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Definizione di simultaneit` a

Nel documento APPUNTI DI FISICA 2 (pagine 170-174)

5Il tempo, fino ad Einstein, non ha mai ricevuto una definizione operativa; si `e sempre assunto che la nostra esperienza quotidiana, in cui gli eventi accadono uno ‘dopo’ l’altro, bastasse a renderne intuiti-vamente chiaro il concetto. Il contributo di Einstein sta appunto nell’aver messo in luce che, in fisica, l’intuito non `e un criterio di verit`a: tutto ci`o a cui si vuole attribuire un senso fisico, e quindi una realt`a, deve poter essere misurato e non solo intuito.

Se io, di notte, vedo due fulmini cadere in due punti A e B e affermo: ‘i due fulmini sono caduti simul-taneamente’ che senso posso dare a questa espressione? Si badi bene. Se due eventi accadono nello stesso luogo e se io, osservatore, mi trovo in quel luogo, posso certamente testimoniare della loro contempo-raneit`a. Ma se i due eventi non accadono nello stesso luogo come posso essere certo che essi avvengono simultaneamente? Per vedere quanto la situazione sia delicata, si consideri il seguente esperimento ideale che mette in luce le difficolt`a nella nozione di simultaneit`a. Si supponga che due osservatori vedano cadere due fulmini nei punti A e B; l’osservatore O1sia in moto verso B mentre O2sia fermo; si suppon-ga inoltre che nell’istante t0 in cui i due fulmini cadono O1 ed O2 si trovino entrambi nel punto medio di AB. Con riferimento alla figura 1.3, all’istante t1 la luce emessa dal fulmine caduto in B raggiunge

O1; all’istante t2 le luci emesse dai due fulmini raggiungono O2; all’istante t3 la luce emessa dal fulmine caduto in A raggiunge O1 Quindi per l’osservatore fermo i due fulmini cadono simultaneamente, mentre

A B O1 O2 t0 A B O1 O2 t1 A B O1 O2 t2 A B O1 O2 t3

Figura 1.3: L’esperimento ideale.

per l’osservatore in moto no. Si vede quindi che la nozione di simultaneit`a presenta dei problemi quando la si consideri da due sistemi di riferimento in moto relativo.

Per fare qualche passo avanti conviene analizzare meglio il concetto di simultaneit`a. Occorre innanzi tutto distinguere fra simultaneit`a nello stesso luogo e simultaneit`a di eventi spazialmente separati. Nel primo caso non si tratta propriamente di simultaneit`a ma piuttosto di identit`a: due eventi che accadono nello stesso luogo e nel medesimo istante sono lo stesso evento.

5La presente esposizione segue abbastanza fedelmente l’esposizione originaria del lavoro del 1905 di Einstein: Annalen

der Physik serie 4, XVII, pagina 891. E stata tenuta presente anche la discussione sulla simultaneit`` a svolta da Hans Reichenbach nel suo saggio Philosophie der Raum-Zeit-Lehre.

1.2. DEFINIZIONE DI SIMULTANEIT `A. 163

Quindi `e qui rilevante solo il caso di eventi spazialmente separati. Per rendere pi´u evidenti effetti che al-trimenti risultano impercettibili (bench´e sempre presenti) si far`a riferimento a eventi lontani; con questo aggettivo intendo eventi la cui separazione spaziale sia molto maggiore delle dimensioni di un corpo umano.

Si chiede quindi di determinare se due eventi lontani sono simultanei. Si consideri per esempio il caso in cui il rumore di un tuono sia da me percepito nell’istante in cui le lancette del mio orologio segnano le 20.50. Vi `e quindi simultaneit`a fra la mia percezione e una certa posizione delle lancette. Ma questo istante non `e l’istante in cui si `e prodotto il tuono. Per conoscere l’istante di produzione del tuono occorre conoscere informazioni fisiche aggiuntive, segnatamente la velocit`a del suono in aria e la distanza da me a cui l’evento che ha dato origine al suono si `e verificato.

Si potrebbe usare il lampo, ma anche questo, bench´e estremamente pi´u veloce del suono, percorre la stessa distanza in un certo tempo finito. Sono cos´ı arrivato alla seguente conclusione.

Il confronto temporale fra eventi distanti `e possibile solo se un segnale unisce i due eventi e se sono note la velocit`a del segnale e i due eventi.

Supponendo di poter misurare la distanza in questione con un regolo metrico si tratta di misurare la velocit`a del segnale. Si supponga che questo segnale parta dal punto A all’istante tA e arrivi in B all’istante tB, allora la velocit`a `e semplicemente data dal quoziente

AB tB− tA

. (1.8)

Per far ci`o `e necessario eseguire misure di tempo in luoghi diversi e ci`o pu`o essere fatto mediante orologi posti in A e in B che siano stati sincronizzati prima della misura. Questo per`o presuppone la possibilit`a di stabilire la simultaneit`a di eventi distanti.

Evidentemente questo `e un ragionamento circolare: per determinare se due eventi sono simultanei `e ne-cessario conoscere la velocit`a di un segnale che li collega e per misurare questa velocit`a `e necessario essere in grado di stabilire se due eventi sono simultanei.

La soluzione trovata da Einstein `e stata di usare un solo orologio senza bisogno di stabilire la sincroniz-zazione di eventi lontani. Per cominciare egli decise di utilizzare come segnale la luce, in quanto, come visto sopra, la sua velocit`a `e la stessa in ogni sistema di riferimento e non dipende dalla velocit`a della sorgente. Quindi Einstein diede la seguente definizione di simultaneit`a.

Si supponga che nel punto A all’istante tA1 (misurato mediante l’orologio in A) venga emesso un raggio di luce verso B; il raggio di luce venga poi riflesso da un specchio posto in B verso A all’istante tB (misurato mediante l’orologio in B) e ritorni in A all’istante tA2 (misurato mediante l’orologio in A). I due orologi si definiscono sincronizzati se vale

tB− tA1= tA2− tB = tB=1

2(tA1+ tA2) . (1.9)

Una tale definizione implica l’assunzione che la velocit`a della luce nei due versi di percorrenza sia la stessa. Questo `e garantito dal principio di costanza della velocit`a della luce (si veda in particolare l’osservazione 2 che segue l’enunciato).

Questa definizione di simultaneit`a consente di sincronizzare orologi lontani posti in qualsiasi punto dello spazio. In altre parole `e stato definito operativamente un tempo in ogni punto mediante orologi tutti sincronizzati fra di loro e quindi `e stata definita operativamente la simultaneit`a nel sistema di riferimento stazionario, che come detto sopra, viene indicato convenzionalmente con K.

per sincronizzare orologi di osservatori in movimento (vedi sotto) proprio perch´e la velocit`a della luce, come osservato in precedenza, `e indipendente dallo stato di quiete o di moto dell’osservatore. Questo, sia

chiaro, `e il motivo per cui viene utilizzata la luce per mandare segnali e non, ad esempio, il suono, un se-gnale trasmesso lungo filo elettrico o altro: tutti questi diversi segnali hanno una velocit`a di propagazione che dipende dallo stato di moto dell’osservatore (si veda anche la successiva nota 2).

Si vuole ora stabilire se due eventi che, in base al criterio ora individuato, siano simultanei in un certo sistema di riferimento lo siano anche in un diverso sistema che sia in moto rettilineo ed uniforme con velocit`a V rispetto al primo. A tale scopo `e necessario premettere una discussione sulla misura delle lunghezze.

Si supponga che un vagone ferroviario fermo sulla linea ferroviaria, cio`e fermo nel sistema K, venga misurato mediante un regolo graduato e risulti avere lunghezza l0. Si supponga poi che il vagone venga messo in movimento con velocit`a V . Si chiede di determinarne nuovamente la lunghezza. Si pu`o pensare di agire in due modi:

a. stando sul vagone, e quindi nel sistema di riferimento in moto (che, come detto sopra, viene indicato

convenzionalmente con K) si effettua la misura con un regolo graduato identico al precedente; b. stando lungo la linea ferroviaria, cio`e nel sistema K, per mezzo di orologi dislocati lungo il percorso

del vagone, che siano stati precedentemente sincronizzati con il metodo discusso sopra, si determina in quali punti si trovano le estremit`a del vagone in un dato istante; poi, mediante il solito regolo graduato, si misura la distanza dei punti cos´ı trovati; si veda anche la successiva osservazione 1. Il metodo a consiste nella determinazione della lunghezza del vagone fermo in K; per il principio di

relativit`a quindi la misura ottenuta deve essere l0.

Il metodo b invece fornisce la misura della lunghezza del vagone in moto con velocit`a di modulo V (per la propriet`a di isotropia dello spazio ci si aspetta che non possa dipendere dalla direzione della velocit`a); si denoti tale lunghezza con lV. Si immagini che alle estremit`a A e B del vagone in movimento siano

A B x A(tA1) x B(tA1) t A1 A B x A(tB) x B(tB) t B A B xA(tA2) xB(tA2) t A2

Figura 1.4: Sincronizzazione degli orologi in K.

1.2. DEFINIZIONE DI SIMULTANEIT `A. 165

orologi collocati lungo la linea, e tutti sincronizzati fra loro, essi segnino il medesimo tempo. In questo modo gli orologi in A e in B, essendo sincronizzati con ogni orologio del sistema K, risultano, in K, pure sincronizzati fra loro. Si chiede se, facendo uso della definizione di simultaneit`a data sopra, se questi orologi siano sincronizzati anche rispetto al sistema K (vedi figura 1.4). Sia pertanto t

A1l’istante (misurato in A mediante un orologio sincronizzato in K) in cui un raggio luminoso parte da A verso B e sia tB l’istante (misurato in B mediante un orologio sincronizzato in K) in cui esso viene riflesso in B. La posizione del punto B in ogni istante a partire dall’istante tA1 `e data da

xB(t) = xB(tA1) + V (t− tA1) , (1.10) mentre la posizione del raggio di luce `e

xL(t) = xA(tA1) + c(t− tA1) . (1.11) Si `e indicato con tBl’istante in cui la luce raggiunge il punto B quindi all’istante tBil punto B e il raggio di luce si trovano nello stesso punto, cio`e vale

xB(tB) = xL(tB) = xB(tA) + V (tB− tA1) = xA(tA1) + c(tB− tA1) , (1.12) da cui si ottiene tB− tA1=xB(tA1)− xA(tA1) c− V = lV c− V , (1.13)

ove lV `e la lunghezza dell’asta determinata con il metodo b nell’istante tA1. Dopo la riflessione in B il raggio raggiunge nuovamente A nell’istante tA2(misurato in A mediante un orologio sincronizzato in K). La posizione del punto A in ogni istante a partire da tB `e quindi

xA(t) = xA(tB) + V (t− tB) , (1.14) mentre la posizione del raggio di luce `e

xL(t) = xB(tB)− c(t − tB) . (1.15) `

E stato indicato con tA2 l’istante in cui la luce raggiunge A quindi, analogamente a quanto appena visto, vale xA(tA2) = xL(tA2) = xA(tB) + V (tA2− tB) = xB(tB)− c(tA2− tB) , (1.16) da cui si ottiene tA2− tB= xB(tB)− xA(tB) c + V = lV c + V , (1.17)

ove lV`e ancora la lunghezza dell’asta determinata col metodo b, questa volta all’istante tB. Confrontando le equazioni (1.13) e (1.17) `e chiaro che non `e rispettata la condizione di sincronizzazione (1.9), quindi gli orologi posti alle estremit`a del vagone e sincronizzati in K non sono sincronizzati in K.

Osservazioni

1. `E bene insistere sul fatto che per il principio di relativit`a, i metodi a e b descritti sopra per la misura della lunghezza del vagone, devono dare il medesimo risultato qualunque sia il sistema di riferimento dal quale la misura viene effettuata. In particolare, con riferimento al metodo a, la misura d`a come risultato l0 sia che io, da K, misuri il vagone fermo in K, sia che, da K, (e quindi sul vagone)

misuri il vagone fermo in K. Allo stesso modo, con riferimento al metodo b, la lunghezza l

V del

vagone in moto con velocit`a V (pi´u precisamente con il modulo della velocit`a uguale a V ), deve essere la stessa in K come in K, quindi sia che il vagone sia fermo in K e sia misurato da K, sia

che sia fermo in K e misurato da K: in entrambi i casi infatti il vagone `e visto muoversi con la

2. Nello scrivere le equazioni (1.11) e (1.15) si sta implicitamente utilizzando il postulato di costanza

della velocit`a della luce, si sta infatti supponendo che il suo modulo sia indipendente dalla velocit`a della sorgente.

3. Si osservi che le equazioni (1.13) e (1.17) possono essere riscritte nella forma

tB− tA1=lV c

Nel documento APPUNTI DI FISICA 2 (pagine 170-174)