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3.3) IL NUMERO INEDITO DI BLEU

Nel documento Dada in Italia. Un'invasione mancata (pagine 159-166)

Per concludere, tornerei all’inizio: all’annuncio del Jazz-band Dada ball di Roma apparso nel terzo numero di Bleu nel mese di gennaio del 1921. È il primo numero cui Evola collabora, dopo essere stato messo in contatto con Cantarelli e Fiozzi, fondatori della rivista, proprio da Tzara. Se i primi due numeri436 della rivista presentavano molteplici aperture, non solo al dadaismo, ma anche all’espressionismo e al neoplasticismo, il terzo,437 più spiccatamente dadaista presenta, a parte un’illustrazione di Prampolini e una di Pannaggi, poemi di Tzara, Serner, Picabia, Ribemont Dessaignes, Aragon, Arnauld, Eluard ed illustrazioni di Ernst e Picabia. Niente di Cantarelli e Fiozzi, mentre Evola firma, in prima pagina, “Note per gli amici”. Non è un testo molto diverso da Arte Astratta438 sul piano contenutistico, quanto lo è forse, su un piano esistenziale. “Per noi, l’arte è un’altra cosa”, così inizia il testo. Evola ha ora degli amici – i dadaisti – e sembra uscire, momentaneamente, dal suo isolamento. Il testo riflette questa nuova condizione e la soddisfazione di aver trovato una motivazione teorica al proprio senso di estraneità dalla realtà ed un metodo, la negazione, atto al suo superamento. “Da qui l'arte, la nostra arte, come

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Bleu n. 1, luglio 1920. Copertina: “Studio” di Lucio Venna; 1 illustrazione di Aldo Fiozzi. Sommario: Daniel Henry, “Maurizio de Vlaminck. Nota”; Renée Dunan, “Dada?”; Vènna, “Nota”; F[iozzi], “Pittore”; Theo Van Doesburg. “L'art monumental. Nota”; E. Bacchi, “A B C ecc.”; Pierre Reverdy, “Critique générale sans exposition”; Piero Gigli, “Eternità”. Bleu n. 2, agosto-settembre 1920. Copertina: Vindizio Nodari-Pesenti, “Ritratto di Aldo Fiozzi”. 1 illustrazione di Baargeld; 1 di Fritz Baumann, “Composizione”; 1 di Katharina Zirner, “Gesú in Emmaus”; 1 di Fiozzi, “Valori astratti di un individuo Y”; 1 di Theo Van Doesburg, “Ragazzo che giuoca alle biglie.” Sommario: Dunan, “Assassiniamo l'intelligenza e l'estetica se vogliamo comprendere la bellezza” [tr. dal francese di Cantarelli]; I. K. Bonset, “Images-x”; Aragon, “Rivelazioni sensazionali” [tr. dal francese di Cantarelli]; Eluard, “Comédienne”; “La Letteratura, Manifesto N. 2 – 1920” lanciato dalla rivista olandese d'arte De Stijl e firmato da Theo VanDoesburg, Piet Mondrian, Antony Kok [tr. dal francese di Cantarelli]; Dario De Tuoni, “L’espressionismo letterario e gli espressionisti”; Theodor Däubler, “Impressione” [tr. dal tedesco di A. Peretti]; Ribemont Dessaignes, “Tzara”; Reverdy, “Mémoire d’homme”; “N. B.” [non firmato]; Dermée, “Fernand Léger”; “Comunicazioni Bleu N. 1”; Pubblicazioni ricevute

437 Bleu n. 3, gennaio 1921. Copertina: Ivo Pannaggi, “Nudo di donna”; 1 illustrazione di Prampolini,

Due pesi otto misure; 1 disegno di Max Ernst; 1 di Francis Picabia, “Une larme de rideau...” Sommario: J. Evola, “Note per gli amici”; “Note” [non firmate]; “N. B.” [che annuncia il “Jazz-band Dada ball” organizzato da Evola e Christian Schad a Roma per fine gennaio-febbraio]; Tzara, “Ange”; Picabia, “Femmes Fumigations”; Serner, “Chansons suffisantes”; Evola, “Dada Paesaggio”; “La mostra internazionale d’arte moderna a Ginevra” [non firmato]; Ribemont Dessaignes, “Flotteur”; Aragon, “Une fois pour toutes”; Arnauld, “Chevaux de frise”; Eluard, “En troise mots: langage claire”; Pubblicazioni ricevute

438 Nell’Archivio di Achille Perilli ho rinvenuto anche un testo breve dal titolo “Arte Astratta”, non

datato e di cui non ho trovato alcun riferimento né in Palatino, né negli Scritti sull’arte d’avanguardia di Evola a cura di Elisabetta Valento, né nel catalogo Evola tra Futurismo, Dada, Alchimia della mostra a Milano del 1998. Il testo presenta parti poi inserite sia in “L’arte come libertà e come egoismo”, sia nella “Posizione teorica” di Arte Astratta, sia in “Note per gli amici”; non vi è però alcun riferimento al dadaismo, questo mi ha fatto pensare ad una stesura precedente ad Arte Astratta che, abbiamo visto, risente dell’incontro avvenuto. V. infra, app. testo n. 9

terapeutica dell'individuo.” Dove Tzara aveva scritto: “distruggo i cassetti del cervello e quelli dell’organizzazione sociale: demoralizzare dovunque”,439 Evola scrive: “Noi siamo distruttori, immorali e disorganizzatori” e lo cita, riconoscendosi nelle sue parole:

Strappiamo come un vento furioso, il bucato delle nuvole e delle preghiere, e prepariamo il grandioso spettacolo di un cataclisma, l’incendio, la decomposizione…lo stato di follia, di follia aggressiva, completa di un mondo lasciato in mano ai banditi che si distruggono e distruggono i secoli.440

Evola quindi, unitosi al gruppo mantovano, con una rivista aperta ai fermenti internazionali e ottimi collaboratori, con l’interessamento di Tzara, la presenza di Schad a Roma e l’attenzione dimostrata da alcuni esponenenti di spicco del panorama culturale romano, come Bragaglia con i suoi mezzi di comunicazione - la Casa d’Arte e Cronache di Attualità - pensa di essere pronto per lanciare una stagione Dada italiana e progetta l’uscita di un numero, il quarto di Bleu, o altra rivista, ad essa interamente dedicato. Delle varie coincidenze che mi hanno portato al rinvenimento di questo numero inedito nell’Archivio di Vanni Scheiwiller, conservato presso il Centro Apice dell’Università degli Studi di Milano, ho già scritto nell’introduzione.

L’archivio conserva due menabò, due progetti della rivista, sostanzialmente simili, ma di diverse dimensioni: sono due in folio, uno di cm 21x16 e l’altro di cm 64x44. Quattro pagine quindi, scandite ortogonalmente da Evola in riquadri numerati, all’interno dei quali ha previsto testi – conservati in parte in archivio - e illustrazioni, da lui schizzate a mano direttamente sul menabò. Tra i riquadri corrono perfidi aforismi – gli stessi visti tra i quadri Dada alla mostra da Bragaglia441 - nelle varie direzioni, tra cui anche la diagonale, nel frontespizio.

Prima pagina: il titolo, disegnato a china da Evola, è Malombra, il sottotitolo è

numero dedicato a Dada. Sulla destra un riquadro reca le informazioni necessarie:

“n.8 - giugno 1921, esce all’ora del tè. Abbonamento a 300 numeri lire quindici.” Non

439 TRISTAN TZARA, “Manifesto Dada 1918”, trad.it in SANDRO VOLTA (a cura di), op. cit., p. 37 440 Ivi, p. 37, 41. Evola cita in francese il testo che io ho riportato qui in traduzione italiana.

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ho trovato altra spiegazione plausibile per la scelta del n. 8, se non la possibilità che Evola abbia voluto inserire la sua rivista nella successione dei numeri di Dada, ferma dal marzo 1920, proprio al settimo numero. Sappiamo invece che proprio durante l’estate del 1921 passata a Tarrenz, Tzara, Arp ed Ernst, stavano lavoreranno all’ottavo numero di Dada o Dada au grand air.442 Più immediate invece le allusioni all’ora del tè, momento di aristocratico capriccio e similutidine spesso accostata da Evola al fare arte come inutile lusso e distaccato egoismo e alla svalutazione dell’arte, con l’immissione di 300 numeri della rivista al ridicolo costo di una lira. Tra il titolo, dalla grafica a dire il vero più simbolista che Dada, e le note tipografiche, l’indicazione dei collaboratori: Arp, Damonides, De Rosal, De Torre, Evola, Parnak, Prampolini, Ribemont-Dessaignes, Tzara. Nomi noti, tranne De Rosal, che vedremo tra poco. Sotto, alcuni disegni di Evola e gli aforismi: “Talvolta è possibile essere eleganti ed aristocratici anche senza frequentare Dada” di Evola, “Tous les gens qui ont du goût sont pourris” di Picabia e “Dada: tea room più azoto in elica di Heine e profumo”. Un riquadro occupa la parte principale della prima pagina, il testo, indicato con il numero 1, di cui Evola ha scritto solo il titolo è “Calendario della stagione Dada romana” su cui non aggiungo altro. Sotto al nostro “Calendario” la sede del movimento Dada in Italia, ossia l’indirizzo di Evola a Corso Vittorio e la tariffa, 10 franchi, per consultazioni. Come “terapeutica” anche Dada avrà avuto i suoi clienti. A fianco, l’indicazione geografica di provenienza: “i dadaisti risiedono in America, Austria, Belgio, Germania, Inghilterra, Spagna, Svizzera, ecc. ma non hanno alcuna nazionalità.

Seconda e terza pagina. Iniziamo dagli aforismi: in alto “Dada non significa nulla” e “Tutti sono presidenti del moviemto Dada”, “Dada è serio”, “Dada è eccessivamente serio” e “Diffidate di Dada”, in basso “Non vi consigliamo di leggere questi aforismi” ricordano dello spiccato antintellettualismo, del gusto relativista, della natura contraddittoria e demistificatoria del movimento. Due sono invece più mirati “Marinetti è un picccolo imbecille” e “D’annunzio è un grande imbecille” e rispondono ad un vecchio desiderio di Evola, che nel proporre a Tzara di comprare qualche pagina di Cronache d’Attualità di Bragaglia, per farne una sorta di inserto dadaista, gli aveva suggerito:

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Per quanto poco possa valere la mia opinione, vi consiglio di comperare 2 o 3 pagine, ma solo per qualche volta: per esempio, nel mese prossimo in occasione delle manifestazioni dada di questo periodo che avranno luogo a Roma: pubblicarvi qualcosa di assolutamente urtante, da sconvolgere e disorientare tutti: contemporaneamente pubblicare una quantità di occasioni di scandalo, mettendo in ridicolo tendenze e personaggi illustri italiani e stranieri (ad esempio, a cominciare da Marinetti sino allo stesso Bragaglia).443

Le due pagine presentano due illustrazioni, una che Evola ha già incollato al suo posto è il suo disegno a penna Composizione n. 3, pubblicato in Arte Astratta, l’altra, non identificabile, di Prampolini (è interessante che il nome di Prampolini continui a comparire benché il suo avvicinamento al dadaismo si sia ormai interrotto da tempo). Poi i testi, scritti in diverse direzioni, come indicato dai titoli nei riquadri. Li elenco dall’alto in basso, da sinistra a destra: “Manifesto saccaromiceto” di De Rosal, un estratto da Jesus Christ Rastaquouere di Picabia, “Realtà cosmiche, vaniglia, tabacco, allarmi e il IV compianto della mia oscurità” di Tzara, “Sulla teoria del dadaismo” di Damonides, “Bric-à-brac” di De Torre, estratto dal Schwalbenode di Arp, “Carciofi” di Ribemont Dessaignes. Tre riquadri sono vuoti in uno dei due menabò e occupati nell’altro dai poemi negri “Zanzibar” e “Sotho-Neger” tradotti da Tzara, dalle note contro Bragaglia444 e da “Invenzione”, poema del russo Parnak da declamare mentre esegue le sue danze su ritmi di fox-trot. Come non lasciarsi incuriosire da De Rosal, misterioso fondatore della rivista e autore di un manifesto che prende il nome dal fungo responsabile della trasformazione dello zucchero in alcool durante la fermentazione? Trattasi forse di un nuovo microbo Dada? Anche il testo è conservato nell’Archivio di Scheiwiller. Prima di parlarne finisco di descrivere l’ultima pagina della rivista: in alto La parola oscura del paesaggio interiore di Evola – il titolo in italiano lascia supporre una versione italiana del poema pubblicato in francese – un estratto dal Cinema Calendrier du Cœur Abstrait di Tzara e la sua ricetta

443 V. infra, app., lettera n. 9, Roma, non datata, ma sicuramente scritta nel marzo 1921, ELISABETTA

VALENTO (a cura di), op. cit., p. 34

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“Per fare un poema dadaista.”445 Un quadro di Evola: Paesaggio interiore ore 16, pubblicato anch’esso in Arte Astratta, un “saggio dei manifesti dell’esposizione dadaista- aprile 1921” e gli ultimi due aforismi “Je n’ai jamais pu que mettre de l’eau dans mon eau” di Francis Picabia e “Il est difficile de s’evader d’une prison qui n’a pas de mur” di Ribemont Dessaignes, nei quali Evola vede ribadita la sua idea che niente esista al di fuori dell’Io.

Veniamo al “Manifesto saccaromiceto”, testo in italiano, come gli altri che l’Archivio conserva: assenti infatti gli originali, le traduzioni sono dello stesso Evola e, dal russo, di Eva Kühn, intellettuale di origine lituana e moglie di Giovanni Amendola, conosciuto nella sede romana della Società Teosofica, dove Eva Kühn aveva probabilmente incontrato anche Evola. Più che di traduzioni vere e proprie si può parlare di frammenti estratti liberamente da testi molto più lunghi – come nel caso di Jesus Christ Rastaquouere di Picabia, testo pubblicato nel 1920 nella Collection Dada o “Sulla teoria del dadaismo” di Damonides, pubblicato in Dada Almanach nello stesso anno – e che condividono con il “Manifesto saccaromiceto” lo stesso approccio teorico, lucido e disincantato, al dadaismo. De Rosal, autore del manifesto, non è altro che uno pseudonimo, con cui Evola firma forse il suo testo Dada più efficace. Non nuovo nei contenuti, ma piuttosto un compendio degli altri citati. Lo riporto in appendice e termino la tesi consigliandone la lettura.

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Conclusioni

Breve e fallimentare, la stagione Dada romana, si prestava perfettamente per me ad essere approfondita. Un “Calendario” puntuale ma poco studiato, documenti inediti e dal passato incerto si intravedevano all’orizzonte di un paesaggio noto, ma aperto al dubbio e alla discussione. Troppo vasto in alcuni studi, troppo limitato, od osservato da un unico punto di vista, sulla traiettoria di un luminoso bersaglio, in altri. Tuttavia sul mio orizzonte hanno sempre gravato alcune assenze, alcune mancanze e benché nel testo non ne abbia espressamente parlato, ogni scelta, ogni direzione intrapresa, mi sembra oggi, scaturita più da quelle assenze che non dalle presenze.

Vi è un tipo di assenza velata, rivelata e nascosta, accennata, che appare come miraggio agli occhi di un ricercatore, lontana ed incerta, che si insinua nella sua mente e lo spinge, inavvertitamente, in direzioni precise. È stato per me il caso del ritrovamento del menabò di Bleu o Malombra.

Vi è poi un tipo diverso di assenza, di cui non si parla, ma che la presenza del suo opposto o del suo complementare, non smette di ricordare. È un’assenza palpabile e materiale. E per me coincide con le lettere di Tzara ad Evola, o la corrispondenza tra Evola e altri dadaisti, di cui non ho rinvenuto traccia, né alla Fondazione Evola di Roma, né nell’Archivio Scheiwiller del Centro Apice di Milano né, curiosando, tra gli inventari di alcuni archivi personali, quelli di Hannah Höch, in cui vi è anche parte dell’archivio di Baader e di Raoul Hausmann, conservati alla Berlinische Galerie e pubblicati, per fare un esempio.

È la loro assenza, la mancanza di risposte e interlocutori alle problematiche sollevate da Evola, che mi ha portato a sostituire il contenuto ipotetico delle lettere con il mondo che i dadaisti andavano in quegli anni vivendo.

Con questo concludo, dedicando questa ricerca a chi, per lavoro, desiderio, o caso, troverà un giorno queste lettere.

Forse mi capirete meglio se vi dirò che dadà è un microbo vergine, che si insinua con l’insistenza dell’aria in tutti gli spazi che la ragione

non è riuscita a colmare di parole e di convenzioni.

Tristan Tzara (Conferenza su Dadà, Weimar ,1922)

APPENDICE

Immagini

Nel documento Dada in Italia. Un'invasione mancata (pagine 159-166)