a. Definizione di interesse positivo nell’ambito della violazione di un obbligo di informazione Nell’ambito della violazione di un obbligo di informazione, per interesse positivo si deve intendere l’interesse della parte caduta od indotta in errore a che lo stato delle cose sia come rappresentato279.
Si prenda il caso in cui il Compratore, indotto in errore dal Venditore, acquista al prezzo di €600.000 una partecipazione sociale, confidando, sulla base di certe dichiarazioni del Venditore, che essa abbia un valore di €1 milione (valore ipotetico). In seguito il Compratore accerta che le dichiarazioni del Venditore erano false e che, per questo motivo, la partecipazione acquistata vale solamente €500.000 (valore reale).
La tutela dell’interesse positivo del Compratore comporta in questo esempio che esso possa pretendere dal Venditore il pagamento di €500.000 a titolo di risarcimento del danno. L’interesse positivo consiste infatti nella differenza tra valore ipotetico (€1 milione) e valore reale del bene (€500.000). Attraverso il pagamento di questa somma, il Compratore viene messo in una posizione equivalente a quella in cui esso si sarebbe trovato se le circostanze rappresentate fossero state vere. In questo senso, l’interesse positivo tutela l’aspettativa del creditore, cioè quanto esso confidava di guadagnare dall’esecuzione del contratto così come rappresentato280.
Nell’ambito della violazione di un obbligo di informazione, l’interesse positivo viene tutelato solamente quando il debitore abbia garantito la conformità dello stato delle cose a quanto rappresentato. Questa garanzia può essere una garanzia legale (sia essa disponibile o non
279 Questa definizione di interesse positivo coincide con quella di loss of bargain, propria degli ordinamenti di
common law. In diritto inglese, cfr. G.H. Treitel, The Law of Contract, 11° ed., Sweet & Maxwell, Londra, 2003, 359 s.; H.G. Beale, Misrepresentation, in Chitty on Contracts, I, General Principles, a cura di H.G. Beale, 29° ed., Sweet & Maxwell, Londra, 2004, 455.
disponibile dalle parti), oppure una garanzia contrattuale, che il debitore (nel nostro esempio, il Venditore) abbia liberamente assunto al momento della conclusione del contratto. In ogni caso, la tutela dell’interesse positivo presuppone, in questo ambito, l’inadempimento di un obbligo contrattuale281.
b. Segue. Definizione di interesse negativo nello stesso ambito
Per interesse negativo, invece, si deve intendere, in questo stesso ambito, l’interesse della parte vittima della violazione dell’obbligo di informazione a non cadere o a non essere indotta in errore. In altre parole, si tratta dell’interesse di questa parte ad essere informata in modo adeguato, ovvero a conoscere il vero stato delle cose282. Questo interesse viene tutelato
mettendo la vittima della falsa rappresentazione in una posizione equivalente a quella in cui essa si sarebbe trovata se non fosse caduta o non fosse stata indotta in errore da controparte. Immaginiamo ora che il Compratore, se avesse saputo che le dichiarazioni del Venditore non corrispondevano al vero, avrebbe comprato ugualmente la partecipazione sociale, ma ad un prezzo inferiore, ad esempio al prezzo di €350.000. In questo caso, l’interesse negativo viene tutelato consentendo alla vittima di ridurre il prezzo da €600.000, quanto originariamente pattuito, a €350.000283. In pratica, se il prezzo è già stato pagato, il Compratore avrà diritto a pretendere la ripetizione della differenza tra questi due prezzi, i.e. €250.000. Se invece il prezzo non è ancora stato pagato, il Venditore potrà pretendere solamente il pagamento di €350.000, invece di €600.000, quanto originariamente pattuito.
281 Cfr. G.H. Treitel, The law of contracts, cit., 359 s. 282
Questa definizione di interesse negativo coincide con quella di out of pocket, propria degli ordinamenti di
common law. In diritto inglese, cfr. G.H. Treitel, The law of contracts, cit., 359 s.; H.G. Beale,
Misrepresentation, cit., 455. In diritto americano, cfr. D. Dobbs, The law of remedies, cit., 695.
283 Cfr. G. Meruzzi, La responsabilità precontrattuale tra regola di validità e regola di condotta, cit., __, il quale
Immaginiamo ora che il Compratore, se avesse saputo che le dichiarazioni del venditore non corrispondevano al vero, non avrebbe comprato la partecipazione sociale, a nessun prezzo. In questo caso, e supponendo che il Compratore non voglia o non possa, per una qualche ragione, chiedere l’annullamento del contratto, l’interesse negativo viene tutelato consentendo al Compratore di ridurre il prezzo da €600.000, originariamente pattuiti, a €500.000 (il valore reale del bene). In questo modo egli viene messo in una posizione equivalente a quella in cui si sarebbe trovato, se non avesse concluso il contratto.
La contrapposizione tra questi due diversi scenari (il Compratore avrebbe comprato ugualmente/il Compratore non avrebbe comprato) consente di apprezzare un aspetto fondamentale della tutela dell’interesse negativo nell’ambito della violazione di un obbligo di informazione. Essa non presuppone necessariamente che la vittima della violazione dell’obbligo di informazione (la parte caduta od indotta in errore) venga messa nella stessa posizione o in una posizione equivalente a quella in cui essa si sarebbe trovata se non avesse concluso il contratto. Questo è vero solamente quando la parte caduta od indotta in errore non avrebbe concluso il contratto, se avesse conosciuto il vero stato delle cose. Quando invece il contratto sarebbe stato concluso ugualmente, ma a condizioni diverse (o, come vedremo, con una controparte diversa), la tutela dell’interesse negativo comporta che la vittima della violazione dell’obbligo di informazione venga messa nella stessa posizione in cui essa si sarebbe trovata se avesse concluso questo diverso contratto, rimasto meramente ipotetico a causa della violazione dell’obbligo di informazione284.
284 Negli ordinamenti di common law invece si presume sempre che la vittima non avrebbe concluso il contratto
se avesse conosciuto il vero stato delle cose e, su questa base, non le si consente mai di ridurre il prezzo al di sotto del valore reale del bene. Cfr. H.G. Beale, Misrepresentation, cit., 455. In giurisprudenza, cfr. Esso
Petroleum Ltd. v. Mardon, [1976] Q.B. 801, CA. Vedi però da ultimo Clef Aquitaine SARL & ANR v. Laporte
Materials (Barrow) Ltd, [2001] Q.B. 488, CA, dove la vittima del dolo ha ottenuto il risarcimento della differenza tra il prezzo realmente pagato ed il prezzo che essa avrebbe con ragionevole grado di probabilità pagato se avesse conosciuto il vero stato delle cose e dove il contratto era stato conveniente, nonostante il dolo.
In caso di violazione di un obbligo di informazione, la responsabilità precontrattuale limita la tutela della parte caduta od indotta in errore all’interesse negativo285. Anche in questo ambito il danno risarcibile sulla base dell’interesse negativo si compone del danno emergente e del lucro cessante. Il danno emergente a sua volta può essere composto di più voci in funzione delle circostanze del caso concreto. A titolo esemplificativo il danno emergente può comprendere: il maggior prezzo pagato per acquistare il bene, quanto speso per condurre le trattative, se la parte interessata non avrebbe concluso il contratto se correttamente informata, e il c.d. danno ulteriore. Il lucro cessante comprende invece quanto essa avrebbe guadagnato concludendo altri contratti alternativi rispetto a quello effettivamente concluso, viziato dalla violazione dell’obbligo di informazione. Se ad esempio la parte indotta in errore non avrebbe concluso il contratto con la controparte, ma avrebbe concluso un altro contratto con un terzo, deve essere risarcito a titolo di lucro cessante quanto essa avrebbe guadagnato da questo contratto286.
285 La contrapposizione qui illustrata tra interesse positivo ed interesse negativo nel contesto della violazione di
un obbligo di informazione corrisponde quindi alla distinzione in common law tra loss of bargain e out of pocket. In diritto inglese, cfr. H. McGregor, Misrepresentation, in McGregor on Damages, a cura di H. McGregor, 17° ed., Sweet & Maxwell, Londra, 2003, 1486 ss.; G.H. Treitel, The law of contracts, cit., 359 s.; H.G. Beale,
Misrepresentation, cit., 455; in giurisprudenza cfr. Doyle v. Olby (Ironmongers) Ltd., con opinione di Lord Denning. Vedi anche l’opinione di Lord Stein in Smith New Court: “The plaintiff in an action for deceit is not entitled to be compensated in accordance with the contractual measure of damage, i.e. the benefit of the bargain measure. He is not entitled to be protected in respect of his positive interest in the bargain. The plaintiff in an action for deceit is, however, entitled to be compensated in respectof his negative interest. The aim is to put the plaintiff into the position he would have been in if no false representation had been made” (corsivo aggiunto).
286 La giurisprudenza italiana sul quantum del risarcimento in caso di manutenzione del contratto è molto scarna
e poco significativa: cfr. Cass., 29 settembre 2005, n. 19024, in Danno e resp., 2006, 25, con nota di V. Roppo e G. Afferni; Cass., 29 marzo 1999, n. 2956, in Giur. it., 2000, 1192; App. Venezia, 31 maggio 2001, n. 724, in
c. La riduzione del prezzo
Da quanto si è detto sopra, a proposito della definizione di interesse negativo nell’ambito di cui si discute, risulta con chiarezza che la determinazione del quantum di riduzione del prezzo, o in altre parole l’individuazione del criterio di riduzione del prezzo, dipende fondamentalmente dalla ricostruzione di quello che sarebbe accaduto se la parte vittima della violazione dell’obbligo di informazione avesse conosciuto il vero stato delle cose.
i. I tre possibili scenari
Volendo procedere in modo schematico, è possibile individuare almeno tre possibili scenari287:
a) La parte caduta od indotta in errore, se avesse conosciuto il vero stato delle cose (i.e. se fosse stata adeguatamente informata), avrebbe concluso ugualmente il contratto alle stesse condizioni.
b) La parte caduta od indotta in errore, se avesse conosciuto il vero stato delle cose, non avrebbe concluso il contratto.
c) La parte caduta od indotta in errore, se avesse conosciuto il vero stato delle cose, avrebbe concluso ugualmente il contratto, ma a condizioni diverse, con la stessa controparte o con un terzo.
ii. Lo scenario in cui il contratto sarebbe stato concluso alle stesse condizioni
Se la parte caduta od indotta in errore avrebbe concluso il contratto alle stesse condizioni, anche se adeguatamente informata (scenario sub a), non si pone un problema di riduzione del
287 Cfr. K. Tiedtke, Der Inhalt des Schadensersatzanspruchs aus Verschulden beim Vertragsabschluß wegen
prezzo. Il prezzo da lei pagato è lo stesso che essa avrebbe pagato se fosse stata adeguatamente informata. Da questo punto di vista essa non ha subito un danno di cui possa chiedere il risarcimento sotto forma di riduzione del prezzo288. É invece possibile che a causa dell’errore essa abbia subito un danno diverso ed ulteriore. Ad esempio, a causa della violazione dell’obbligo di informazione essa ha dovuto affrontare maggiori spese di negoziazione, ovvero ha potuto concludere il contratto solo dopo un certo ritardo.
iii. Lo scenario in cui non sarebbe stato concluso alcun contratto
Più problematico è invece lo scenario sub b, dove la parte caduta od indotta in errore, se avesse conosciuto il vero stato delle cose, non avrebbe concluso il contratto. Posto che questa parte non può o non vuole, per una qualche ragione (ad esempio, a causa della prescrizione), annullare il contratto, l’unico strumento a sua disposizione per essere messa in una posizione equivalente a quella in cui essa si sarebbe trovata, se fosse stata adeguatamente informata, è quello della riduzione del prezzo e del risarcimento dell’eventuale danno ulteriore.
Sotto il primo profilo, il prezzo deve essere ridotto in modo da farlo coincidere con il valore reale del bene289. Il valore reale del bene, giova ricordare, è il valore effettivo del bene, dato lo stato attuale delle cose, diverso da quello rappresentato. Nel nostro esempio dove il Compratore ha pagato la partecipazione sociale €800.000, confidando che essa avesse un valore di €1 milione (valore ipotetico), mentre essa aveva solamente un valore di €500.000
288
Cfr. K. Tiedtke, Der Inhalt des Schadensersatzanspruchs, cit., 569.
289 Negli ordinamenti di common law questo criterio di riduzione del prezzo viene chiamato “out of pocket”. V.
sul punto H. McGregor, Misrepresentation, cit., 1486 ss. (fraudulent misrepresentation), 1508 ss. (negligent
misrepresentation). McConnel v. Wright (1903) 1 Ch. 546, CA “It is not an action for breach of contract, and, therefore, no damages in respect of prospective gains which the person contracting was entitled by his contract to expect come in, but it is an action of tort – it is an action for a wrong done whereby the plaintiff was tricket out
of certain money in his pocket; and therefore, prima facie, the highest limit of his damages is the whole extent of his loss, and that loss is measured by the money which was in his pocket and is now in the pocket of the
(valore reale), il prezzo deve essere ridotto da €800.000 a €500.000. In questo modo il Compratore viene messo in una posizione equivalente a quella in cui egli si sarebbe trovato se non avesse concluso il contratto290.
Attraverso la riduzione del prezzo la tutela della parte caduta od indotta in errore non viene realizzata in forma specifica, come invece sarebbe avvenuto se questa parte avesse chiesto ed ottenuto l’annullamento del contratto, con conseguente restituzione della cosa e ripetizione del prezzo. Essa infatti mantiene il bene che ha acquistato e paga un prezzo, anche se in misura ridotta. Viene invece accordata una tutela per equivalente, nel senso che la parte interessata, mentre non viene messa esattamente nella stessa posizione in cui essa si sarebbe trovata se non avesse concluso il contratto, viene messa in una posizione equivalente, da un punto di vista finanziario, a questa posizione. Il suo patrimonio per effetto della riduzione del prezzo avrà un valore uguale a quello che avrebbe avuto se essa non avesse concluso il contratto, ma avrà una composizione diversa291.
L’applicazione di questo criterio di riduzione del prezzo comporta che tutte le volte in cui il bene acquistato abbia un valore reale superiore al prezzo pagato la parte interessata non possa chiedere alcuna riduzione del prezzo292.
Se, ad esempio, la partecipazione sociale che il Compratore ha acquistato ad un prezzo di €500.000, confidando, sulla base delle dichiarazioni del Venditore, che essa avesse un valore di €1 milione (valore ipotetico), vale in realtà solamente €800.000 (valore reale), il
290 A questo fine, gli dovrebbero essere anche risarcite le spese per la conclusione del contratto e quanto egli
avrebbe guadagnato da eventuali occasioni alternative. Si noti anche che dove il valore reale del bene fosse pari a zero il Compratore avrebbe diritto a farsi restituire l’intero prezzo pagato. Cfr. H. McGregor,
Misrepresentation, cit., 1490, nota 36. Per un caso di questo tipo v. Twycross v. Grant (1877) 2 C.P.D. 467, CA.
291 Che la riduzione del prezzo sino al valore reale del bene rappresenti l’equivalente finanziario dell’azione di
annullamento è un punto spesso menzionato nella letteratura di common law. Per il diritto inglese, v. H.G. Beale,
Misrepresentation, cit., 455. Per il diritto americano, v. D. Dobbs, The law of remedies, cit., 695.
Compratore non può sulla base del criterio in esame ottenere alcuna riduzione del prezzo. La partecipazione acquistata infatti vale comunque il prezzo che è stato pagato per essa, nonostante le dichiarazioni del Venditore fossero false293.
Si osservi però che nello scenario di cui stiamo discutendo la parte caduta od indotta in errore non ha sostenuto che, se avesse conosciuto il vero stato delle cose, essa avrebbe concluso il contratto a condizioni migliori. Essa ha sostenuto invece che, se avesse conosciuto il vero stato delle cose, essa non avrebbe concluso il contratto. Da questo punto di vista quindi, se il bene acquistato ha comunque un valore pari o superiore al prezzo pagato, essa non ha subito un danno di cui poter chiedere il risarcimento. La riduzione del prezzo sino al valore reale del bene consente infatti di metterla in una posizione equivalente a quella in cui essa, secondo quanto fatto valere, si sarebbe trovata se la controparte non avesse violato l’obbligo di informarla circa il vero stato delle cose.
L’applicazione di questo criterio, equivalente da un punto di vista finanziario all’annullamento del contratto, presenta, non a caso, gli stessi inconvenienti dell’azione di annullamento. Innanzitutto, la parte caduta od indotta in errore può per effetto di questo criterio di riduzione del prezzo essere messa in una posizione migliore di quella in cui essa si sarebbe trovata se lo stato delle cose fosse stato come rappresentato294. Questo si verifica
quando il contratto concluso sulla base della falsa rappresentazione sarebbe stato comunque sconveniente anche se la rappresentazione fosse stata vera. Si prenda il caso in cui il Compratore, indotto in errore dal Venditore, acquista una partecipazione sociale al prezzo di €1 milione, evidentemente supponendo che essa abbia un valore superiore. Il valore reale della partecipazione è invece di soli €400.000. Tuttavia, anche se lo stato delle cose fosse
293 Cfr. H.G. Beale, Misrepresentation, cit., 457.
294 Cfr. H.G. Beale, Misrepresentation, cit., 457; G.H. Treitel, Damages for Deceit, in The Modern Law Review,
stato come rappresentato dal Venditore, il suo valore sarebbe stato di soli €800.000. Si trattava quindi in ogni caso di un cattivo affare. Attraverso il criterio in esame, il Compratore ha la possibilità di mantenere la partecipazione e di pagare per essa un prezzo di €400.000, pari al suo valore reale. Se invece lo stato delle cose fosse stato come rappresentato, e il contratto avesse avuto regolare esecuzione, il Compratore avrebbe subito un danno di €200.000, pari alla differenza tra il prezzo pagato per la partecipazione (€1 milione) e il suo valore ipotetico (€800.000). Riducendo il prezzo sino al valore reale del bene, il Compratore non risente delle conseguenze negative del proprio errore di valutazione, ma riesce a trasferirne il costo sulla controparte.
Questo inconveniente, come già l’analogo inconveniente proprio dell’azione di annullamento, può essere superato ammettendo che il Venditore possa provare che il Compratore avrebbe concluso il contratto, anche se non fosse stato indotto o non fosse caduto nell’errore imputabile al Venditore295. Il meccanismo è lo stesso previsto dall’art. 1440 c.c., dove si consente al convenuto di evitare l’annullamento provando che il dolo era solo incidente. La prova di questo fatto, rimasto puramente ipotetico, può essere agevolata attraverso il meccanismo delle presunzioni semplici. Il giudice deve solo accertare se la violazione dell’obbligo di informazione (ovvero, l’errore imputabile al convenuto) era sufficientemente grave, avuto riguardo all’interesse del creditore (l’attore), da far ritenere che questo non avrebbe concluso il contratto, se correttamente informato.
Ammesso che la parte caduta od indotta in errore avrebbe ugualmente concluso il contratto, il prezzo deve essere ridotto in modo tale che esso rappresenti il prezzo che si sarebbe avuto in assenza di errore. Nella normalità dei casi non è possibile ricostruire a posteriori il prezzo che si sarebbe avuto in assenza di errore. Qui il rimedio può essere solo quello della riduzione proporzionale del prezzo, secondo quanto si discuterà tra breve.
Un secondo potenziale inconveniente del criterio in questione, come già del rimedio dell’annullamento, consiste nel fatto che esso consente al Compratore di spostare sul Venditore le conseguenze negative di eventuali oscillazioni del valore di mercato del bene successive alla conclusione del contratto. Si prenda il caso in cui il Compratore abbia acquistato dal Venditore al prezzo di €800.000 un bene che avrebbe avuto un valore di €1.500.000, se la rappresentazione fosse stata vera, e che invece ha solamente un valore di €1 milione. Così come l’azione di annullamento, l’azione di riduzione del prezzo sino al valore reale del bene, attribuisce al Compratore l’equivalente finanziario di un diritto di opzione a vendere (put option). Se il valore di mercato del bene rimane sopra il prezzo pagato, il Compratore non chiede la riduzione del prezzo. Se invece il valore di mercato scende sotto il