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Dall’esterno del mercato del lavoro, le minacce all’integrazione

Roberto Di Monaco – Università di Torino

2008 Italiani Stranieri Italiani Stranieri Italiani Stranieri su totale

3.5 Dall’esterno del mercato del lavoro, le minacce all’integrazione

L’analisi che abbiamo condotto ha preso l’avvio dalle divergenti rappresentazioni e timori circa l’impatto della crisi economica sul lavoro degli stranieri, che circolano sulla stampa e tra gli addetti ai lavori.

La nostra ricostruzione mostra la persistenza e in alcuni casi l’aggravamento della segregazione professiona- le degli stranieri, spesso istruiti, che sono troppo presenti nelle fasce professionali meno qualificate e in alcu- ne attività non gradite agli italiani. Mostra anche, però, un crescente allargamento e una ramificazione della presenza degli stranieri nel lavoro, che ha portato nel tempo a moltiplicare professioni e attività in cui gli stra- nieri sono ormai significativamente presenti.

La crescita della presenza strutturale degli stranieri si sviluppa nella società, correggendo in parte gli insoste- nibili squilibri demografici, e nel lavoro, colmando ampie aree di domanda su cui la richiesta da parte di im- prese e famiglie del lavoro degli stranieri è pressante.

L’esame dei numeri della crisi mostra come fino a ora possano essere ritenuti poco rilevanti sia meccanismi di vantaggio sistematico per gli stranieri, favoriti da forme di precarizzazione e abbassamento qualitativo del la- voro, sia massicce penalizzazioni, orientate a scaricare solo su di loro i costi della crisi. In molti importanti set- tori dell’industria i movimenti nell’ultimo anno sembrano connotati dalla neutralità rispetto alle provenienze. Questo non toglie che in specifici ambiti e gruppi professionali – che abbiamo puntualmente indicato – siano visibili processi di chiusura agli stranieri, oppure di utilizzo massiccio del lavoro temporaneo degli stranieri, pre- sumibilmente con l’obiettivo di aumentare la flessibilità e ridurre i costi, seguendo logiche imprenditoriali di bre- ve periodo.

Restano quindi sul tappeto due questioni qualificanti per il lavoro degli stranieri, che si collocano però fuori dai più circoscritti problemi di selezione, reclutamento, inquadramento e licenziamento del personale, cui abbia- mo dedicato gli approfondimenti empirici.

La prima questione riguarda la capacità del sistema, soprattutto in occasione della crisi e facendo opportuna leva sulle politiche varate dalla regione, di potenziare l’utilizzo della formazione all’interno o in continuità con i contesti di lavoro. È attraverso la crescita di una cultura dello sviluppo professionale e della formazione sul la- voro che i problemi di valorizzazione professionale, anche degli stranieri, possono essere posti nella giusta lu- ce ed essere gestiti con continuità. Riguardo a questo, il tempo che trascorre riduce rapidamente il polmone della cassa integrazione e gli spazi di manovra per politiche di rafforzamento del patrimonio professionale. La seconda questione è più generale e riguarda il superamento, o per lo meno la riduzione della contradditto- rietà irrazionale tra l’utilizzo strutturale del lavoro degli stranieri, richiesto dalle imprese e dalle famiglie, e le ten- sioni, la precarietà, la provvisorietà e le inefficienze che caratterizzano il quadro delle condizioni normative, cul- turali e di partecipazione, indispensabili per ottimizzare e rendere stabile tale contributo. È questa l’area dove si possono fare i maggiori progressi affinché gli equilibri di partecipazione al lavoro raggiunti, soprattutto nel- l’industria piemontese, ma anche in varie aree del terziario, dell’agricoltura e del lavoro autonomo, possano es- sere una base per lo sviluppo.

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