• Non ci sono risultati.

Oltre i numeri: cosa emerge dalle ricerche sugli studenti stranieri?

Carla Nanni, Roberta Ricucci, Roberta Valetti

A. S 2004/2005 S 2007/2008 S 2008/2009 Stranieri Totale Val % Stranieri Totale Val % Stranieri Totale Val %

6.2 Oltre i numeri: cosa emerge dalle ricerche sugli studenti stranieri?

Nel corso degli ultimi quindici anni si è assistito a un’evoluzione del rapporto fra scuole e allievi stranieri, in ter- mini sia numerici sia progettuali15. A fronte di presenze scolastiche crescenti, sono stati predisposti progetti di

accoglienza, di apprendimento linguistico e d’inserimento per gli allievi stranieri, sono stati elaborati moduli formativi per insegnanti, si è irrobustita la collaborazione fra l’ambito istituzionale e il privato sociale.

In un contesto socioeconomico in continuo cambiamento, l’arrivo e la crescita costante degli allievi stranieri au- menta ulteriormente l’eterogeneità della popolazione scolastica complessiva e la diversificazione dei bisogni educativi e formativi a cui rispondere. Prendere atto di ciò rappresenta un significativo passo in avanti nella pre- disposizione di dispositivi educativi capaci di costruire reali percorsi di inserimento. Questo non significa suc- cesso scolastico per tutti. La scuola, oggi come ieri, sembra mantenere il suo ruolo di ambiente entro cui si ri- produce la struttura di classe. Infatti, sulla chance di successo scolastico agiscono numerosi fattori come de- scritto precedentemente. Compito della scuola è quello di lavorare per contrastare gli effetti negativi di tali va- riabili, garantendo pari opportunità a tutti, nel rispetto delle caratteristiche e delle potenzialità del singolo. Questo compito è svolto? L’evoluzione del rapporto fra scuola e allievi con cittadinanza non italiana è stata ne- gli ultimi anni oggetto di attenzione di numerose ricerche. Le scuole secondarie di secondo grado e le agen- zie formative sono state messe sotto osservazione, attraverso ricerche quantitative e qualitative, sempre com- parando gli studenti (italiani e stranieri) attraverso le cosiddette “3P”: Percorsi, Performance e Prospettive. Più raramente il punto di osservazione sono stati gli insegnanti e i genitori.

14La conoscenza linguistica dei giovani immigrati nati nel paese di provenienza dipende dalla combinazione di due fattori: età di arrivo e anni di per-

manenza in Italia.

15Si ricordano i lavori di E. Sulis, M. Vinai, L’immigrazione nel Biellese: presenza sul territorio, lavoro e salute, 2009; S. Mosca, L. Capisani, A. D’A-

gruma, Allievi di cittadinanza non italiana nelle scuole di ogni ordine e grado nell’anno scolastico 2008-2009, 2009; Osservatorio sull’Immigrazione in provincia di Cuneo, La scuola e la società multietnica, 2009 (documenti reperibili alla sezione pubblicazioni di www.piemonteimmigrazione.it).

Per quanto riguarda i percorsi, si conferma il peso significativo dei canali di istruzione e formazione professio- nale per gli allievi non italiani neo arrivati e per molti tra coloro da più tempo in Italia, a cui si aggiungono però preziose informazioni qualitative su percorsi di arrivo, motivazioni alla scelta, dinamiche interne alle famiglie, alle scuole e alle classi. Emerge un quadro complesso, in cui il binomio allievo straniero e percorso professio- nale assume sfumature diverse a seconda delle condizioni socioeconomiche delle famiglie, dell’offerta forma- tiva di un dato territorio e della biografia migratoria (eventuale) dei singoli studenti16. I percorsi di istruzione e

di formazione sembrano essere ancora predeterminati per gli allievi stranieri: interesse reale verso professioni e mestieri da cui i coetanei italiani rifuggono? I dubbi su questa interpretazione sono numerosi, tanto da chia- mare in causa responsabilità della scuola (e del suo sistema di orientamento)17, delle famiglie18(incapaci di

muoversi fra il sistema italiano dell’istruzione) e della società nel suo complesso (che rimanda immagini ste- reotipate per cui l’accento, l’ascendenza e l’aspetto determinano carriere e inserimenti lavorativi)19. Parallela-

mente, emerge come interessante una nuova pista di ricerca, ossia quella relativa a coloro che arrivano alla scuola secondaria di primo e secondo grado per promozione. Un ambito di osservazione e di indagine, anco- ra poco frequentato, ma che potrebbe essere importante coltivare per meglio comprendere se e come il pas- saggio attraverso un ordine di scuola garantisca competenze e metta al riparo da pesanti ritardi nel ciclo di istruzione successivo. È il tema di come le scuole si stanno attrezzando non tanto per la gestione dell’emer- genza quanto per quella dell’ordinaria differenza d’origine degli allievi: l’obiettivo è quello di evitare che gli stu- denti di origine straniera vengano penalizzati in ingresso e negli esiti orientativi in virtù – esclusivamente – del loro background familiare di migrazione.

Sul versante delle performance, il gap linguistico continua ad essere considerato la chiave di volta per tra- sformare gli allievi non-parlanti nella L2 in studenti brillanti. Non solo per gli ingressi in corso d’anno, ma an- che per le seconde generazioni, come evidenzia una rilevazione dell’ANSASsulle dichiarazioni di 511 scuole del Piemonte (Tab. 6.3).

16FIERI, Giovani e territorio. Percorsi di integrazione di ragazzi italiani e stranieri in alcune province del Piemonte, Torino, 2009.

17Di questi temi si occupa un progetto denominato POSF– Progetto di Orientamento e Successo Formativo, finanziato dalla Compagnia di San Pao-

lo, e gestito dall’associazione Il Nostro Pianeta (www.posf.it).

18A tal proposito si rimanda a un’indagine che nel capoluogo di regione ha approfondito il tema delle domande delle famiglie straniere alla scuola

italiana, da cui emerge la richiesta di severità e garanzia di una formazione/istruzione di qualità (V. Cotesta, Le domande delle famiglie straniere alla

scuola italiana, Roma, CNEL, 2010).

19Si rinvia a tal proposito alla ricerca e analisi sull’organizzazione degli istituti scolastici di fronte all’aumento degli allievi stranieri nel contesto tori-

nese e albese presentata nel contributo di A. Luciano, M. Demartini, R. Ricucci, La scuola, in I. Ponzo, G. Zincone (a cura di), Immigrati: servizi ugua-

li o diversi, Roma, Carocci, 2009, pp. 57-96.

Tabella 6.3 Tipologia dell’offerta didattica per l’apprendimento della lingua italiana, per caratteristiche degli allievi con cittadinanza non italiana

Seconda generazione In corso d’anno

Alfabetizzazione 68,4 71,7

Consolidamento 71,4 75,1

Linguaggi delle discipline 51,4 53,4

Emerge un paradosso: mentre si irrobustiscono le voci di insegnanti che sottolineano la validità del bilingui- smo, del recupero delle competenze acquisite in un’altra lingua, della possibilità dell’insegnamen- to/valutazione delle materie curriculari nella lingua madre degli studenti, soprattutto se neo-arrivati in preado- lescenza o adolescenza, la realtà sembra muoversi in senso opposto. L’accento è ancora posto sulla man- canza e sul deficit linguistico degli studenti (e delle loro famiglie) piuttosto che su una riflessione interna alla scuola sul piano didattico, metodologico e delle competenze (nuove o da rafforzare) per interagire con allievi dai percorsi di vita complessi e non sempre comprensibili e gestibili affidandosi alla sola esperienza e/o for- mazione ricevuta. L’aggiornamento on-the-job e in itinere diviene sempre più un elemento imprescindibile nel quadro delle caratteristiche dei docenti della scuola oggi.

Lo sguardo verso il futuro è l’aspetto più interessante. Le prospettive, pesantemente penalizzate dall’attuale scenario socioeconomico, rilevano ancora come per gli allievi con cittadinanza non italiana vi siano progetti fa- miliari, processi di discriminazione e vincoli normativi che si intrecciano condizionandone il loro futuro. A que- sto proposito può essere utile riportare quanto emerso da una ricerca su studenti italiani e stranieri nelle pro- vince di Asti, Alessandria e Torino: “Tra italiani e stranieri, gli autoctoni sembrano più orientati a percorsi edu- cativi lunghi e a posticipare l’ingresso nel mercato del lavoro: il 41% vuole frequentare l’università vs. il 32% della seconda categoria. Chi ha una provenienza al di fuori dei confini nazionali cercherà più in fretta di trova- re un lavoro, anche con una sola qualifica professionale (22% vs. 12%). Chi è nato in Italia o è arrivato da bam- bino ha qualche chance in più rispetto ai neo-arrivati di proseguire con una carriera universitaria (35% vs 28%), al contrario entrambe le categorie si ritrovano con pesi molto simili tra chi terminerà solo i corsi di formazione professionale, rispettivamente 17% e 20%, mentre gli italiani sono il 12%. Per gli stranieri le aspettative lavo- rative sono ancora leggermente più basse rispetto agli italiani (16% vs 24% mira a professioni qualificate) e una quota rilevante vuole trovare un’occupazione come artigiano o operaio in un’industria (22% vs 14%). In questo caso la permanenza in Italia ha un peso importante sulle aspirazioni professionali, anche se chi è qui da più tempo non ha percorsi scolastici/formativi tanto diversi dai nuovi arrivati e ambisce comunque in misura mag- giore a professioni qualificate (24% vs 16%), non è orientato a mestieri di basso profilo (13% vs 33%) ed è at- tratto in misura maggiore dal mondo dello spettacolo (13% vs 7%). Analogo discorso vale per coloro che fre- quentano istituti tecnici e licei: in questo caso l’assimilazione alle prospettive dei coetanei italiani è forte”20.

Una battuta sul rapporto con l’istruzione universitaria. Gli studenti stranieri negli atenei piemontesi negli ultimi tre anni (ossia fino al 2008/2009) hanno conosciuto un trend positivo. Si tratta ancora soprattutto di giovani in arrivo direttamente dall’estero piuttosto che di arrivi dalla scuola secondaria di secondo grado italiana, com- ponente che raggiunge il 48% nei tre atenei della regione e il 21% al Politecnico sul totale degli iscritti nel 2008/2009. Si tratta di percorsi da approfondire. Innanzitutto sulla scelta delle facoltà frequentate: i numeri ri- dotti di iscritti a facoltà con test d’accesso rivelano ancora un deficit linguistico (anche fra gli studenti diplo- mati in Italia)? Segnalano la necessità di adeguamento dei test stessi, di fronte a esaminandi che possono co- noscere l’italiano ma non raggiungere quella conoscenza della cultura di un paese che spesso va oltre il com- pito della scuola? E poi sulla tenuta di questi studenti e sulle carriere: rispetto ai coetanei italiani, sono più mo- tivati e rendono di più o hanno risultati meno brillanti? Quale il legame con il permesso di soggiorno?

A conclusione di questo percorso, occorre sottolineare come l’interrogativo di fondo sia comune a tutte le ri- cerche e gli approfondimenti qualitativi: gli studenti stranieri si inseriscono, raggiungono risultati scolastici e si proiettano nel futuro in maniera diversa dai loro coetanei italiani? Le varie ricerche21sottolineano un dato che anno dopo anno appare sempre più marcato: le migrazioni internazionali rivelano come la variabile discrimi- nante nel rapporto con la scuola delle giovani generazioni sia la classe sociale di appartenenza e quindi le ca- ratteristiche della famiglia.

Ecco allora che le similitudini diventano più forti delle differenze, che rimangono – importanti – sul versante giu- ridico: essere italiano o meno, anche a scuola, fa la differenza. Così come essere arrivati in Italia da poco o da molto tempo. Non solo per i risvolti legati alla rapidità dell’apprendimento linguistico e all’inserimento nel grup- po dei pari. Sono elementi importanti per l’accoglienza e l’inserimento a scuola, tema per cui il sistema dell’i- struzione italiano è (o forse era) all’avanguardia, con la scelta della “scuola per tutti”. Una scuola dove anche la normativa sulla sicurezza si è inserita complicando ulteriormente il lavoro all’interno di questa importante agenzia di socializzazione.

Il monitoraggio delle progettualità e degli strumenti di cui le scuole piemontesi si sono dotate, realizzato attra- verso la scheda per la richiesta fondi nell’ambito del bando Regione Piemonte/MIUR22, presenta un quadro ca-

ratterizzato ancora da molte ombre. Anzitutto si rileva una vivacità del capoluogo di regione, sia nella capacità di predisposizione di interventi sia in quella di intercettazione di risorse. Vivacità che nel tempo non si è però tradotta in un sapere diffuso, di cui anche le suole negli altri territori potessero beneficiare. E la creazione di un database in cui documentazione prodotta, materiali elaborati, strategie di intervento e di sostegno all’inseri- mento, all’apprendimento e al rafforzamento nelle materie curriculari è sollecitata e richiamata da insegnanti di ogni ordine e grado. Occorre non solo rilevare la mancanza di diffusione e il più lento avvicinarsi al tema, da parte di contesti territoriali che hanno dovuto far fronte a un arrivo meno dirompente e più graduale degli allie- vi con cittadinanza non italiana. A preoccupare è la scarsa attenzione a questa problematica in alcune filiere formative superiori e in quelle della prima infanzia: nel primo caso si tratta di uno sguardo al prossimo futuro, ossia a quel domani dove i figli dell’immigrazione lasceranno i percorsi professionali per quelli più prestigiosi. Nel secondo caso, si tratta di lavorare per evitare che l’accento sulla socializzazione propria della scuola del- l’infanzia e materna non faccia sottovalutare un necessario accompagnamento e rafforzamento per quanto ri- guarda la lingua italiana, per quei bambini che a casa si ritrovano in un altro universo linguistico, non apprez- zato e anzi ancora svalutato dal mondo della scuola e della società in generale. Inoltre, come altre esperienze europee insegnano, i primi anni dell’esperienza formativa e dell’incontro con l’alterità sono i più preziosi per la- vorare sul versante della conoscenza dell’altro, del rispetto della diversità e della reciproca accettazione. Questo lavoro necessariamente deve coinvolgere anche le famiglie italiane e straniere, le prime aiutate ad attrezzarsi alla comprensione di una realtà in profonda trasformazione, per il cui confronto non sono stati preparati, le altre affiancate per imparare a muoversi nell’universo scolastico italiano. Tutte le ricerche, infi- ne, riconoscono a insegnanti e dirigenti scolastici la prontezza di reazione di fronte al cambiamento, che

21Si citano a titolo esemplificativo: M. Perino, M. Eve, W. Bonapace, Gli spazi degli adolescenti. Una ricerca sui figli degli immigrati in provincia di

Asti, Torino, Zamorani, 2008; M. Santagati, Percorsi e scelte formative e di vita degli adolescenti stranieri, sintesi presentata nell’Osservatorio Interi- stituzionale sugli Stranieri in provincia di Torino. Rapporto 2009, 2009.

però ancora fatica a trovare negli interlocutori istituzionali la capacità di trasformarsi in fondamenta di un si- stema solido e consolidato proprio di un cambiamento strutturale, come è quello portato dei figli dell’immi- grazione.

6.3 Gli effetti della crisi e del pacchetto sicurezza sulle famiglie degli allievi stranieri: