a. L’autonomia reciproca del rimedio dell’annullamento e del rimedio del risarcimento i. Il diritto di scelta tra i due rimedi
L’azione del risarcimento del danno ex art. 1337 o art 1338 c.c. deve essere coordinata con l’azione per l’annullamento del contratto, quando ammessa dall’ordinamento.
La regola fondamentale a questo proposito sembra essere quella che riconosce al legittimato attivo il diritto di scegliere tra l’annullamento del contratto e/o il risarcimento del danno, salvo il caso di vizio solo incidente, ma non determinante del consenso267.
Il legittimato attivo quindi può scegliere se chiedere l’annullamento del contratto, eventualmente insieme con il risarcimento del danno, ovvero chiedere il solo risarcimento del danno. Il danno risarcibile avrà una misura diversa, secondo che sia chiesto il solo risarcimento (sul modello del dolo incidente) o invece sia chiesto anche l’annullamento268,
secondo quanto pacificamente ammesso nel rapporto tra risoluzione e manutenzione del contratto in caso di inadempimento di controparte.
Il sistema qui prefigurato, accolto anche nell’ordinamento francese269, tedesco, inglese, e americano, comporta ad esempio che la vittima del dolo determinante del consenso non sia
267 La tesi favorevole al diritto di scelta tra annullamento e manutenzione del contratto, salvo il risarcimento del
danno, è sostenuta dalla dottrina più autorevole. Cfr. C.M. Bianca, Il contratto, cit., 664; R. Sacco, in R. Sacco e G. De Nova, Il contratto, cit., t. I, 548, 572 s.; V. Roppo, Il contratto, cit., 811 s.); F. Benatti, La responsabilità
precontrattuale, cit., 68. Nel vigore del vecchio codice questa tesi era sostenuta da A. Trabucchi, Il dolo, cit., 326. In giurisprudenza vedi Cass., 11 luglio 1968, n. 2445 in Rep. Giust. Civ., 1968, voce «Obbligazioni e contratti», n. 539; Cass., sez. I, 8 settembre 1999, n. 9523, in Mass. Foro it., 1999. Da ultimo v. anche Cass., sez. I, 19 settembre 2006, n. 20260, in Guida al diritto, 2006/39, 52 (nella specie la convenuta aveva ottenuto insieme con il marito un mutuo, tacendo il fatto che il marito era stato dichiarato fallito: la reticenza sleale era stata determinante del consenso, tuttavia la banca aveva chiesto il solo risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.). Nelle più recente dottrina v. anche G. Meruzzi, La responsabilità precontrattuale tra regola di validità e regola
di condotta, in Contratto e impr., 2006, 946 s. Contrario invece F. Carresi, Il contratto, cit., 461. Vedi però Id.,
In tema di responsabilità precontrattuale, cit., 458, dove si dice espressamente che questa soluzione (piena autonomia tra i due rimedi) non sembra dubbia. Il diritto di scelta è pacificamente ammesso nell’ordinamento tedesco ed in common law.
268 Cfr. G.E. Palmer, The law of restitution, cit., 282 s.
269 La possibilità di scegliere tra annullamento del contratto e risarcimento del danno sotto forma di riduzione del
prezzo è ammessa anche nell’ordinamento francese (soluzione pacifica sia in dottrina che in giurisprudenza). Vedi sul punto J. Ghestin, Le contrat: Formation, 2 ed., Parigi, 1988, 481, il quale cita Cass. Com., 14 marzo 1972, D. 1972, 653, annotata dallo stesso. Idem Cass. Civ. 11 ottobre 1978, Gaz. Pal., 16 gennaio 1979, Panorama. Vedi anche J. Carbonnier, Droit civil: Les Obligations, 22 ed., Parigi, 2000, 102 e 114 e Mazeaud- Chabas, Leçons de droit civil, t. II, vol. 1, 3 ed., Parigi, 1991, 180, i quali citano Cass. Com. 25 febbraio 1986 e
obbligata a chiedere l’annullamento del contratto per poter chiedere il risarcimento del danno, ma possa chiedere anche solo il risarcimento del danno. La scelta tra i due rimedi alternativi verrà effettuata in sede di formulazione della domanda giudiziale a seconda che il dolo venga qualificato come incidente o determinante. La parte contro la quale viene chiesto il risarcimento del danno per dolo incidente non può eccepire che il vizio è stato determinante del consenso e che quindi l’attrice avrebbe dovuto chiedere l’annullamento del contratto al fine di poter ottenere il risarcimento del danno.
Questo insieme di regole si riassume nel riconoscimento dell’autonomia reciproca dell’azione del risarcimento del danno e dell’azione di annullamento del contratto. L’autonomia tra questi due rimedi è espressione di un principio generale che emerge, oltre che nella disciplina delle garanzie nella vendita, seconda la quale il compratore che abbia acquistato un bene viziato può chiedere a sua scelta la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo270, anche nella regola seconda la quale la vittima dell’inadempimento altrui può scegliere liberamente tra adempimento e risoluzione, salvo in entrambi i casi il risarcimento del danno.
Contro il diritto di scelta tra annullamento e mantenimento del contratto, potrebbe obiettarsi che in questo modo si consente ad un soggetto di chiedere il risarcimento del danno anche in un contesto in cui il contratto è stato conveniente e quindi quando non ci sarebbe un danno da risarcire271. Contro questa obiezione può però osservarsi che la parte legittimata a chiedere l’annullamento del contratto può essere spinta a mantenere il contratto in vita e a chiedere il solo risarcimento del danno da ragioni diverse dalla convenienza del contratto viziato. Si 10 febbraio 1987, JCP. 1988 II 20995. In giurisprudenza vedi oltre alle sentenze citate sopra Civ. 4 febbraio 1975, D. 75, 405, JCP 75, 2, 18100; Civ. 4 ottobre 1988, D. 89, Somm., 229; Com. 18 ottobre 1994, D. 95, 180 con nota di Atias.
270 Così Starck/Roland/Boyer, Droit civi., Obligations, 2. Contrat, 3 ed., Parigi, 1989, 190, i quali aderiscono
all’orientamento giurisprudenziale favorevole ad attribuire alla vittima la scelta tra annullamento e manutenzione del contratto.
consideri, ad esempio, il fatto che l’annullamento del contratto comporta l’obbligo della restituzione della controprestazione ricevuta. In alcuni casi la restituzione potrebbe essere impossibile (perché ad esempio il bene è stato trasformato o alienato ad un terzo), oppure potrebbe essere eccessivamente costosa, ad esempio perché il bene è stato oramai inserito in modo stabile nell’organizzazione della parte legittimata a chiedere l’annullamento. In simili casi la parte legittimata potrebbe non avere interesse a chiedere l’annullamento, anche se il contratto è stato sconveniente, nel senso che ha rappresentato di per sé un danno. Inoltre, come vedremo meglio in seguito, non è affatto chiaro che il risarcimento del danno ex art. 1337 o ex art. 1338 c.c. presupponga necessariamente che il contratto sia stato sconveniente. Si potrebbe ritenere infatti che la condotta sleale o illecita di controparte debba essere sanzionata anche quando il valore del bene acquistato era superiore al prezzo, ma inferiore al prezzo ipotetico che sarebbe stato pagato se la trattativa fosse stata condotta in modo leale. In un simile caso il contratto è ugualmente conveniente, nonostante il vizio del consenso, ma è meno conveniente di quanto sarebbe stato se la parte interessata non fosse caduta o non fosse stata indotta in errore.
ii. Il rapporto tra tutela in forma specifica e tutela per equivalente
Così come nella disciplina dell’inadempimento delle obbligazioni il creditore può scegliere tra tutela reale (adempimento in forma specifica) e la tutela obbligatoria (risoluzione e risarcimento del danno), anche nella disciplina degli obblighi di informazione il creditore può scegliere tra tutela reale (annullamento del contratto e risarcimento del danno) e tutela obbligatoria (manutenzione del contratto e risarcimento del danno). Nel primo caso esso recupera la prestazione pagata e si libera di una controprestazione che non vuole più. Nel secondo caso invece esso perde definitivamente la propria prestazione, ma mantiene la controprestazione.
Nel caso di annullamento del contratto si può dire che la tutela è in forma reale, perché la vittima della condotta illecite o sleale altrui viene messa nella stessa posizione che essa avrebbe occupato se non ci fosse stato l’illecito. Essa infatti non avrebbe stipulato il contratto (trattandosi di vizio determinante del consenso: al di fuori di questo caso non è ammesso l’annullamento).
Nel caso di manutenzione del contratto e risarcimento del danno invece la vittima viene messa in una posizione solo equivalente a quella in cui essa si sarebbe trovata se non ci fosse stato l’illecito e quindi non avesse concluso il contratto. Essa infatti ottiene un risarcimento del danno sufficiente a compensare la differenza di valore tra la prestazione che ha pagato e la controprestazione che ha ricevuto272.
Il profilo del risarcimento del danno nei due diversi casi (annullamento e manutenzione del contratto) verrà esaminato nel dettaglio nei paragrafi successivi. Per il momento tuttavia si può osservare che, sul piano del rapporto tra tutela reale e tutela per equivalente, la disciplina dei vizi del consenso si presenta come rovesciata rispetto alla disciplina della risoluzione. Nella disciplina della risoluzione la tutela in forma specifica avviene mediante il mantenimento del contratto, di cui si chiede appunto l’esecuzione. Di converso la tutela per equivalente in questa disciplina avviene normalmente mediante la risoluzione del contratto, e quindi mediante il suo abbandono.
Nella disciplina dei vizi del consenso invece la tutela in forma specifica avviene mediante l’annullamento del contratto, e quindi mediante il suo abbandono. La tutela per equivalente avviene invece mediante il mantenimento del contratto.
272 Si noti però che l’annullamento del contratto non è equivalente alla riduzione del prezzo, dal punto di vista
del convenuto. Di norma infatti l’annullamento del contratto è più oneroso per la parte contro la quale viene chiesto della sola riduzione del prezzo. Sul punto M. Lieb, Vertragsaufhebung oder Geldersatz?, cit., 256, il quale, anche sulla base di questa considerazione, critica la soluzione adottata dalla giurisprudenza tedesca di attribuire un diritto di scelta tra annullamento del contratto e riduzione del prezzo alla vittima della colposa induzione in errore.
Questa distinzione tra i due diversi istituti, se ne rende la comparazione molto stimolante e promettente, suggerisce tuttavia una grande cautela nel trapiantare soluzioni da un istituto all’altro273.
iii. La prescrizione dell’azione di annullamento e la convalida del contratto
L’autonomia tra l’azione di annullamento e l’azione di risarcimento del danno comporta anche che la prescrizione dell’azione di annullamento non pregiudica la possibilità di chiedere il risarcimento del danno274.
Se si ammette che la responsabilità precontrattuale ha natura contrattuale, ben può verificarsi il caso che l’azione per il risarcimento del danno, che si prescriverebbe nel termine ordinario di dieci anni, si prescriva dopo l’azione per l’annullamento del contratto, che si prescrive invece nel termine speciale di cinque anni, a decorrere dal momento individuato dall’art. _ c.c. La “sopravvivenza” dell’azione di risarcimento rispetto all’azione di annullamento è peraltro teoricamente possibile anche nel caso in cui si dovesse ritenere che la responsabilità precontrattuale ha natura extracontrattuale e quindi che anch’essa si prescrive nel termine speciale di cinque anni. Questa eventualità sarebbe resa possibile dal fatto che può essere diverso il momento da cui comincia a decorre il termine (c.d. dies a quo).
La dottrina francese ha sollevato il seguente problema: se la parte che ha lasciato decorrere inutilmente il termine di prescrizione debba in qualche modo risentire di questa sua scelta sul
273 Non entro invece nella questione, molto stimolante, se il rimedio della risoluzione possa essere invocato in
caso di violazione di un obbligo precontrattuale. Su questa questione v. G. Meruzzi, La trattativa maliziosa, cit., 260 ss.; Id., La responsabilità precontrattuale tra regola di validità e regola di condotta, cit., 969 s., dove altri riferimenti alla dottrina.
274 In questo senso A. Trabucchi, Il dolo, cit., 333, il quale cita App. Milano 31 dicembre 1931, in Foro Lom.,
1932, 759 ss.; F. Carresi, In tema di responsabilità precontrattuale, cit., 458. Questa soluzione è ammessa dalla giurisprudenza francese. Cfr. Cass. Civ. 4 febbraio 1975, in D., 1975, 405, con nota di C. Gaury. Favorevole è anche la dottrina. Cfr. J. Ghestin, Le contrat: Formation, cit., 481 s. e G. Durry, s.t., in RTD civ., 1975, 538.
piano del calcolo del danno risarcibile. Un autore ha sostenuto che questo soggetto non può essere messo, mediante il risarcimento del danno, nella stessa posizione che egli avrebbe occupato se avesse chiesto ed ottenuto l’annullamento del contratto275. La prescrizione dell’azione di annullamento del contratto avrebbe, secondo quanto sostenuto da questo autore, interrotto il nesso di causalità tra il raggiro ed il danno provocato dal contratto viziato276. Contro questa tesi si osserva che in nessun caso la condanna a risarcire un danno può produrre effetti identici all’annullamento del contratto277. In effetti l’annullamento del contratto è
strumentale ad ottenere da controparte la restituzione della propria prestazione, mentre la condanna a risarcire il danno consiste solamente in un obbligo a pagare una somma di denaro. Su questa base si giustifica anche la regola che consente comunque di chiedere il risarcimento del danno anche dopo che si sia prescritta l’azione per l’annullamento. Solo l’annullabilità del contratto infatti determina una situazione di incertezza circa la sorte del contratto, che è opportuno eliminare in modo ragionevolmente rapido, anche a tutela dei terzi che abbiano in qualche modo interesse al consolidamento di una certa situazione278.
Per comprendere meglio il problema di cui si discute è opportuno fare un semplice esempio. Prendiamo il caso in cui il Venditore sia stato indotto con l’inganno dal Compratore a vendergli un bene ad un prezzo molto inferiore al suo effettivo valore. Il Compratore fa credere al Venditore che il bene vale €100.000, mentre esso invece vale €1 milione. Il Venditore accetta quindi un prezzo di €150.000. Supponiamo ora che il Venditore abbia speso per condurre la trattativa €10.000 ed abbia perduto un’occasione alternativa che gli avrebbe consentito un profitto di altri €10.000. Con l’annullamento del contratto il Venditore
275
Durry, op. ult. cit., 539. Traduco “nullité” con annullabilità o annullamento, trattandosi di “nullité relative” analoga alla nostra annullabilità.
276 Durry, ibidem.
277 J. Ghestin, op. cit., 482. 278 Cfr. J. Ghestin, ibidem.
dovrebbe restituire il prezzo ottenuto (€150.000) e avrebbe indietro un bene che vale €1 milione. Inoltre potrebbe chiedere ex art. 1338 c.c. la condanna del Compratore a risarcirgli le spese e le perdite subite confidando nella validità del contratto (€20.000).
A causa della prescrizione dell’azione di annullamento invece il Venditore può chiedere il solo risarcimento del danno. Come calcolarlo? Sicuramente il Venditore non può chiedere la restituzione del bene. Analogamente egli non deve restituire il prezzo. Egli ha però subito per effetto del contratto un danno pari a €850.000 (pari alla differenza tra il valore del bene ed il prezzo) + €20.000 (quanto investito nella trattativa). Non mi sembra dubbio che il Venditore possa chiedere il risarcimento della differenza tra il valore del bene ed il prezzo pagato dal Compratore. Il problema si pone invece in relazione alle spese e alle perdite sostenute dal Venditore confidando nella validità del contratto. Potrebbe sostenersi che, siccome il contratto non può più essere annullato, il Venditore non dovrebbe poter ottenere il risarcimento di queste spese e di queste perdite, le quali non sono state inutili. A me sembra invece che in caso di prescrizione dell’azione di annullamento il Venditore debba comunque poter ottenere il risarcimento di queste spese e di queste perdite, sul presupposto che la prescrizione dell’azione di annullamento opera solo sul piano del valore del vincolo negoziale, e quindi in definiva delle restituzioni.