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2.1.1) DADA MODERNO O ANTIMODERNO?

Nel documento Dada in Italia. Un'invasione mancata (pagine 89-93)

Nel gennaio del 1922 Breton propone di organizzare un Congresso

internazionale per la determinazione delle direttive e per la difesa dello spirito moderno. Pensa che Dada si debba inserire in una corrente più vasta, che debba

superare il settarismo cui si va richiudendo e smettere di ripetere gli stessi gesti ormai privi della loro forza originaria. Pensa che cubismo, futurismo e dadaismo non siano tre movimenti distinti ma partecipino di una corrente più vasta di cui non si conosce ancora l’autentica portata. Pensa che questa corrente debba riconoscersi, confrontarsi, definire il rapporto tra le forze esistenti e stabilire la sua direzione. I dadaisti secondo Sanouillet - cui rimando per informazioni più dettagliate del Congresso 217 - “per apatia o per spirito di gruppo”218 inizialmente decidono di partecipare. Si forma un comitato organizzativo - Amédée Ozenfant, Jean Paulhan, Robert Delaunay, Fernand Léger, Georges Auric, Roger Vitrac e Breton – e tra gli aderenti spunta ache il nome di Marinetti. A Tzara, dubbioso della sua partecipazione, Breton propone di far parte del comitato, ma al suo rifiuto, temendo un altro tentativo si sabotaggio, fa pubblicare un comunicato, a nome del comitato, in cui si mette in guardia l’opinione pubblica contro le azioni di un personaggio conosciuto come il promotore di un “movimento venuto da Zurigo.”219 Scoppia un vero e proprio caso Tzara, sorpreso di essere considerato dal

217 MICHEL SANOUILLET, “Le Congrès de Paris”, in op. cit., pp. 280-304 218 MICHEL SANOUILLET, op. cit., p. 283

219

Pubblicato in Comoedia, il 7 febbraio 1922. “Dès maintenant les soussignés, membres du comité organisateur, tiennent à mettre l’opinion en garde contre les agissements d’un personnage connu pour le promoteur d’un ‘mouvement’ venu de Zurich, qu’il nest pas utile de désigner autrement et qui ne

répond plus aujourd’hui à aucune réalité. Le comité profite de cette occasion pour garantir de nouveau

comitato un “impostore avido di réclame”220 e malgrado questo ammesso a farne parte. Molti dadaisti, e non solo, danno appuntamento a Breton alla Closerie des Lilas dove lo accusano pubblicamente di nazionalismo e xenofobia e ritirano la loro partecipazione al congresso. Seguono altre defezioni e il progetto naufraga. Tzara, che ha più volte sottolineato il carattere antimoderno e contro il futuro di Dada, che sempre ha evitato di collocarlo nel susseguirsi di correnti aristiche, fosse anche in posizione d’avanguardia, ne è, questa volta involontariamente, l’artefice. A Roger Vitrac, che gli chiede cosa pensa del modernismo, risponderà:

Se vuol parlare di quella spinta intellettuale che è sempre esistita e che Apollinaire chiamava l’Esprit nouveau, il modernismo non mi interessa per niente. E trovo che hanno avuto torto a dire che il Dadaismo, il Cubismo, il Futurismo riposavano su un medesimo fondo comune. Queste due ultime tendenze erano basate soprattutto sul principio del perfezionamento tecnico o intellettuale, mentre il Dadaismo non ha mai riposato su una teoria e non è stato altro che una protesta.221

Quella tra Breton e Tzara è una polemica che trova brillante sfogo tra le pagine di Comoedia, nei due articoli “Dopo Dada”222 di Breton e “I retroscena di Dada”223 di Tzara e che ha a che vedere con la fine di Dada e con la sua natura, con la possibilità imperitura di trasformarsi o con la sua morte necessariamente violenta.

È questo un problema che si erano già posti Picabia, che abbandona Dada nel maggio del 1921224 ed Evola, che abbandona, come vedremo nel prossimo paragrafo, non proprio il dadaismo, ma l’espressione artistica nel luglio del 1921. Seguendo Toutes les tendances aussi bien le plus extrêmes, y compris celles que prétend représenter la personne que nous visons, y seront prises également en considéradon. Ce qu’on ne permettra pas, c’est seulement que le sort de l’entreprise dépende des calculs d’un imposteur avide de réclame.” MICHEL SANOUILLET, op. cit., p. 289

220220 Comoedia, 8 febbraio 1922. “Il y a quelques jours, je n’etais pas ancore un imposteur avide de

réclame, puisque j’etais digne de siéger dans se noble conclave.” MICHEL SANOUILLET, op. cit., p. 289

221 ROGER VITRAC, “Tristan Tzara coltiva i propri vizi. Intervista a Tzara”, Merz, n. 4, luglio 1923,

Trad.it in ARTURO SCHWARZ (a cura di), op. cit., pp. 526-527

222

ANDRÉ BRETON, “Dopo Dada”, Comoedia 2 marzo 1922. Trad.it in ARTURO SCHWARZ (a cura di), op. cit., p. 394

223 TRISTAN TZARA, “I retroscena di Dada”, Comoedia 7 marzo 1922. Trad.it in ARTURO

SCHWARZ (a cura di), op. cit., pp. 456-457

224

l’invito di Picabia “bisogna essere nomadi, traversare le idee come si traversano paesi e città”225 Breton scrive:

Lasciate tutto. Lasciate Dada. Lasciate vostra moglie, lasciate la vostra amante. Lasciate le vostre speranze e i vostri timori. Seminate i vostri bambini all’angolo d’un bosco. Lasciate la preda per l’ombra. Lasciate se occorre una vita agiata, ciò che vi si da per una posizione d’avvenire. Mettetevi in viaggio sulle strade.226

Seguito da altri dadaisti, è per lui un viaggio che porterà al surrealismo. Evola, vedrà in questo passaggio un momento regressivo, un’abdicazione rispetto alle potenzialità implicite nel dadaismo.227 Nell’autunno del 1922 Tzara intraprende invece un viaggio di più corto raggio e durante un giro di conferenze in alcune città tedesche tra cui Weimar, Jena e Hannover, riflettendo sulle ultime defezioni, scrive:

Un’altra caratteristica di Dadà è l’incessante separazione dai nostri amici. Non si fa che dividersi e presentare le proprie dimissioni. Il primo a dare le sue dimissioni dal Movimento Dadà sono stato io. Lo san tutti che Dada non è niente. Io mi sono dissociato da Dadà e da me stesso non appena ho capito l’effettiva portata del niente. Il fatto che io continui a fare qualcosa significa che questo mi diverte, o piuttosto che ho un bisogno di attività che esplico e spendo in tutti i modi.”228

225 FRANCIS PICABIA, “Il signor Picabia si separa dai dada”, Comoedia, 11 maggio 1921, trad.it in

ARTURO SCHWARZ (a cura di), op. cit. p. 337

226

ANDRÉ BRETON, “Lasciate tutto”, Littérature, II serie, aprile 1922, Trad.it in ARTURO SCHWARZ (a cura di), op. cit., p. 395

227 “In realtà il movimento a cui mi ero associato, tenendo Tristan Tzara in alta stima, doveva realizzare

ben poco di ciò che io in esso avevo visto. Se rappresentò di certo il limite estremo e insuperato di tutte le correnti d’avanguardia, tuttavia esso non si autoconsumò nell’esperienza di una effettiva ‘rottura di livello’ di là da ogni arte e di ogni consimile espressione. Al dadaismo fece seguito il surrealismo, il cui carattere, dal mio punto di vista, era regressivo, perché esso per un lato coltivò una specie di automatismo psichico gravitando verso gli strati subconsci e inconsci dell’essere, tanto da solidarizzare con la stessa psicanalisi, e dall'altro lato si ridusse a trasmettere sensazioni confuse di un ‘dietro’ inquietante e inafferrabile della realtà (specie nella cosidetta ‘pittura metafisica’) senza nessuna vera apertura verso l’alto.” JULIUS EVOLA, Il cammino del cinabro, Vanni Scheiwiller, Milano, 1963, p. 26

228

Malgrado in questo testo estremamente importante Tzara affermi di non voler dare alcuna spiegazione su Dada, benché ricordi che di tutto ciò che dice potrebbe essere vero anche il contrario e per quanto precisi che si tratta solo del suo punto di vista e che potrebbe facilmente non essere approvato dagli altri dadaisti, si lascia andare in realtà a considerazioni di carattere generale piuttosto precise e interessanti sul carattere moderno o meno di Dada:

Vi sbagliate se credete che Dadà sia una scuola moderna, o anche una reazione contro le scuole attuali. Parecchie mie affermazioni vi sono sembrate vecchie o naturali, questa è la prova migliore che siete dadaisti senza saperlo, e forse da ancor prima che nascesse Dadà.229

Concludo con una citazione che non mancherà di aprire nuovi interrogativi:

“Dada non è affatto moderno, è piuttosto il ritorno a una religione dell’indifferenza di tipo quasi-buddhista.”230

Torniamo ora, prima della fine di Dada, in Italia, per vedere cosa ne è di Evola.

229 Ivi, p. 113 230

2.2) LA STAGIONE DADA A CAPRI. EVOLA TRA PROGETTI

Nel documento Dada in Italia. Un'invasione mancata (pagine 89-93)