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Il quantum del danno nella responsabilità precontrattuale

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Academic year: 2021

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(1)

Criteri di imputazione e danno nella responsabilità precontrattuale

di

Giorgio Afferni

Introduzione ... 4

1. Premessa e piano dell’opera ... 4

2. La natura della responsabilità precontrattuale. ... 7

Capitolo I ... 11

La responsabilità per il fallimento delle trattative... 11

1. La fattispecie ... 11

a. Introduzione... 11

b. La responsabilità per recesso fondata sulla colpevolezza... 17

c. La responsabilità per recesso di tipo oggettivo ... 20

d. La mancanza di una giusta causa del recesso ... 27

i. La ricezione di un’offerta più conveniente ... 28

ii. Il recesso dalle trattative dirette alla conclusione di un contratto illecito ... 30

e. Alcuni casi notevoli di responsabilità per recesso indipendente dalla colpevolezza ... 32

i. La revoca della proposta quando l’accettante abbia già cominciato in buona fede l’esecuzione (art. 1328 c.c) ... 32

ii. La mancata conclusione di un contratto formale ... 36

iii. L’accordo di determinare in seguito un elemento essenziale del contratto (agreements with open terms) ... 39

2. I rimedi ... 44

a. L’individuazione dell’interesse oggetto di tutela... 44

b. Nozioni fondamentali sugli interessi tutelabili (positivo, negativo, restitutorio)... 44

c. La ripetizione dell’indebito... 48

d. Il risarcimento del danno commisurato all’interesse negativo... 55

i. In particolare sul mancato guadagno ... 56

ii. Segue. Il risarcimento della perdita di chance ... 61

(2)

i. Il nesso di causalità... 63

ii. Il concorso di colpa nella causazione dell’evento... 69

iii. Il danno evitabile ... 71

iv. L’interesse positivo come limite al risarcimento dell’interesse negativo ... 73

f. Il risarcimento del danno commisurato all’interesse positivo ... 77

i. Nel caso in cui il recesso sia caratterizzato dal dolo del recedente (critica) ... 77

ii. Nel caso di riserva di futuro accordo su un elemento essenziale del contratto... 82

g. La riversione dei profitti ... 87

Capitolo II ... 94

La responsabilità precontrattuale della p.a. ... 94

1. Introduzione ... 94

2. La distinzione tra responsabilità extracontrattuale e responsabilità precontrattuale della p.a. ... 96

3. La responsabilità extracontrattuale della p.a.: il risarcimento commisurato all’interesse positivo... 98

4. La responsabilità precontrattuale della p.a.: il risarcimento commisurato all’interesse negativo ... 104

5. Il ruolo della colpa della p.a. nella responsabilità precontrattuale per annullamento legittimo di una gara106 6. Il danno risarcibile nella responsabilità precontrattuale oggettiva della p.a. ... 110

7. Il ruolo della colpa della p.a. sul piano del calcolo del danno risarcibile ... 111

8. Il ruolo della colpa del privato sul piano del calcolo del danno risarcibile ... 113

Capitolo III... 116

La responsabilità per la violazione di un obbligo di informazione ... 116

1. Introduzione ... 116

2. La fattispecie ... 117

a. La disciplina dell’errore-vizio del consenso ... 118

i. Gli scenari possibili ... 119

ii. L’errore scusabile e non riconoscibile ... 120

iii. L’errore inescusabile e non riconoscibile ... 121

iv. L’errore inescusabile e riconoscibile ... 121

v. L’errore scusabile e riconoscibile ... 122

vi. Esemplificazione ... 122

b. Segue. Il requisito dell’essenzialità ... 125

c. La disciplina del dolo-vizio del consenso ... 127

d. La colposa induzione in errore ... 130

i. La fattispecie... 130

ii. I rimedi ... 134

3. Il rapporto tra annullamento e risarcimento del danno... 136

a. L’autonomia reciproca del rimedio dell’annullamento e del rimedio del risarcimento ... 136

i. Il diritto di scelta tra i due rimedi ... 136

ii. Il rapporto tra tutela in forma specifica e tutela per equivalente... 139

iii. La prescrizione dell’azione di annullamento e la convalida del contratto ... 141

(3)

a. Definizione di interesse positivo nell’ambito della violazione di un obbligo di informazione... 144

b. Segue. Definizione di interesse negativo nello stesso ambito ... 145

c. La riduzione del prezzo... 148

i. I tre possibili scenari... 148

ii. Lo scenario in cui il contratto sarebbe stato concluso alle stesse condizioni... 148

iii. Lo scenario in cui non sarebbe stato concluso alcun contratto... 149

iv. Lo scenario in cui sarebbe stato concluso un contratto diverso ... 153

d. Segue. La riduzione del prezzo in modo che coincida con il valore reale del bene... 156

e. Segue. La riduzione proporzionale del prezzo... 158

f. Ancora sulla definizione di interesse negativo in caso di mantenimento del contratto ... 166

g. Riduzione del prezzo e nesso di causalità... 169

i. Esposizione del problema ... 169

ii. Il parallelo tra annullamento del contratto e riduzione del prezzo... 172

iii. Il dolo determinante... 173

iv. L’induzione colposa in errore determinante ... 177

v. La dolosa e colposa induzione in errore non determinante del consenso ... 179

vi. Le riduzioni del valore del bene successive alla domanda giudiziale... 180

Capitolo IV... 181

La prescrizione nella responsabilità precontrattuale ... 181

1. La durata della prescrizione ... 181

2. La decorrenza della prescrizione nei diversi tipi di responsabilità precontrattuale ... 182

a. Nel recesso ingiustificato dalle trattative ... 184

b. Nella violazione di obbligazioni accessorie (custodia e riservatezza) ... 184

c. In caso di dolo od errore ... 187

i. Considerazioni sul rapporto tra prescrizione breve dell’azione di annullamento e prescrizione ordinaria dell’azione di risarcimento del danno... 187

ii. La decorrenza della prescrizione dell’azione di annullamento... 188

iii. La decorrenza della prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito ... 189

iv. La decorrenza della prescrizione dell’azione di risarcimento del danno ... 191

(4)

Introduzione

1. Premessa e piano dell’opera

In questa tesi mi occupo del danno risarcibile nella responsabilità precontrattuale. In particolare mi soffermo sui casi riconducibili alla responsabilità per fallimento della trattativa e alla responsabilità per violazione di un obbligo di informazione. Ho esaminato separatamente questi due diversi gruppi di casi, sul presupposto che non sia possibile costruire una teoria unitaria valida per entrambi. Essi, in effetti, hanno in comune, oltre al fatto di essere riconducibili all’istituto della responsabilità precontrattuale, il solo fatto che per entrambi viene normalmente risarcito il solo interesse negativo. Le regole di responsabilità relative ai diversi gruppi di casi sono però diverse, come sono diversi i problemi peculiari di ciascuno di essi.

Nel discutere il problema del quantum del danno ho tenuto conto anche del rapporto tra misura della responsabilità e criterio di imputazione della stessa. Il tema dominante di questa tesi è infatti che la misura della responsabilità, ed in alcuni casi anche l’interesse tutelato, sono diversi a seconda che la responsabilità sia affermata indipendentemente dalla colpevolezza del convenuto (responsabilità oggettiva), oppure che essa sia fondata sulla colpevolezza dello stesso. Inoltre, nel caso di responsabilità fondata sulla colpevolezza, la misura della responsabilità può variare a seconda che sia stato provato il dolo, oppure la semplice colpa.

Come si vede le possibili ipotesi sono variegate e per questa ragione si giustifica, anche nell’ambito di una tesi dedicata al quantum, la trattazione di alcuni presupposti della responsabilità relativi alla fattispecie.

(5)

Nell’ambito della responsabilità per fallimento della trattativa ho tenuto nettamente distinte tra loro una responsabilità fondata sulla colpevolezza e una responsabilità oggettiva. Come cercherò di illustrare, questa differenziazione non è solamente utile sotto il profilo sistematico, ma ha anche conseguenze significative sul piano del calcolo del danno. Questi due diversi tipi di responsabilità operano indipendentemente l’uno dall’altro ed in fasi diverse della trattativa. La responsabilità fondata sulla colpevolezza opera durante tutta la trattativa, ma richiede la prova del dolo o della colpa di una parte, mentre la responsabilità oggettiva opera nella sola fase finale della trattativa, ma prescinde da questa prova.

Questa differenziazione tra fasi della trattativa e criterio di imputazione della responsabilità si ritrova anche in alcuni casi di responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione nei confronti di un privato che abbia partecipato ad una gara per l’aggiudicazione di un appalto. Lo studio di questi casi mi è parso opportuno per diverse ragioni. Innanzitutto, la giurisprudenza è copiosissima. In secondo luogo, essa mi è parsa confermare la validità della schematizzazione da me proposta. Infine, essa si segnala per il risarcimento, in presenza di certe condizioni, dell’interesse positivo. Per tutte queste ragioni ho pensato di fare un raffronto tra questo specifico caso di responsabilità precontrattuale, in un certo modo riconducibile al fallimento di una “trattativa”, e gli altri casi di responsabilità precontrattuale per fallimento della trattativa nei rapporti tra privati.

Il rapporto tra criterio di imputazione della responsabilità e misura del danno risarcibile si è rivelato illuminate anche nella responsabilità per violazione di un obbligo di informazione. Questa parte della tesi è introdotta da una schematizzazione dei diversi casi di responsabilità (dolo-vizio, errore-vizio, colposa induzione in errore sui motivi). L’indagine è principalmente preordinata a preparare la strada alla successiva trattazione del danno risarcibile. Tuttavia, essa mira anche a valorizzare la figura della colposa induzione in errore sui motivi. Questa figura, che a mio avviso dovrebbe trovare maggiore spazio nel diritto italiano, è invece

(6)

stabilmente riconosciuta in altri ordinamenti simili al nostro, ad esempio l’ordinamento tedesco e gli ordinamenti di common law. Essa potrebbe a mio avviso svolgere un ruolo utile in diversi contesti, quale ad esempio il contesto della cessione di una partecipazione sociale. Questa operazione economica, fondamentale in una economia moderna, è ancora regolata sulla base della massima caveat emptor. Tuttavia, non sfugge che una simile disciplina è insoddisfacente, il che trova conferma, oltre che in considerazioni di equità ed efficienza, anche nella costante e copiosa giurisprudenza in materia1.

Il mancato riconoscimento del ruolo della colpa nella induzione in errore sui motivi è a mio avviso una delle ragioni del mancato sviluppo nel nostro ordinamento di regole relative al calcolo del danno in caso di mancato annullamento del contratto. Questo problema è invece al centro di questa parte della mia tesi.

Infine, mi è parso opportuno trattare in un certo dettaglio il problema della prescrizione della responsabilità precontrattuale. Anche questo problema non può essere trattato in modo unitario, ma richiede di essere frammentato in diverse parti, quanti sono i tipi di responsabilità precontrattuale.

L’utilità dello studio della prescrizione in un lavoro dedicato al danno risarcibile diviene evidente se si considera l’importanza pratica della questione. Essa ha inoltre grande importanza teorica, come è testimoniato dalla sempre maggiore attenzione di cui la prescrizione gode a livello europeo2.

1 In dottrina si veda il bello studio di O. Podda, Bad deals: Acquisto di partecipazioni societarie e garanzie del

venditore, in Quadrimestre, 1990, 548-564. Da ultimo v. anche F. Galgano, Cessione di paretecipazioni sociali e

superamento della alterità soggettiva fra socio e società, in Contratto e impr., 2004, 537-544, dove anche la giurisprudenza più recente. L’opera più completa rimane ancora, F. Bonelli e M. De Andrè (a cura di),

Acqusizioni di società e di pacchetti azionari di riferimento, Milano, 1990.

2 Si veda R. Zimmermann, Comparative Foundations of a European Law of Set-Off and Prescription,

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2. La natura della responsabilità precontrattuale.

Il tema della prescrizione chiama in causa anche l’annoso problema della natura della responsabilità precontrattuale. La durata della prescrizione è infatti diversa a seconda che alla responsabilità precontrattuale sia attribuita natura contrattuale o extracontrattuale.

Il problema della natura della responsabilità precontrattuale è apparentemente irrisolvibile. Mi sembra infatti che nel nostro ordinamento non ci siano ostacoli di ordine sistematico a qualificare questo tipo di responsabilità in un modo o nell’altro. E’ vero infatti che nel nostro ordinamento esiste una clausola generale (l’art. 2043 c.c.) che ci consente di qualificare come extracontrattuale questo tipo di responsabilità3. Ma è altrettanto vero che nel nostro

ordinamento vige un principio di atipicità delle fonti delle obbligazioni, ben potendo esse derivare da “ogni […] atto o fatto idoneo a produrle in conformità all’ordinamento giuridico” (art. 1173 c.c.)4. Il nostro ordinamento è quindi aperto in entrambe le direzioni, sia nel senso

della responsabilità extracontrattuale, sia nel senso della responsabilità contrattuale (rectius, responsabilità per inadempimento di un’obbligazione).

La soluzione quindi non può essere trovata mediante considerazioni di tipo sistematico, ma richiede una valutazione comparativa dell’insieme di regole di cui si compongono questi diversi tipi di responsabilità, al fine di stabilire quale tra essi sia quello maggiormente idoneo, secondo un certo criterio, a risolvere i problemi pratici sottoposti all’esame dell’interprete.

3 Come spesso argomentato da chi nel nostro ordinamento predilige la natura extracontrattuale di questo tipo di

responsabilità. Cfr. V. Roppo, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica and P. Zatti, Milano, 2001, 184-186; R. Sacco, in R. Sacco e G. De Nova, Il contratto, in Trattato di diritto civile, a cura di R. Sacco, Torino, 2004, 3° ed, vol II, 260-261; C.M. Bianca, Il contratto, in Diritto civile, Milano, 2000, 2° ed, 157-162. 4 Su questa disposizione vedi per tutti U. Breccia, Le obbligazioni, in Trattato di diritto privato, a cura di G.

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In questa tesi non affronto in modo sistematico il problema della natura della responsabilità, del quale peraltro ho già trattato in altra sede5. Questa omissione si spiega per il fatto che mi sono infine convinto che indipendentemente dalla scelta tra una delle due o tre possibili soluzioni6, la soluzione migliore sarebbe quella di non dover scegliere. Mi spiego meglio. La scelta operata dal legislatore italiano di differenziare la durata della prescrizione in funzione del tipo di responsabilità è in via di superamento in altri ordinamenti ed è correntemente oggetto di critiche. Essa aumenta la frequenza delle controversie, con svantaggio dell’amministrazione della giustizia nel suo complesso, e crea delle distorsioni, nel senso che induce i giudici a creare figure giuridiche improbabili al solo fine di evitare risultati considerati di fatto iniqui. La vicenda della natura della responsabilità precontrattuale rappresenta un buon esempio di questo fenomeno. Essa sopravvive nella giurisprudenza italiana quasi esclusivamente al fine della determinazione della durata della prescrizione. Diversamente essa sarebbe già divenuta solamente una questione “di gusto”, come ebbe a dire Emilio Betti7.

Detto questo, siccome una scelta deve essere fatta, io attribuirò alla responsabilità precontrattuale natura contrattuale. Con questo non voglio dire che esiste un contratto tra le parti. Voglio dire semplicemente che è meglio applicare le regole proprie della responsabilità contrattuale, rispetto a quelle proprie della responsabilità extracontrattuale. Arrivo a questo risultato attraverso uno sviluppo della nota tesi del “contatto sociale” esistente tra le parti di

5 Mi sia consentito il rinvio a G. Afferni, On the Characterisation of Pre-Contractual Liability, in European

Review of Contract Law (ERCL), 2005, 96.

6 La “terza” soluzione della natura autonoma, né contrattuale, né extracontrattuale, di questo tipo di

responsabilità era stata sostenuta da R. Sacco, Culpa in contrahendo e culpa aquila: culpa in eligendo e

apparenza, in Riv. dir. comm., 1951, II, 86.

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una trattativa8. Con questo concetto si vuole a mio avviso dire che il danno causato nell’ambito di una trattativa ha sotto un certo punto di vista caratteristiche simili al danno causato nell’ambito dell’inadempimento di un contratto. Entrambi questi danni hanno luogo tra soggetti che non sono estranei tra loro, come sono invece in molti casi i soggetti coinvolti in un evento dannoso extracontrattuale (ad es., un incidente automobilistico). In questo senso i soggetti di una trattativa sono in grado ex ante, cioè prima che si verifichi il danno, di scambiarsi informazioni tra loro e di predisporre la prova delle spese sostenute durante la trattativa. Si giustifica quindi l’applicazione della regola che limita il risarcimento al danno prevedibile e della regola che prevede una durata lunga della prescrizione (10 anni).

Si sostiene infatti che la limitazione del risarcimento al danno prevedibile si giustifica per il fatto che essa incentiva il creditore di una prestazione a rivelare a controparte l’informazione relativa all’interesse che esso ha alla prestazione, quando questo interesse sia straordinariamente elevato. Diversamente, il creditore, in caso di inadempimento, non otterrà il risarcimento del suo intero danno (il quale era straordinariamente elevato e quindi non prevedibile), ma otterà il risarcimento di una sola parte di esso. In questo modo, il debitore viene messo nella condizione, essendo adeguatamente informato, di valutare il rischio che si assume con l’obbligazione e su questa base di decidere se contrarre ed eventualmente a quali condizioni9.

Analogamente la maggiore durata della prescrizione si giustifica in quei contesti in cui le parti possono predisporre la prova di certi fatti, i quali eventualmente dovranno essere provati in giudizio. La possibilità per le parti di precostituirsi una prova scritta, a sua volta, giustifica

8 K. Larenz, Lehrbuch des Schuldrechts: Allgemeiner Teil, Monaco, 1987, 14 ed, 105; J. Esser e E. Schmidt,

Schuldrecht: Allgemeiner Teil, Heidelberg, 1995, 8 ed, vol I-1, 75-76, 110-111.

9 Per questa argomentazione v. I. Ayres and R. Gertner, Filling Gaps in Incomplete Contracts: An Economic

Theory of Default Rules, in The Yale Law Journal, 1989, 101-104; L.A. Bebchuk and S. Shavell, Information

and the scope of liability for breach of contract: the rule of Hadley v. Baxendale, in Journal of Law, Economics,

(10)

una durata della prescrizione più lunga, sulla base della considerazione che la prova scritta deperisce con minore velocità di quella testimoniale10.

Si vede quindi come ben può argomentarsi che la responsabilità precontrattuale sia più vicina alla responsabilità contrattuale di quanto non sia vicina alla responsabilità extracontrattuale11. Vi è poi a mio avviso una considerazione ulteriore a favore dell’attribuzione della natura contrattuale alla responsabilità precontrattuale. Le parti di una trattativa complessa possono stabilire mediante una intesa contrattuale quale tra essa debba sostenere il costo di certi investimenti qualora la trattativa dovesse fallire. Analogamente, esse possono imporsi vicendevolmente obblighi di condotta da tenersi durante la trattativa. Ad esempio, le parti di una trattativa possono stabilire l’obbligo di mantenere il segreto su certe informazioni di cui esse siano entrate in possesso durante e a causa delle trattativa. Queste stesse obbligazioni tuttavia possono essere ricavate a posteriori dal giudice attraverso l’interpretazione della clausola generale di buona fede. Una stessa condotta quindi potrebbe essere fonte di responsabilità contrattuale o di responsabilità precontrattuale, a seconda che essa sia stata prevista dalle parti mediante intese precontrattuali, oppure sia stata sanzionata a posteriori dal giudice sulla base dell’obbligo precontrattuale di buona fede. Se si attribuisce alla responsabilità precontrattuale natura extracontrattuale, una stessa condotta sarebbe sottoposta a regole diverse a seconda che si ricada in una delle due ipotesi citate. Mi sembra che un simile risultato non sarebbe razionale.

10 Cfr. A. Iannaccone, Art. 2947: Prescrizione del diritto al risarcimento del danno, in La prescrizione, a cura di

P. Vitucci, vol II, in Il codice civile: Commentario, a cura di P. Schlesinger and A.D. Busnelli, Milano, 1999, 137-138 e F. Roselli and P. Vitucci, La prescrizione e la decadenza, in Trattato di diritto privato, a cura di P. Rescigno, Torino, 1998, 2 ed, vol XX, 559.

11 Favorevoli alla natura contrattuale di questo tipo di responsabilità sono nella dottrina italiana, F. Galgano,

Diritto civile e commerciale, Padova, 2004, vol II-1, 635; F. Benatti, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963, 126-132; L. Mengoni, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, 360.

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Capitolo I

La responsabilità per il fallimento delle trattative

1. La fattispecie

a. Introduzione

Nell’ambito della responsabilità precontrattuale in genere la fattispecie più ricorrente nella pratica è senza dubbio quella del recesso ingiustificato dalle trattative12. La giurisprudenza

costante condanna la parte che ha receduto senza giusta causa da una trattativa, quando questa abbia già raggiunto una certa fase, a risarcire il danno (nella misura dell’interesse negativo) risentito dall’altra parte per avere confidato nella futura conclusione del contratto13. I requisiti richiesti dalla giurisprudenza sono: a) la mancanza di una giusta causa del recesso; b) la ragionevolezza o meritevolezza di tutela dell’affidamento della parte che ha subito il recesso; c) la prova di un danno risarcibile. La giurisprudenza ritiene che l’affidamento sia ragionevole e quindi degno di tutela quando le parti della trattativa abbiano già raggiunto un accordo di massima su tutti gli elementi essenziali del futuro contratto, pur non avendo ancora inteso vincolarsi giuridicamente14.

12 Come riportato da V. Roppo, Il contratto, in G. Iudica e P. Zatti (a cura di), Trattato di diritto privato, Milano,

2001, 180 e F. Vigotti, La responsabilità precontrattuale, in Nuova giur. civ., II, 184.

13 Vedi da ultimo Cass., 10 ottobre 2003, n. 15172 in Mass Foro it., 2003 e Cass., 14 febbraio 2000, n. 1632, in

Giur. it., 2000, 2250.

14 V. Cass., 25 febbraio 1992, n. 2335, in Foro it., 1992, I, 1766; Cass., 22 ottobre 1982, n. 5492, in Giur. it.,

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La dottrina normalmente ritiene, esplicitamente o implicitamente, che questo tipo di responsabilità precontrattuale sia fondato sulla colpevolezza del recedente. Alcuni autori ritengono che la colpa consiste nell’avere indotto la controparte a confidare nella conclusione del contratto15. Altri invece ritengono che colpevole sarebbe, non la creazione dell’affidamento nella controparte, ma la decisione di recedere nonostante questo affidamento16.

Questo inquadramento della responsabilità per recesso ingiustificato dalla trattativa nella responsabilità fondata sulla colpevolezza si spiega anche per il fatto che la responsabilità precontrattuale nel suo insieme viene generalmente identificata con la culpa in contrahendo17.

Tuttavia, ad un più attento esame della giurisprudenza, e attraverso lo strumento della comparazione giuridica, ci si avvede che in realtà questo particolare tipo di responsabilità precontrattuale è indipendente dalla colpa ed è quindi una responsabilità oggettiva18.

A questa responsabilità da recesso indipendente dalla colpa si affianca, operando in modo autonomo e sulla base di presupposti differenti, una responsabilità da recesso basata sulla

15 Così C.M. Bianca, Diritto civile: Il contratto, III, 2 ed., Milano, 2000, 168.

16 Si veda G. Patti, Art. 1337: Trattative e responsabilità precontrattuale, in G. Patti e S. Patti, Responsabilità

precontrattuale e contratti standard, in Commentario Schlesinger, diretto da F.D. Busnelli, Milano, 1993, 73 e H. Stoll, Tatbestände und Funktionen der Haftung für culpa in contrahendo, in Festschrift für Ernst von

Caemmerer, Tübingen, 1978, 449. St. Lorenz, in St. Lorenz e T. Riehm, Lehrbuch zum neuen Schuldrecht, Monaco, 2002, 194, sostiene invece che la colpa risiede nel fatto di avere suscitato prima e deluso poi l’affidamento di controparte.

17 Si veda ad esempio F. Vigotti, La responsabilità precontrattuale, cit., 184 ss.; F. Benatti, Culpa in

contrahendo, in Contratto e impr., 1987.

18 Emblematico il caso esaminato in Cass., 17 giugno 1974, n. 1781, in Temi, 1975, 408, dove una parte aveva

invitato controparte a sostenere delle spese prima della conclusione del contratto. La Corte condanna il ricorrente a risarcire il danno per l’inutilità delle spese sostenute da controparte indipendentemente da ogni indagine circa la colpa del ricorrente, ma per il solo fatto dell’affidamento suscitato dalla lettera.

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prova del dolo o della colpa (la prima denominata anche responsabilità da trattativa maliziosa)19.

Come cercherò di mostrare in questa parte del mio lavoro, la responsabilità precontrattuale fondata sulla prova del dolo o della colpa svolge la funzione preventiva di scoraggiare attraverso la sanzione giuridica del risarcimento del danno le condotte illecite (caratterizzate per definizione da una qualche forma di colpevolezza) che possano caratterizzare la fase antecedente la conclusione di un contratto. Essa opera durante tutto l’arco della trattativa e cioè in ogni sua fase, indipendentemente dal grado di avanzamento della stessa. Anzi si deve ritenere che una condotta illecita rilevante a titolo di responsabilità precontrattuale possa anche verificarsi prima dell’inizio della trattativa vera e propria, quando questa condotta sia funzionalmente diretta a condizionare l’esito della trattativa stessa20. La responsabilità oggettiva da recesso dalle trattative ha invece un campo di applicazione molto più limitato. Essa opera esclusivamente quando la trattativa abbia raggiunto uno stadio molto avanzato, che la giurisprudenza fa coincidere con la determinazione di tutti gli elementi essenziali del contratto, ma che, a mio avviso, sarebbe preferibile fare coincidere con il raggiungimento della certezza pratica della conclusione del futuro contratto21.

Questo rimedio dunque presuppone che la trattativa abbia raggiunto uno stadio oramai prossimo alla conclusione del contratto. Anzi esso presuppone normalmente che la trattativa vera e propria sia esaurita, essendo stato oramai raggiunto l’accordo su tutti gli elementi del

19 Che esistano in realtà due tipi di responsabilità precontrattuale in caso di mancata conclusione del contratto è

già stato rilevato da G. Patti, Art. 1337, cit., 73 (si leggano anche la chiare osservazioni sui due tipi di responsabilità nella pagine immediatamente precedenti). Sulla trattativa maliziosa si veda G. Meruzzi, La

trattativa maliziosa, Padova, 2002.

20 V. Roppo, Il contratto, cit., 176.

21 Come richiesto dalla giurisprudenza tedesca. Cfr. D. Medicus, Schuldrecht I. Allgemeiner Teil, 16 ed.,

Monaco, 2005, 49 e da K. Larenz e M. Wolf, Allgemeiner Teil des bürgerlichen Rechts, 9 ed., Monaco, 2004, 601.

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contratto che siano stati oggetto della trattativa e mancando solo il momento della conclusione. La ristrettezza del campo di applicazione di questo rimedio bilancia in modo opportuno la automaticità del suo operare. Quando la trattativa abbia raggiunto un certo stadio, infatti, il suo fallimento determina la responsabilità di una delle due parti indipendentemente da ogni considerazione sull’elemento soggettivo e salvo solo che detto fallimento non sia dovuto a causa di cui nessuna delle due parti debba rispondere (si dirà allora che il recesso – chiunque ne abbia preso l’iniziativa – era giustificato). Questa automaticità peraltro è anche bilanciata dal fatto che la responsabilità oggettiva della parte che determina il fallimento della trattativa è strettamente limitata all’interesse negativo della controparte, cioè al danno che questa abbia subito per avere modificato la propria posizione confidando sulla futura conclusione del contratto22.

22

La tesi secondo la quale esisterebbero in realtà due tipi di responsabilità precontrattuale per il fallimento della trattativa è sostenuta nella dottrina tedesca tra gli altri da K. Larenz, Lehrbuch des Schuldrechts: Allgemeiner

Teil, 14 ed., Monaco, 1987, 107 s. e C.W. Canaris, Die Vertrauenshaftung im Lichte der Rechtsprechung des

BGH, in 50 Jahre Bundesgerichtshof. Festgabe aus der Wissenschaft, vol. I, Monaco, 2000, 180 ss. K. Larenz,

Lehrbuch des Schuldrechts: Allgemeiner Teil, cit., 108, basa la responsabilità precontrattuale oggettiva sul § 122 BGB il quale prevede la responsabilità oggettiva della parte che sia caduta in errore e che chieda l’annullamento del contratto. C.W. Canaris, Die Vertrauenshaftung im Lichte der Rechtsprechung des BGH, cit., 181, invece non ritiene applicabile il § 122 BGB, dal momento che esso presuppone un affidamento sulla validità di un contratto già concluso, mentre la responsabilità di cui si discute presuppone semplicemente l’affidamento sulla futura conclusione di un contratto. Inoltre il § 122 non spiega la possibilità di recedere dalla trattativa in presenza di una causa di giustificazione. Piuttosto C.W. Canaris ( ivi, 181 s.) sembra fare riferimento ad una analogia

iuris (parla di una libera creazione giurisprudenziale) e richiama i §§ 1298 s. i quali prevedono l’obbligo di risarcire il danno subito dal promesso sposo, dai genitori di questo, o da terzi, consistente nelle spese sostenute e nelle obbligazioni assunte per avere fatto affidamento nella futura celebrazione del matrimonio, salvo che il recesso sia dovuto a giusta causa. Si veda allora l’art. 81 c.c. il quale prevede una disposizione assolutamente analoga, salvo precisare che la promessa di matrimonio deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata – la norma italiana precisa anche che il danno risarcibile è contenuto entro i limiti di corrispondenza con le condizioni delle parti.

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Che esistano in realtà due tipi di responsabilità da recesso dalle trattative lo rivela anche il dibattito circa l’oggetto della tutela di questa responsabilità precontrattuale23. La giurisprudenza costante chiama in causa la tutela dell’affidamento della parte che subisce il recesso nella conclusione del futuro contratto. Parte della dottrina invece sostiene che non ci sia spazio per tutelare questo affidamento, dal momento che il recesso dalla trattativa è libero e quindi qualsiasi affidamento sulla futura conclusione del contratto sarebbe irragionevole e come tale non degno di tutela, e che sarebbe invece più opportuno parlare di tutela dell’affidamento di ciascuna parte nel comportamento corretto della controparte24. A mio

avviso qui si sovrappongo due problemi differenti che vanno invece tenuti distinti. Le parti di una trattativa hanno ragione di fare affidamento sul comportamento corretto della controparte durante la trattativa e cioè che questa non tenga condotte caratterizzate dal dolo o dalla colpa. Questo affidamento sostiene tutta la trattativa sin dal suo inizio ed anzi, come si è detto, non c’è ragione di non sanzionare il comportamento scorretto di una parte (perché doloso o

23

Si veda S.A. Rasi, La responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. civ., 1974, II, 506 (“Che cosa si deve dunque intendere per affidamento quale oggetto della lesione? Di certo non la sicurezza di concludere il contratto o di raggiungere gli eventuali e futuri benefici economici dello stesso, bensì l’oggettiva possibilità di condurre le trattative su di un piano di serietà, parità contrattuale e concludenza ”). Questo autore critica la giurisprudenza che richiede la certezza della futura conclusione del contratto perché vi sia un affidamento tutelabile. La preoccupazione di questo autore è evidentemente di estendere un qualche tipo di tutela anche alla fase iniziale della trattativa (ivi, 507).

24 Oltre a S.A. Rasi, cit. alla nota precedente, v. anche C. Turco, Interesse negativo e responsabilità

precontrattuale, Milano, 1990, 103 ss. In giurisprudenza v. Cass., 28 gennaio 1972, n. 199, in Il foro it., 1972, I, 2088, dove: “appare evidente che il bene tutelato dall’art. 1337 cod. civ. non è quello che la parte si proponeva di conseguire col contratto, ma si pone in un momento anteriore ed è il bene costituito dalla legittima aspettativa non tanto che le trattative giungano a compimento (altrimenti si giungerebbe ad ipotecare l’autonomia negoziale delle parti), quanto che si svolgano lealmente e correttamente su un piano di parità, senza che una parte, per riserve mentali o anche per leggerezza o senza seritetà di intenti, tenga impegnata l’altra in trattative (che non aveva voglia di concludere), precludendole così nel frattempo la possibilità di concludere con altri”. La Cass. cassa la sentenza del giudice a quo (App. Roma, 29 gennaio 1968, inedita), il quale aveva ritenuto legittimo il recesso perché l’esito della trattativa era ancora incerto. La Cass. ritiene invece che può esserci responsabilità anche quando la conclusione del futuro contratto non è certa.

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colposo) anche quando questo si sia verificato prima dell’inizio della trattativa se esso è diretto a condizionare l’esito della stessa. Ciò non toglie però che le parti normalmente facciano anche affidamento sulla futura conclusione del contratto, affrontando spese o trascurando opportunità nella speranza di concludere. Questo affidamento è inizialmente generico, essendo la futura conclusione ancora solamente possibile. Ma ad un certo punto esso si consolida, diventando la futura conclusione del contratto un fatto praticamente certo. Si vede bene dunque che vi sono due affidamenti differenti, o in altre parole due interessi differenti, i quali sono entrambi astrattamente tutelabili dalla legge. Ragione per cui ben potrebbe essere, come a mio avviso avviene nel nostro ordinamento, che vi siano due regimi differenti di responsabilità precontrattuale concorrenti tra di loro, ciascuno dei quali è diretto a tutelare uno di questi due interessi25.

25 Una questione fondamentale consiste nello stabilire se la responsabilità precontrattuale di tipo oggettivo possa

essere ricondotta alla clausola generale di buona fede. La questione ha rilevanza pratica dal momento che la riconduzione al precetto di buona fede potrebbe avere ripercussioni sulla possibilità delle parti di derogare, attraverso un’intesa precontrattuale, a questo tipo di responsabilità. Si veda ad esempio, l’art. 1.7 (2) dei Principi Unidroit a norma del quale le parti non possono escludere o limitare il dovere di buona fede. Una disposizione assolutamente identica si trova anche all’art. 1:201(2) dei Principi Lando. A mio avviso la responsabilità oggettiva per il fallimento delle trattative è riconducibile al principio generale che vieta il comportamento contraddittorio (nemo potest venire contra factum proprium). Così già R. Sacco, in R. Sacco e G. De Nova, Il

contratto, t. 2, in Trattato Sacco, 3 ed., Torino, 2004, 238 e P. Gallo, Responsabilità precontrattuale: la

fattispecie, in Riv. dir. civ., 2004, I, 307 s. Questo principio è espressamente riconosciuto all’art. 1.8 dei Principi Unidroit ed è da questi Principi ricondotto al dovere di buona fede. Vedi il Commento (1) a questa disposizione. Vedi anche il Commento (C) dei Principi Lando. Vedi infine V. Roppo, Il contratto, cit., 496, il quale riconduce il divieto di comportamento contraddittorio al dovere di buona fede. Da questa ricostruzione deduco anche che il divieto di derogare al dovere di buona fede di cui ai Principi Unidroit e Lando deve essere inteso nel senso che le parti non possono derogare “in blocco” ai doveri di cui questa clausola generale si compone. Esse tuttavia devono essere libere di derogare ai singoli doveri. Diversamente la disposizione in discussione porterebbe a risultati assurdi. Soluzione già proposta da V. Roppo, Il contratto, cit., 494 s., con riferimento al dovere di buona fede in generale (quindi sia durante la trattativa che durante l’esecuzione). Una soluzione simile è adottata nello Stato del Delaware in materia di obblighi fiduciari tra le parti di un rapporto societario. V. il Delaware Revised Limited Partnership Act e il Delaware Limited Liability Company Act, e la giurisprudenza relativa, dove si ammette l’esistenza di un obbligo implicito di buona fede tra le parti, si esclude che esse possano escludere

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b. La responsabilità per recesso fondata sulla colpevolezza

La responsabilità precontrattuale fondata sulla colpevolezza è diretta principalmente a prevenire attraverso la sanzione giuridica le condotte illecite (dolose o colpose) tenute da una parte durante le trattative o la formazione del contratto. Essa inoltre svolge la funzione (subordinata alla prima) di compensare il danno subito dalla vittima a causa della condotta illecita26.

La responsabilità precontrattuale fondata sulla colpevolezza non ha l’effetto di determinare una diversa distribuzione del rischio del fallimento della trattativa, rispetto a quella che si sarebbe avuta in assenza di responsabilità. La parte che effettua un investimento prima della conclusione di un contratto agisce a proprio rischio, nel senso che essa non può fare affidamento sul fatto che, qualora la trattativa dovesse fallire, controparte le compenserà le spese e le perdite subite. Nella normalità dei casi infatti il fallimento della trattativa è dovuta a cause indipendenti dalla condotta dolosa o colposa di una parte. Nella normalità dei casi quindi la parte che ha effettuato l’investimento dovrà tenersi il suo danno.

questo obbligo, ma si esclude anche che questo obbligo possa prevalere su di un accordo esplicito tra le parti. Cfr. P.M. Altman e S.M. Raja, Delaware Alternative Entities and Implied Contractual Covenant of Good faith

and fair Dealing Under Delaware Law, in The Business Lawyer, 2005, 1469-1485, in particolare, 1479 s. (“The implied convenant may not override an express contract provision” e “The implied convenant may not be waived”) In altre parole, si impedisce alle parti di derogare in blocco all’obbligo di buona fede, me si consente loro di derogare a specifiche discipline che siano espressione di questo obbligo. Sulla derogabilità dell’obbligo di buona fede v. anche E.A. Farnsworth, Duties of good faith and fair dealing under the Unidroit Principles,

relevant international conventions, and national laws, in Tulane Journal of International and Comparative Law, 1995, 61 ss., il quale, così come è contrario all’affermazione di un obbligo di buona fede durante le trattative (considerato troppo generico), è a maggior ragione contrario alla sua inderogabilità ad opera della autonomia privata.

26 Sulla duplice funzione della responsabilità da illecito si veda P. Trimarchi, Illecito, in Enc. dir., XX, Milano,

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Questa constatazione è importante, a mio avviso, perché consente di ridimensionare l’inconveniente, normalmente attribuito alla responsabilità precontrattuale per fallimento della trattativa, di scoraggiare l’intrapresa di nuove trattative (il c.d. “chilling effect”)27. Se la trattativa è retta esclusivamente da una responsabilità fondata sulla colpevolezza, come a mio avviso avviene nel diritto italiano sino a che non si sia raggiunto lo stadio della certezza pratica della conclusione del contratto, la parte che decide di entrare in una trattativa prevede che, salvo il caso di una propria condotta dolosa o colposa, qualora la trattativa dovesse fallire, essa non riuscirà a recuperare quanto personalmente investito nella trattativa, ma non dovrà risarcire a controparte le spese e le perdite di questa. Le parti ben intenzionate e normalmente diligenti, quindi, non dovrebbero essere scoraggiate dall’intraprendere una trattativa, dal momento che per esse il rischio di incorrere in responsabilità è molto circoscritto28.

Una responsabilità fondata sulla colpevolezza ha invece l’effetto di scoraggiare le parti male intenzionate o normalmente negligenti od imperite dall’intraprendere una trattativa. Per queste infatti il rischio di incorrere in responsabilità è molto più elevato. In generale quindi una responsabilità precontrattuale fondata sulla colpevolezza ha l’effetto, contrario a quello talvolta denunciato, di incoraggiare nuove trattative, dal momento che essa riduce la probabilità che le parti bene intenzionate o normalmente diligenti si imbattano in controparti male intenzionate o normalmente negligenti o imperite29.

27 Cfr. F. Benatti, La responsabilità precontrattuale, cit., 51 ss., in particolare 56. Vedi però l’opera successiva

dello stesso autore citata alla nota seguente. Cfr. anche E.A. Farnsworth, Precontractual Liability and

Prliminary Agreements: Fair Dealing and Failed Negotiations, in Columbia Law Review, 1987, 217 ss.

28 Questo rischio è in pratica limitato all’eventualità di un c.d. lapsus (una momentanea caduta nel livello di

attenzione) o di un errore del giudice, il quale dovesse ritenere sussistente una colpa in realtà assente.

29 Per questa considerazione vedi già M. Bessone, Rapporto precontrattuale e doveri di correttezza, in Riv. trim.

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Vediamo ora alcune tipiche condotte dolose o colpose tenute dalla parte di una trattativa. Cominciamo con la trattativa condotta dolosamente, anche denominata trattativa maliziosa30. Casi tipici, anche se in pratica poco rilevanti, sono quello in cui una parte comincia una trattativa senza avere intenzione di portarla a termine, ma al fine esclusivo di appropriarsi di un bene o di un patrimonio di conoscenze in possesso della controparte31, oppure, al fine esclusivo di sviare la clientela della controparte o di assumerne i dipendenti. Alcune di queste finalità sono lecite di per sé. Ad esempio è lecito cercare di appropriarsi della clientela di un proprio concorrente, dal momento che proprio in questo modo opera il meccanismo concorrenziale, il quale non solo è lecito, ma è anche incoraggiato dall’ordinamento. Allo stesso modo non è illecito di per sé il fare offerte ai dipendenti di un concorrente, dal momento che così si consente ai lavoratori di valorizzare le proprie capacità lavorative e, di nuovo, si consente al meccanismo della concorrenza di operare, premiando le imprese che offrono condizioni di lavoro migliore. Tuttavia possono essere illecite le modalità attraverso le quali sono perseguite questa finalità. Nel nostro caso simulare un interesse a concludere un contratto al solo fine di raggiungere uno di questi scopi costituisce certamente un illecito, il quale viene sanzionato dall’ordinamento attraverso la responsabilità precontrattuale32.

Il recesso colposo invece si verifica quando una parte per leggerezza o scarsa professionalità induce la controparte a ritenere che le probabilità di concludere il futuro contratto siano maggiori di quante esse non siano in realtà, in questo modo inducendola a sostenere delle

Enc. giur., XXVII, Roma, 1991, ad vocem, 3. V. più di recente O. Ben Shahar, Contracts Without Consent:

Exploring a New Basis for Contractual Liability, in University of Pennsylvania Law Review, 2004, 1850.

30 G. Meruzzi, La trattativa maliziosa, cit.

31 La malizia può anche consistere nel far credere alla controparte che la futura conclusione sia certa al fine

esclusivo di indurla a svolgere una attività. Vedi ad esempio Cass., 13 luglio 1968, n. 2521, in Foro it., 1968, I, 2454, dove la convenuta aveva indotto la controparte a svolgere lavori di straordinaria manutenzione su di un immobile di sua proprietà dato in affitto alla controparte, facendole credere che il contratto sarebbe stato rinnovato, ma avendo già accordi per affittarlo ad un terzo.

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spese o ad abbandonare delle opportunità alternative che altrimenti non avrebbe sostenuto o non avrebbe abbandonato33. Altro caso ipotizzabile di recesso colposo si ha quando una parte decide di abbandonare una trattativa, cosa di per sé lecita, ma ometta di informarne la controparte, la quale effettua nuove spese o perde nuove occasioni nella falsa credenza che la trattativa in questione non sia ancora fallita34.

c. La responsabilità per recesso di tipo oggettivo

Si è detto che la responsabilità per colpa non ha la capacità di determinare una distribuzione del rischio diversa da quella originariamente data in assenza di responsabilità35. Senza

responsabilità ciascuna parte agisce a proprio rischio. Le spese sostenute e gli investimenti fatti durante le trattative rimangono definitivamente a carico della parte che li ha sostenuti, qualora la trattativa fallisca. Se invece la trattativa ha un buon esito, di essi si tiene conto al momento della determinazione del regolamento contrattuale (ad esempio, nella determinazione del prezzo). La sola responsabilità precontrattuale fondata sulla colpa non muta significativamente lo stato delle cose. La parte che decide di effettuare una spesa o un investimento non può fare affidamento sul risarcimento in caso di fallimento della trattativa, dal momento che normalmente la condotta della controparte è esente da colpa. Si deve considerare infatti che nella normalità dei casi il recesso è lecito, essendo il compimento di illeciti una eccezione. Solo una minima parte delle miriadi di trattative condotte ogni giorno finisce nelle aule dei tribunali. Una buona parte di esse invece non conduce alla conclusione

33 Cass., 4 ottobre 1948, n. 1667, in Giur. it, 1949, I, 1, 296. 34

Cfr. G. Patti, Art. 1337, cit., 74.

35 Vedi invece M. Bessone, Rapporto precontrattuale e doveri di correttezza, cit., 974, seguito da numerosi

autori successivi, il quale attribuisce alla responsabilità precontrattuale la funzione di distribuzione del rischio del fallimento della trattativa, senza distinguere tra responsabilità fondata sulla colpevolezza e responsabilità oggettiva.

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di un contratto. Di norma quindi ciascuna parte sostiene in forma definitiva il costo proprio della trattativa e solo in via eccezionale questi costi vengono risarciti da una parte all’altra. Diversamente, la responsabilità oggettiva opera con frequenza molto maggiore ed entro certi limiti36 la parte che sostiene un investimento può fare conto sul fatto che in caso di fallimento della trattativa per causa che non le sia imputabile e che sia invece imputabile alla controparte il costo della trattative le verrà risarcito.

Naturalmente la responsabilità oggettiva non deve essere intesa come responsabilità assoluta. Questo significa che una certa parte del rischio insito in ogni trattativa rimane a carico di ciascuna parte indipendentemente dalla causa del fallimento. Questo concetto può essere espresso anche dicendo che sino a che la trattativa non sia entrata in una certa fase (la fase finale) ciascuna parte agisce a proprio rischio. Se la trattativa fallisce per qualsiasi ragione, senza che sia stato commesso un illecito del tipo esaminato sopra, ciascuna parte sostiene le proprie spese ed il rischio di perdere quanto investito. In questa fase l’affidamento nella futura conclusione del contratto non è degno di tutela37.

La responsabilità oggettiva comincia ad operare invece solo quando la trattativa abbia raggiunto una certa fase evidentemente ritenuta sufficientemente avanzata. La giurisprudenza italiana fa coincidere questa fase con il momento in cui siano stati individuati (determinati o resi determinabili con certezza) tutti gli elementi essenziali del contratto. La giurisprudenza tedesca fa invece coincidere l’inizio di questa fase con il momento in cui le parti hanno la

36 Si vedano le limitazioni al danno risarcibile nella parte relativa ai rimedi.

37 Cfr. H. Stoll, Tatbestände und Funktionen der Haftung für culpa in contrahendo, cit., 446. Nella

giurisprudenza italiana v. Cass., 6 marzo 1992, n. 2704, in Giur. it., 1993, 1560, dove l’affermazione ha però valore di un obiter dictum, dal momento che la responsabilità precontrattuale viene affermata. Si trattava di un caso in cui il venditore di un bene immobile, dopo avere dato il proprio consenso telefonicamente, si è rifiutato di stipulare il preliminare. V. anche Cass., 13 marzo 1996, n. 2057, in Foro it., 1996, I, 2065; Cass., 25 febbraio 1992, n. 2335, in Foro it., 1992, I, 1766; Cass., 28 gennaio 1972, n. 199, in Foro it., 1972, I, 2088.

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certezza pratica della conclusione del futuro contratto38. Solo a partire da questo momento l’affidamento nella conclusione del futuro contratto è considerato degno di tutela. Normalmente questi due momenti (il momento in cui sono stati individuati tutti gli elementi essenziali del futuro contratto e quello in cui ci sia la certezza pratica della futura conclusione) coincidono. Tuttavia, in alcuni casi questa coincidenza manca. Ad esempio, la giurisprudenza italiana opportunamente nega la responsabilità precontrattuale quando le parti, pur avendo raggiunto un accordo su tutti gli elementi essenziali del contratto, si siano riservate un certo periodo di tempo per decidere se concludere il contratto39. In questo caso

manca, al momento del recesso, la certezza pratica della conclusione del futuro contratto, pur essendo stati determinati tutti gli elementi essenziali dello stesso. Oppure, in direzione opposta, la giurisprudenza afferma la responsabilità precontrattuale per recesso dalla trattativa anche quando gli elementi essenziali del contratto non siano ancora stati determinati. Si tratti di casi in cui, pur non essendo ancora stati determinati tutti gli elementi essenziali, la futura conclusione del contratto era oramai data per certa40.

Sembra quindi più corretto dire che l’affidamento nella conclusione del futuro contratto diviene degno di tutela solo a partire dal momento in cui vi sia la certezza pratica della futura conclusione. In questo modo si individua un criterio che può essere utilizzato in tutti i casi di

38 Vedi la giurisprudenza citata da D. Medicus, Schuldrecht I. Allgemeiner Teil, 16 ed., Monaco, 2005, 49 e da

K. Larenz e M. Wolf, Allgemeiner Teil des bürgerlichen Rechts, 9 ed., Monaco, 2004, 601.

39 Trib. Milano, 5 maggio 1997, in Foro it., 1998, I, 601.

40 Vedi Cass., 14 febbraio 2000, n. 1632, in Giur. it., 2000, 2250 (rinnovo contratto di locazione dato per certo,

ma determinazione del canone – elemento essenziale – rinviata a nuovo accordo), Trib. Milano, 4 giugno 2003, in Giur. it., 1874 (contratto preliminare di società di capitali concluso senza il rispetto della forma prescritta dalla legge e senza l’indicazione del capitale sociale considerato essenziale dalla giurisprudenza) e Trib. Palermo, 17 ottobre 2002, in Gius, 2003, 3, 336. Nega la responsabilità precontrattuale per non essere ancora stati determinati gli elementi essenziali Cass., 22 ottobre 1982, n. 5492, in Giur. it., 1984, I, 1, 1199 (con nota di A. Fusaro – nella fattispecie però non era stata provata l’esistenza di un danno).

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mancata conclusione del contratto, nonostante la trattativa abbia già raggiunto uno stadio molto avanzato.

Il fatto che le parti abbiano raggiunto un accordo su tutti gli elementi essenziali del futuro negozio invece può valere come indice che faccia ritenere, eventualmente insieme ad altri atti o fatti, che vi sia oramai la certezza pratica della futura conclusione. Altri atti o fatti normalmente presi in considerazione dalla giurisprudenza italiana sono, ad esempio nel caso di vendita di immobile, il pagamento del prezzo o l’immissione nel possesso o ancora l’avere effettuato una certa spesa per migliorare il bene evidentemente confidando nel fatto di diventarne proprietario41. Si può discutere se, perché l’affidamento diventi degno di tutela e

quindi la responsabilità oggettiva cominci ad operare, sia necessario il compimento di uno di questi atti o il realizzarsi di uno di questi fatti, oppure se sia sufficiente la mera condizione psichica della raggiunta certezza pratica della futura conclusione. A mio avviso l’accertamento di questa condizione psichica costituisce il criterio fondamentale per distinguere tra investimenti e spese che devono essere risarciti in caso di recesso senza giusta causa e investimenti e spese che invece ciascuna parte ha sostenuto a proprio rischio e che non vanno quindi risarciti, se non provando che essi non sarebbero stati sostenuti se non fosse intervenuto l’illecito della controparte42. D’altra parte è chiaro anche che questa condizione

41 Trib. Napoli, 30 aprile 1984, n. 3877, in Dir. giur., 1984, 1010 (vendita di immobile; accordo raggiunto

oralmente; manca la forma scritta; pagato il prezzo; modificato il bene nell’interesse dell’acquirente; immissione nel possesso); Trib. Napoli, 15 novembre 1975, in Temi, 1978, 243 (vendita di immobile; accordo raggiunto oralmente; manca la forma scritta; pagato il prezzo; responsabilità negata perché manca la prova di un danno); Trib. Napoli, 23 dicembre 1971, in Giur. merito, 1973, I, 587 (vendita di immobile; accordo orale mai perfezionato; mancano atti di esecuzione; responsabilità precontrattuale negata perché manca l’affidamento, oltre alla prova del danno). Una curiosità: gran parte delle sentenze che affermano, nei fatti, una responsabilità oggettiva per affidamento nella futura conclusione del contratto sono di giudici partenopei. Faggella, che per primo in Europa ha scritto di responsabilità oggettiva per affidamento, era Presidente della Corte d’Appello di Napoli.

42 L’adozione di un criterio il quale fa riferimento alla condizione psichica delle parti non sarebbe peraltro nuovo

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psichica va accertata sulla base di una ricostruzione degli elementi oggettivi del caso concreto, quali ad esempio i comportamenti delle parti anche successivi al fallimento della trattativa, sulla base della ovvia considerazione che il giudice non può entrare nella testa delle parti in causa43.

Peraltro il compimento di un qualche atto di esecuzione o preparatorio della stessa vale non solo come indice esteriore del fatto che oramai si era raggiunta la certezza pratica della futura conclusione, ma è necessario anche perché sussista il requisito dell’esistenza di un danno risarcibile44. Normalmente la parte più significativa del danno da affidamento nella futura

conclusione del contratto consiste non tanto nelle spese della trattativa, quanto nel fatto di avere effettuato un investimento significativo per predisporre o iniziare l’adempimento ovvero, ad esempio, per valorizzare il bene oggetto della trattativa nella convinzione di diventarne presto proprietario.

Alcuni autori hanno sostenuto che l’affidamento della parte che subisce il recesso nella conclusione del futuro contratto non sarebbe mai degno di tutela di per sé, e cioè anche quando manchi un illecito della controparte, dal momento che essa avrebbe potuto tutelarsi da sé attraverso la stipulazione con la controparte di un’intesa precontrattuale45. Una simile intesa potrebbe avere il contenuto più diverso in funzione delle circostanze del caso concreto. La parte interessata a dare attuazione anticipata al rapporto potrebbe ad esempio pretendere dalla controparte una proposta irrevocabile. Tuttavia una simile proposta, che avrebbe un che si deve indagare la comune intenzioni delle parti. Al c. 2 questa disposizione aggiunge che a questo fine occorre valutare il comportamento complessivo delle parti anche posteriore all’esecuzione del contratto.

43 Cfr. G. Patti, Art. 1337, cit., 61 ss. 44

Trib. Napoli, 23 dicembre 1971, in Giur. merito, 1973, I, 587, dove la responsabilità precontrattuale per recesso ingiustificati dalle trattativa viene negata perché, mancando atti di esecuzione, non viene data la prova né dell’affidamento della futura conclusione, né del danno.

45 D. Medicus, Schuldrecht I. Allgemeiner Teil, cit., 49. Si veda anche S. Shavell, Foundations of economic

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valore economico analogo a quello di un diritto di opzione, esporrebbe il proponente al rischio di dovere concludere un contratto che egli potrebbe non desiderare, là dove invece l’interesse delle parti potrebbe essere limitato a tutelare la parte che confida nella futura conclusione contro il rischio di perdere l’investimento effettuato, indipendentemente dal conseguimento del profitto sperato dalla esecuzione del futuro contratto. A questo fine sarebbe sufficiente un accordo con cui le parti stabiliscono chi debba sostenere, in caso di fallimento della trattativa, il costo delle spese e delle perdite sostenute confidando nella futura conclusione del contratto. Si tratta quindi di un accordo che non vincola alla conclusione del futuro contratto, come è il caso del contratto preliminare o della proposta irrevocabile, ma che ha ad oggetto più modestamente un obbligo di risarcimento limitato a certe spese46.

A questa tesi si obietta che nella pratica la parte che ha interesse ad anticipare l’esecuzione del contratto è spesso nella condizione economica o psicologica di non potere pretendere dalla controparte la stipulazione di una simile apposita intesa precontrattuale47. Si tratta infatti di situazioni in cui la conclusione del futuro contratto è data per certa da entrambe le parti in buona fede. La richiesta di una intesa precontrattuale per tutelarsi contro il rischio, percepito come remotissimo, se non inesistente, di una mancata conclusione del futuro contratto, potrebbe facilmente in alcuni contesti portare al fallimento della trattativa, perché potrebbe essere intesa come un segnale di scarsa fiducia nelle buone intenzioni della controparte48. In

46 Su queste intese precontrattuali, sempre più diffuse nella partica, v. R. Speciale, Contratti preliminari e intese

precontrattuali, Milano, 1990; F. Benatti, Sulla natura ed efficacia di alcuni accordi precontrattuali, in

Contratto e impr., 1994, 1101; P. Canepa, Dichiarazione d’intenti in Digesto civ., V, Torino, 1989, 329.

47 C.W. Canaris, Die Vertrauenshaftung im Lichte der Rechtsprechung des BGH, cit., 181; R. Singer,

Vertrauenshaftung beim Abbruch von Vertragsverhandlungen, in Kontinuität im Wandel der Rechtsordnung.

Beiträge für Claus-Wilhelm Canaris zum 65. Geburtstag, Monaco, 2002, 154 s. E si veda il caso del rapporto tra privato e p.a. trattato nel prossimo capitolo.

48 Cfr. Cass., 14 febbraio 2000, n. 1632, in Giur. it., 2000, 2250, dove il locatore di un immobile aveva raggiunto

un accordo orale con il proprietario per il rinnovo del contratto ad un certo canone. Alla richiesta da parte del conduttore di mettere il tutto per iscritto, il proprietario aveva dichiarato: “che non aveva mai rovinato nessuno e

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altri contesti invero questo potrebbe non verificarsi, ad esempio dove il contratto sia negoziato da professionisti e quindi da soggetti che trattano in modo impersonale (spesso su interessi non propri) e comunque abituati a gestire le emozioni che possono influenzare negativamente l’esito di una trattativa. Tuttavia anche in questi casi una regola che rende superflua una simile intesa precontrattuale avrebbe il pregio di semplificare la trattativa evitando alle parti l’onere di raggiungere un simile accordo. Peraltro una simile regola non sarebbe vincolante, ben potendo le parti riservarsi una decisione finale, in questo modo rendendo palese che l’esito favorevole della trattativa non è ancora certo49. Anche là dove entrambe le parti

dovessero dare per praticamente certo l’esito favorevole della trattativa, una simile riserva avrebbe l’effetto di chiarire che sino al momento della conclusione del contratto ciascuna parte investe a proprio rischio.

La possibilità di stipulare un accordo precontrattuale appositamente diretto a regolare i rapporti tra le parti in caso di fallimento della trattativa peraltro fornisce un argomento ulteriore a favore della soluzione normalmente adottata nei diversi ordinamenti che limita l’operare dalla responsabilità oggettiva alle sole trattative che abbiano raggiunto la fase finale. Prima di questa fase può esistere un interesse comune a che una delle due parti effettui un certo investimento il quale andrebbe perduto in caso di fallimento della stessa50. Ad esempio,

che era una persona civile”. Confidando nella conclusione del futuro contratto, il conduttore aveva sostenuto ingenti spese per rinnovare il locale. In seguito il proprietario aveva chiesto un canone maggiore di quello originariamente concordato (c.d. hold up - tipico esempio di comportamento opportunistico).

49 Cfr. Cass., 5 agosto 2004, n. 15040, in Danno e resp., 2005, 597, con nota di P. Pardolesi; Trib. Milano, 5

maggio 1997, in Foro it., 1998, I, 601.

50 Cfr. L.A. Bebchuck e O. Ben-Shahar, Precontractual reliance, in The Journal of Legal Studies, 2001,

423-457, i quali analizzano da un punto di vista economico l’interesse delle parti di una trattativa ad effettuare investimenti durante tutto l’arco della stessa, senza distinguere tra diversi stadi in cui essa può essere suddivisa. Questo modello economico è stato poi sviluppato ed applicato ad alcune dottrine giuridiche da O. Ben-Shahar in alcuni studi successivi: “Agreeing to Disagree”: Filling Gaps in Deliberately Incomplete Contracts, in

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quando la trattativa per l’acquisto di un’azienda o di un ramo d’azienda è ancora in corso il potenziale acquirente potrebbe avere interesse ad assumere nuovo personale, per cominciare il periodo di addestramento, oppure ad ordinare una certa fornitura in un momento di mercato particolarmente favorevole. In questo caso si deve ritenere che la parte interessata ad effettuare anticipatamente un simile investimento avrebbe la possibilità di tutelarsi da sé chiedendo alla controparte di stipulare un apposito accordo precontrattuale.

d. La mancanza di una giusta causa del recesso

Un elemento essenziale della teoria della responsabilità precontrattuale su basi oggettive consiste nel requisito dell’assenza di una giusta causa del recesso51. In assenza di un simile

requisito negativo la responsabilità oggettiva del recedente sarebbe spinta sino a limiti innaccettabili. Il recedente ad esempio dovrebbe rispondere anche quando il suo recesso sia stato causato dalla condotta illecita della controparte. Il che sarebbe assurdo52.

Il requisito dell’assenza di una giusta causa del recesso serve dunque a delimitare la sfera del danno (o del rischio se si guarda al danno ex ante) di cui debba farsi carico il recedente. Si

51 Giusta causa del recesso sussiste ad esempio quando vengano acquisite nuove informazioni negative sulla

condizione finanziaria di controparte. Diversamente la parte sarebbe esposta al rischio di non ricevere la controprestazione o che questa venga in seguito revocata da un creditore di controparte. Cfr. Trib. Udine, 22 aprile 1996, in Resp. civ. prev., 1996, 985, il quale nega che sussista la giusta causa di recesso, ma ammette in un

obiter dictum che l’insolvenza della controparte può giustificare il recesso dalla trattativa anche dopo che si sia verificato l’affidamento. Nella specie l’effettiva sussistenza dell’insolvenza di controparte non era stata dimostrata. Vedi anche Trib. Cremona, 6 giungo 1991, in Foro padano, 1992, I, 453, dove si ritiene giusta causa del recesso l’essere venuta meno, dopo la fine delle trattativa, ma prima che venisse concluso il contratto, la copertura assicurativa del credito (situazione analoga a quella precedente, nel senso che aumenta il rischio di essere pagato alla scadenza a causa di un fattore non conosciuto durante la trattativa).

52 Questo elemento manca invece nella teoria di Ben Shahar, oopp. ult. cit., e lo espone così alle critiche, a mio

avviso pienamente condivisibili, di R.J. Mann, Contracts-Only with Consent, in University of Pennsylvania Law

Review, 2004, 1873-1902, il quale mette bene in evidenza come durante una trattativa possano emergere nuove informazioni le quali rendano pienamente giustificato un recesso.

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può dire che nel campo precontrattuale il requisito negativo della giusta causa svolga una funzione assolutamente analoga a quella svolta nel campo contrattuale dal requisito negativo della impossibilità non imputabile della prestazione, al fine di definire la sfera del rischio che grava sul debitore.

Ad una prima riflessione (la questione meriterebbe uno studio ben più approfondito di quello compatibile con l’oggetto di questo lavoro) si può dire che il recedente è tenuto a risarcire il danno negativo causato dal suo recesso quando la causa del fallimento della trattativa sia una causa di cui egli debba rispondere, ovvero quando essa sia dovuta alla sua colpa o ad altro fatto o atto che rientri nella sua sfera di controllo e di cui egli debba rispondere a titolo oggettivo. Messa in questi termini però la questione sarebbe meglio espressa dicendo, non che il recedente risponde quando il suo recesso sia senza giusta causa, ma piuttosto che risponde la parte cui sia imputabile il fallimento della trattativa, indipendentemente da quale parte abbia poi preso l’iniziativa del recesso53.

Si spiega così perché la giurisprudenza tenga responsabile la controparte del recedente quando essa abbia dato causa al recesso con la propria condotta ovvero quando sia divenuta nota una circostanza attinente alla sfera di questa che giustifichi il recesso della controparte54.

i. La ricezione di un’offerta più conveniente

Un caso molto delicato e di grande interesse teorico si verifica quando una parte receda da una trattativa dopo che questa abbia ricevuto un’offerta migliore55. Occorre premettere che

53 Così già la migliore dottrina: R. Sacco, in R. Sacco e G. De Nova, Il contratto, cit., II, 239; V. Roppo, Il

contratto, cit., 182.

54

Vedi ad esempio Trib. Napoli, 30 aprile 1984, n. 3877, in Dir. giur., 1984, 1010. Nella specie la parte cui viene accordato il risarcimento del danno era receduta dalla trattativa dopo avere appreso che il venditore non era il vero proprietario dal bene. Errata mi sembra invece la decisione in Trib. Roma, 18 maggio 1979, in Giur.

comm, 1982, II, 544, dove viene negata la responsabilità della parte che aveva causato il fallimento della trattativa, perché l’inziativa del recesso era stata presa da controparte.

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