Capitolo II. L’evoluzione del rapporto di lavoro bancario nella
1. Dalla Convenzione del 1927 alla fine dell’ordinamento corporativo
Fino ai primi decenni del Novecento i rapporti di lavoro nel set-tore bancario risultavano generalmente regolati da normative in-terne alle singole aziende, rispetto alle quali la c.d. legge sull’impiego privato (r.d.l. 13 novembre 1924, n. 1825) ed il r.d.l.
15 marzo 1923, n. 692, sugli orari di lavoro, costituirono punti di riferimento molto importanti.
In questo contesto storico va segnalata, in pieno regime corpo-rativo, la Convenzione nazionale bancaria del 27 aprile 1927 (firmata dalla Confederazione generale bancaria fascista e dalla Confederazione nazionale dei sindacati bancari) che, si ritiene, abbia rappresentato «la vera e propria matrice» della contratta-zione collettiva del settore (1).
Del resto nella pagina di presentazione della Convenzione, a fir-ma di Giuseppe Bottai, si evidenzia che la medesifir-ma «può essere considerata un tipo di contratto collettivo di lavoro».
(1) Così la definisce R.IZZI, Linee storiche della contrattazione collettiva dei banca-ri, Bancaria, 1991, p. 12.
Si afferma nella presentazione, nello stile ridondante ed enfatico dell’epoca: «Le opposte formazioni di interessi dei datori di lavo-ro e dei prenditori di opera – segnatamente la Confederazione generale bancaria fascista e la Confederazione nazionale sindacati fascisti – vi si conciliano in uno stato che vorremmo quasi dire di perfezione tanto il nesso tra il trattamento economico ed il si-stema di condizioni morali e sociali, che accompagnano il rap-porto di impiego dal suo inizio alla sua cessazione, è, in ogni giuntura, delicato e preciso».
La Convenzione, «applicabile a tutte le banche ed istituti di creto che alla data del 1° gennaio 1927 avevano non meno di 20 di-pendenti fissi», mirava ad adeguare in un unico atto «le varietà delle condizioni aziendali e le diversità di sviluppo e di attrezzatu-ra, che differenziano tra loro gli istituti bancari italiani» e ad adot-tare «una formula media di trattamento», con riguardo agli impie-gati, le impiegate e i commessi.
L’atto regolava numerosi istituti normativi: la composizione ed assunzione del personale, le attribuzioni dello stesso, le disposi-zioni disciplinari, le retribudisposi-zioni, l’orario, il lavoro straordinario, le assenze e i congedi, la malattia, il servizio militare, le anzianità convenzionali, le missioni e traslochi, la cessazione del rapporto di impiego.
È interessante rilevare che tale impianto ha costituito l’ossatura di numerose disposizioni successive che, direttamente o indiretta-mente, lo riproducono nelle linee fondamentali.
Si legge ancora nella presentazione: «le norme per la disciplina del lavoro, la enunciazione, non generica, ma positiva, del dovere di dare alla propria opera il carattere della massima collaborazione e del massimo rendimento più che di servizio puro e semplice, le sanzioni previste in materia disciplinare, la generosa comprensio-ne dei diritti del personale, che si dimostra comprensio-nelle disposizioni sulla malattia, sulle anzianità convenzionali, sulle ferie, ecc.
rappresen-tano un assieme organico, corrispondente ai più moderni postu-lati della vita associativa».
In particolare, venivano posti in rilievo due punti: la fissazione in 8 ore dell’orario di lavoro giornaliero e l’impegno assunto per la creazione di un istituto di mutualità per tutte le forme di previ-denza a favore dei bancari.
Risale, invece, al 30 aprile 1940, sempre in epoca corporativa, il primo «contratto collettivo nazionale di lavoro per i funzionari delle banche d’interesse nazionale, delle banche di provincia, dei banchieri privati, delle banche popolari e degli istituti finanziari», a cui ha fatto seguito, nel pieno della Seconda Guerra mondiale, il contratto 10 agosto 1944.
Si può sottolineare che la Convenzione, pur menzionando i fun-zionari fra le categorie di personale delle banche, non conteneva disposizioni ad essi applicabili. Anzi si dichiarava esplicitamente che «la presente Convenzione non riguarda i funzionari» (art. 2).
Da ciò l’opportunità per le parti sindacali di dedicare alla catego-ria uno specifico e autonomo contratto collettivo, rispetto alle al-tre categorie di personale. In tale ambito i funzionari venivano identificati come una categoria “elevata” che esplicava “funzioni”
tipiche degli istituti di credito, attuandone il “potere di rappresen-tanza” nei confronti dei terzi: vero architrave, per decenni, della figura del funzionario di banca destinata molti anni dopo a scomparire.
Significativa risultava, invece, la posizione dei dirigenti che si ca-ratterizzava, in ragione del loro ruolo, per l’assenza di una speci-fica contrattazione collettiva. Del resto nella l. 3 aprile 1926, n.
563, sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro (r.d.
1° luglio 1926, n. 1130), si stabiliva che «i direttori tecnici e am-ministrativi […] debbono far parte di separate associazioni» che
«devono aderire alle Federazioni di associazioni dei datori di la-voro» (artt. 6 e 36). In proposito la dottrina ha osservato che si
sarebbe trattato di «contrattazione quasi innaturale dato che, se-condo il sistema di quel tempo, si sarebbe dovuta realizzare fra componenti facenti capo ad un medesimo organismo, quello del-le aziende datrici di lavoro» (2). In altre parole il dirigente veniva sostanzialmente considerato quale alter ego dell’imprenditore, o meglio identificato con la stessa azienda datrice di lavoro (sul punto si veda infra). Anche a questo proposito quanta acqua è poi passata sotto i ponti.
Relativamente alla categoria degli ausiliari, ovvero gli operai, le guardie notturne ed il personale di fatica, la Convenzione del 1927 rinviava genericamente «ai modi e termini indicati in ap-pendice», non meglio specificati. Già allora, il limitato ricorso a tali figure lavoratori indusse a realizzare previsioni uniche di ca-rattere nazionale: per questo si stipulò un contratto nazionale firmato il 10 novembre 1936.
Risulta singolare la circostanza che, in epoca corporativa, alla Convenzione del 1927 non fece seguito, per le categorie degli impiegati e dei commessi da essa regolate, un vero e proprio con-tratto collettivo nazionale a differenza delle altre categorie. Se dunque la disciplina ebbe, anche in pratica, quell’effetto omolo-gante delle diverse normative aziendali, tuttavia lasciò ampio spa-zio alle medesime, sia preesistenti che successive. La dottrina, nel confermare tale situazione, ricorda, peraltro, il contratto colletti-vo aziendale “pluriaziendale” stipulato il 1° novembre 1942 per i dipendenti delle, allora, tre banche “di interesse nazionale” (Ban-ca Commerciale Italiana, Banco di Roma e Credito Italiano) (3).
In questo breve excursus storico, non può essere trascurata una serie di accordi nazionali risalenti agli anni Trenta, destinati a
(2) Ivi, p. 15.
(3) R. GIAMBERTONE, Sindacato e contrattazione collettiva nelle aziende di credito:
Storia del sindacalismo bancario in Italia, Franco Angeli, 1982, p. 41.
golare gli orari di lavoro, il lavoro straordinario, l’attuazione di rimedi contro la disoccupazione, il collocamento dei bancari, l’abolizione dell’“indennità di caro viveri”.
Tra questi, merita di essere richiamato l’accordo 22 dicembre 1930 per la riduzione del 12% delle retribuzioni del personale:
misura questa determinata dalla crisi economica dell’epoca. Im-mediatamente l’intesa richiama alla mente problematiche tipiche dei nostri giorni che sono state originate da un’analoga crisi eco-nomica e finanziaria che ha indotto la contrattazione nazionale e numerose imprese del credito a rivedere, tra l’altro, anche i livelli retributivi.
Le discipline sin qui menzionate sono rimaste in vigore anche successivamente all’abrogazione del sistema corporativo. Infatti, con il d.lgs.lgt. 23 novembre 1944, n. 369, che soppresse le Or-ganizzazioni sindacali fasciste, si stabilì espressamente che «per i rapporti collettivi e individuali restano in vigore, salvo successive modifiche, le norme contenute nei contratti collettivi» conclusi nel cessato regime corporativo (art. 43).
2. La contrattazione di diritto comune dal 1949 agli anni