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CAPITOLO 1 LA CARDIOPATIA ISCHEMICA: NOZION

2.4 Il “delay” nelle strategie riperfusive

Già dagli anni ‘90 era stata identificata l’importanza di un approccio rapido al

paziente con IMA 34; il concetto di “golden hour” nell’approccio riperfusivo ha imposto lo studio di procedure sempre più precoci, e dell’ottimizzazione delle tempistiche d’intervento, dall’insorgenza dei sintomi alla risoluzione dell’occlusione coronarica.

Il ritardo tra la comparsa di dolore toracico e l'inizio della terapia di riperfu-

sione era valutato in media di 2,5-3 ore 35. Questo “delay” è composto di tre “fasi” principali: (I) il ritardo decisionale del paziente prima dell’ingresso in ospedale (1,5-3 ore), che è stato ottimizzato a meno di 1 ora tramite program-

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mi di miglioramento dell’informazione del paziente; (II) il ritardo preospeda- liero dei mezzi di soccorso (30-130 min); (III) il ritardo in ospedale.

Dal punto di vista diagnostico, è evidenza scientifica che la diagnosi precoce

di STEMI, può essere ottenuta già in ambito extraospedaliero: seguendo uno

schema diagnostico preciso, composto principalmente dall’esecuzione di un

ECG a 12 derivazioni (anche da personale paramedico) e la sua trasmissione al

centro cardiologico di riferimento, con interpretazione in tempo reale da un

cardiologo addestrato, si può ottenere una diagnosi presuntiva di STEMI già al

letto del paziente, e quindi ridurre drasticamente i tempi per la scelta e l’esecuzione della procedura di ricanalizzazione 36. Dal punto di vista del “de- lay” terapeutico, il triage preospedaliero dei pazienti candidati STEMI è asso- ciato a più brevi tempi di trattamento, a ridotte dimensioni dell’infarto e ad un outcome clinico migliore, specialmente nei casi in cui il centro specializzato

per PCI sia distante 37. Oltre a questo, i dati del PREMIR (German Prehospital

Myocardial Infarction Registry) indicano che la diagnosi di STEMI era corret-

ta nel 90% già in fase extraospedaliera e nel 95% delle fibrinolisi eseguite in quest’ambito, mostrando quindi tempi più brevi e un’elevata accuratezza.38 Nella maggior parte dei casi, i pazienti con IMA sono ricoverati inizialmente

in un ospedale privo delle strutture per la cateterizzazione coronarica, e suc- cessivamente sono trasferiti a un centro medico terziario per l’intervento mec- canico, aggiungendo quindi un ulteriore ritardo per il trasporto tra ospedali. Il

delay intraospedaliero (trasferimenti esclusi) è stato ridotto a circa 20-30 mi-

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sentissero l’accesso rapido in angiografia, formando personale specificatamen- te qualificato e consentendo ai medici di emergenza di amministrare la terapia

trombo litica 39.

Le tempistiche intraospedaliere si traducono, rispettivamente per la trombolisi

farmacologica e la PPCI, in un tempo “door-to-needle” (dall’ingresso all’iniezione del fibrinolitico) ed in un tempo “door-to-balloon” (dall’ingresso all’apertura del palloncino; per il “door-to-needle” si può arrivare fino a 60-90 minuti in ospedali non specializzati, mentre per il “door-to-balloon” fino a 2

ore e più in istituti non specializzati ma con strutture per il cateterismo 35.

Gibson et al. hanno analizzato i dati raccolti dal National Registry of Myocar-

dial Infarction (NRMI) per STEMI dal 1990 al 2006, evidenziando un pro-

gressivo declino nei tempi “door-to-needle” (da 59 minuti nel 1990 a 29 mi- nuti nel 200, P < 0.001) e “door-to-balloon” (da 111 minuti nel 1994 a 79 mi- nuti nel 2006 P < 0.001); tali guadagni di tempo si sono tradotti in una sostan-

ziale riduzione della mortalità (da 7,0% a 6,0% per la fibrinolisi; da 8,6% a

3,1% per la PPCI, P < 0.001)40.

Analizzando sempre i dati dell’NRMI, Ting et al. hanno studiato la relazione tra ritardi maggiori dall’insorgenza della sintomatologia alla presentazione in ospedale e l’uso di una qualsiasi strategia riperfusiva; l’analisi ha rivelato che “delay” maggiori tra sintomi ed accesso all’ospedale si traducevano in una minor probabilità di ricevere una qualsiasi terapia riperfusiva precoce, ed inol- tre i cosiddetti “late presenters” avevano tempi “door-to-needle” e “door-to- balloon” significativamente maggiori 41.

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Per tutte le linee guida più recenti, tra cui l’American College of Cardiology /

American Heart Association, i ritardi sono un problema centrale nel processo

decisionale; tali linee guida indicano un tempo “door-to-needle” ottimale mi-

nore di 30 minuti, ed un “door-to-balloon” minore di 90 minuti42

Tuttavia, i dati dei vari registri indicano che tali obiettivi sono estremamente

difficili da raggiungere; in particolare, i tempi “door-to-balloon” sono spesso

molto più lunghi nella pratica clinica che negli studi randomizzati e controllati,

in quanto il trasferimento dei pazienti per PCI, alcuni fattori locali (condizioni

climatiche, posizione geografica, il personale coinvolto etc.), e le differenti

strategie di gestione possono portare a ritardi 43.

Analizzando sempre i dati dal registro NRMI, è stato dimostrato che solo il

4,2% dei pazienti in corso di PPCI viene trattato nel canonico tempo di 90 mi-

nuti 44. Nonostante i continui sforzi, i dati più recenti del registro GRACE

(Global Registry of Acute Coronary Events) non sono riusciti a documentare

un miglioramento significativo dei ritardi per la terapia riperfusiva tra il 2000

e il 2005. Il delay preospedaliero era leggermente più lungo nell'ultimo perio-

do analizzato (133 min da luglio 2005 a giugno 2006) rispetto al primo (120

min da aprile 1999 a giugno 2000); il tempo dal ricovero in ospedale alla PPCI

o alla fibrinolisi è tuttavia diminuito (da 99 a 80 min per PPCI e da 40 a 34

min per fibrinolisi) 43.

I “delay” sono essenziali anche per determinare la migliore strategia riperfusi- va: la superiorità della PPCI sulla fibrinolisi esiste solo fino a quando il tempo

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che per il semplice approccio fibrinolitico endovenoso. Dalla loro revisione

dei dati del registro NRMI, Pinto et al. hanno trovato che l'equilibrio tra le 2

tecniche riperfusive varia secondo il tempo dall'inizio dei sintomi, della posi-

zione dell’IMA, e dell'età del paziente. La PPCI ha prodotto

risultati migliori rispetto fibrinolisi quando il ritardo aggiuntivo per l’esecuzione della terapia (PCI-related delay) non superava i 114 min di me- dia; tuttavia, il beneficio per la PPCI veniva perso quando il PCI-related delay

era maggiore di 40 min in pazienti di età inferiore ai 65 anni con un infarto

miocardico anteriore presentatisi entro 2 ore dall'inizio dei sintomi, mentre un

PCI-related delay di 179 minuti produceva ancora risultati equivalenti in en-

trambe le tecniche per pazienti oltre i 65 anni di età, con un IMA non anteriore

visto dopo più di 2 ore dall’inizio dei sintomi 45.

Alla luce di queste evidenze, un nuovo accorciamento dei ritardi nella riperfu-

sione è possibile solo portando la terapia dal paziente prima che il paziente

raggiunga l'ospedale: questo concetto ha aperto la strada alla procedura fibri-

nolitica extraospedaliera.