• Non ci sono risultati.

Raffaella Baritono

5. Libertà-uguaglianza

Per quanto tortuoso e denso di contraddizioni, il movimento delle donne, sia in Occidente sia nei contesti postcoloniali, ha dimostrato di essere capace di costituire una forza politica in grado di delineare un diverso ordine politico. La sua capacità pervasiva può essere misu- rata anche attraverso l’analisi di quel fenomeno che una studiosa americana, Susan Faludi40,

ha definito come “contrattacco”, parlando della reazione che si è prodotta negli Stati Uniti e in Europa contro le battaglie femministe degli anni Settanta, ad opera dei nuovi movimenti

race, transnationalism”, 8, 2, 2008, pp. 166-176; A. Davis, Bianche e nere, Roma, Editori Riuniti, 1985; B. Hooks, Elogio del margine, Milano, Feltrinelli, 1998 (1991); B. Friedan, La mistica della femminilità (1963), Roma, Castelvecchi, 2012.

38 J.W. Scott, The Politics of the Veil, Princeton, Princeton University Press, 2007.

39 N. Naghibi, Rethinking Global Sisterhood: Western Feminism and Iran, Minneapolis, University of

Minnesota Press, 2007.

conservatori che hanno messo in discussione le conquiste in tema di diritti sociali e ripro- duttivi, o riproposto stereotipi e ruoli tradizionali di genere, con il contributo dei vecchi e nuovi media, attraverso i quali si sono prodotte vere e proprie strategie di delegittimazione dei movimenti femministi. Anche in questo caso, un approccio globale potrebbe aiutare a comprendere come il “contrattacco” abbia riguardato, seppure attraverso l’uso di linguaggi, obiettivi e modalità diverse, contesti anche radicalmente differenti dal punto di vista dei sistemi politici e culturali. E, tuttavia, proprio la sfida dei movimenti conservatori a livello globale, sta inducendo la riflessione delle donne a rivedere alcune posizioni che, soprattutto a partire dagli anni Settanta, ha teso a privilegiare i concetti di “differenza”, “libertà”, “auto- determinazione” al posto di quello di “diritti”.

Nonostante la necessità di tenere presente la storia “lunga” dei femminismi, infatti, gli anni Settanta del Novecento, sia nei paesi euro-americani sia anche negli altri contesti geo- politici, hanno rappresentato una rottura teorica e prodotto una vera e propria cesura.

Ciò che venne svelato dai movimenti femministi, in alcuni casi veri e propri movimenti di massa, come in quello italiano, fu la inefficacia di un discorso sui diritti che non faceva i conti con la realtà di una “differenza” femminile, né con la persistenza delle strutture di potere patriarcale pur dentro lo sviluppo di sistemi liberali e democratici.

Occorreva cioè indagare più a fondo per comprendere le radici della cittadinanza imper- fetta delle donne, così come si era prodotta con un’estensione dei diritti che non aveva signi- ficato la fine delle discriminazioni e della condizione di subordinazione. Da questo punto di vista, cruciale fu il passaggio da un discorso centrato sui diritti a una pratica politica basata sul concetto di libertà e di liberazione, e in primis sulla libertà di autodeterminazione del proprio corpo.

Questo passaggio teorico ha avuto come perno il concetto di differenza sessuale, non come dato biologico, bensì nei termini di un’identità sessuata, di un’alterità che deve essere riconosciuta, come si è accennato all’inizio di questo intervento, perché le donne non pote- vano essere incluse nel corpo politico «come se fossero uomini»41.

A partire dagli anni Settanta, quindi, la pratica politica e la riflessione teorica femministe hanno messo al centro l’idea di libertà e della relazione fra donne come riferimenti politici e teorici per riflettere sui temi dell’identità, del corpo, della libertà femminile, all’interno di un percorso teorico complesso e diversificato che ha avuto esiti teorici significativi42.

Questa frattura teorica, tuttavia, che ha indotto a riflettere sui temi del potere, delle identità sessuali e del loro riconoscimento sul piano pubblico e politico, sulle molteplici for- me del patriarcato, ha permesso anche di leggere con lenti e domande nuove alle esperienze di mobilitazione delle donne che si erano avute in precedenza e che, in alcuni contesti, era- no state rimosse, quasi a voler segnare in modo chiaro la necessità della cesura.

Ritornare a leggere le esperienze del passato attraverso le categorie di analisi e le inno- vazioni prodotte dal pensiero femminista contemporaneo, ha reso possibile non solo cri-

41 A. Cavarero, Per una teoria della differenza sessuale, in AA.VV., Diotima. Il pensiero della differenza

sessuale, Milano, La Tartaruga, 1987.

42 Per una prima introduzione alla riflessione teorica femminista contemporanea, mi permetto di ri-

mandare al mio Il pensiero politico delle donne (versione ampliata e aggiornata) in R. Gherardi (a cura di), La politica e gli Stati. Problemi e figure del pensiero occidentale, Roma, Carocci, nuova ed. 2011, pp. 65-78.

ticare una deriva essenzialista che ha riguardato un uso del concetto di differenza sessuale de-storicizzato (come la discussione sul concetto di “gender” prima richiamata ha messo in evidenza), ma anche rivedere una lettura eccessivamente contrapposta fra emancipazione e liberazione, per dare invece spazio e visibilità alla complessità delle esperienze dei movi- menti delle donne.

Nel 1852 l’abolizionista statunitense Angelina Grimkè affermava che essere libere signi- ficava essere libere di pensare i nostri pensieri e nel 1855 Elisabeth Cady Stanton scriveva «È poca cosa per me avere il diritto di voto, di proprietà e così via se io non possiedo il mio cor- po, come un mio assoluto diritto»43. La dialettica fra diritti e libertà non è mai stata scissa,

in realtà, da una riflessione che riguardava il corpo delle donne e la loro differenza. Contrap- porre il linguaggio dei diritti a quello della libertà potrebbe portare a posizioni che, in nome della libertà femminile, finirebbero per liquidare in modo troppo sbrigativo la necessità dei diritti, come se essi fossero superati o non in grado di garantire la libertà femminile, perché usurati o perché i diritti, dovendosi tradurre necessariamente in norme, finiscono per non ricomprendere tutte le possibili sfaccettature ed esigenze di una libertà femminile che non può mai essere concepita in termini astratti. Eppure, uno dei contributi più significativi dei movimenti delle donne del sud del mondo o dei movimenti africani-americani e latinos è proprio quello di aver recuperato il discorso sui diritti, come pure aver ripreso un concetto di uguaglianza, non come omologazione, ma come critica alle asimmetrie di potere e a fa- vore di politiche di giustizia sociale.

Non bisogna, infatti, trascurare il fatto che proprio l’esperienza delle donne abbia di- mostrato come “libertà” sia da un lato parola estremamente potente, ma dall’altro anche termine ambivalente, specie nel contesto contemporaneo, soprattutto se non coniugato con quello di uguaglianza. Lo aveva messo in luce Anna Kuliscioff, quando, contrapponendosi ad Anna Maria Mozzoni a proposito delle divisioni fra femministe maternaliste o sociali e quelle che volevano la parità dei diritti, affermava: «È solo a costoro (agli imprenditori ndr) che riesce immensamente comodo confondere – e far confondere – due cose che stanno tra loro agli antipodi: la libertà della donna e la libertà di sfruttamento della donna»44. Parole

non dissimili da quelle usate recentemente per mettere in luce come i processi di globaliz- zazione, dispiegatesi soprattutto dopo la fine della guerra fredda, abbiano accelerato pro- cessi come quelli della femminilizzazione del lavoro e della povertà e della diffusione della precarietà del lavoro. Un’esponente della Duma russa affermò: «Abbiamo salutato con gioia l’abbattimento del muro di Berlino, peccato sia caduto sulla testa delle donne»45.

La libertà femminile è anche e soprattutto conflitto tra diverse visioni e interpretazioni, di vite poste ai margini e fra i confini e che rispondono alla molteplicità dei dispositivi e degli assetti di potere: per esempio, di donne, come quelle migranti, o quelle appartenenti alle minoranze etniche o alle donne del sud del mondo, la cui soggettività è data dalla com- presenza, dalla simultaneità di diversi assi di potere. E che sperimentano, non tanto o solo molteplici forme di oppressione, ma modalità multiple di confronto/scontro con diverse

43 Cfr. L.D. Ginzberg, Elizabeth Cady Stanton: An American Life, New York, Hill and Wang, 2009. 44 A. Kuliscioff, In nome della libertà della donna, in “L’Avanti”, 18 marzo 1898, in E. Guerra, Storia e

cultura politica delle donne, cit., p. 111.

configurazioni di potere: quello patriarcale tradizionale, ma anche assetti di potere apparen- temente “disincarnati” come quelli propri del nuovo impero, di processi economici e politi- ci che usano il linguaggio tecnologico e scientifico della modernizzazione

La crisi economica e gli effetti negativi dei processi di globalizzazione hanno quindi imposto di ripensare e coniugare in un’ottica di genere libertà-diritti-uguaglianza. Nancy Fraser ha sottolineato come una certa interpretazione del femminismo della seconda ondata abbia avuto un effetto significativo dal punto di vista della mentalità, dei processi culturali, della percezione del sé, ma non è riuscita a incidere sugli assetti politici e istituzionali, sulla struttura politica e sociale. Troppo concentrate sul problema del riconoscimento e del desi- derio femminile, alcune espressioni del femminismo della seconda ondata hanno trascurato invece il problema della redistribuzione e della giustizia sociale, portando paradossalmente acqua alla trasformazione neoliberale del capitalismo contemporaneo46.

Solo l’articolazione dei tre concetti di libertà-uguaglianza-diritti, può costituire quella griglia interpretativa in grado di dare conto del modo in cui molteplici assi di potere agi- scono nei diversi contesti storici, politici e culturali e del modo in cui assumono configura- zione diverse a seconda del posizionamento stesso delle donne sulla base delle appartenenze etniche, razziali e di classe.

D’altronde, come ha sottolineato Anna Rossi-Doria, la critica femminista ai diritti ha puntato non al loro rifiuto, bensì alla denuncia «del mancato sviluppo delle loro potenzia- lità». Non rifiuto tout court, ma semmai spinta a un ripensamento teorico, nella consapevo- lezza che forse un «nuovo universalismo» è possibile47.

BIBLIOGRAFIA

Baritono, R. (a cura di), Il sentimento delle libertà. La Dichiarazione di Seneca Falls e il di-

battito sui diritti delle donne negli Stati Uniti di metà Ottocento, Torino, La Rosa editrice,

2001.

Bertilotti, T., Galasso C., Gissi A., Lagorio F. (a cura di), Altri femminismi.Altri femmini- smi. Corpi, violenza, riproduzione, culture, lavoro, Roma, Manifestolibri, 2018 (2006).

Bonacchi, G., Groppi A. (a cura di), Il dilemma della cittadinanza. Diritti e doveri delle don-

ne, Roma-Bari, Laterza, 1993.

Bravo, A. (a cura di), Donne e uomini nelle guerre mondiali, Roma-Bari, Laterza, 1991. De Beauvoir, S., Il secondo sesso, Milano, Il Saggiatore, 1994 (1949).

Guerra, E., Storia e cultura politica delle donne, Bologna, Archetipolibri, 2008.

Guerra, E., Il dilemma della pace: femministe e pacifiste sulla scena internazionale, 1914-

1939, Roma, Viella, 2014.

Mori, M.T., Pescarolo A., Scattigno A., Soldani S. (a cura di), Di generazione in generazione.

Le italiane dall’Unità a oggi, Roma, Viella, 2014, pp. 37-60.

Pateman, C., Il contratto sessuale, Roma, Editori Riuniti, 1997.

46 N. Fraser, Fortune del femminismo. Dal capitalismo regolato dallo Stato alla crisi neoliberista, Verona,

ombre corte, 2015.

Porciani, I. (a cura di), Famiglia e nazione nel lungo Ottocento. Modelli, strategie e reti di re-

lazioni, Roma, Viella, 2006.

Rossi-Doria, A., La libertà delle donne. Voci della tradizione politica suffragista, Torino, Rosenberg&Sellier, 1990.

Rossi-Doria, A., Dare forma al silenzio, Roma, Viella, 2007.

Scott, J. W., Genere, politica, storia, a cura di Ida Fazio, Roma, Viella, 2013.

Vezzosi, E., Madri e Stato. Politiche sociali negli Stati Uniti del Novecento, Roma, Carocci, 2002.

1. Introduzione

Il presente capitolo prende in esame il modo in cui le questioni di genere entrano in gioco nei luoghi di lavoro, mettendo a fuoco alcuni punti di interesse. In primo luogo analizze- remo la condizione delle donne nel mondo del lavoro, offrendo informazioni sulla distri- buzione della forza lavoro maschile e femminile nel mercato del lavoro. In secondo luogo esamineremo come questa distribuzione sia la risultante di barriere psicologiche e conte- stuali, che se da un lato rendono la vita professionale delle donne più complicata, dall’al- tro non impediscono alle donne che lavorano di “ridefinire” una via femminile al successo professionale.