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4. giocatori: è ‘elemento fondamentale senza il quale il gioco non può svolgersi; 5 contesto o scenario di gioco: è costituito dalla storia o trama,

1.3 L’aspetto video dei videogioch

1.3.2 Dal codice all’interattività

Abbiamo visto che con i media digitali la rimediazione raggiunge un livello del tutto nuovo e peculiare. Se, come afferma Maragliano (1996), la multimedialità, presente anche essa nei media analogici come il cinema, corrisponde a una multimedialità fisica, basata su una molteplicità di supporti mediatici distinti, con i nuovi media la multimedialità è gestita da una macchina unica, il computer, capace di manipolare e integrare i diversi linguaggi. È precisamente questa capacità di manipolare contemporaneamente i dati mediali quella che, secondo Manovich (2001), noto studioso dei nuovi media, è al centro della trasformazione veicolata da essi. I nuovi media, secondo questo autore, si distinguono dai vecchi in quanto utilizzano una rappresentazione numerica come linguaggio per gestire l’informazioni. Suono, immagine e testo vengono tutti tradotti in un linguaggio unico, il codice binario, il quale, basandosi su sequenze di “zeri e uni” disposti in un determinato ordine, è soggetto a essere trasformato e manipolato attraverso algoritmi matematici, senza consumarsi o perdere qualità nella loro riproduzione.

Questo nuovo linguaggio è accompagnato da una serie di nuove possibilità operative, che riguardano la creazione, la distribuzione, l'archiviazione, edizione e il recupero delle informazioni trasformate in dati. Ma hanno importanti ripercussioni nel modo in cui i nuovi media influiscono nella forma di configurare l’esperienza con il mondo e con i media stessi.

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Manovich (2001) ha identificato cinque principi che contraddistinguono i nuovi media dai vecchi. Il primo è la rappresentazione numerica dei dati menzionata in precedenza. Il secondo è la modularità, ovvero la possibilità di organizzare i dati in parti indipendenti che sono costituite a loro volta da altre parti indipendenti, che pur essendo combinati e assemblati in strutture di maggiori dimensioni, continuano a mantenere le loro identità separate. Dalla rappresentazione numerica e la modularità derivano altri tre principi fondamentali. L’automazione è un processo complesso che prevede una successione di complicate operazioni matematiche gestite dal medium, che permette di rendere automatiche e dunque, invisibili all’utente, molte operazioni che nei vecchi media dipendono da un soggetto umano. La quarta caratteristica, la variabilità, è la proprietà dei nuovi media di creare un numero potenzialmente infinito di versioni di un prodotto mediatico, sia a livello superficiale come l’interfaccia, sia a livello più profondo come la funzionalità degli oggetti. La transcodifica è il quinto principio che Manovich descrive come caratteristica dei nuovi media e quello che ha la conseguenza più rilevante della digitalizzazione dei media. Transcodificare significa tradurre un oggetto in un altro formato. Nel passaggio dall’analogico al digitale, i dati non sono solo modellati seguendo una struttura computazionale (con i bit, i pixel, per esempio), ma sostituiscono le categorie e concetti culturali a livello di significato da nuove categorie che derivano dall’ambito computazionale.

Se pensiamo ai giochi digitali, possiamo analizzare come la rappresentazione computazionale e i principi che ne derivano, rendano possibile l’emergenza delle caratteristiche solitamente associate all’esperienza videoludica, come l’interattività, la multimedialità, l’ipermedialità e l’immersività. Grazie alla flessibilità offerta dal linguaggio computazionale, con le sue caratteristiche di modularità, variabilità, automazione e transcodifica, i videogiochi possono offrire al giocatore esperienze di esplorazione libera e la creazione di percorsi ipermediali diversi, supportate da una rete di informazioni virtuali che danno corso a percorsi logici precedentemente inesistenti (Tagliagambe, 2006). Il videogioco si presenta come un oggetto intrinsecamente riconfigurabile (Raessens, 2005), nel momento in cui “(…) a player in this process of exploration is invited to give form to these worlds in an active way by selecting one of the many preprogrammed possibilities in a computer game” (p. 380).

L’interattività, il concetto probabilmente più utilizzato per descrivere i giochi digitali, merita un’attenzione particolare. L’interattività è un concetto ambiguo, utilizzato come direbbe Manovich (2001), come un concetto “ombrello”, che copre una serie di significati diversi tra loro. Se per alcuni l’interattività si configura come la possibilità di scelta e di intervento, che consegna un ruolo più attivo nelle mani del soggetto, per altri, l’essenza dell’interattività risiede nella capacità del medium di crearsi o modificarsi, in tempo reale, in relazione alle azioni dell’utente. Per distinguere una dall’altra, possiamo rincorrere alle definizione di interattività chiusa e aperta descritte da Manovich (2001). L’interattività chiusa si riferisce alla selezione all’interno di una serie di scelte prefissate, e può essere una caratteristica di un vecchio o un nuovo media, come ad esempio

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succede con la selezione in un menù di una pagina web, cambiare canale, o alzare o abbassare il volume della radio. All’opposto, l’interattività aperta si riferisce a un’interazione più complessa, caratteristica dei nuovi media, in cui entrambi gli elementi e la struttura di un oggetto, che all’inizio si trovano solo parzialmente definiti, vengono creati o modificati solo in risposta a una determinata scelta dell’utente. L’esperienza specifica che deriva dall’interazione con questo oggetto è dunque una tra tutte le possibilità permesse dalla combinatoria degli elementi che lo compongono.

È quest’ultima l’interazione che ci interessa come esperienza creata dai videogiochi, quella che offre al giocatore un terreno per un’esperienza flessibile, fatta dall’intreccio di diverse scelte, e dunque creativa, libera e personalizzata. È un’interattività vicina all’idea di empowerment, che propone il videogioco come un medium freddo per eccellenza, nei termini di McLuhan, in cui la partecipazione attiva del giocatore è una condizione non solo necessaria ma imprescindibile per dare forma all’esperienza ludica. Il videogioco si presenta al giocatore come un insieme di possibilità, come un contesto di sperimentazione ipermediale e quindi di scelte. In tale contesto, il videogiocatore è chiamato a svolgere contemporaneamente il ruolo di spettatore e di costruttore, senza che le sue azioni siano limitate a seguire itinerari prefissati. Come evidenziato da Jenkins (2006a), la partecipazione in un videogioco è possibile solo se i giocatori percepiscono che ciò che realizzano fa una differenza. Da questa interattività nasce anche un supporto all’esperienza di immersività, fondamentale per un’esperienza di gioco significativa. Pur dipendendo in grande misura da aspetti legati al design del gioco stesso, la libertà di navigazione, la possibilità di realizzare scelte che abbiano un risultato effettivo nel contesto di gioco, porta il giocatore a entrare e immedesimarsi nello spazio definito dal “cerchio magico”.