Attraverso il risarcimento dell’interesse positivo, la giurisprudenza amministrativa mira in questa materia a mettere il privato danneggiato nella stessa posizione in cui egli si sarebbe trovato se la p.a. non avesse adottato il provvedimento illegittimo.
Il risarcimento del danno per equivalente non è necessario quando il ricorrente abbia conseguito la reintegrazione in forma specifica e quando questa sia stata integrale. Questo avviene, ad esempio, quando il concorrente illegittimamente escluso viene riammesso alla gara, oppure quando la gara illegittimamente annullata viene tempestivamente ripetuta193.
193 Non entro qui nella questione, ancora oscura, se la riparazione in forma specifica in diritto amministrativo
possa essere ordinata dal giudice amministrativo, ovvero se essa possa solo essere disposta autonomamente dalla p.a. Su questa questione cfr. in giurisprudenza Cons. di Stato, sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3338, in Dir. proc.
amm., 2003, 208, con nota di A. Travi, la quale esclude il potere del giudice amministrativo di ordinare la reintegrazione in forma specifica, sia a fronte di una attività vincolata che, a maggior ragione, a fronte di una attività discrezionale della p.a. Conformi a questa fondamentale sentenza sono Cons. di Stato, sez. VI, 3 aprile 2003, n. 1716, in Urb. e app., 2003, 928, con nota di M. Gentile e A. Varlaro Sinisi e Cons. di Stato, sez. V, 15 marzo 2004, n. 1280, in Urb. e app., 2004, 606. In dottrina cfr. Virga, La reintegrazione in forma specifica, in
Dir. proc. amm, 2000, 322; R. Chieppa, La reintegrazione in forma specifica nel diritto amministrativo: tutela
risarcitoria o azione di adempimento, in Resp. civ. prev., 2003, 3; A. Travi, Processo amministrativo e azione di
risarcimento del danno: il risarcimento in forma specifica, in Dir. proc. amm., 2003, 994; M. Clarich, Tipicità
Spesso tuttavia la reintegrazione in forma specifica non è integrale, nel senso che essa non è da sola sufficiente a cancellare il danno. Questo può accadere, ad esempio, perché il ricorrente si è trovato per un certo periodo di tempo in una situazione di incertezza circa l’esito della controversia e ha dovuto per questa ragione affrontare delle spese. In simili casi il ricorrente può chiedere che la p.a. sia condannata a pagare una somma sufficiente a risarcire il danno che residua nonostante l’annullamento del provvedimento e la ripetizione della gara o la riammissione alla stessa194.
In altri casi ancora la reintegrazione in forma specifica non è possibile, ovvero essa sarebbe troppo onerosa per la p.a.195 In questi casi il privato che ha subito il provvedimento illegittimo
della p.a. può chiedere solo il risarcimento del danno per equivalente196.
194 Cfr. M. De Palma, Il risarcimento del danno in forma specifica, in R. Garofoli, G.M. Racca, M. De Palma,
Responsabilità della p.a. e risarcimento del danno innanzi al giudice amministrativo, Milano, 2003, 589 s.
195 Non è possibile, ad esempio, l’aggiudicazione dell’appalto, quando essa richieda valutazioni di tipo
discrezionale, le quali sono riservate alla p.a. Cfr. TAR Puglia, Bari, 17 maggio 2001, n. 1761, in Urb. e app., 2001, 1226, con nota di S. Cattaneo. Si ritiene anche che l’aggiudicazione non sia possibile quando la prestazione sia già stata integralmente eseguita dal primo illegittimo aggiudicatario. Cfr. Cons. di Stato, sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, in Riv. trim. appalti, 2003, 411, con nota di E. Giardino (in particolare il punto 3.4.1.); T.A.R. Puglia, n. 1761/2001, cit. Per la definizione di eccessiva onerosità della reintegrazione in forma specifica cfr. Cons. di Stato, sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169, in Urb. e app., 2001, 757 (in particolare § 14), con nota di P. Gallo. Aderisce T.A.R. Lazio, sez. III ter, 13 febbraio 2003, n. 962, in Urb. e app., 2003, 597, con nota di C. Mucio.
196 Cfr. M. De Palma, Il risarcimento del danno in forma specifica, cit., 590 s.; R. Di Giulio, La quantificazione
del danno: tecniche di liquidazione, in F. Caringella e M. Protto (a cura di), La responsabilità civile della p.a., Bologna, 2005, 352 ss. Significativa a questo proposito è la direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e lavori (GU L 395, 33), il cui art. 2, n. 6, comma 2, stabilisce che “salvo nel caso in cui una decisione debba essere annullata prima della concessione di un risarcimento danni, uno Stato membro può prevedere che, dopo la stipulazione di un contratto in seguito all’aggiudicazione dell’appalto, i poteri dell’organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione”. Su questa disposizione cfr. Corte di Giustizia CE, 28 ottobre 1999, causa C-81/98 (Alcatel Austria), in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 2000, 479 ss. Il legislatore italiano ha opportunamente sfruttato questa possibilità, escludendo la reintegrazione in forma specifica, con risoluzione del contratto stipulato illegittimamente con la prima
Ai fini del calcolo del danno, di cui il concorrente vittima del provvedimento illegittimo della p.a. può chiedere il risarcimento, si distingue a seconda che esso avesse la certezza pratica di vincere la gara, ovvero avesse semplicemente una certa probabilità di vittoria.
Nel primo caso (certezza pratica della vittoria) il concorrente può chiedere il risarcimento, a titolo di interesse positivo, di tutto il profitto che egli avrebbe realizzato dall’esecuzione dell’appalto197. Questa somma è data dalla differenza tra il compenso promesso, come eventualmente ribassato all’esito della gara, e il costo di esecuzione dell’appalto. Le spese necessarie per la realizzazione dell’opera non devono essere risarcite, dal momento che esse sono state risparmiate, non avendo l’appalto avuto esecuzione198. La giurisprudenza utilizza al
fine del calcolo del lucro cessante il criterio del 10 percento del valore dell’appalto di cui all’art. 345 della legge 2248 del 1865, all. F, che è quanto la p.a. deve pagare all’appaltatore nel caso in cui essa decida di recedere dal contratto dopo la sua conclusione199.
aggiudicataria, e prevedendo il solo rimedio del risarcimento del danno per equivalente a favore del ricorrente, relativamente alle procedure per la realizzazione di infrastrutture e insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale (art. 14, comma 2, d. lgs. 190/2002, in attuazione dell’art. 1, comma 2, lett. n., della legge delega 21 dicembre 2001, n. 443). Critico di questa disposizione è invece M. De Palma, Il risarcimento del
danno in forma specifica, cit., 570, nota 73.
197 Giurisprudenza costante. Tra le molte, cfr. Cons. di Stato, sez. V, 8 luglio 2002, n. 3796, in Giust. amm.,
2002, 813.
198 Andranno invece risarcite le spese sostenute per dare inizio all’esecuzione, se l’esecuzione dell’appalto era
già stata cominciata.
199 Cfr. anche l’art. 122 (Recesso dal contratto e valutazione del decimo) del d.P.R., 21 dicembre 1999, n. 554,
Regolamento di attuazione della l. 109/94 (Legge quadro sui lavori pubblici “Merloni-ter”) che, al primo comma, riproduce il disposto dell’art. 340 l. 2248/1865 All. F. Cfr. inoltre l’art. 37-septies della l. 109/94, introdotto con l. 415/1998 e relativo al project financing. Cfr. infine l’art. 134 dello schema di d.lgs. sul “Codice
dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture”, di riordino della disciplina degli appalti pubblici, approvato dal Consiglio dei Ministri il 13 gennaio 2006. Tutte queste disposizioni fanno riferimento al criterio del 10 percento che deve essere inteso come una presunzione relativa circa la misura del mancato guadagno dalla esecuzione dell’opera. Da una parte, quindi, il ricorrente può dimostrare che il suo profitto sarebbe stato superiore al 10 percento del valore dell’appalto. Cfr. G. Racca, La quantificazione del danno subito dai
partecipanti alle gare per l’affidamento di appalti pubblici, in Dir. amm., 1998, 163 e R. Di Giulio, La
Il ricorso per analogia a questa disposizione si spiega proprio sulla base della considerazione che in entrambi i casi viene risarcito l’interesse positivo. Si noti tuttavia la seguente differenza fondamentale tra il contesto del recesso della p.a. dal contratto di appalto già concluso e il contesto del provvedimento della p.a. che ha impedito la conclusione del contratto. Dopo la conclusione del contratto la parte che subisce il recesso della p.a. ottiene il risarcimento dell’interesse positivo anche quando il recesso è pienamente legittimo. Prima della conclusione del contratto invece la parte che subisce il provvedimento di esclusione deve provare che esso era illegittimo, se vuole ottenere il risarcimento dell’interesse positivo. Si discute inoltre se la vittima del provvedimento illegittimo possa chiedere, oltre al risarcimento del mancato guadagno, anche il risarcimento, a titolo di danno emergente, delle spese che essa ha sostenuto per partecipare alla gara200. Il problema non è di facile soluzione. Da una parte, infatti, potrebbe sostenersi che, con l’aggiudicazione e l’esecuzione dell’appalto, il ricorrente avrebbe conseguito quanto necessario, oltre a realizzare un certo profitto, anche a compensarlo di tutti i costi sostenuti, sia per la partecipazione alla gara, che per l’esecuzione dell’appalto. In questo senso, il 10 percento del valore dell’appalto (i.e. del corrispettivo), rappresentando il solo mancato guadagno, non lo metterebbe nella stessa posizione in cui egli si sarebbe trovato se non avesse subito il provvedimento illegittimo, dal momento che non gli consentirebbe di recuperare le spese di partecipazione alla gara da lui effettivamente sostenute. Dall’altra parte, però, potrebbe anche sostenersi che il pagamento stato inferiore a quella misura. Si osservi inoltre che vi è incertezza circa la determinazione della base di calcolo cui applicare la percentuale del dieci. Non è chiaro se essa debba essere determinata in concreto, guardando al valore dell’appalto come ribassato all’esito della gara, ovvero in astratto, guardando ai quattro quinti del valore dell’appalto depurato del ribasso, come previsto per il caso del recesso della p.a. dal contratto dall’art. 22, comma 2, del d.P.R. 554/1999.
200 Favorevoli al risarcimento di queste spese sono G.M. Racca, Gli elementi della responsabilità della p.a. e la
sua natura giuridica, in Responsabilità della pubblica amministrazione e risarcimento del danno, cit., 220, e M. De Palma, La responsabilità nelle gare d’appalto, ivi, 1235.
del 10 percento del valore dell’appalto sarebbe diretto non solo a risarcire il mancato guadagno, ma anche a risarcire tutti i costi sostenuti dall’appaltatore, diversi dai costi diretti di esecuzione dell’appalto. In questo senso sembra deporre la disposizione di cui all’art. 345 della legge 2248 del 1865, all. F, la quale, in tema di recesso della p.a. dal contratto di appalto, limita quanto dovuto all’appaltatore al pagamento “dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell’importare delle opere non eseguite”, con esclusione quindi dei costi di partecipazione alla gara, il cui compenso è verosimilmente ricompresso nel pagamento delle opere già eseguite e del decimo delle opere non eseguite. Nel caso invece in cui il ricorrente non possa o non riesca a provare che avrebbe vinto la gara con certezza, ma riesca invece a provare che avrebbe vinto la gara con una certa probabilità, egli può ottenere il risarcimento di un danno pari al profitto che avrebbe conseguito dall’esecuzione dell’appalto moltiplicato per la probabilità di vittoria (c.d. perdita di chance)201. E quindi, ad esempio, se il profitto che egli avrebbe conseguito sarebbe stato pari a 100 e la probabilità di vincere la gara fosse stata pari al 50 percento, egli potrebbe chiedere, a titolo di risarcimento del lucro cessante, il pagamento di una somma pari a cinquanta202.
201 Sulla perdita di chance in generale cfr. M. Rossetti, Il danno da perdita di chance, in Riv. giur. circol. e
trasp., 2000, 662; A. De Cupis, Il risarcimento della perdita di un “chance”, in Giur. it., 1986, I, 1, 1181; A.M. Princigalli, Perdita di “chances” e danno risarcibile, in Riv. critica dir. privato, 1985, 315; F.D. Busnelli,
Perdita di una “chance” e risarcimento del danno, in Foro it., 1965, IV, 47.
202 Si sostiene che il ricorrente possa chiedere, oltre al risarcimento di una parte del profitto che egli avrebbe
realizzato qualora egli avesse dato esecuzione all’appalto, anche il risarcimento delle spese che egli ha sostenuto per partecipare alla gara. In questo senso R. Garofoli, Il risarcimento per equivalente, in Responsabilità della
p.a. e risarcimento del danno, cit., 685. A rigore però anche il risarcimento di queste spese – ammesso che sia dovuto – dovrebbe essere moltiplicato per la probabilità di vittoria. Solo in caso di vittoria infatti il ricorrente avrebbe recuperato quanto investito nella partecipazione alla gara.
Anche in questo caso, il risarcimento del danno per equivalente delle chance perdute non è ammesso se vi è stata, o è ancora possibile, la reintegrazione in forma specifica del patrimonio del ricorrente attraverso la ripetizione della gara o la riammissione ad essa203. L’applicazione pratica della dottrina della perdita di chance è ancora caratterizzata da numerose incertezze204. In particolare nella materia degli appalti pubblici si discute se il ricorrente debba provare che in assenza del provvedimento illegittimo egli avrebbe vinto la gara con una probabilità superiore al 50 percento, ovvero se sia sufficiente che egli avesse una probabilità, anche inferiore al 50 percento, ma comunque determinabile a posteriori e sufficientemente seria. Ad esempio, non è chiaro se il ricorrente che sia stato escluso da una gara cui partecipavano altri quattro concorrenti, e dove la probabilità di vincere di ciascuno era (in assenza di altre informazioni) pari al 20 percento, possa chiedere il risarcimento del 20 percento del profitto che egli avrebbe realizzato dall’esecuzione dell’appalto205.
Si deve comunque ritenere che al di sotto di un certo grado di probabilità (sia esso il 50 percento - come sembra essere attualmente – oppure inferiore), ovvero quando le probabilità di vittoria non possano essere calcolate a posteriori, il concorrente vittima del provvedimento illegittimo non possa chiedere, a titolo di risarcimento della chance perduta, il pagamento di una parte del profitto che essa avrebbe conseguito dall’esecuzione dell’appalto. L’obiettivo qui è di non incentivare azioni giudiziali contro la p.a. non adeguatamente sorrette da un danno reale e significativo.
Anche in questi casi tuttavia mi sembra corretto ritenere che il concorrente possa almeno chiedere il risarcimento delle spese e delle perdite subite per avere partecipato alla gara da cui
203
Cfr. Cons. di Stato, n. 6281/2001, cit., (in particolare il punto 3.3.).
204 Cfr. in particolare le considerazioni critiche di M. Rossetti, cit., e di A.M. Princigalli, cit.
205 In giurisprudenza prevale l’orientamento favorevole ad escludere il risarcimento della perdita di chance
quando essa era inferiore al 50 percento. Cfr. nella materia dell’impiego pubblico, analoga a quella di cui si discute, Cass., 19 dicembre 1985, n. 6506, in Foro it., 1986, I, 383, con nota A.M. Princigalli.
è stato illegittimamente escluso, ovvero che è stata illegittimamente annullata (interesse