività d’impresa, che si traduce in un fattore di rischio per gli interessati: ciò sembrerebbe avallare la tesi secondo cui di tale rischio dovrebbero farsi esclusivo carico i creditori.126

La loro valutazione, in effetti, potrebbe ponderare il miglior soddisfacimento “in senso lato” ricavabile della continuità, rispetto all’ipotesi liquidatoria, caratterizzata dall’unico elemento determinante del soddisfacimento immediato.127

Si pensi, a titolo di esempio, al caso di un concordato nel quale fosse attribuita ad una classe di fornitori una percentuale di soddisfacimento inferiore rispetto a quella ottenibile in ipotesi liquidatoria, sulla base di un interesse omogeneo della classe in questione al mantenimento del mercato di sbocco costituito dal debitore, piuttosto che alla misura del soddisfacimento dei crediti pregressi. In tale ipotesi il professionista non sarebbe in grado di esprimersi sulla convenienza della prosecuzione per i creditori - ed anzi, verosimilmente si esprimerebbe in senso negativo - in quanto la misurazione del vantaggio presupporrebbe la conoscenza dell’effetto della continuità aziendale nell’economia dei singoli creditori.128

In questa direzione andavano le prime pronunce della Suprema Corte, che rimettevano integralmente ai creditori la decisione in ordine alla convenienza della proposta, sulla base della prevalente natura contrattualistica del concordato.129

In realtà, come evidenziato dalla successiva sentenza n. 18864/11,130 il concordato preventivo non è un contratto: esso si perfeziona, infatti, non in forza di un consenso

125 Cfr. AMATORE, Concordato con continuità aziendale e requisiti di ammissibilità, in Il

Fallimentarista, Giuffré, 2013.

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Cfr. DE SANTIS, op. cit., p.1072.

127 In questi termini QUATTROCCHIO, RANALLI, op. cit., p. 9. 128 Cfr. ancora QUATTROCCHIO, RANALLI, ibidem.

129 Si veda Cass., 16 settembre 2011, n. 18987, www.unijuris.it; Cass. 23 giugno 2011, n. 13818, in Il

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unanime dei creditori, ma sulla base di un voto espresso a maggioranza, in presenza di requisiti di garanzia dei creditori e dei terzi, che operano come presupposti di ammissibilità o condizioni di omologabilità, e la cui valutazione spetta al tribunale con competenza esclusiva.

La presenza di un controllo da parte dell’organo giudiziario consente, infatti, al concordato di esplicare i suoi effetti oltre la cerchia dei creditori consenzienti, obbligando alle condizioni della proposta anche i creditori dissenzienti e quelli che, per i più vari motivi, non hanno votato. Come è stato osservato, 131 si potrebbe addirittura affermare che vi sia un rapporto inversamente proporzionale tra il potere deliberativo della maggioranza dei creditori e la pretesa natura contrattualistica del concordato, nel senso che più si introducono norme che facilitano il raggiungimento del quorum deliberativo - si pensi al silenzio assenso dei creditori non votanti - meno il concordato potrà esprimere una natura contrattuale, visto che il consenso dei singoli perde progressivamente rilievo.132

Peraltro, la centralità del principio consensualistico potrebbe scontrarsi anche con una mancanza di conoscenze tecniche da parte del ceto creditorio che, pur in buona fede, potrebbe esprimere un voto positivo infondato o superficiale, e dunque idoneo a danneggiare se stesso. Proprio per questo, la disciplina del concordato preventivo esige che i creditori siano posti in condizione di esprimere un “consenso informato” sulla proposta.133

Ma non solo: per il concordato con continuità aziendale, l’art. 186-bis richiede al professionista di “misurare” egli stesso il miglior soddisfacimento, e quindi il vantaggio della continuità per i creditori concorsuali.134 È, quindi, lo stesso legislatore ad escludere la legittimazione esclusiva dei creditori a giudicare se il concordato preventivo in continuità risponda alla loro migliore soddisfazione, affidando questo

130 Cass., 15 settembre 2011, n. 18864, in Il Fallimentarista.it.

131 LAMANNA, Il controllo giudiziale sulla fattibilità e la convenienza nel giudizio di omologazione del

concordato preventivo, in Il Fallimentarista, Giuffré 2012, p. 22.

132 LAMANNA, ibidem, p. 21: << se ci si libera dall’effetto “slogan” prodotto dall’acritica e ormai trita

asserzione secondo cui il concordato riformato avrebbe una prevalente natura contrattualistica, ci si avvede di come lo stesso riferimento alla “centralità della votazione” quale presunto fondamento di tale natura possa semmai giocare un ruolo interpretativo in senso diametralmente opposto. Potrebbe infatti attribuirsi al concordato una prevalente natura contrattualistica se una votazione a maggioranza non vi fosse, poiché essa esprime, appunto, il principio maggioritario e non il principio unanimistico, solo nel quale si invera l’essenza contrattualistica >>.

133 Sul principio del consenso informato si veda Cass., sez. I, 25 ottobre 2010, n. 21860, in Il Caso.it. 134

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compito in via preliminare ad un terzo, tramite un’attestazione tecnica,135 e, secondariamente, al vaglio del tribunale, cui l’attestazione è sottoposta; solo in ultima istanza al voto dei creditori.136

Tali maggiori cautele sono dovute, come è stato osservato, alla peculiarità del bene-continuità aziendale ed alla sua ambivalenza:137 da un lato, infatti, la continuità può consentire il recupero di valori che andrebbero altrimenti persi, e dunque realizzarsi a vantaggio dei creditori; ma, dall’altro lato, li espone al perdurante rischio d’impresa: dunque, il vantaggio non è assolutamente certo.

Proprio per questo, si chiede al professionista di ridurre l’asimmetria informativa tra il tribunale e il debitore, che decide di esporre i suoi creditori alle incertezze e ai rischi della continuità aziendale.138

L’attestazione del professionista presuppone un giudizio comparativo tra la soluzione “in continuità” oggetto della domanda di concordato e un’ipotesi liquidatoria concorsuale, in termini atomistici o universalistici (ove possa essere ragionevolmente ipotizzata la cessione dell’azienda o di un suo ramo), salvo che ricorrano i presupposti per una liquidazione in bonis.139

In particolare, il professionista è chiamato a svolgere una duplice verifica, rispettivamente sul piano e sulla proposta: che la continuità aziendale generi un valore maggiore rispetto alla liquidazione, e che, secondo la proposta concretamente presentata dal debitore, tale valore venga messo a disposizione dei creditori.140 Questo compito è certamente complesso, ma non irragionevole se, come dovrebbe ritenersi, si chieda all’attestatore di agire al meglio di scienza e coscienza, sulla base delle informazioni disponibili a seguito della sua indagine, e non di essere infallibile.141

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Anche se con i limiti derivanti dalla nomina (e conseguente retribuzione) di parte del consulente, la cui terzietà potrebbe dunque non essere del tutto garantita.

136 Se così non fosse, non sarebbe stato necessario prevedere la “migliore soddisfazione” come criterio

condizionante, affidandone la valutazione ad un terzo. Si veda LAMANNA, ibidem, p. 53.

137 STANGHELLINI, Il concordato con continuità, cit., p. 1226. 138 STANGHELLINI, ibidem.

139 Si veda QUATTROCCHIO, RANALLI, op. cit., p. 9. Ove l’alternativa fosse esclusivamente quella

fallimentare, ci si dovrebbe, inoltre, interrogare se il piano debba contemplare - e il professionista valutare - anche eventuali azioni, in specie quelle revocatorie, esperibili nell’ambito della sola procedura fallimentare.

140 STANGHELLINI, ibidem, p.1227. 141

STANGHELLINI, ibidem. Sul punto si veda inoltre Trib. Roma, 25 luglio 2012, in Il Caso.it, che afferma: <<è senza dubbio vero che l’attestazione ex art. 161 l.fall., risolvendosi in una valutazione sulla

realizzabilità di eventi futuri, non può non scontare margini di incertezza o ipoteticità , al punto che una asseverazione che attestasse, senza margine di dubbio alcuno, la realizzabilità di un piano concordatario potrebbe addirittura apparire sospetta. Ciò che rileva, tuttavia, è il modo con il quale gli eventi futuri e incerti vengono contemplati e valutati dall’asseveratore>>.

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Sulle risultanze della relazione resa dal professionista, si fonda poi la decisione del tribunale in sede di ammissione alla procedura.

In questa fase, nel solo concordato in continuità, il tribunale sembrerebbe (di nuovo)142 investito del sindacato sulla convenienza della proposta, potendo rilevare l’eventuale infondatezza della positiva attestazione del professionista circa la funzionalità del concordato al miglior soddisfacimento dei creditori.143

A questo proposito, sono le stesse Sezioni Unite144 ad avvertire che il controllo del giudice non è “di secondo grado”: destinato, cioè, a realizzarsi soltanto sulla completezza e congruità logica dell’attestato del professionista. Le sezioni unite ritengono, infatti, che l’attestatore svolga funzioni assimilabili a quelle di un ausiliario del giudice e, dunque, che il tribunale ben possa discostarsi dal relativo giudizio, così come potrebbe fare a fronte di non condivise valutazioni di un suo ausiliario.

La circostanza che il controllo del tribunale non sia di secondo grado fa sì che non possa escludersi un potere di sindacato ‘‘diretto’’ sulla proposta da parte dello stesso.

Tuttavia, la Suprema Corte ribadisce che il compito affidato in questa sede al tribunale è quello di sorvegliare che la valutazione dei creditori venga espressa correttamente e che essi ricevano una puntuale e completa informazione circa i dati, le verifiche effettuate e le connesse valutazioni, in modo da determinare il giusto esito della procedura concordataria; non spetterebbe, invece, all’autorità giudiziaria alcun potere di controllo sull’aspetto relativo alla convenienza della proposta (un tale potere potrebbe, infatti, essere esercitato solo al momento dell’omologa e non ex officio, ma solo in presenza di un’opposizione).145

In effetti, sembrerebbe logico affermare che solo i creditori, in quanto destinatari della proposta, siano titolati alla formulazione di un giudizio di convenienza economica

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“Di nuovo”, in quanto l’originaria disciplina fallimentare del 1942 attribuiva esplicitamente al tribunale, con l’art. 181, comma 1, n.1, un potere di sindacato esercitabile ex officio anche sulla convenienza. Con la riforma fallimentare di cui al d.l. 35/2005 veniva espunto il riferimento a questo potere in sede di ammissione, prevedendo che esso potesse invece esercitarsi, nel caso di concordato con classi, ove vi fossero state una o più classi dissenzienti. Tale previsione è stata poi oggetto di revisione, prima con il d.lgs. 169/2007, che ha limitato il sindacato sulla convenienza al solo caso in cui fosse proposta opposizione da parte di un creditore dissenziente appartenente a una classe dissenziente; poi con la recente legge di conversione del Decreto Sviluppo, che oggi consente l’opposizione per ragioni di non convenienza anche nell’ipotesi di mancata formazione delle classi, sia pure con una legittimazione limitata ai creditori dissenzienti che rappresentino almeno il venti per cento dei crediti ammessi al voto. Non vi è, dunque, attualmente, alcun riferimento espresso ad un controllo di convenienza da parte del tribunale in fase di ammissione alla procedura. Per un quadro generale si veda LAMANNA, Il controllo

giudiziale sulla fattibilità, cit., p. 17 ss.

143 Così APICE, MANCINELLI, Il fallimento e gli altri procedimenti di composizione della crisi,

Giappichelli, Torino 2012, p. 501.

144 Con la già citata sentenza 23 gennaio 2013, n. 1521, in www.cortedicassazione.it. 145

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della soluzione prospettata. E non vi è dubbio che né all’attestatore, né al tribunale sia dato sapere se ed in quale misura le “promesse” del debitore si realizzeranno.146

Ma questa conclusione non può essere accolta pacificamente, con riferimento al concordato con continuità aziendale, se si considera la sede di collocazione della valutazione di convenienza richiesta dall’art. 186-bis: una fase della procedura in cui la voce dei creditori è ancora assente.147 Un simile apprezzamento, allora, sembra dover essere necessariamente compiuto, in questa fase (in vece e tutela del ceto creditorio), proprio dal giudice, attraverso un esame dell’attestazione del professionista, non meramente notarile: con un inevitabile effetto di potenziamento della sua area di intervento, in chiave di garanzia.148

L’autorità giudiziaria pare, così, doversi imbattere nell’interrogativo circa la configurabilità di un interesse dei creditori, come categoria unitariamente assunta, suscettibile di ottenere un trattamento, nel suo complesso, di migliore soddisfazione.149 In effetti, pur essendo il rapporto tra singoli creditori di tipo conflittuale, esiste senz’altro un interesse comune degli stessi alla massima valorizzazione del patrimonio del loro debitore, in qualunque modo attuabile.

La corretta applicazione del criterio di “miglior soddisfacimento dei creditori”, inteso come interesse generale meritevole di tutela,150 diventa allora la delicata ed impegnativa sfida del giudice, incaricato di garantirne il rispetto da parte del debitore

146 Cfr. DE SANTIS, op. cit., p. 1072. 147

Si veda PATTI, Il miglior soddisfacimento dei creditori, cit., p. 1103. Si evidenzia, inoltre, che la pronuncia delle Sezioni Unite non fa alcun riferimento all’ipotesi di concordato con continuità aziendale, che meriterebbe, invece, una specifica e diversa considerazione.

148 Sul punto si veda COVINO, JEANTET, op. cit., secondo cui il sindacato del tribunale, <<anche in

considerazione della previsione di cui all’art. 186-bis, comma 3, l. fall. (se nel corso della procedura di esercizio dell'attività cessa o risulta manifestamente dannoso per i creditori, il tribunale provvede ai sensi dell’art. 173), non può essere limitato ad un mero scrutinio formale e deve avere, pur entro i limiti dettati dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, un necessario spettro di merito, competendo al Tribunale, in via anticipata rispetto alla valutazione di convenienza dei creditori, di verificare la documentazione presentata a corredo d’una ipotesi di risanamento mediante prosecuzione dell’attività d’impresa, con specifico accertamento, tra gli altri profili, della completezza del piano(...) e dell’esaustività dell’attestazione, in termini non solo di affermazione della veridicità dei dati aziendali, ma anche di accertamento, con puntualità e coerenza logica nella prospettiva della massimizzazione dei ricavi a beneficio del ceto creditorio, della preferenza della prosecuzione dell’esercizio aziendale rispetto alla liquidazione>>.

149 Cfr. ancora PATTI, ibidem. 150

Le citate sezioni unite del 2013 hanno, in effetti, precisato che il legislatore delle riforme fallimentari, pur valorizzando l’elemento privatistico del concordato preventivo, non ne ha cancellato tutti gli aspetti di carattere pubblicistico, <<suggeriti dall’avvertita esigenza di tener conto anche degli interessi di soggetti

ipoteticamente non aderenti alla proposta, ma comunque esposti agli effetti di una sua non condivisa approvazione>>.

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nelle varie fasi del concordato, soprattutto quando il piano contempli la prosecuzione dell’attività:151

dunque, anche in sede di ammissione alla procedura.

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