Un caso notevole di responsabilità precontrattuale della p.a. si pone in giurisprudenza quando l’amministrazione annulla legittimamente una gara dopo che sia stato individuato il vincitore in seguito all’aggiudicazione provvisoria, ma prima che sia stato concluso il contratto. L’annullamento della gara viene spesso disposto per il venir meno dei fondi necessari per dare esecuzione all’appalto210.
In simili casi la dottrina e la giurisprudenza si sforzano di individuare una condotta colposa da parte della p.a. e su questa base affermare la responsabilità per il danno nonostante il provvedimento di annullamento della gara fosse legittimo. Spesso la colpa viene ravvisata nel fatto che la p.a. avrebbe avvertito con ritardo il vincitore della decisione di annullare il
209 La distinzione tra provvedimento legittimo e provvedimento illegittimo implica peraltro che nel caso in cui il
recesso della p.a. dalla trattativa sia illegittimo il concorrente che aveva ottenuto l’aggiudicazione temporanea può ottenere, se ne sussistono i presupposti, che la p.a. sia obbligata a dare esecuzione al contratto di appalto. Cfr. Corte di Giustizia CE, Hospital Ingenieure Krankenhaustechnik, cit. Si manifesta qui in modo piuttosto evidente la differenza fondamentale tra il recesso illegittimo della p.a. da una trattativa ad evidenza pubblica ed il recesso della trattativa fonte di responsabilità precontrattuale in diritto comune. Il primo viene sanzionato con la tutela dell’interesse positivo, attuata, se possibile e conforme all’interesse pubblico, anche in forma specifica (esecuzione dell’appalto contro la volontà della p.a.). Il secondo viene invece sempre sanzionato con la sola tutela dell’interesse negativo. Cfr. G.M. Racca, Sindacato sulla decisione di non procedere all’aggiudicazione di
un appalto (recesso dalle trattative) e responsabilità precontrattuale, in Foro amm. - Cons. di Stato, 2002, 1979 e s.
210 Esemplare la vicenda esaminata in primo grado da T.A.R. Lazio n. 5991/2003 cit. (Miccolis s.p.a. c.
Ministero della Difesa). La vicensa si è poi dipanata in secondo grado con Cons. di Stato, n. 920/2005, cit., ed infine con Cons. di Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6, in Urb. e app., 2006, 69, con note di I. Franco e di E. Raganella.
bando211. Altre volte invece la colpa viene ravvisata nell’avere la p.a. bandito la gara nonostante la mancanza di fondi212.
A questo ultimo proposito può osservarsi che ci sono certamente casi in cui la p.a. non può essere rimproverata per il venir meno dei fondi necessari per dare esecuzione all’opera. Spesso la p.a. perde la disponibilità di certi fondi, su cui essa aveva fatto affidamento, a causa di eventi estranei alla sua sfera di controllo. In questi casi mi sembra che non si possa ragionevolmente sostenere che la p.a. sia stata in colpa per non avere impedito questo evento. Neppure mi sembra che si possa ragionevolmente sostenere che la p.a. sia sempre in colpa ogni volta in cui essa bandisce una gara nonostante questa eventualità. La futura mancata disponibilità di fondi è una eventualità sempre possibile e, se si dovesse ritenere che sia colpevole bandire una gara nonostante una simile eventualità, allora dovrebbe anche ritenersi che quasi tutte le decisioni di bandire una qualsiasi gara sarebbero caratterizzate dalla colpa della p.a.
Analogamente, vi possono essere anche casi in cui la p.a. non può essere ragionevolmente rimproverata di avere informato con ritardo l’interessato. Anche l’organizzazione più efficiente ha bisogno di tempi ragionevolmente lunghi per assumere decisioni di una certa importanza. Bisogna considerare infatti che il processo decisionale della p.a. deve bilanciare diversi interessi contrapposti. Da una parte vi è un interesse a minimizzare i tempi necessari per adottare certe decisioni. Dall’altra parte vi è però anche l’interesse a minimizzare la frequenza con cui la p.a. assume decisioni errate. La necessità di un simile bilanciamento
211 Cfr. Cons. di Stato, Ad. Plen., n. 6/2005, cit.; Cons. di Stato, n. 920/2005, cit.; Cons. di Stato, n. 1457/2003,
cit.
(tacendo peraltro dell’opportunità che i costi del processo decisionale non siano troppo elevati) comporta che i tempi di questo processo non possano essere istantanei213.
A mio avviso molti casi di responsabilità della p.a. per annullamento di una gara non sono riconducibili alla colpa della p.a. ma sono invece casi di responsabilità oggettiva. Si tratterebbe di una responsabilità oggettiva del tutto simile alla responsabilità oggettiva per recesso dalle trattative in diritto comune.
In diritto comune la dottrina più autorevole è oramai orientata nel senso della natura oggettiva della responsabilità per recesso ingiustificato da una trattativa214. Dopo che la trattativa ha
raggiunto un certo stadio (che la giurisprudenza italiana fa coincidere con la determinazione degli elementi essenziali del futuro contratto) la parte che recede senza giusta causa deve risarcire il danno subito da controparte per avere confidato nella conclusione del futuro contratto. Controparte non deve provare la colpa della parte che recede. Il recedente, invece, si libera della responsabilità solo provando l’esistenza di una giusta causa, che è concetto diverso dall’assenza di colpa.
L’ammissibilità nel nostro ordinamento di una regola che a certe condizioni obbliga la parte che recede incolpevolmente a risarcire il danno subito dalla parte che ha confidato in buona fede nella conclusione del contratto si evince dalla disposizione di cui all’art. 1328, comma 1,
213 Cfr. Cons. di Stato, 13 novembre 2002, n. 629, in Urb. e app., 2003, 434, il quale ritiene tempestiva la
comunicazione da parte della p.a. dell’intenzione di recedere. In primo grado il T.A.R. Lombardia aveva ritenuto invece colpevolmente intempestiva la stessa comunicazione.
214
Per la dottrina tedesca si veda K. Larenz, Lehrbuch des Schuldrechts: Allgemeiner Teil, 14 ed., Monaco, 1987, 107 s.; C.W. Canaris, Die Vertrauenshaftung im Lichte der Rechtsprechung des BGH, in C.W Canaris et al. (a cura di) 50 Jahre Bundesgerichtshof. Festgabe aus der Wissenschaft, I, Monaco, 2000, 180 ss.; R. Singer,
Vertrauenshaftung beim Abbruch von Vertragsverhandlungen, in R. Singer et al. (a cura di) Kontinuität im
Wandel der Rechtsordnung. Beiträge für C.W. Canaris zum 65. Geburtstag, Monaco, 2002, 135-157. Per la dottrina americana si veda O. Ben-Shahar, Contracts without consent: Exploring a new basis for contractual
liability, in University of Pennsylvania law review, 2004, 1829-1872 e Id, “Agreeing to disagree”. Filling gaps
in deliberately incomplete contracts, in Wisconsin Law Review, 2004, 389-428. Per la dottrina italina si veda R. Sacco, in R. Sacco e G. De Nova, Il contratto, t. 2, 3 ed., in Trattato Sacco, Torino, 2004, 238 s.
c.c. sulla revoca tempestiva dell’offerta dopo che l’accettante abbia cominciato in buona fede l’esecuzione della sua prestazione. Il fondamento giuridico di una simile regola può essere trovato nel principio che vieta il comportamento contradditorio, espresso nella massima nemo potest venire contra factum proprium215. La funzione economica di una simile regola è quella di incentivare, in presenza di certi presupposti, gli investimenti che possono essere effettuati utilmente nella sola fase delle trattative216.
L’operare di una simile regola deve essere contenuto entro limiti convenienti in modo che essa non rappresenti un freno eccessivo all’avvio di nuove trattative. Qui vale la considerazione – fondamentale – che la responsabilità oggettiva non è responsabilità assoluta. Essa è, più semplicemente, una responsabilità che opera indipendentemente dalla colpa. Questo tipo di responsabilità incontra dunque numerose limitazioni, quali il concorso di colpa della vittima ed il nesso di causalità tra condotta e danno risarcibile. A queste limitazioni, comuni a tutti i casi di responsabilità oggettiva217, si aggiunge, nel caso della responsabilità oggettiva per recesso ingiustificato dalla trattativa, la limitazione del risarcimento al solo interesse negativo.
Mi sembra quindi che la tendenza affermatasi in giurisprudenza sia in realtà nel senso della introduzione di una responsabilità oggettiva della p.a. nel caso in cui essa decida legittimamente di annullare una gara dopo che sia già stato individuato il vincitore in seguito all’aggiudicazione provvisoria.
215 Sul punto si veda R. Sacco, Il fatto, l’atto, il negozio, in Trattato Sacco, Torino, 2005, 227 ss. e 251 ss. 216
Sulla funzione economica di una responsabilità precontrattuale di tipo oggettivo si veda L. Bebchuk e O. Ben-Shahar, Precontractual reliance, in The Journal of Legal Studies, 2001, 423-457.
217 Con la notevole eccezione della responsabilità oggettiva del datore di lavoro per il danno sofferto dal
lavoratore nell’esercizio delle sue mansioni, che si estende anche ai casi in cui sia ravvisabile un concorso di colpa del lavoratore.
6. Il danno risarcibile nella responsabilità precontrattuale oggettiva della p.a.
Quando la responsabilità precontrattuale della p.a. viene affermata indipendentemente dalla sua colpa, il danno risarcibile deve essere limitato alla sole spese che l’aggiudicatario provvisorio ha sostenuto, e alle sole perdite che esso ha subito, per predisporre o per dare inizio all’esecuzione della sua prestazione (arg. ex art. 1328, comma 1, c.c.).
Accade spesso infatti che l’aggiudicatario debba predisporre o dare inizio all’esecuzione della sua prestazione prima della conclusione del contratto, ad esempio per potere adempiere in modo tempestivo secondo quanto previsto dal bando di gara. In alcuni casi è addirittura la stessa amministrazione che chiede in modo informale all’aggiudicatario provvisorio di predisporre o di incominciare l’esecuzione218.
Si manifesta qui la funzione economica della responsabilità precontrattuale di tipo oggettivo che è proprio quella di incoraggiare le parti di una trattativa a fare certi investimenti prima della conclusione del contratto, quando questi investimenti non potrebbero più essere utilmente fatti in un momento successivo. Il rischio dell’inutilità di un investimento di questo tipo viene spostato, per effetto della responsabilità oggettiva, dalla parte che ne ha inizialmente sostenuto il costo (nel nostro caso l’aggiudicatario provvisorio) alla parte cui sia imputabile il fatto che ha determinato il fallimento della trattativa (nel nostro caso la p.a. che, sia pure incolpevolmente, non si è procurata i fondi necessari).
A questo fine è sufficiente che vengano risarciti i soli costi (spese e perdite) sostenuti dopo che si è consolidato in capo al privato, per effetto dell’aggiudicazione provvisoria, l’affidamento sulla futura conclusione del contratto. I costi sostenuti per la partecipazione alla gara invece rimangono definitivamente a suo carico. Egli infatti fino al momento
218 Osservo qui incidentalmente che il fatto che si tratti di contratti che richiedono il rispetto di certi vincoli
formali per la loro valida conclusione impedisce l’operare del meccanismo per cui il contratto si conclude con l’inizio dell’esecuzione (art. 1327 c.c.).
dell’aggiudicazione provvisoria dell’appalto ha agito a proprio rischio non potendo, sino ad allora, confidare sul fatto che la procedura di selezione si sarebbe conclusa a suo favore219.