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3.2.2) I TESTI DELLE CONFERENZE DELLA STAGIONE DADA ROMANA

Nel documento Dada in Italia. Un'invasione mancata (pagine 150-159)

Attenendoci al “Calendario della stagione Dada romana” ci sarebbero state due conferenze di Evola. Una “presentazione teorica” il 15 aprile 1921, giorno di apertura della stagione e della mostra alla Casa d’Arte Bragaglia e una conferenza Dada il 16 maggio all’Università. Nell’edizione del 1963 di La parole obscure du paysage

interieur,412 il poema è seguito da un saggio dal titolo “Sul significato dell’arte

modernissima”, che Evola nell’introduzione dichiara essere il testo della Conferenza all’Università, già pubblicato, nel 1925, come appendice a Saggi sull’idealismo

magico. 413

In Palatino,414 Crispolti parla di tre testi, aggiungendo una terza conferenza

tenutasi il giorno della chiusura della mostra da Bragaglia e inserisce i tre testi - “Dada!”,415 un testo senza titolo416 e “Il dadaismo e il suo contenuto spirituale”417 - di cui cita alcuni estratti, nel numero poi rimasto inedito di Bleu.

Questi testi sulla base di una trascrizione dattiloscritta risalente agli anni sessanta, forse da attribuire allo stesso Crispolti, sono stati pubblicati in versione integrale nel 1998.418 Sono testi molto lunghi, mentra Bleu, a giudicare dai numeri pubblicati è una rivista esile, di poche pagine, che condivide con altre riviste dadaiste, il caotico alternarsi di testi brevi, poesie, aforismi e immagini. La presenza di quei testi mi sembrava almeno improbabile.

Nell’archivio di Vanni Scheiwiller, conservato al Centro Apice dell’Università degli Studi di Milano, ho rintracciato il numero inedito di Bleu, di cui parlerò nel prossimo paragrafo. Qui basti sapere che i testi non sono presenti in questo numero, che anzi ha il pregio di presentare uno spaccato del dadaismo europeo, senza che Evola, curatore solitario di questo numero, ritagli per sé uno spazio preponderante.

Un’altra considerazione: ho potuto visionare gli originali dei tre testi conservati nell’archivio di Achille Perilli ad Orvieto.

412

JULIUS EVOLA, La parole obscure du paysage interieur ,Edizioni Scheiwiller, Milano, 1963

413 ID., Saggi sull’idealismo magico, Atanòr, Roma-Todi, 1925

414 ENRICO CRISPOLTI, “Dada a Roma. Contributo alla partecipazione italiana al Dadaismo”,

Palatino, luglio-settembre 1968, pp. 296-298

415 V. infra, app., testo n. 5. Manoscritto autografo. Archivio Achille Perilli, Orvieto. 416 V. infra, app., testo n. 6. Manoscritto autografo. Archivio Achille Perilli, Orvieto. 417 V. infra, app., testo n. 7. Manoscritto autografo. Archivio Achille Perilli, Orvieto. 418

Nel manoscritto del testo senza titolo letto durante la seconda conferenza, quella diciamo aggiunta da Crispolti, si legge chiaramente: “un’analisi del valore storico e dell’intima essenza spirituale del dadaismo è stata oggetto di una mia conferenza tenuta al Circolo Teosofico alla quale forse qualcuno dei presenti ha assistito”. L’indicazione del Circolo Teosofico è stata poi cancellata e sostituita con un “qui tenuta”, che compare anche nel testo pubblicato nel catalogo del retrospettiva a Milano del 1998.419

Sembrerebbe quindi trattarsi del testo di una conferenza tenuta al Circolo Teosofico, che Evola sappiamo frequentava, con riferimento ad una precedente conferenza nello stesso luogo, di cui il contenuto sembrerebbe esattamente quello del testo indicato invece per la Conferenza all’Università ossia “Il dadaismo e il suo contenuto spirituale”. In una lettera a Tzara, del 19 maggio 1922,420 in effetti, Evola parla di tre conferenze, sicuramente successive a quelle della stagione Dada, senza specificare però il luogo e a complicare le cose c’è il fatto che “Il dadaismo e il suo contenuto spirituale” contiene riferimenti a Bragaglia come “galleria dadaista”, riferimento possibile solo durante l’esposizione del movimento Dada italiano e prima della rottura con Bragaglia.

Non ci sono invece dubbi circa l’identificazione del testo “Dada!”421 poiché Evola scrive: “e con ciò chiudo questa presentazione del movimento Dada che oggi realizza la sua prima manifestazione ed esposizione italiana.” Vi è poi un’aggiunta, che si riferisce secondo me alla manifestazione del giorno della chiusura ed è una breve premessa al “Manifesto Dada 1918” letto in quell’occasione. Evola scrive: “a completare questa che è la” – qui la scrittura è illeggibile, il testo pubblicato nel catalogo di Milano scrive 4ª,422 non sapendo poi definire a cosa si riferisca, ma potrebbe essere anche 2ª - “manifestazione romana del Movimento Dada, le idee ora esposte, leggo infine la mia traduzione italiana del nostro Manifesto Dada.” Credo si tratti dell seconda manifestazione anche perché si parla di un “Movimento Dada italiano.” Sappiamo che il movimento italiano era formato da Evola, Fiozzi e Cantarelli e che dopo la chiusura della mostra collettiva da Bragaglia, di Fiozzi e Cantarelli svanisce ogni traccia.

419 Ivi, p. 79

420 V. infra, app., lettera n. 20. Roma, 19-5-1922, ELISABETTA VALENTO (a cura di), op. cit., p.51 421 Il testo si apre con l’esclamazione “Dadà!” che non risulta essere però il titolo.

422

Fatte queste dovute considerazioni preliminari, passiamo all’analisi dei tre testi, iniziando da alcune caratteristiche comuni. Tutti giocano su un doppio livello: si aprono con indicazioni generali sul movimento Dada, sull’origine del nome, sui centri delle molteplici attività dadaiste. Evola trasmette informazioni evidentemente poco note agli uditori, tra i quali abbiamo visto, vi erano non solo intellettuali e artisti, ma anche molti nobili ed aristocratici i quali, considerando anche lo scarso interesse dimostrato dalla stampa, non avevano probailmente un’approfondita conoscenza del dadaismo. La stessa conoscenza di Evola è piuttosto generica, si basa sulle informazioni avute da Tzara, dai suoi testi dai quali spesso trae lunghe citazioni e dalle notizie di cronaca solitamente presenti nelle riviste dadaiste che ha ricevuto. Il testo più utile è a questo proposito “Il dadaismo e il suo contenuto spirituale”, dove Evola immagina un viandante curioso di dadaismo e il suo peregrinare tra New York, Parigi, Colonia, Zurigo e Berlino. Tra i luoghi, l’Anonime Society423, Au Sans Pareil,424 il “club degli stupidi”425 e le opere, la Gioconda con i baffetti di Duchamp e La Sainte

Vierge di Picabia, fino al teatro dadaista di Berlino - probabilmente confuso con lo

scantinato del teatro di Max Reinhardt, dove si svolge una serata dadaista - che Evola così descrive.

Infine la nostra persona andrà a Berlino, che è uno dei centri più importanti del Dadaismo; presso il Dada Erd und Weltballs v’è un teatro dadaista. Essa si unisce ad altri visitatori ed entra. Ed ecco che viene condotta per un lungo ed oscuro corridoio in cui si è costretti a procedere in fila indiana; il pavimento è sdrucciolevole, odori molto svariati circolano, ad ogni istante si incespica od urta contro degli

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Primo museo americano dedicato esclusivamente all’arte contemporanea, fondato da Katherine S. Dreier, Man Ray e Marcel Duchamp, il 20 aprile 1920. Vengono organizzate 84 mostre fino al 1939, oltre a numerose conferenze e pubblicazioni. Nel 1941 la raccolta viene donata all’Università di Yale.

424 Non si conosce la redazione italiana, tradotta dall’autore e da Maria de Naglowska (collaboratrice di

L’Italie, edizione francese del quotidiano romano Il Tempo.)

424Nel giugno del 1919, nel secondo numero di Littérature, diretta da Breton, Aragon e Soupault, appare

“Les mains de Jeanne-Marie”, inedito di Rimbaud. Per pagare l’ingente somma necessaria ad acquisirne i diritti ne viene stampata una edizione in tiratura limitata. È il primo testo della Casa Editrice Au San Pareil, diretta da René Hilsum, da sempre amico di Breton, e della “Collection de Littérature”. Gli altri titoli sono: nel 1919 Mont de Piété di Breton, Lettres de guerre di Vaché, Dix-

neuf poèmes élastiques di Cendrars, Rose des vents di Soupault, Feu de joie di Aragon, nel 1920, Les Champs magnétiques di Breton e Soupault e Les animaux et leurs hommes di Éluard. Nel gennaio del

1920 Au Sans Pareil diviene anche il nome della libreria, aperta da Hilsum in Avenue Kléber. Specializzata in letteratura moderna, luogo di deposito e smistamento di riviste d’avanguardia di ogni provenienza, è anche luogo espositivo. In aprile, dal 16 al 30, espone Picabia, dal 28 maggio al 10 giugno 1920 Ribemont-Dessaignes e nel 1921, dal 3 maggio al 3 giugno, Max Ernst.

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oggetti fra i più disparati che sono sospesi o disposti per terra , in modo che ne risulta una continua trepidazione nel procedere. Infine, dopo lungo cammino, si penetra nella sala centrale; entrati tutti, le porte si chiudono, e non si esce più per nessun motivo. Ora il pavimento della sala è mobile, e comincia a oscillare ; getti di vapore sotto pressione erompono dai punti più insospettati; un’ orchestra di trombe, di rivoltelle e di strumenti a percussione rende vibrante l’atmosfera dei ritmi più infernali. Ciò dura un certo tempo; e infine, quando si suppone che il disgraziato visitatore si trovi in uno stato sufficiente di tensione, si apre il sipario e s’iniziano le rappresentazioni. Anche queste non hanno altro scopo che portare l’individuo ad un ancor più alto grado di scardinamento, di ossessione, tanto che, spesso, a fine spettacolo, tutta la sala è pervasa da un vero e proprio accesso collettivo di follia urlante e gesticolante o d’inebetimento. Col che lo scopo – ossia il dadaizzamento involontario – è raggiunto e i visitatori sono restituiti alla luce.426

Queste sono però per Evola espressioni esteriori del dadaismo, la cui comprensione necessita di un secondo livello. Oltre l’assurdità e l’ironia che dissimula il non-senso, vi è un senso spirituale, vitale, interiore, latente nell’uomo di qualsiasi epoca, presente fin dalle Upanisad indiane, nella scuola Pitagorica, in Simone, Basilide, Valentino, Porfirio, Eckart, Swedenborg, Novalis, Stirner, Nietzsche, Mallarmé, Apollinaire, Bergson, Freud, fino a Tzara. Per questo “Dada è nato senza alcuna organizzazione né parola d’ordine, qua e là, simultaneamente, in individui che s’ignoravano reciprocamente, sparsi in ogni canto del globo.427

Ora vi sono diverse persone che hanno avuto la vena di abbandonarsi a questa strana avventura, che pure non promette né di divenir deputato, né tanto meno scrittore alla moda. Scardinati dalla gravità, essi hanno iniziata una strana ascesa per gli strati dell’atmosfera. Ai

426 JULIUS EVOLA, “Il dadaismo e il suo contenuto spirituale”, in cat. Evola tra Futurismo, Dada,

Alchimia, Milano, 1998, pp. 92-93

427

loro occhi le città abituali si rimpicciolirono, poi si confusero, divennero irriconoscibili: scomparvero, alla fine; e l’aria sempre più divenne rarefatta e luminosa tanto, che la vista non ne poteva più discernere i gradi di chiarità. A poco a poco i polmoni non trovarono più il loro alimento, ed allora le forze vennero meno e il cervello si confuse: e così, al di fuori della mischia, al di fuori del mondo, l’uomo vacillò, l’uomo si decompose: le sue labbra si tumefecero, pronunciando suoni disarticolati, strani gesti nacquero: finché un riso lungo, atono, simile un po’ a quello dell’ultimo Zarathustra, risolse e chiuse in uno l'avventura astrale.428

Ecco Dada

Per Evola, come Berkeley ha dimostrato senza trovare confutazione, la realtà non esiste al di fuori dell’Io. Di questo l’uomo non è cosciente e l’umanità è travolta da una forza che Eraclito ha chiamato “divenire” e Schopenauer “volontà di vita” e che governa il mondo materiale. Ma esiste nell’uomo la facoltà di opporsi, superare il sentimento e l’umano e la negazione e l’indifferenza dadaista divengono per Evola un metodo attraverso il quale distruggere ogni convenzione, fede e legame con la realtà. Ricondotta la realtà all’Io, non si deve sostituire un mondo ad un altro mondo attraverso la rappresentazione e l’arte astratta, nell’uso totalmente arbitrario di mezzi, colori, linee, suoni, vocali, frammenti, senza alcun contenuto reale, morale o sentimentale, è l’unica forma di espressione possibile, l’unico compromesso prima del superamento di ogni espressione. All’uomo, dopo aver incendiato un mondo, dopo aver risvegliato in sé l’elemento divino e l’azione antiumana, per essere libero non resta che distruggere anche sé stesso, decomporsi, liquefarsi. Evola vede in questo una forma attuale di misticismo di cui riconosce in Meister Eckhart un precursore.

È un passaggio difficile, cercherò di seguire il testo per lasciare che sia Evola a tracciare le coordinate entro cui intendere, a questo punto, il suo dadaismo. Le citazioni sono tratte da “Il dadaismo e il suo contenuto spirituale”. Nel manoscritto vi sono anche tracciati dei diagrammi non presenti nella versione stampata e che riporterò per maggiore chiarezza.

B F C E G O K D Z A

BENE LUCE SPIRITO

MATERIA OSCURITA' MALE

Il primo è questo e serve per spiegare la legge della differenza che è alla base della realtà e della sua percezione. Si immagini la coscienza in A, Z e K. Distanze diverse la separano dai due opposti, la coscienza ha

percezione della sua localizzazione nello spazio, quindi della sua esistenza e della sua natura. Immaginiamo la coscienza in O: la distanza dagli opposti è la stessa, non c’è percezione di una differenza, ma nell’indifferenza

precipita la realtà dell’Io, del mondo, di Dio. La centralizzazione in O è un processo lungo e graduale. Non esiste un solo centro, ma più centri, tanti quanti sono i vari piani di esistenza e quindi più centralizzazioni.

Ecco il secondo schema. Solo in A avverrà il precipitare cosmico nell’infinito nulla. Evola non specifica in quale piano di esistenza la coscienza dadaista, grazie al principio di indifferenza oggi si trovi, comunque ad uno dei piani inferiori e che ha per segno esterno uno stato di esistenza astratta, che così cerca di descrivere:

si può concepire pensando a quel che sarebbe la vita delle cose quanto fosse possibile aspirarne a poco a poco l’energia che la regge, cioè una specie di rarefazione, di asfissia nella vitalità, nella realtà, in ogni entusiasmo e di in ogni fede che ha per causa la realizzazioni delle prime e più esteriori delle centralizzazioni; da cui risulta una nuova esistenza artefatta, strana incoerente, caotica, di cui sono segno i poemi, i quadri e le musiche.

Il triangolo rovesciato di Evola non può non far pensare al triangolo che “si muove lentamente, quasi impercettibilmente verso l’alto” di cui parla Kandinsky in Lo

Spirituale nell’arte.429 Il triangolo di Kandinsky, orientato però in verso opposto a quello di Evola, non rappresenta il progressivo avvicinamento della coscienza

429 WASSILY KANDINSKY, Lo Spirituale nell’arte, Se, Milano, 2005, p. 23 (1ª ed. Uber das Geistige

in der Kunst, Insbesondere in der Malerei, R. Piper, Munchen, 1912)

O

O1 O2 O3

individuale al suo centro, bensì il movimento della vita spirituale, di cui l’arte è componente essenziale, “un movimento tanto complesso, quanto chiaro e preciso”, il movimento della conoscenza.

Il triangolo è diviso in sezioni diseguali e si muove implacabilmente malgrado la resistenza di chi si oppone a quel movimento: per convenzione, abitudine, attaccamento ai valori esteriori e materiali, il triangolo appare immobile e ribassato nei periodi di decadenza spirituale. In ogni sezione del triangolo si trovano gli artisti: più in basso si trovano, più ampio è il terreno che occupano e maggiore è il consenso è la comprensione da essi riscossa. Ma se guardano oltre i limiti di quel terreno, se condividono la spinta verso l’alto del triangolo spirituale, essi anticipano e precedono il naturale superamento di ogni sezione in un’altra e non vengono capiti. “Al vertice sta qualche volta solo un uomo. Il suo sguardo è sereno come la sua immensa tristezza.”430

Di ogni sezione e dei suoi abitanti, nella fase storica a lui contemporanea, Kandinsky sa indicare preferenze politiche, credenze religiose, posizioni economiche, paure e certezze. Più si sale in alto, più aumenta l’educazione ricevuta e la conoscenza accumulata, che si crede solida, razionale e sicura. Più si sale in alto e più aumenta la paura quando si scopre quella conoscenza relativa e non assoluta.

“Ma se saliamo ancora più in alto, troviamo ancora più confusione, come in una grande città, costruita secondo le regole matematico-architettoniche, che venga improvvisamente distrutta da una forza immensa. Gli uomini che vivono in questa sezione vivono come in una città spirituale, dove si scatenano improvvisamente delle forze che gli architetti e i matematici dello spirito non avevano previsto. Più in alto ancora, la paura svanisce.”431

In questa sezione gli scienziati, superato il sapere positivista, hanno scalzato la materia stessa dalla base dell’universo, e l’hanno sostituita con gli elettroni e il loro movimento. Da culture lontane e saperi rimossi provengono concezioni spirituali che trovano vasta eco nel mondo: come la Teosofia elaborata dalla signora Blavatzky, dopo un lungo viaggio in India. Anche la materia pittorica smette di essere indifferente e sottomessa ai modi convenzionali e accademici con cui è rappresentata, scopre di avere a che fare con l’interiorità dell’artista, diviene contenuto spirituale, anima dell’arte, secondo il principio della necessità interiore.

430 Ivi, p. 23 431

“Quando vengono scosse religione, scienza e morale (quest’ultima dalla potente mano di Nietzsche), quando i sostegni eterni stanno per crollare, l'uomo distoglie lo sguardo dall'esteriorità e lo rivolge a se stesso. La letteratura, la musica e l'arte sono i campi in cui la svolta spirituale comincia a manifestarsi più sensibilmente.”432 Svolta verso l’antinaturalismo, l’astrazione e la spiritualità, condivisa dalle singole arti, ciascuna con i mezzi ad essa propri. Pittura e poesia, alla ricerca di un loro ritmo interiore e necessario, pittorico e poetico, guardano alla musica, che per prima ha smesso di essere rappresentazione della natura per diventare espressione della vita psichica dell’artista.

Nella postfazione Elena Pontiggia, dopo aver cercato ascendenze, affinità e derivazioni del testo, individua, a mio parere giustamente, il suo valore nell’essere espressione di un clima culturale, di una generazione più che di un movimento, opera “corale, iniziale e riassuntiva”433 sul cui valore profetico si può oggi dubitare “l’epoca della grande spiritualità non è mai iniziata (…) stermini e distruzioni hanno segnato il secolo (…) anche l’idea che la vita dello spirito proceda lentamente ma inesorabilmente verso l’alto, come un triangolo acuto, sembra partecipare delle utopie della modernità. Quanto all’astrazione (…) il processo non è stato irreversibile”.434

Questo è il limite cui perviene Evola nell’ambito della nostra tesi. “Il dadaismo e il suo contenuto spirituale si chiude con una descrizione del “nuovo amico del nulla che si chiama dadaista” in cui Evola si pone un nuovo traguardo: “il compito cosmico dell’estinzione”, ma che io non tratterò:

L’uomo il cui corpo è ormai preso nell’ingranaggio vi parla con serenità: non ascoltate le parole sconnesse ch’egli foggia, non ascoltate il canto monotono e incomprensibile delle sue labbra: ma comprendete il suo sguardo sereno e sicuro. Nulla al mondo saprà turbare o piegare quello sguardo, nulla al mondo saprà mascherargli la visione ch’egli stesso ha creato. Calmo egli attende: un’ora, un anno o un’eternità hanno per lui lo stesso valore. Perché pur essendo nel mondo egli non è più del mondo, pur essendo nella vita, egli non

432 Ivi, p. 32 433 Ivi, p. 126 434

è più nella vita.435

435 JULIUS EVOLA, “Il dadaismo e il suo contenuto spirituale”, in cat. Evola tra Futurismo, Dada,

Nel documento Dada in Italia. Un'invasione mancata (pagine 150-159)