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TRADURRE IL LINGUAGGIO METAFORICO

2.1 Definizione della metafora

Nell‟immaginario comune, la metafora rappresenta principalmente il frutto dell‟estro poetico di scrittori e oratori, che scelgono di utilizzare la retorica per abbellire i loro testi ed eloqui. Tuttavia, il proliferarsi di studi critici sul «tropo “per eccellenza”»146 avvenuto negli ultimi anni, mostra come questa figura non sia più unicamente legata al linguaggio letterario e svela come essa appartenga alla quotidianità di ognuno di noi.

Secondo il teorico e linguista George Lakoff, la metafora non deve essere intesa come uno strumento raro ed eccezionale del linguaggio ma come parte integrante sia dell‟idioma che del pensiero e delle azioni umane. Egli afferma infatti che, nonostante «la plupart des gens pensent qu‟ils peuvent très bien se passer de

145 G. D

E VINSAUF, cit. in M. PRANDI, La métaphore: de la définition à la

typologie, in Nouvelles approches de la métaphore, «Langue française», n°134,

Paris, Larousse, 2002, p. 10.

146 C. C

ACCIARI, La metafora: da evento del linguaggio a struttura del

pensiero, in A.A.V.V., Teorie della metafora: l'acquisizione, la comprensione e l'uso del linguaggio figurato, a cura di C. Cacciari, Milano, R. Cortina ed.,

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métaphores […] notre système conceptuel ordinaire, qui nous sert à penser et à agir, est de nature fondamentalement métaphorique»147.

E‟ interessante citare lo studio empirico condotto dallo psicologo americano Howard Pollio, il quale, sostenuto da un‟équipe di colleghi, ha dimostrato che la metafora non è un mero ornamento stilistico presente in letteratura, ma è una componente preponderante nella comunicazione umana. Questi studiosi hanno stimato infatti che i parlanti di una lingua in una settimana producono mediamente settemila espressioni idiomatiche e tremila nuove metafore148. Queste ultime, unite alle altre figure retoriche utilizzate da un comune parlante, costituiscono, come ricorda Cristina Cacciari nel suo testo intitolato Teorie della metafora, «un totale di circa 21 milioni di figure retoriche proferite nel corso di una vita media»149.

Ed è proprio per questa sua costante presenza non solo nella letteratura ma anche nella vita reale, che il fenomeno della metafora ha da sempre appassionato gli studiosi delle più svariate discipline, dalla retorica alla linguistica, dalla filosofia alla psicanalisi, fino ad arrivare, negli ultimi trent‟anni, a generare una vera e propria

147 G. L

AKOFF,M.JOHNSON, Les métaphores de la vie quotidienne, Paris, Les

édition de minuit, 1985, p. 13.

148 Cfr. H.R. P

OLLIO,J.BARLOW,H.J.FINE,M.POLLIO,The Poetic of Growth:

Figurative Language in Psychoteraphy and Education,Hillsdale, New Jersey, Laurence Erlbaum Associated, 1977, pp. 8-9: «[…] Taking this value as a possible unit means that speakers would use about an average of 1.80 novel and 4.08 frozen figures per minute. Further multiplications gives values of 108 and 245 per speaking hour, and although it is not known how many hours per day people speak, the rate for a 4-hr speaking day would be 432 and 980, respectively. The comparable values would be 3,024 novel and 6,860 frozen figures per week».

149 C. C

ACCIARI, La metafora: da evento del linguaggio a struttura del

pensiero, in A.A.V.V., Teorie della metafora: l'acquisizione, la comprensione e l'uso del linguaggio figurato, op. cit., p. 3.

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fiumana di teorie in ambito traduttologico, evidentemente a causa delle sue innumerevoli implicazioni linguistiche e culturali150.

Il nostro studio è appunto dedicato ai problemi e agli interrogativi che emergono dalla traduzione di un linguaggio fortemente metaforico, come lo è quello di Jean Giono. Tuttavia, prima di affrontare l‟analisi delle metafore nella pratica traduttiva, sembra necessario delineare da un punto di vista teorico le caratteristiche e le funzioni delle metafore, che potremmo simbolicamente considerare «nos outils de travail»151, strumenti indispensabili per le nostre future argomentazioni.

Quando si parla di metafora, uno dei problemi più spinosi è proprio quello della sua definizione. Moltissimi studiosi si sono pronunciati su questa figura retorica e sarebbe impresa impossibile, nonché improduttiva, elencarli tutti. E neppure è nostra intenzione dare una nuova definizione di metafora. Cercheremo invece di elaborare una sintesi delle principali e più autorevoli voci che hanno affrontato l‟argomento nel corso del tempo, dimostrando che, nonostante le definizioni proposte siano anche notevolmente diverse tra loro, esiste comunque un denominatore comune alla base di tutte queste teorie, utile a cogliere il fulcro di questa figura retorica tanto discussa.

Il dibattito sulla nozione di metafora è antico di secoli. Basti pensare che il termine “metafora” risale all‟età classica: in greco

150 Cfr. E. M

ONTI, Translating The Metaphors We Live By, in «European

Journal of English Studies», vol. 13, n° 2, August 2009, London, Routledge, p. 208: «The translatability of metaphors has been the object of heated debate in translation studies since the 1980s, because of the density of the linguistic, cultural and cognitive elements simultaneously in play».

151 A. G

ASMI, La Traduction des métaphores de l'arabe classique et populaire

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metaphora, significa “trasposizione”, dall‟unione di “meta”, cioè

“al di là”, “oltre”, e “phora”, ovvero “portare”.

Tale concetto di «transfert de sens»152 è alla base della più antica definizione della metafora, punto di partenza per tutti gli approfondimenti a venire, contenuta nella Poetica di Aristotele: «La métaphore est l‟application à une chose du nom qui lui est étranger par un glissement ou du genre à l‟espèce, de l‟espèce au genre, de l‟espèce à l‟espèce, ou bien selon un rapport d‟analogie»153.

I testi del famoso oratore greco hanno influenzato teorici e scrittori nei secoli successivi fino ai giorni nostri, imponendo schemi e regole difficili da rompere. La tradizione retorica seguente, infatti, riprenderà l‟idea di “glissement”, cioè di passaggio di significato, ma porrà l‟accento principalmente sulla nozione di “analogia”, considerata invece da Aristotele solo come una delle possibili prerogative che un tropo deve possedere per essere considerato una metafora.

A distanza di parecchio tempo dall‟età classica, la definizione di metafora che ritroviamo nel Petit Robert suona così: «Figure de rhétorique, et PAR EXT. Procédé de langage qui consiste à employer

un terme concret dans un contexte abstrait par substitution analogique, sans qu‟il y ait d‟élément introduisant formellement une comparaison. […] “Une source de chagrin”, “un monument de bêtise” sont des métaphores»154.

152 F. C

ALARGE, La métaphore entre Ricœur et Derrida, <http://www.info-

metaphore.com>.

153 A

RISTOTE, Poétique, Paris, Le Livre de Poche Classique, 1995, p. 118.

154 Le Nouveau Petit Robert, dictionnaire alphabétique et analogique de la langue française, Paris, Dictionnaires Le Robert, éd. 2002.

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Stando alle sopraccitate definizioni di metafora, si evince che «la figura retorica principe»155 si fonda su due termini che intrattengono rapporti di analogia. Per esempio, se volessimo descrivere simbolicamente il coraggio di qualcuno, diremmo una frase del genere: “Quell‟uomo è un leone”. L‟analogia tra l‟uomo e il leone è resa dal ruolo che il leone riveste nella simbologia animale, cioè della fiera più audace e coraggiosa che esista.

In realtà, tale conclusione sembra essere quanto mai affrettata e riduttiva. Infatti, se la metafora è costruita attorno all‟analogia tra due elementi, i rapporti che questi ultimi intrattengono non sono sempre espliciti poiché entra in gioco la connotazione, come sostengono i teorici Ducrot e Todorov nel loro

Dictionnaire Encyclopédique des Sciences du Langage:

«Métaphore: emploi dans un sens ressemblant à, et cependant différent de son sens habituel»156. I due studiosi riportano poi il seguente esempio: «Le remords dévorant s‟éleva dans son cœur»157, dove il verbo “dévorer” è utilizzato ovviamente in senso figurato.

E‟ necessario dunque distinguere, quando ci si trova davanti una metafora, un significato letterale e uno figurato degli elementi che la compongono. Parlare di significato letterale vuol dire prendere in considerazione ciò a cui le singole parole si riferiscono. Come afferma il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein, «le parole del linguaggio denominano oggetti, le proposizioni sono

155 S. C

IGADA, Per un‟analisi contrastiva delle figure retoriche, in A.A.V.V.,

Analisi comparativa Francese/Italiano: ricerca linguistica-insegnamento delle lingue, Atti del 1 congresso internazionale del Do.Ri.F.-Università, Marina di

Grosseto 6, 7, 8 ottobre 1988, a cura di Enrico Arcaini, Padova, Liviana, 1989.

156 D. D

UCROT, T. TODOROV, Dictionnaire Encyclopédique des Sciences du

Langage, Paris, éd. Seuil, 1972, p. 354. 157 Ibidem.

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connessioni di tali denominazioni. Ogni parola ha un significato. Questo significato è associato alla parola. È l‟oggetto per il quale la parola sta»158. Per comprendere l‟analogia tra “remords” e “dévorer”, cioè, bisogna allontanarsi dal significato denotativo del verbo («1. Manger en déchirant avec les dents»159) e cercare tra le sue varie connotazioni quella che ci permette di cogliere correttamente la metafora, e cioè «7. Faire éprouver une sensation pénible, un trouble violent à (qqn) → consumer, ronger, tourmenter»160.

Umberto Eco scrisse che «chi fa metafore, letteralmente parlando mente Ŕ e tutti lo sanno»161.

Anche in questo caso, l‟espressione “le remords dévorant” risulterà falsa nel suo significato letterale ma verrà accettata come metafora, in quanto il suo interprete, in seguito ad una riflessione su che cosa leghi i due soggetti implicati e apparentemente discordanti, le attribuirà una verità metaforica162.

A questo punto, ammettendo che la costruzione metaforica ruota attorno alla distinzione tra un senso base e uno figurato dei termini che la compongono, possiamo affermare che la sua comprensione dipende profondamente dall‟interpretazione che ne

158 L. W

ITTGENSTEIN, Ricerche filosofiche (1953), tr. it. e a c. di M. Trinchero,

Torino, Einaudi, 1967, p. 9.

159 Le Nouveau Petit Robert, dictionnaire alphabétique et analogique de la langue française, op. cit.

160 Ibidem. 161 U. E

CO, Semiotica e filosofia del linguaggio, Torino, Einaudi, 1984, p. 144.

162 Cfr. S. C

ORTESE, Il contenuto della metafora Ŕ Immagine, esperienza e

verità, in “Leitmotiv Ŕ 4” , 2004 , <http://www.ledonline.it>, p. 51:

«Prendiamo subito in considerazione un esempio molto semplice di metafora: “l‟uomo è un lupo”. Constatiamo che si tratta di una affermazione che non coincide con la realtà dei fatti. Si riterrà l‟espressione falsa nel suo significato letterale, ma la si dovrà accettare in quanto espressione metaforica, ragion per cui le si attribuirà una verità in qualità di metafora».

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facciamo, affidandoci alle nostre conoscenze linguistiche e culturali, nonché alle credenze e ai luoghi comuni suggeriti dal contesto in cui la metafora è espressa.

Ed è proprio per questo motivo che la metafora è stata considerata come «le plus élaboré des tropes»163 poiché «[…] le passage d‟un sens à l‟autre a lieu par une opération personnelle fondée sur une impression où une interprétation et celle-ci demande à être trouvée sinon revécue par le lecteur»164.

In seguito a suddette considerazioni, possiamo affermare che definire una metafora come una figura retorica basata semplicemente sull‟analogia tra due termini messi a confronto non sembra essere sufficiente a riconoscerne la complessità. Anzi, è proprio la nozione di “analogia” ad essere stata affrontata e ridefinita nel corso degli anni da molteplici studiosi, i quali prendono le distanze dalla definizione aristotelica del celebre tropo.

Come sostiene lo studioso Olivier Reboul, infatti, «Il y a métaphore quand on condense l‟analogie, en omettant d‟exprimer certains de ses termes. […] Toutefois la métaphore est plus qu‟un simple raisonnement par analogie»165.

Se analizziamo la metafora “Quell‟uomo è un leone”, infatti, notiamo come i due soggetti che vengono associati appartengano a due campi semantici totalmente differenti, essendo il primo una persona e il secondo un animale. La vicinanza di questi due termini sembrerebbe illogica ma è proprio quest‟apparente incongruenza a

163 A. G

ASMI, La Traduction des métaphores de l'arabe classique et populaire

en français, op. cit., p. 25. 164 Cfr. B. D

UPRIEZ, in A. GASMI, La Traduction des métaphores de l'arabe

classique et populaire en français, op. cit., p. 25. 165 O. R

EBOUL, La figure et l‟argument, in M. MEYER, De la métaphysique à la

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caratterizzare la struttura metaforica166. Riportando le parole di Nanine Charbonnel, possiamo affermare infatti che: «Il n‟y a métaphorisation que s‟il y a rapprochement entre réalités hétérogènes»167.

La metafora, per essere efficace, o “viva”168, attributo assegnatole dal noto studioso Paul Ricoeur, ha assolutamente bisogno di quest‟intrinseca ambiguità, poiché la contraddizione letteraria fa proprio parte della strategia metaforica, dove «le “même” et le “différent” ne sont pas simplement mêlés, mais demeurent opposés»169. Lo stesso Ricoeur afferma inoltre che «La stratégie du langage à l‟œuvre dans la métaphore consiste à oblitérer les frontières logiques et établies, en vue de faire apparaître de nouvelles ressemblances que la classification antérieure empêchait d‟apercevoir»170.

166 Cfr. N. C

HARBONNEL, G. KLEIBER, La métaphore entre philosophie et

rhétorique, Paris, PUF, Linguistique Nouvelle, 1999, p. 102: «À la base de

toute métaphore il y a une transgression de l‟usage ordinaire des termes et combinaisons, en somme un “délit littéral”. Normalement, le terme lion n‟est pas prévu pour être prédiqué d‟un homme (Paul est un lion), de même que japper ne renvoie pas à une action faite par les vagues (Les vagues jappent). Il y a donc quelque chose d‟inconvenant dans les énoncés métaphoriques, qui sert de critère identificatoire partiel dans la plupart des définitions de la métaphore».

167 Ivi, p.33. 168 Cfr. R. L

ANDHEER, La métaphore, une question de vie ou de mort ?, in

Figures du discours et ambiguïtés, «Semen», n. 15, Annales Littéraires de

l‟Université de Franche-Comté, Besançon, 2001-02: «Quant à la métaphore, il est usage de distinguer entre la métaphore vive et la métaphore morte. […] Dans son Traité de stylistique française (193 ssqq), Charles Bally donne comme exemple de ce qu‟il appelle une “image morte” la phrase Vous courez

un grand danger et il la commente ainsi: “il n‟y a plus ni image ni sentiment

d‟image, sinon au point historique; nous sommes dans l‟abstraction pure”. […] Donc, suivant la définition de Bally, une métaphore morte est une figure complètement lexicalisée, dénuée de sa motivation primitive, et dont le sens appartient à un mot polysémique, comme c‟est le cas de courir».

169 P. R

ICOEUR, La métaphore vive, Paris, Seuil, 1975, p. 249.

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L‟analogia sarà cosí il frutto di un ragionamento induttivo che condurrà alla scoperta di una somiglianza tra i due termini della metafora171.

Per comprendere un‟espressione metaforica come “Quell‟uomo è un leone” bisogna insomma riuscire a trovare un terreno comune tra i due elementi che la compongono e, per farlo, è necessario adottare contemporaneamente due diversi punti di vista: quello della similarità e quello della diversità, trovando infine un‟intersezione tra i due172.

L‟idea dell‟unione tra simile e dissimile, nonché la necessità di intraprendere un processo interpretativo per sormontare l‟apparente incoerenza che caratterizza la metafora, hanno portato studiosi e teorici ad allontanarsi sempre di più dalla definizione classica di origine aristotelica di quest‟importante e dibattuta figura retorica. Infatti, secondo il filosofo greco, la metafora è basata sul trasferimento delle peculiarità di un oggetto ad un altro oggetto: una volta trovate le analogie tra i due, il processo di comprensione della metafora può insomma considerarsi compiuto. Ciò presuppone che

171 Cfr. M.D. G

INESTE, Analogie et Cognition, Paris, PUF, 1997, «Psychologie

et Sciences de la Pensée», p. 25: «L‟analogie s‟élabore à partir de deux champs de connaissances bien distincts, représentés à un certain niveau d‟abstraction et dont les “ressemblances” ne pouvaient être envisagées jusqu‟à ce qu‟ait été porté le jugement d‟analogie. Ce jugement d‟analogie est le résultat d‟un raisonnement inductif qui aboutit à poser l‟analogie entre les deux champs concernés».

172 Cfr. C. B

ONNET, J. TAMINE, La compréhension des métaphores chez les

enfants ; une hypothèse et quelques implications pédagogiques, in

« L‟information grammaticale », n. 4, Paris, Baillière, 1982, p.17: «Pour comprendre un énoncé métaphorique du type ce bébé est tout oiseau, il faut être acaule de considérer que ce bébé et un oiseau sont similaires d‟un certain point de vue. Il faut en effet adopter simultanément et conjointement sur ces deux objets deux points de vue différents: le point de vue qui crée la ressemblance et celui qui crée la différence. Il faut construire une intersection entre deux classes, la classe du bébé et la classe concernant l‟oiseau».

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l‟analogia esista a prescindere dalla metafora e che quindi nessun meccanismo interpretativo debba entrare in gioco per svelarla.

La metafora assumerebbe così esclusivamente un valore estetico e di abbellimento della lingua, «poiché essa dice metaforicamente ciò che può essere detto anche letteralmente»173.

Da ciò finora messo in evidenza si evince invece come, al di là della funzione estetica che le viene comunemente riconosciuta, la metafora sia stata considerata col passare degli anni e della «furia tassonomica»174 manifestata nei suoi confronti, come un fenomeno sostanzialmente culturale e cognitivo, che rende indispensabile un processo di «décodage»175, essenziale per fornire un‟interpretazione semantica accettabile176.

Grazie alla metafora, «forme même de la connaissance créatrice qui fait la synthèse du divers et unit semblables et contraires dans une totalité organique vivante»177, i parlanti e i lettori scoprono una realtà linguistica e simbolica in continua ed incessante trasformazione, aprendosi a nuovi innumerevoli modi di classificare l‟esperienza.

173 S. A

MBROSO, A. TRECCI, La traduzione della metafora, in P. PIERINI,

L'atto del tradurre: aspetti teorici e pratici della traduzione, Roma, Bulzoni,

cop. 1999, p. 95.

174 C. C

ACCIARI, La metafora: da evento del linguaggio a struttura del

pensiero, in A.A.V.V., Teorie della metafora: l'acquisizione, la comprensione e l'uso del linguaggio figurato, op. cit., p. 3.

175 J. C

OHEN, Théorie de la figure, in «Communications», n. 16, Paris, Seuil,

1970, p. 21.

176 Cfr. Ibidem: «Toute figure, en fait, comporte un processus de décodage en

deux temps, dont le premier est la perception d‟une anomalie, et le second sa correction, par exploration du champ paradigmatique où se nouent les rapports de ressemblance, contiguïté, etc., grâce auxquels sera découvert un signifié susceptible de fournir à l‟énoncé une interprétation sémantique acceptable».

177 J. M

OLINO, F. SOUBLIN, J. TAMINE, Présentation: problèmes de la

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Quindi, proprio perché nella decifrazione delle metafore viene ampiamente coinvolta la soggettività di colui che la osserva, possiamo affermare che l‟idea di “analogia” non è univoca ma che piuttosto, essendo «à forte dépendance culturelle et, même, individuelle», richiede di fare riferimento alle conoscenze extra- linguistiche del fruitore della metafora.

Dunque, avendo appurato che il concetto di “analogia” si trova alla base di ogni definizione di metafora, dall‟antichità ai giorni nostri, non ci resta che esaminare in cosa consiste questa nozione così discussa secondo i più importanti e influenti teorici, e in che modo si è evoluta nel corso del tempo, in modo da riuscire finalmente a delineare i contorni di una figura retorica tanto affascinante quanto enigmatica come la metafora.