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D AL VISIBILE ALL ’ INVISIBILE : LA FRONTIERA DEGLI OCCHI NELL ’ OPERA DI O LGA B OZNANSKA

VII. IL RITRATTO, TRA DESIDERIO D’ETERNITÀ E FRAGILITÀ, MORTALITÀ

VII.I. D AL VISIBILE ALL ’ INVISIBILE : LA FRONTIERA DEGLI OCCHI NELL ’ OPERA DI O LGA B OZNANSKA

BOZNANSKA

Una vita consumata dall’arte, pure ardente, intensa, libera. La vita di Olga Boznanska si riflesse senza residui nella sua arte, un’arte profonda e penetrante, raffinatissima ed a tratti inquietante.158

155 Scrive Philippe Sollers, in Les Passions de Francis Bacon, Gallimard 1996: «L’Unique et le double: c’est dans ces coordonnés que Bacon travaille. L’Unique est l’héros tragique. Le double, l’épreuve du même en duel».

156 È naturalmente il caso dell’interpretazione che Francis Bacon dà della crocifissione, una delle sue tele più drammatiche e sconcertanti, e che richiama un po’, mutatis mutandis, l’interpretazione di Picasso di questo stesso tema. Si veda a questo proposito: J. Clair, Visages des dieux, visage de l’homme - à propos des

crucifixions de Francis Bacon, in : L’art moderne et la question du sacré, sous la direction de Jean Jaques

Nillès, Cerf Cerit, 1993.

157 Philippe Sollers, Les Passions de Francis Bacon, op. cit. «Le sens de la peinture est désormais d’interroger à fond le Pouvoir, et, si possible, pour mieux le dévoiler, de se mettre à sa place. Ainsi en a décidé, en son temps, à Rome, le remarquablement masqué Vélasquez devant Innocent X : duel mémorable, inquisition pour inquisition, couleur pour couleur, regard pour regard».

158 Olga Boznanska nacque a Cracovia nel 1865, figlia maggiore di Adam Nowny Boznanskiego, ingegnere ferroviario, e da Eugenie Mondan, di origine francese, in seguito naturalizzata polacca.

Nel 1868 nacque la sorella Isabella (Isa), alla quale l’artista sarà legata per tutta la vita. Dopo l’educazione materna, comprensiva anche dei rudimenti del disegno, Olga frequentò negli anni 1884-1885 il corso di formazione artistica riservato alle donne tenuto da Adrian Baraniecki a Cracovia. Fin dal 1886, a soli ventuno anni, Olga lascia la famiglia e al sua città per completare la sua formazione artistica a Monaco di Baviera presso l’Atelier personale di Karol Kricheldorf. In quello stesso anno, per la prima volta, presenta due sue opere presso una mostra organizzata dalla Società degli Amici delle Belle Arti a Cracovia.

Nel 1887 in una lettera alla madre racconta il suo sconcerto di fronte alla tendenza della vague della pittura di Monaco di dipingere tutto senza colore, in netto contrasto con la pittura polacca coeva, ed al tempo stesso di

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Nell’autoritratto del 1908, affiora nello sguardo e sul suo volto qualcosa di sognante, dolcissimo ed al tempo stesso misterioso, triste, evanescente come un’ombra, lucido fino alla follia. Il collo, il busto si tendono in uno sforzo estremo, fino a lasciare emergere, nello sguardo e sulle labbra, il sorriso sofferente ed espressivo della danzatrice che sembra volteggiare da sola nel vuoto.159

quanto sia consapevole di dover imparare dal maestro Kricheldorf. Nel 1888 si trasferisce all’Atelier di Wilhelm Duzz e continua a presentare opere sue alla mostra presso la Società degli Amici delle Belle Arti.

Nel 1889 dipinge Le fioraie, un’opera altamente simbolica, esposta insieme ad altre presso la Società degli Amici delle Belle Arti. Del 1891 è Il girasole, anch’essa simbolica. Nello stesso anno espone per la prima volta a Berlino. Nel 1892 muore la madre e nel novembre dello stesso anno si reca con il padre e la sorella a Parigi. Nel 1893 espone a Berlino, Monaco e Praga, dipinge il ritratto del pittore Paul Nauen ed ottiene la medaglia d’oro per il ritratto del fratello del pittore Hirschenberg. Nel 1894 soggiorna a Parigi presso la famiglia della madre e dipinge La fanciulla con i crisantemi ed ottiene la medaglia d’argento per il ritratto di Paul Nauen presso l’esposizione artistica di Lwow. Un critico anonimo scrive una recensione molto favorevole alla sua opera. Espone anche a Londra mentre a Vienna riceve per la stessa opera la medaglia d’oro.

Nel 1895 è chiamata a dirigere la scuola di pittura del professore Hummel a Monaco. Nel 1896 espone per la prima volta presso la Societé Nationale des Beaux Arts a Champs-Mars a Parigi ed in una lettera al padre gli comunica che questo significava per lei l’accesso ad un nuovo paese. Esce in quello stesso anno una recensione entusiasta delle sue opere. Rifiuta la proposta di Julian Fałat di andare ad insegnare nel dipartimento femminile della Scuola di Belle Arti di Cracovia.

Nel 1998 si trasferisce definitivamente a Parigi. Nel 1900 si rompe il fidanzamento con Józef Czajkowski, al quale aveva fatto un bellissimo ritratto. Ottiene la medaglia d’oro alla mostra presso la New Gallery di Londra e prende parte alla secessione degli artisti di Monaco. Nel 1901 espone a Pittsburg. Nel 1904 è a Cracovia un mese per accudire il padre malato.

Nel 1905 espone a Cracovia, Londra e Monaco, dove ottiene la medaglia d’oro per il ritratto del pittore Samuel Hirschenberg. Nel 1906 scrive a J. Gradomskies della sua frenetica attività. Nel 1906 dipinge il ritratto di Feliks Jasienki. In quello stesso anno muore il padre. Nel 1908 lavora all’Accadémie de la Grande Chaussiere e nel 1909 espone alla mostra di pittura “Cent tableaux. L’exposition de Mademoiselles”. Nel 1910 ottiene la legione d’onore. Si susseguono riconoscimenti, premi, mostre, tra le quali ricordiamo la partecipazione alla Biennale di Venezia. Nel 1914, con l’inizio della guerra attraversa un momento molto triste. Nel 1915 e nel 1919 espone le sue opere a Vienna e a Pittsburgh e nel 1921 prende parte alla prima esposizione ufficiale degli artisti polacchi a Parigi.

Nel 1926 esce sulla rivista polacca delle Belle Arti un lungo articolo su di lei. Dal 1932 al 1933 vive in una condizione di vera e propria miseria e di disperazione. Nel 1934 muore la sorella Isabella in circostanze alquanto misteriose, si ritiene un suicidio. Nel 1935 espone a Berlino. Nel 1936 alcune sue opere vengono acquistate dal governo polacco. Nel 1937 ottiene a Parigi il premio Grand Prix per la pittura. Nel 1938, alla Biennale di Venezia, Vittorio Emanuele III compra il ritratto di Kostancja Dygatowa e l’artista ottiene di essere insignita dell’ordine “Polonia restituita, IV classe”. Nel 1939 presenta un’opera Ritratto di parigina ad una mostra di pittura a New York. Nel 1940, il 26 ottobre, muore a Parigi e viene sepolta nel cimitero di Montmorcency.

Per tutte le indicazioni biografiche, nonché per tutte le informazioni relative alle date di composizione delle opere, alle recensioni alle opere stesse in occasione delle esposizioni internazionali, e per altre preziose indicazioni ci siamo riferiti alla accurata ed approfondita biografia di Maria Rostworowska, Portret za mgla

Opowiesc o Oldze Boznanskiej, The Christopher Radko Foundation for Children, Widawnictwo Terra Nova,

Warszawa 2003; nonché al bel saggio di Anna Król, dedicato alla sua pittura, Olga Boznanska, Malarstwo, Muzeum Miedzi w Legnicy, Legnica 2001, e della stessa autrice, Olga Boznanska, Wydawnictwo Dolnoslaskie, Wroclaw 2002.

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Uno sguardo che lascia trapelare accanto all'orgoglio di aver fatto ogni cosa da sola nella vita, la percezione della vanità di ogni sforzo e desiderio umano, consapevolezza acuita anche da quella solitudine che dopo la rottura del fidanzamento con Józef Czajkowski (1872-1947) caratterizzò fondamentalmente tutta la sua esistenza.

Un mistero si cela dietro quello sguardo, un mistero di fatiche estenuanti, di solitudine e di difficoltà sempre affrontate con coraggio ed in silenzio, un mistero appena nascosto dalla tensione alla libertà ed all’indipendenza.

L’arte stessa dovette spesso apparirle come un’illusione, e proprio per questo, somma rappresentazione della vita.

Quella di Olga Boznanska fu una vita dura, difficile, solitaria, spesa quasi interamente all’interno dei suoi studi, a Monaco di Baviera prima, a Parigi in seguito, per più di quarant’anni e qualche tempo a Cracovia, nella penombra di stanze piene di quadri appesi alle pareti, appoggiati al muro, per terra.

L’artista lavorò per tutta la vita con un ritmo impressionante,160 attraversò momenti di intensa gioia per l’ebbrezza della creazione ed il susseguirsi di riconoscimenti personali ed ufficiali alla sua opera, ma anche momenti di grande tensione, di sconforto, di angoscia e di vera e propria miseria.

Nella Parigi degli anni venti e trenta, l’artista polacca condusse una vita appartata, spesso sulla soglia della sopravvivenza, intensamente dedita alla pittura.

Mentre la sua fama artistica crebbe incessantemente, tanto che molti venivano a farsi ritrarre da lei, continuava ad essere costretta dalle necessità a vendere quasi tutte le sue opere per vivere.

Alla sera, un grande silenzio avvolgeva la sua casa, una casa dove vi erano sempre persone di passaggio come sulla scena di un teatro, ma dietro le cui quinte, spente le luci della ribalta, rimaneva il nume tutelare dell’atelier, il genio della lampada caleidoscopica dell’arte del ritratto, l’artista sola che sembrava comprendere coloro che aveva di fronte e che, tuttavia, fu sempre in qualche misura incompresa da quest’ultimi.161

Marcin Sambicki, in un articolo, pubblicato in Sztukach Pieknych nel 1904, descrisse la pittrice come una donna minuta dalla figura esile e distinta, pallida in volto, con il viso allungato e fine, occhi neri, penetranti e profondi, sempre all’interno del suo studio, circondata da pennelli, stracci, colori, spatole.

160 La pittrice polacca dipinse più di tremila opere, tra oli, pastelli, carboncini, schizzi, etc, molti dei quali fu purtroppo costretta a vendere per vivere, ora appartenenti a collezioni private.

161 Si veda, a questo proposito, l’affascinante tela del 1897, Nell’Atelier, olio su tela, 47,5×40,5, che raffigura la pittrice aggirarsi nell’atelier come una presenza notturna solitaria e misteriosa.

Olga Boznanska condusse sempre vita appartata anche rispetto al gruppo degli artisti polacchi a Parigi, sebbene gli artisti più giovani andassero spesso a trovarla, a chiederle aiuto e consigli. Dopo aver risolutamente declinato l’offerta di dirigere il dipartimento femminile dell’Accademia di Belle Arti di Cracovia, compito che essa riteneva assolutamente non interessante ed anzi assai limitativo del suo talento, proprio perché a Cracovia dipingere era ancora appannaggio delle fanciulle di buona famiglia accetterà invece di presiedere il circolo delle giovani artiste polacche a Parigi, circolo nel quale si formerà anche Mela Mutter.

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Eppure l’artista credeva profondamente nelle relazioni d’amore e di amicizia, come documentano, inter alia, le sue lettere alla madre, al padre, alla sorella, agli amici ; lettere piene di confidenze sincere e del desiderio di condivisione reale con gli altri delle fatiche e delle difficoltà del vivere. Dalla lettura di queste lettere, emerge accanto alla consapevolezza del proprio talento artistico, la percezione un po’ rassegnata con se stessa che questo non sarebbe bastato a colmare la sua solitudine.

Dipingere era veramente la sua vita, ed alla pittura Olga Boznanska si dedicò con un’alacrità tale da smarrire a volte il senso del reale ed il desiderio stesso di vivere.

Con gli anni, acquisì una straordinaria capacità di penetrare nell’animo umano, sempre sospeso tra desideri e miserie e di coglierne l’essenza individuale, peculiare della figura che aveva di fronte e della quale l’artista polacca sapeva riprodurre con finezza espressiva non solo le caratteristiche fisiche ma i tratti psicologici.

Così essa rappresentò anche se stessa, sospesa tra coscienza e desiderio dell’oblio, lucida fino alla follia, appassionata conoscitrice dell’animo umano fino all’assuefazione.

Questo stato d’animo emerge anche dal suo sguardo nelle fotografie dell’epoca162, immagini che ci restituiscono quella espressione di composta dignità e quasi rassegnazione, come stadio finale di quel originario desiderio di felicità, di affermazione e ribellione, nonché dell’estenuazione suscitata dall’investigazione del foro interiore dell’animo umano, ed infine, ma non ultimo dall’estenuazione prodotta dal lavoro stesso del dipingere, un lavoro che non era soltanto vocazione ma anche costrizione dettata da necessità.

Non più giovane, non bella, e molto stanca, eccola ritratta in una foto del 1936, all’età di settantun anni nell’atto di dipingere. Eppure, il fascino dell’incisività di quel gesto, la spavalderia della sigaretta tra le labbra, la disinvoltura con cui tiene il in mano il pennello, lasciano intravedere, dietro all’atteggiarsi ad un accentuato senso di indipendenza, l’infaticabile tenacia, la laboriosità di un’arte che è destino più ancor che passione e scelta, la forza misteriosa di una personalità profonda, segreta, nascosta dietro la missione della vestale dell’arte, dietro l’attitudine un po’ fanciullesca e bizzarra dell’artista famosa.

Tanto realismo, dolcezza, poesia, intensità nell’animo, nella mente e nel cuore ed il talento di sapere esprimere tutto questo con i colori sulla tela, eppure tutto questo doveva apparirle inesprimibile ed irrealizzabile nella vita. Da questo, forse, nasceva la sua malinconia, una malinconia tanto profonda quanto vera, sobria, senza alcun’ombra di posa letteraria, ed anzi tutt’uno con il coraggio e la tenacia necessari a vivere.

Così viene spontaneo chiedersi che cosa attraversasse l’animo dell’artista, concentrata con una foga ed una passione quasi folli sulla tela, dall’alba al tramonto mentre tutto fuori

Inoltre, Insieme a Slewinski, per i giovani artisti polacchi a Parigi, fu sempre la figura di riferimento più importante e significativa di “Sztuka”, la società degli artisti polacchi in Francia.

162 Preziose per ricostruirne la biografia, le fotografie raffiguranti la pittrice polacca sono state raccolte e sono ora anch’esse conservate presso l’Archivio Olga Boznanska, presso il Museo Nazionale di Cracovia.

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era vita, certo anche lavoro operaio e tante fatiche, ma vita, e pensiamo soprattutto alla vita artistica per antonomasia, quella Vie de Bohème degli artisti parigini suoi contemporanei.

In verità, Olga Boznanska aveva un’anima solitaria, uno spirito libero ed indipendente, capace di vedere e di accettare il vero su di sé e sugli altri, capace di creare dal nulla le figure, le forme, gli sguardi, il sorriso, capace di tendersi un uno sforzo spasmodico comprensivo del reale ed oltre il reale stesso nel suo puro apparire. Nonostante questa immersione nella realtà, una realtà alle volte greve, ella seppe ergersi al di sopra di tutto, le fatiche, le privazioni, i desideri irrealizzati, per l’elevazione dei suoi sogni e delle sue aspirazioni.

L’opera pittorica

Così l’artista stessa definì nel 1909 le proprie opere: «I miei quadri appaiono splendidi poiché dicono il vero, sono onesti e nobili. Non vi è in essi traccia di affettazione o manierismo, né mancanza di sincerità. Sono vivi, silenziosi e separati da coloro che li osservano come da una cortina luminosa di luce. Essi esistono in una loro propria atmosfera».163

La definizione appare quanto mai illuminante per comprendere non unicamente la sua opera in sé, ma anche gli intenti, l’orientamento estetico profondo ad essa sotteso e costantemente presente della pittrice stessa, ciò che essa si proponeva di esprimere attraverso l’arte.

E tuttavia, nel corso della sua vita, è chiaramente individuabile anche un significativo processo evolutivo che si caratterizza per la presenza di una stagione giovanile monachese, dominata dall’influenza della pittura di Wistler e di McNeill, e dai colori pallidi e smorti, per il progressivo e successivo affermarsi di un’inclinazione al simbolismo, della quale sono espressioni significative tele come Le fioraie 164 ed Il girasole (bambina con il girasole 165) del 1891, nonché, indubbiamente, la bellissima Fanciulla con i crisantemi 166 del 1894, dipinta due anni dopo la morte della madre ed a lei idealmente dedicata.

Con il passare degli anni, accanto all’emergere di un’istanza realistica, a volte un po’ cruda, si affinarono le sue doti di penetrazione e di espressione artistica delle caratteristiche psicologiche e persino dei moti interiori dell’animo umano.

163 Da una lettera della pittrice a Julia Gradomska del 1909, in riferimento alla sua partecipazione alla mostra “Cent tableaux. L’exposition des Mesdemoiselles”.

164 Kwiaciarki (Fioraie), olio su tela 65×85 (1889) Museo Nazionale di Cracovia.

165 Slonecznik; Dziewczynka ze slonecznikiem (Girasole; bambina con il girasole), pastel pap 64×48 (1891). 166 Dziewczyna z chryzantemami (Fanciulla con i crisantemi), olio su tela (1894) Museo Nazionale di Cracovia.

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La pittura, raffinatissima, divenne quasi traslucida, i volti si affinarono, l’intensità dello sguardo, la bellezza delle mani affiorarono sulla superficie della tela, mentre i corpi sembravano come ritirarsi nell’ombra, inghiottiti dalle tenebre, dematerializzarsi.167

Nascono, in questi anni, alcune delle sue opere più belle, come il ritratto della signora Jadwiga z Sanguszków Sapiezyny del 1910 168 e quello di Zygmunt Puslowski del 1912,169 opere nelle quali dominano la tristezza, la profonda onestà ed il senso della propria dignità.

Dall’analisi accurata delle sue opere della maturità, emerge nitidamente soprattutto la progressiva concentrazione dell’attenzione dell’artista allo sguardo della persona, all’espressione degli occhi,170 intorno al quale ruota tutto il resto della figura e della tela.

Gli occhi appaiono di una luminosità e trasparenza veramente impareggiabili, ed aprono un varco alla scoperta dell’anima, della quale nulla può rimanere veramente nascosto.171 Assistiamo al dispiegarsi sotto i nostri occhi dell’immensa varietà delle passioni umane:

167 Scrive di lei Barbara Kokoska in Polski Malarstwo, Kluszczynski, Kraków 2001: «Olga Boznanska depicted figures in a shimmering haze, progressively depriving them of their actual shape, to a point where they lost all reality. […] She knew how to use this talent and invest her dematerialised characters with inner expression. It was an expression based on impressionist vibracy, under the surface of which the sitter’s entire inner world is hidden. The space of her painting is narrowed and her deformed characters seem to solidify into flickering spot of colour. In time, her painting flattened as the figures merged with the background. But as they coalesced with the setting, the more intense their psychological portrayal became. “My pictures are truthful, honest, noble, and free of pettiness, mannerism and deceit. They are silent, but they live”. Her struggle for truth in painting was reflected in her portraits, which became in time more and more synthetic. Gradually, she eliminated all that was superfluous or which merely served as decoration, concentrating instead on the faces and hands of her sitters. The colour scheme of her painting was usually limited to subdued greens and greys in which she discovered a gamut of nuance, producing a whole range of effects, noble, coarse, light, warm or mute […] They remained greyish and hazy, with fuzzy outlines and as before, they emanated sadness and nostalgia, typical of Boznanska entire oeuvre».

168 Portret Jadwigi z Sanguszków Sapiezyny, olio su tela 116×96 (1910) Museo Nazionale di Cracovia. 169 Portret Zygmunta Puslowskiego, olio su tela 112×88 (1912) Museo dell’Università Jaghellonica. 170 Nel 1904, in occasione della presentazione di alcune sue opere alla mostra di pittura del Salon de la Société Nationale di Parigi ed al Internationale Kunstaustellung di Düsseldorf, così scrisse di lei un critico rimasto anonimo, sulla gazzetta parigina: «Se dovessi assegnare un annuale riconoscimento lo assegnerei senza esitazione alla signorina Boznanska per i suoi due ritratti virili. Specialmente per uno di essi: il ritratto dell’uomo con gli occhi verdi; è veramente perfetto. Essendo la signorina Boznanska sicura che gli occhi umani sono uno specchio dell’intera vita, pensiero intelligenza, cerca di dipingerli nella forma più realistica possibile, concentrando l’intensità del dipinto negli occhi e rendendoli il motivo essenziale, quello che per primo attrae e cattura la nostra attenzione. Ella compie questo in modo eccellente. Quantunque la pittura di Olga Boznanska non assomigli a quella di Carrière, essa ci ricorda la profonda psicologia di Carrière» (traduzione non letterale della scrivente).

171 Così scrisse della sua pittura, sul numero del 15 di Maggio del 1904 della rivista parigina “Plume”, un critico anch’esso anonimo: «I capolavori della Signorina Boznanska sono molto personali. I suoi intensi ritratti sono dipinti con tratti molto fini del pennello, che sono al tempo stesso molto delicati. Il ritratto del pittore Hirszenberg, con gli occhi sognanti, caratteristici dell’uomo del Nord, e la testa sorretta dalla mano, è molto interessante. Olga Boznanska sa comporre l’intera pittura perfettamente bene e sa enfatizzare le forme caratteristiche del modello. Il suo talento unisce alla perfetta conoscenza della psicologia, la padronanza nell’uso del colore», articolo conservato nell’archivio Olga Boznanska, presso il Museo Nazionale di Cracovia (trad. non lett. della scriv.).

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accanto al candore dell’innocenza di alcuni sguardi infantili, ecco emergere l’intensità e la risolutezza di altri sguardi adulti, il moto di ribellione della popolana,172 la sagace ma inquietante penetrazione dell’espressione delle due figure del ritratto di coppia del 1920.173