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Dallo struttural-funzionalismo parsonsiano al sistema sviluppo.

Dallo Sviluppo allo sviluppo sostenibile: elementi di modernità.

2.2 Dallo struttural-funzionalismo parsonsiano al sistema sviluppo.

Vediamo quali sono state le teorie sociali dominanti che hanno condizionato e sono state condizionate dal fenomeno della modernizzazione nella prima metà del novecento.

Tra queste si può annoverare lo struttural-funzionalismo di cui uno dei maggiori esponenti fu Talcott Parsons, il quale considerai la società come un sistema (Parsons, 1996) e la modernizzazione come un mutamento di tale sistema dal tipo tradizionale al tipo moderno e tale movimento avviene attraverso il cambiamento di alcune parti del sistema che in relazione con le altre parti portano al mutamento dell‟intero sistema.

Parsons nonostante escluda l‟egemonia delle scienze economiche, si fa promotore di una proposta interdisciplinare dello studio del mutamento sociale ed è interessato al ruolo della politica e del sistema giuridico-amministrativo come controllo e miglioramento di alcuni meccanismi autodistruttivi (Parsons, 1986). Egli rifiuta sia l‟interpretazione di Marx che di Weber (le condizioni materiali nel primo e la realtà ultima di valori come fonte delle motivazioni nel secondo), come determinanti delle possibilità dell‟agire sociale in ultima istanza. Gli schemi analitici di cui si avvale Parsons sono inerenti alle relazioni che intercorrono tra le parti di un sistema più complesso, più generale, in cui l‟azione umana nei processi di mutamento sociale non è il soggetto intenzionale, ma è il funzionamento del sistema che ha al suo interno uno schema d‟azione controllato e autoregolatore con i suoi mezzi, i suoi scopi e i suoi fini, ovvero ha un proprio equilibrio all‟interno di un quadro omeostatico. Infatti Parsons non a caso parla di sviluppo equilibrato. Tutto ciò che non è controllabile, l‟agire ultimo dell‟attore sociale, le sue motivazioni intrinseche sono considerate da Parsons come ambiente al sistema, ovvero come esterne ad esso (ivi). Il sistema si riduce a mezzi, scopi (evolutivi, del sistema d‟azione), norme (sociali) e valori (motivazioni indicate dalle istituzioni cui si ispira l‟azione), che costituiscono l‟obbligo funzionale del sistema dell‟azione, ovvero i mezzi necessari ricavati dall‟ambiente, gli scopi, evolutivi verso cui il sistema va

Stefania Frongia – Ambiente, agricoltura e sviluppo: il sistema Arborea – Tesi di dottorato in Scienze sociali - Indirizzo Scienze della Governance e dei Sistemi ComplessiUniversità degli Studi di Sassari

53 indirizzato nel suo mutare, le norme integrative del sistema, i valori culturali che garantiscono le motivazioni (Tarozzi, 1992).

All‟interno stesso del filone struttural-funzionalista si affermò una generazione di studiosi ( Gino Germani, Reinhard Bendix, Barrington Moore Jr.) che assumendo un atteggiamento critico verso la teoria della modernizzazione, elaborarono una teoria in cui si discostarono in primo luogo dalla concezione dell‟unilateralità del processo di derivazione evoluzionista, affermando il pluralismo, la varietà e il particolarismo di molti eventi storici e culturali (Nisbet, 1977). Un‟altra critica mossa alla modernizzazione fu il carattere aprioristico e tautologico (Myrdal, 1977) del punto di arrivo e di partenza del processo, «[…]si partiva da un modello esistente che, per definizione, veniva assunto come l‟apice di un progresso evolutivo e su questo si costruiva la teoria» (Bottazzi, 2009). Inoltre il passaggio dalla società tradizionale a quella moderna poteva seguire una pluralità di strade, come Barrington Moore Jr (1998) mise in evidenza attraverso la sua analisi storico comparativa.

La dicotomia tra tradizione e modernità era una forzatura della teoria parsonsiana, si trattava di «un evoluzionismo mal posto» (Bendix, 1970), considerate come sistemi chiusi che si autoregolano. «L‟idea che la tradizione e la modernità si escludano reciprocamente è falsa. L‟esperienza generale ci dimostra che le società industriali moderne mantengono le loro numerose e divergenti tradizioni. Una società „pienamente moderna‟ priva di ogni tradizione è un‟astrazione priva di significato» (ivi).

Ciò che ha caratterizzato le società occidentali moderne era un prevalente ottimismo nello sviluppo e nella crescita economica e nel futuro come superamento delle diseguaglianze sociali ed economiche tra paesi sviluppati e sottosviluppati (Hettne, 1997).

Ben presto la realtà dimostrò che l‟ottimismo e l‟automatismo del processo di modernizzazione e la sua rapida diffusione erano delle mere illusioni. Uno dei limiti della teoria della modernizzazione era quello di descrivere una realtà territoriale particolare, quella americana, con forti connotazioni ideologiche che coincidevano con l‟ideologia americana e con gli interessi del paese di provenienza e di aver costruito dei principi e un modello universalistici che non sempre e non ovunque sarebbero stati esportabili (Sachs, W., 1998).

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54 2.3 Sviluppo e sottosviluppo processi non lineari: A.O. Hirschman

Nonostante Albert Otto Hirschman sia un economista, tuttavia è stato un pioniere di un nuovo approccio multidisciplinare alla teoria dello sviluppo e non solo, prendendo in considerazione il punto di vista economico. Egli ha mostrato come i processi di sviluppo rientrino all‟interno delle scienze della complessità, la loro non linearità e la molteplicità di strade diverse.

Di fronte alle certezze prescrittive dei modelli egli rivaluta il ruolo giocato dal caso nel determinare il trend dei fenomeni sociali ed economici, tra cui quello relativo allo sviluppo, proponendo una visione opposta alla dominante teoria della crescita equilibrata a cui egli contrappone la sua teoria della crescita squilibrata (Hirschman, 1968).

A difesa della crescita squilibrata egli sostiene che, ad un dato momento, le risorse in una qualsiasi economia non debbono essere considerate come rigorosamente fisse dal punto di vista quantitativo e che, invece, più risorse o più fattori di produzione entreranno in gioco, se lo sviluppo economico sarà caratterizzato da squilibri tali da stimolare l'iniziativa privata o l'autorità pubblica. Nonostante possiamo conoscere in modo aprioristico l‟assetto che dovrebbe assumere l'economia di una nazione per giungere ad un livello più elevato, egli sostiene che tale livello può essere raggiunto in modo più spedito imboccando la via dello sviluppo squilibrato e ciò per effetto delle nuove spinte che riceverebbe l'economia ogni volta che essa perverrebbe ad una posizione di squilibrio22.

Alla base della teoria della crescita non equilibrata di Hirschman vi è una completa rottura con gli schemi dominanti per cui:

«La pratica dello sviluppo s‟impara facendo (learning by doing), gli errori sono sentieri di apprendimento, gli ostacoli allo sviluppo possono convertirsi in «benedizioni mascherate» (blessing in disguise), eventi in apparenza negativi, ma in definitiva vantaggiosi, proprio come le sequenze al revés, le «razionalità occulte» dei processi di sviluppo spontaneamente in atto che Hirschman aveva indagato in Colombia» (Bottazzi, 2009, p.51).

Sono presenti nell‟analisi effettuata da Hirschman alcuni dei concetti chiave

22 Ciò che s‟intendeva per squilibrio era per esempio la crescita di settori ad alta tecnologia, prima di quelli più tradizionali (Bottazzi, 2009).

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55 degli studi di psicologia sociale sulle potenzialità umane derivanti dalle percezioni positive o negative del sé, in cui è sottolineata la valenza dell‟aspetto cognitivo nei processi di sviluppo.

In un suo saggio degli anni ‟80 Hirschman (1983) classifica in due ordini di variabili i contenuti delle teorie dello sviluppo economico: da un lato le teorie che affermavano o rifiutavano l‟esistenza di una sola disciplina economica, dall‟altro quelle che asserivano o rifiutavano l‟esistenza di mutui benefici ricavabili da un sistema di economie aperte (Tarozzi, 1998).

Secondo Tarozzi, , da quanto Hirschman ha elaborato nel saggio citato sopra, anche se non viene esplicitato e del resto lo scenario storico non presagiva alcun cambiamento: «[…] una nuova , emergente differenziazione degli scenari mondiali, e una parallela differenziazione delle chiavi interpretative del mutamento, si combinano, con una rigercachizzazione della graduatoria dei poteri, non più rappresentabile secondo gli schemi dicotomici tradizionali» (Tarozzi, 1998, p.53).

Possiamo considerare Hirschman un precursore della teoria della complessità in campo economico, perlomeno dei suoi principi di base, in quanto mette in risalto l‟esistenza di più possibilità di sviluppo, che non necessariamente devono costituire un modello riproducibile ovunque, e che hanno le caratteristiche dei sistemi adattativi complessi che meglio rispondono al paradigma della complessità che rappresenta la chiave di lettura del mondo in cui viviamo.