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Elena Luppi, Elena Pacett

5. Dalle differenze alle disuguaglianze di genere

Il genere influenza a tal punto la vita di una persona da creare ostacolo o da precludere la possibilità di essere diversi e diverse da quello che la società si aspetta da noi: e questo può portare alla scelta di una professione sulla base non di un interesse personale, ma delle aspet- tative e inclinazioni suggerite dall’appartenenza a un genere. «Quelle che potrebbero essere interpretate come differenze legate al genere, determinate da motivazioni e interessi dissimi- li, diventano disuguaglianze in quanto incidono sui ruoli occupazionali e sociali che donne e uomini vanno a ricoprire»32. In ambito occupazionale parliamo di segregazione orizzon-

tale rispetto alla concentrazione di lavoratrici o lavoratori in un determinato settore, e di segregazione verticale rispetto ai percorsi di carriera pubblica o privata.

La segregazione orizzontale evidenzia una disuguaglianza nelle professioni che sono con- siderate tipicamente femminili (come le professioni di cura e l’insegnamento) e che conti- nuano a vedere una maggiore presenza delle donne che vengono orientate, fin da piccole, a fare quella scelta (e viceversa per gli uomini). Anche la scuola indirizza le proprie alunne verso queste professioni femminili, escludendo la possibilità che possano esserci altri in- teressi. «All’interno dell’istituzione scolastica si assume che contenuti e metodi della for- mazione siano neutri rispetto alle differenze, e che basti non nominarle per contrastare le disuguaglianze»33. Le ricerche, invece, evidenziano che gli insegnanti (inconsapevolmente)

31 H. Clinton, Humans of New York, disponibile online su http://www.humansofnewyork.com/

post/150136510691/im-not-barack-obama-im-not-bill-clinton-both (versione tradotta in italiano in G. De Mauro, Modelli, in “Internazionale”, 23 settembre 2016, disponibile online su http://www.internazio- nale.it/opinione/giovanni-de-mauro/2016/09/23/modelli-hillary-clinton-humans-new-york).

32 F. Sartori, Differenze e disuguaglianze di genere, Bologna, Il Mulino, 2009, p. 75. 33 G. Priulla, Parole tossiche, cit., p. 11.

incoraggiano maggiormente i maschi nelle materie scientifiche perché li considerano “natu- ralmente” portati verso queste discipline: e così facendo le femmine tendono ad abbando- nare più facilmente le aree di studio scientifiche a favore di quelle umanistiche. Attraverso la somministrazione di Implicit Association Test (IAT – Test d’Associazione Implicita)34 è sta-

to evidenziato che gli stereotipi impliciti e le differenze di genere rispetto a partecipazione e risultati ottenuti in matematica e scienze si rinforzano reciprocamente e contribuiscono al mantenimento di un gap tra maschi e femmine35. Ovvero, gli insegnanti e le famiglie, spes-

so senza accorgersene, promuovono maggiormente gli apprendimenti scientifici nei maschi, i quali ottengono così risultati migliori rafforzando l’idea di essere migliori delle femmine che, al contrario, vengono trascurate: dato che il processo inizia già nella scuola primaria, condiziona le scelte future delle ragazze sia nella scuola secondaria, sia all’università. Lo stes- so meccanismo si instaura rispetto alle scienze umane e sociali, considerate più idonee per le femmine che vengono così spinte verso quel settore.

Se analizziamo gli immatricolati all’Università di Bologna per genere36, risalta subito

l’alta percentuale (83%) di donne iscritte ai corsi di laurea triennale della Scuola di Psicolo- gia e Scienze della Formazione rispetto al 25% di quelle iscritte ai corsi della Scuola di Inge- gneria e Architettura. Sono soprattutto i corsi di studio che formano l’educatore nei servizi di prima infanzia e gli insegnanti di scuola dell’infanzia e scuola primaria a risentire di que- sta massiccia presenza femminile in un processo che si autoalimenta poiché pochi risultano i modelli maschili presenti in ambito educativo e scolastico tra 0 e 11 anni. E i ragazzi che scelgono di diventare maestri vengono spesso guardati con sospetto37.

Come smontare questo stereotipo? Come invertire questa tendenza e colmare questo di- vario perché maschi e femmine si sentano liberi di scegliere senza farsi condizionare?

Il progetto #boysineducation ha coinvolto un gruppo di studenti Unibo (ragazze e ra- gazzi) iscritti al Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Scienze della Formazione Prima- ria: si è scelto di realizzare un video38 dal titolo “L’educazione non ha genere”, video da pre-

sentare durante le giornate di Almaorienta per spiegare che cosa significhi fare l’insegnante e come questa professionalità non sia unicamente per le donne, ma sia per tutti coloro che si interessano di educazione, di processi di insegnamento/apprendimento, di creatività, di riflessione critica.

La riflessione sviluppata dalle e dagli studenti di Scienze della Formazione Primaria si è proprio voluta concentrare sulle disuguaglianze di genere: le storie personali di chi ha do-

34 Questi tipi di testi indagano le divergenze tra le opinioni consapevoli e inconsapevoli su diversi temi

(come l’etnia, la disabilità, il genere, la nazionalità, ecc.).

35 Cfr. B.A. Nosek et al., National differences in gender-science stereotypes predict national sex differences

in science and math achievement, in “Proceedings of the National Academy of Sciences”, vol. 106, n. 26, 2009, pp. 10593-10597.

36 I dati sono reperibili nel documento sul Bilancio di genere 2017 dell’Università di Bologna, disponi-

bile online su https://www.unibo.it/it/ateneo/chi-siamo/bilancio-di-genere/bilancio-di-genere.

37 Si veda, a questo proposito, la ricerca condotta dal CSGE (Centro Studi sul Genere e l’Educazio-

ne) del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna: C. Cretella, F. Crivellaro, M. Gallerani, G. Guerzoni, S. Lorenzini, F. Tarabusi, E. Truffelli, F. Zanetti, Generi in relazione. Scuole, servizi educativi 0/6 e famiglie in Emilia-Romagna, Casoria, Napoli, Loffredo Editore, 2013.

38 Il video è pubblicato nel canale youtube del Dipartimento di Scienze dell’Educazione all’indirizzo

vuto affrontare ostacoli e pregiudizi per potersi iscrivere (e sono i maschi) o di chi è stato sollecitato a scegliere una professionalità che esalta le qualità femminili (e sono ovviamente le femmine) sono state uno stimolo per decostruire stereotipi e pregiudizi legati alla pro- fessionalità insegnante, le differenti opportunità incontrate durante la carriera scolastica a causa del genere e le quotidiane difficoltà per difendere le proprie scelte “al di là del genere”. In questo senso si è lavorato sull’empowerment non solo femminile, ma anche maschile, uti- lizzando metodologie didattiche attive e un approccio laboratoriale e autobiografico.

Similmente si potrebbe lavorare con gli studenti di Ingegneria (ragazzi e ragazze) per decostruire gli stereotipi e promuovere la conoscenza e l’interesse per materie considerate ti- picamente maschili. È evidente che il processo di condizionamento inizi molto prima della scelta del corso universitario39 e che sia necessario agire su diversi fronti per combattere le

disuguaglianze di genere.

Rispetto alla segregazione verticale, in tutte le professioni si evidenzia una maggiore pre- senza maschile nelle gerarchie superiori: e l’Università di Bologna non fa eccezione. I dati pubblicati nel Bilancio Sociale 201740, infatti, confermano un numero maggiore di dotto-

rande rispetto ai dottorandi, una sostanziale equità nei ricercatori, un 42% di donne tra i professori associati e solo il 25% tra i professori ordinari. Le donne, quindi, non progredi- scono nella carriera professionale pur ottenendo ottimi risultati negli studi.

Vediamo quindi quali azioni sia possibile intraprendere per sostenere l’empowerment femminile e promuovere le pari opportunità.