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CAPITOLO 1 LA CARDIOPATIA ISCHEMICA: NOZION

2.6 La strategia riperfusiva migliore: PPCI facilitata e la “rescue PCI”

La completezza e la permanenza della riperfusione non sono sempre raggiunte

con la fibrinolisi; per questo, si è sviluppata l’idea di una PCI “facilitata”, in cui l’angioplastica sarebbe stata eseguita su un vaso già parzialmente ricana- lizzato dalla terapia endovenosa. L’apertura parziale di un vaso infartuato con

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terapia trombolitica può salvare porzioni di miocardio a rischio di necrosi, e

fungere così da trattamento di collegamento con la PCI; infatti, pazienti con

TIMI flow grado 2 o 3 prima della PCI si sono dimostrati avere un eccellente

outcome 67.

Nonostante i deludenti risultati ottenuti col trial PACT 68, i miglioramenti ot- tenuti con l’uso concomitante di terapia antitrombotica e, in particolare, l'uso combinato di aspirina e terapia con tienopiridina e inibitori della glicoproteina

IIb / IIIa, hanno portato a nuovi tentativi riguardo alla PCI “facilitata”; questo

anche alla luce del fatto che nuovi studi avevano evidenziato migliori risultati

alla PCI quando essa veniva eseguita entro le 6 ore 69, ma anche entro le 24 ore 70, dopo la trombolisi. Questi nuovi tentativi sono stati compiuti in 2 direzioni:

migliorare l'efficacia della PPCI, con la somministrazione di terapia fibrinoli-

tica o degli inibitori GP IIb / IIIa in vista della procedura interventistica (la co-

siddetta PCI "facilitata"), o migliorando il risultato della fibrinolisi eseguendo

successivamente la PCI in tutti i pazienti o in casi selezionati.

Un certo numero di studi randomizzati hanno confrontato la PPCI con la PCI

"facilitata" tramite l’uso di trattamenti come fibrinolitici o inibitori GP IIb /

IIIa o entrambi: una meta-analisi pubblicata nel 2006 ha mostrato che, sebbene

più pazienti assegnati alla PCI facilitata avessero avuto un iniziale TIMI flow

di grado 3, non c'era nessuna beneficio clinico rispetto alla PPCI 71. Recente-

mente, la PCI facilitata è stata valutata in 2 studi randomizzati di grandi di-

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lo studio ASSENT-4 PCI (Assessment of the Safety and Efficacy of a New

Treatment Strategy for Acute Myocardial Infarction), confrontava PPCI con la

PCI immediatamente preceduta da Tenecteplase, ed è stato interrotto prematu-

ramente perché sono stati osservati un eccesso di reinfarti nel braccio facilita-

to, questo nonostante il fatto che un numero maggiore di pazienti avesse otte-

nuto la ricanalizzazione dell'arteria occlusa prima della procedura di angiopla-

stica 72.

Due fattori potrebbero spiegare questi risultati: in primo luogo, la terapia anti-

trombotica concomitante potrebbe essere stata insufficiente nel braccio del

trial con Tenecteplase, con l'uso di una bassa dose di eparina e il minimo uso d’inibitori GP IIb / IIIa, e in secondo luogo la PCI era effettuata molto preco- cemente dopo l’esecuzione della fibrinolisi, in una fase in cui la reattività pia-

strinica era ancora elevata; entrambi i fattori potrebbero aver giocato un ruolo

nel tasso di reinfarti eccessivo osservato nel braccio facilitato.

Nello studio FINESSE (Facilitated Intervention with Enhanced Reperfusion

Speed to Stop Events) i pazienti sono stati randomizzati in modo 1:1:1 per

PPCI con Abciximab somministrata direttamente in laboratorio, PPCI facilita-

ta anticipata da Abciximab, o PCI facilitata con metà dose di Reteplase e A-

bciximab 73. Anche se la risoluzione del segmento ST (indice di riperfusione

coronarica) è stata più frequentemente osservata nella PCI facilitata in combi-

nazione, per quanto riguarda l’outcome primario dello studio (morte, fibrilla-

zione ventricolare tardiva, shock cardiogeno o insufficienza cardiaca congesti-

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Lo studio prodotto sui dati del registro AMICO (Alliance for Myocardial In-

farction Care Optimization) analizzava gli effetti di una strategia con fibrinoli-

tico accelerato a dose ridotta, seguito da PCI urgente (FAST-PCI). Confrontata

con PPCI, questa strategia riduce la mortalità (3,8% vs 6,4%, P=0,002) e l’endpoint combinato (morte/reinfarto/TIMI flow prima della PCI/shock) era significativamente minore (5,1% vs 8,9%, P<0.0001), senza aver aumentato il

rischio di stroke o emorragie 74.

Per quanto riguarda la PCI di salvataggio, diversi studi hanno affrontato la questione del beneficio di un’angiografia coronarica e di una PCI dopo tratta- mento fibrinolitico. Lo studio REACT (Rescue Angioplasty versus Conserva-

tive Treatment or Repeat Thrombolysis) ha mostrato che, nei pazienti che ave-

vano risposto alla terapia fibrinolitica, una PCI di salvataggio era migliore di

un approccio conservativo o di un’ulteriore fibrinolisi (18 BASE).

Inoltre, il ruolo della PCI sistematica entro 24 ore dalla fibrinolisi è stato stu-

diato nel trial GRACIA-1 (Grupo de Analisis de la Cardiopatia Isquemica A-

guda) 70, nel trial CAPITAL AMI (Combined Angioplasty and Pharmacologi-

cal Intervention versus Thrombolysis Alone in Acute Myocardial Infarction) 75, il SIAM-III (Southwest German Interventional Study in Acute Myocardial

Infarction) 69, e nel più ampio studio CARESS-in-AMI (Combined Abciximab

Reteplase Stent Study in Acute Myocardial Infarction) 76. In tutti i casi, una

PCI sistematica dopo trattamento fibrinolitico per via endovenosa ha prodotto

risultati migliori rispetto alla gestione conservativa. Il CARESS-in-AMI ha

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standard di angioplastica di salvataggio solo dopo fibrinolisi, con una riduzio-

ne significativa e marcata nell’endpoint primario (morte/reinfarto/ischemia re-

frattaria a 30 giorni) tra i due bracci dello studio (10,7% vs 4,4%, p 0.005) 76.

Recentemente, il TRANSFER-AMI (Trial of Routine Angioplasty and Sten-

ting after Fibrinolysis to Enhance Reperfusion in Acute Myocardial Infarction)

ha arruolato 1.030 pazienti 12 h dopo IMA riceventi terapia fibrinolitica e li ha

assegnati in modo casuale o per il trasferimento per PCI entro 6 ore o per una

strategia che si limitava alla “rescue” PCI, associata ad angiografia elettiva in

quelli che non avevano bisogno di tale intervento di salvataggio. I risultati

primari hanno mostrato che non vi era alcuna differenza nella mortalità tra il

trattamento standard e quello farmacoinvasivo (3,4% vs 4,5%, P=0,39), ma

l'endpoint composito (morte/infarto miocardico/ischemia ricorren-

te/insufficienza cardiaca di nuova insorgenza o in peggioramento/shock cario-

geno) era fortemente a favore della strategia farmacoinvasiva (11,0% vs

17,2%, P=0,004) 77.

Il trial WEST (Which Early ST-segment elevation myocardial infarction The-

rapy) rafforza ulteriormente questo concetto, suggerendo che la rapida appli-

cazione della riperfusione farmacologica, seguita da follow-up con PCI

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