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Sistema agricolo e ambiente

«L‟agricoltura è una modalità di organizzazione dei rapporti tra uomo e ambiente naturale (risorse) che ha avuto un ruolo fondamentale, per migliaia di anni, nella storia delle civiltà e nell‟evoluzione delle società. L‟agricoltura è anche un settore in cui l‟interazione tra fattori fisici, biologici, tecnici e organizzativi (culturali, sociali) è particolarmente stretta e intensa, tanto da farne l‟archetipo di

8 Definito come «sistema coerente di fattori biofisici e sociali capace di adattamento e sostenibilità nel tempo» (Machlis, Force e Burch, 1997, p. 35), teoria che si basa sul concetto di equilibrio funzionale. 9 Teoria elaborata principalmente dall‟economista Richard Norgaard secondo cui lo sviluppo non è un processo lineare, ma «può essere descritto come un processo di coevoluzione tra sistemi sociali e ambientali. I fattori ambientali influenzano l‟idoneità adattiva di specifici aspetti dei sistemi sociali e a loro volta i sistemi sociali influenzano l‟idoneità adattiva di aspetti particolari dei sistemi ambientali» (Noorgard, 1997, p. 161). I sistemi sociali suddivisi in quattro sottosistemi (relativi a conoscenze, valori, organizzazioni e tecnologia) interrelati tra loro in un processo di coevoluzione interna e con l‟ambiente, in cui è presente un‟alta imprevedibilità del loro andamento dovuta sia a mutamenti casuali che a innovazioni deliberate.

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25 ecosistema antropico» (Strassoldo, 1996, p.20).

Attraverso l‟agricoltura gli esseri umani hanno scoperto un modo per gestire a proprio vantaggio la produzione primaria, attraverso l‟eliminazione delle specie meno utili ad essi e la spinta di quelle più convenienti. Nella produzione agricola tradizionale il lavoro umano serviva non solo ad estirpare le piante infestanti e preparare il terreno per il suo impiego nella coltivazione, ma anche nel rendere fertile il terreno attraverso la concimazione, che avveniva mediante diverse tecniche “naturali” (mediante rifiuti umani e animali, il maggese, specie di leguminose). Inoltre vi è un equilibrio tra la produzione di cereali e altre piante per l‟alimentazione degli animali da allevamento, utili anche come forza lavoro. Quello tradizionale appena descritto è tuttavia un sistema chiuso in cui gli output rientrano quasi interamente nel ciclo come input, solo l‟energia fluisce da una fonte esterna e si scarica all‟esterno sotto forma di respirazione e calore, tra gli effetti netti del ciclo vi sono la crescita della popolazione umana e animale. Tale sistema resistette in Italia all‟incirca fino agli anni ‟60, soprattutto nel Meridione.

Con l‟avvento dell‟industrializzazione in agricoltura si ha un mutamento radicale del modello. Gli input energetici oltre a quello solare, derivano dal combustibile derivato dal petrolio impiegato per il funzionamento dei macchinari, introdotti per la lavorazione della terra e dei prodotti, che si sostituiscono alla forza lavoro umana e animale. Il suolo è reso più fertile con i fertilizzanti chimici scoperti dalla scienza e dalla tecnica, la cui produzione richiede un elevato dispendio d‟energia. Gli animali vengono allevati esclusivamente per il loro valore alimentare, le loro deiezioni hanno un elevato carattere inquinante la cui eliminazione procura non pochi problemi agli allevatori. La terra perde tutte le caratteristiche fisiche, organiche, biotiche di un sistema vivente, avendo sempre più necessità di integratori chimici che la rendano fertile e modificando le proprie caratteristiche morfologiche.

Il sistema di produzione agrario di tipo industriale si è trasformato da sistema chiuso quale era nel passato a sistema aperto i cui input derivano necessariamente dall‟esterno e gli output sono strettamente legati al sistema economico del mercato. L‟agricoltura moderna consuma più calorie in termini di fertilizzanti e meccanizzazione del lavoro di quante non ne produca mediante l‟accumulazione di energia solare con la fotosintesi(Strassoldo, 1977). Inoltre gran parte della

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26 produzione vegetale non è più destinata al consumo diretto, ma destinata al nutrimento degli animali da allevamento, i quali a loro volta richiedono una quantità di cereali di gran lunga superiore all‟energia in termini di proteine che si ricava dalla carne.

«La finalizzazione economicistica delle dinamiche di trasformazione, del modello di crescita e sviluppo occidentale impostosi con la rivoluzione industriale, viene messa in discussione in quanto consumatrice di risorse non riproducibili, come generatrice di forti alterazioni e semplificazioni eco-sistemiche» (Losco, 2008, p.95).

Il settore agricolo fino al secondo dopoguerra, e in Italia oltre tale limite temporale, era il settore trainante dell‟economia di tutti i paesi europei, caratterizzato però da una struttura arretrata rispetto ai modelli di sviluppo industriali che in quel periodo rappresentavano lo standard a cui ci si doveva ispirare.

Tale arretratezza si manifestava in diversi modi, sia da un punto di vista strutturale dovuto alle dimensioni ridotte delle aziende agricole, all‟ arretratezza tecnologica caratterizzata da una scarsa meccanizzazione e il limitato utilizzo di fertilizzanti e concimi chimici, che da quello sociale, legato al forte impatto occupazionale dei numerosi braccianti e operai privi di terra da coltivare e soggetti allo sfruttamento dei latifondisti.

La produzione si limitava a coprire la domanda locale e non era sufficiente a coprire le richieste di un mercato che andasse oltre i confini territoriali che comportava inoltre una mancata specializzazione .

Intorno agli anni ‟60 per superare il modello d‟arretratezza del settore agricolo i governi dei paesi sviluppati e non, attuarono quella che fu chiamata la Green Revolution, in cui numerosi investimenti furono impiegati in ricerca e innovazione tecnologica che portasse l‟agricoltura a standard moderni di tipo industriale (Griffin, 1979).

In Europa fu sotto la spinta della Politica Agricola Comune che il settore agricolo subì una completa trasformazione, soprattutto in quelle aree dove furono sviluppate al meglio le direttive comunitarie di crescita e sviluppo del comparto agricolo attraverso la specializzazione della produzione, l‟utilizzo della tecnologia nel settore con la meccanizzazione e l‟impiego di diserbanti e pesticidi, il tutto sostenuto da una politica d‟incentivazione economica nei confronti dei produttori per

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27 il raggiungimento di un‟autosufficienza alimentare comunitaria.

Questo tipo di sviluppo in realtà si è rivelato presto controproducente, dal momento in cui la logica di mercato ha finito per trascurare la questione ambientale senza le cui risorse un settore così importante come quello agricolo non sopravvivrebbe (Strassoldo, 1996).

«I sistemi socio-economici moderni hanno elaborato un complesso enorme di tecniche, tecnologie e metodi capaci di proteggere e quasi isolare gli agro sistemi [...] dall‟ambiente esterno vulnerante» (Beato,1992, p.116).

A differenza della produzione industriale, quella agricola non è indipendente dall‟ambiente e da tutti gli elementi appartenenti a quel sistema: le sue risorse naturali (aria, acqua, suolo) , le sue leggi, i suoi numerosi abitanti, non solo umani e così via, elementi che possono costituire un vantaggio, ma anche uno svantaggio.

Il problema nasce quando le imprese cercano di affrontare quelli che abbiamo chiamato svantaggi attraverso metodi aggressivi, contingenti, che non si preoccupano degli effetti che produrranno tra qualche anno e soprattutto su quell‟ambiente da cui gli agricoltori traggono vantaggio per le loro produzioni (ivi). Nonostante che attraverso le politiche agrarie degli ultimi vent‟anni si sia puntato alla formazione tecnica degli operatori agricoli per poter avviare quel processo di tutela non solo della loro azienda, ma del territorio circostante di cui questa fa parte, in molte realtà emergono ancora dei comportamenti dettati da non curanza e semplificazione eccessiva nell‟affrontare alcune problematiche ambientali.

Un esempio è costituito dall‟impiego di fitofarmaci per la soppressione dei parassiti le cui dosi vengono individuate empiricamente, senza la consulenza da parte di un esperto, e reperibili in negozi specializzati e che spesso assumono la connotazione di soppressione preventiva, e dunque non necessaria10 (ivi).

Si assiste insomma sovente anche nel settore agricolo a comportamenti non razionali e anti ecologici, dovuti più a modalità abitudinarie che poco hanno a che fare con strategie realmente efficaci, ma che allo stesso tempo risultano essere

10 Altri esempi di comportamenti non curanti nei confronti dell‟ambiente nel settore agricolo sono l‟utilizzo eccessivo delle risorse idriche anche quando non necessarie, lo sfruttamento del suolo attraverso l‟uso di concimi chimici e la produzione intensiva di monocolture e alla conseguente perdita di biodiversità (Beato, 1992).

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28 pericolose non solo per l‟ambiente, ma anche per la salute dell‟uomo (Strassoldo, 1996).

«La risultanza più rilevante è da ricercare nella de-complessificazione radicale degli agro-ecosistemi [...] la de-complessificazione degli agro-ecosistemi si identifica innanzi tutto, anche se non esclusivamente, con la sempre più diffusa pratica agricola della monocoltura, vale a dire la coltivazione di una sola specie vegetale su tutta la superficie aziendale […] essa è il frutto della ricerca ostinata della specializzazione tecnica e della ottimizzazione imitativa della gestione aziendale di tipo industriale» (Beato, 1992, pp.120-121).

«Gli agro-ecosistemi si costituiscono come ecosistemi naturali che sono stati sottoposti all‟intervento trasformatore dell‟uomo il quale esplica una funzione di governo e di controllo allo scopo di ottenere prodotti utili alla soddisfazione dei propri bisogni» (ivi, p. 121).

La differenza tra un agro-ecosistema e un eco sistema naturale consiste nella dimensione prettamente economicista del primo rispetto al secondo per cui il prodotto finale a cui esso tende è legato a una serie di pratiche che concorrono al suo sviluppo: «energia, acqua, nutrienti vengono programmaticamente introdotti dall‟uomo nell‟agro-ecosistema che viene inoltre incessantemente modificato dal lavoro umano e dalle tecnologie chimiche, meccaniche, biologiche» (ivi, p.122). L‟agro-ecosistema si potrebbe definire anche un sistema socio-economico soggetto a controllo, progettazione, ottimizzazione, da parte degli attori economici e sociali come risposta a bisogni specificamente di tale natura, ma che allo stesso tempo non è indipendente rispetto all‟eco- sistema naturale poiché risponde anch‟esso a processi di natura biologica.

È in seguito alla presa di coscienza della questione ambientale che le politiche agrarie11 hanno seguito un altro indirizzo introducendo nei loro programmi l‟ambiente come fattore imprescindibile.

Questa nuova sensibilità verso l‟ambiente e uno sviluppo diverso, sostenibile, anche nel settore agricolo si è reso necessario poiché la riduzione della complessità caratteristica di ogni ecosistema attraverso pratiche agricole spinte dalla logica

11 Per una trattazione approfondita sulle nuove Politiche Agrarie Comunitarie si rimanda al Capitolo III del seguente lavoro.

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29 industriale, portano inevitabilmente alla instabilità del sistema stesso.

Cicli produttivi chiusi già sperimentati dall‟agricoltura tradizionale possono essere la strada perseguibile per un arresto dello sfruttamento delle risorse da parte di un‟agricoltura di tipo industriale. Ciò non significa un ritorno alla società rurale pre- urbana o pre-industriale, poiché le campagne oramai sono fortemente urbanizzate da un punto di vista culturale, valoriale , per quanto concerne i servizi e le attrezzature (Gilbert, 2011).