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Le delegazioni dei Musulmani di Russia alla Conferenza della Pace

Organizzazione della tes

2. La fase para-diplomatica (1919-1926)

2.1 Le delegazioni dei Musulmani di Russia alla Conferenza della Pace

Prima di Parigi: iniziative durante la Grande Guerra.

Alcuni attivisti appartenenti alle nazionalità musulmane dell’ex Impero russo arrivarono in Europa occidentale spinti dal desiderio di partecipare alla Conferenza della Pace di Parigi. Nonostante in quel momento l’indipendenza dei loro paesi fosse in qualche caso (p.e. in Transcaucasia) riconosciuta, almeno de facto, dal Consiglio Supremo degli Alleati, nondimeno nessuno di essi fu invitato a partecipare ufficialmente ai dibattiti della conferenza. D’altra parte, la conferenza stessa

costituiva per questi nazionalisti un’opportunità eccellente per cominciare la loro attività come gruppi di pressione all’estero. Questa attività, tuttavia, costituiva un prolungamento di tentativi simili, avviati già al momento delle rispettive dichiarazioni di indipendenza o, in ogni caso, dello scatenamento della guerra civile in Russia. In particolare nel Caucaso, così come in Turkestan, i rappresentanti dei movimenti nazionali avevano maturato alcuni contatti con delegati stranieri presenti in loco. In alcuni casi, questi ultimi godevano di legittimazione formale da parte dei rispettivi governi nazionali. Questo accade, ad esempio, nel caso dell’Alto Commissario francese per il Caucaso, Abel Chevalley, della missione militare e poi del console italiano a Tbilisi, e del portavoce della missione militare degli Stati dell’Intesa nel Caucaso e in Russia meridionale, Thomson. Altrove, questi primi contatti ebbero carattere nettamente più informale: questa era la situazione in Turkestan, dove vi erano state parecchie missioni più o meno segrete a partire dal 1917, guidate in particolare da agenti francesi e britannici1. Infine, alcuni emigrati avevano già

tessuto delle relazioni con personalità europee, ad esempio attraverso la Conferenza delle Nazionalità di Losanna. In questo paragrafo esamineremo come si svolse l’arrivo di alcuni rappresentanti a Parigi, e come il terreno fosse già stato preparato.

Per la maggior parte delle “delegazioni” alla conferenza della pace non fu semplice arrivare in Francia. I rappresentanti del Caucaso settentrionale giunsero in Europa in particolare grazie alla mediazione italiana, approfittando del sostegno di Roma per l’ottenimento di visti adeguati; lo stesso accadde alla delegazione azerbaigiana. I Turkestani, ed in particolare lo stesso Mustafa Čokaev, arrivarono in Europa attraverso il Caucaso, ma solo dopo la conferenza della pace, dopo avere osservato lo svolgimento della guerra civile dal loro rifugio georgiano. Altre traiettorie individuali sono fatalmente destinate a rimanere oscure, non potendo essere ricostruite sulla base del lacunoso materiale documentario disponibile.

In ogni caso, l’esperienza acquisita in precedenza nel trattare con i portavoce delle potenze occidentali si mostrò di grande utilità. Essa si combinava con la significativa apertura di vedute politiche della maggior parte dei delegati. Alcuni di essi – ad esempio il leader tataro Sadri Maksudi – avevano già visitato l’Europa prima della guerra in qualità di accademici, intellettuali o politici2.

1 Stando ai resoconti redatti negli anni seguenti, nel 1917-1918 Taškent pullulava di agenti stranieri, inviati a monitorare il corso della rivoluzione e il trattamento dei prigionieri di guerra; in Gran Bretagna, questa circostanza diede luogo ad un filone letterario, composto dalla memorialistica dei protagonisti: L.V.S. Blacker, On secret patrol in

High Asia, London, John Murray, 1922; idem, “Wars and Travels in Turkistan, 1918-1919-1920”, Journal of the Royal Central Asian Society, vol. 7, part I, 1922, pp. 4-20; P.T.Etherton, In the Heart of Asia, London, Constable & Co., 1925;

F.M. Bailey, Mission to Tashkent, London, Jonathan Cape, 1946.

2 Sull’attività intellettuale di Sadri Maksudi tra la rivoluzione del 1905 e i primissimi anni dell’esilio, cfr. le informazioni fornite da F.Ju. Gaffarova, Sadri Maksudi v istorii tatarskogo naroda načala XX veka (1906-1924), (avtoreferat na soiskanie učenoj stepeni kandidata istoričeskih nauk), Kazan’,

1997. La Gaffarova ha anche curato la riedizione di alcuni degli scritti di Maksudov di questo periodo.

Questo è valido soprattutto per quegli emigrati inclusi, per così dire, in una “prima generazione”, formatasi ben prima della rivoluzione del 1917, attraverso la rivoluzione del 1905 e le nuove opportunità offerte dalla pur breve parabola del parlamentarismo russo. Sadri Maksudi si era già recato in Francia e Gran Bretagna nel 1912, per poi redigere anche un pamphlet sul funzionamento del sistema politico inglese, che aveva suscitato la sua personale ammirazione.

Sadri Maksudi giunse in Francia per la conferenza della pace, ma in quel momento i Tatari del Volga non formavano ancora una delegazione in senso proprio, come invece accadeva nel caso di altri gruppi nazionali musulmani di Russia. La delegazione nazionale più attiva era senza dubbio quella dell’Azerbaigian, seguita dal gruppo nord-caucasico. In questi due casi, le delegazioni avevano degli indirizzi fisici e conducevano due tipi diversi di attività: da una parte, si comportavano come gruppi di pressione presso le delegazioni delle potenze vincitrici della Grande Guerra, dall’altra, curavano l’edizione a stampa di materiale propagandistico di vario tipo. Per questa ragione la corrispondenza para-diplomatica e la “letteratura grigia” (volantini, pamphlet e così via) costituiscono nostre principali fonti per lo studio di questo primo periodo, ed almeno fino alla metà del decennio.

Come si è accennato, alcune delegazioni si trovarono ad agire a Parigi su un terreno già largamente preparato: la questione delle nazionalità dell’Impero russo era nota ai loro interlocutori, non solo grazie alla presenza di rappresentanti degli allogeni russi (non solo musulmani) a Losanna, ma anche perché gran parte della propaganda di guerra tedesca aveva posto l’accento su questo aspetto, costringendo la contro-propaganda ad attrezzarsi di conseguenza, almeno sotto il profilo intellettuale. Nonostante questi precedenti nel più recente passato avessero offerto all’opinione pubblica francese ed ancor più al Quai d’Orsay e al ministero della Guerra dati importanti per una valutazione attenta della situazione nelle periferie russe, la stessa modalità con cui queste informazioni furono recepite valse in parte a screditare sin dall’inizio le istanze espresse dagli esuli. Inevitabilmente, infatti, pretese di tipo nazionalista da parte delle “minoranze nazionali” della Russia erano oramai viziate dal fatto di essere state supportate dal nemico. Durante il conflitto, infatti, diverse organizzazioni avevano cercato di dare voce alla protesta delle nazionalità allogene dell’Impero zarista. Chiaramente la maggior parte di esse godeva del sostegno della Germania, anche se spesso la loro base si trovava in Svizzera per approfittare dei vantaggi offerti dalla neutralità di quest’ultima. Nel maggio 1916, un primo appello fu indirizzato al presidente degli USA Woodrow Wilson da un gruppo di delegati più o meno informali, raccoltisi sotto l’insegna di “Lega dei popoli allogeni”. Tale “Lega” includeva i Finlandesi, le nazionalità baltiche (senza necessariamente distinguere tra di loro), gli Ebrei, gli Ucraini, i Georgiani e i “Musulmani”, così identificati in maniera generica. Il paragrafo dell’appello che riguardava questi ultimi non

esprimeva apertamente alcuna richiesta, né di autonomia territoriale nel quadro di uno stato federale, né tanto meno di piena indipendenza. Il termine “auto-determinazione”, in maniera simile, non era affatto evocato, ma a questo proposito la parte relativa ai “Musulmani” non era dissimile da quelle concernenti le altre nazionalità.

NOUS MUSULMANS au nombre de 25 millions, nous apportions nos accusations contre l’oppression qu’on excerce sur nous. Nous sommes empêchés d’exercer notre religion et nous sommes poursuivis politiquement. Nos propriétés ont été usurpés et données aux Russes. On entrave le développement de notre culture nationale qui est soumise à des restrictions. Toute justice a cessé depuis la guerre. Nous sommes traqués et maltraités3. Anche se la persona che per conto dei “Musulmani” firmò l’appello – il famoso tataro di Siberia Abdürreşid Ibrahim4 – era all’epoca molto probabilmente legato

all’Impero Ottomano e per questo sottoposto alle sue direttive, è ragionevole ipotizzare che l’approccio negativo di questo documento, che non contiene alcuna proposta concreta, corrispondesse in verità alle aspettative della popolazione musulmana nella Russia sia europea che asiatica prima dello scoppio della rivoluzione del 1917. Questa opinione era condivisa da osservatori esterni presenti sul terreno (nella fattispecie, degli ufficiali francesi) ancora nella fase finale della guerra: scrivendo a proposito dei Tatari del Volga e di Crimea, così come riguardo ai Turkestani, essi sostenevano che detti popoli non avessero “alcuna identità nazionale” e domandassero semplicemente “il rispetto della loro religione e del loro diritto privato”5.

La “Lega dei popoli allogeni [della Russia]”6 era stata in verità creata da un certo barone von

Ropp, un tedesco che tra i primi sollevò la questione degli allogeni sia nel proprio paese (i cui dirigenti colsero al balzo questa occasione), sia al di fuori dei confini tedeschi. La Lega era addirittura presieduta non da un allogeno russo, ma dal segretario personale di von Ropp, Lepinski. Essa aveva un proprio ufficio a Stoccolma, un altro a Berlino e, fino all’estate del 1916, anche a Berna. Nonostante la coincidenza almeno obiettiva tra le sue istanze e l’orientamento strategico tedesco nel Caucaso, nel Baltico e in Europa orientale, von Ropp si dichiarò ripetutamente deluso dalla condotta del suo governo, che, a suo giudizio, sembrava obbedire a logiche strettamente militari anziché seguire quello “spirito umanitario” che invece von Ropp evocava. La Lega di von

3 Appel des peoples allogènes au Président Wilson, maggio 1916, allegato a: Ambasciata francese a Berna al MAE, DAPC-Europe, 23.12.1918, ADF, QdO, CPC, Série Z-Europe, URSS, d. 608, f. 180.

4 Su di lui si veda tra l’altro, riassuntivamente: H. Komatsu, “Muslim intellectuals and Japan. A Pan-Islamist Mediator, Abdurreshid Ibrahim”, in S.A. Dudoignon – H. Komatsu – Y. Kosugi (a c. di), Intellectuals in the Modern Islamic

World. Transmission, transformation, confrontation, London-New York, Routledge, 2006, pp. 273-288.

5 Note sur les diverses nationalités de l’Ancien Empire de Russie, 15.10.1918, ADF, QdO, CPC, Série Z-Europe, URSS, d. 608, ff. 11-16, qui f. 13 verso; un’altra relazione anonima redatta da ambienti diplomatici interni al MAE ammetteva che il movimento nazionale dei Tatari del Volga “prend[ait] de plus en plus d’ampleur”: Nationalités, 15.11.1918, ADF, QdO, CPC, Série Z-Europe, URSS, d. 608, ff. 53-122, spec. ff. 102-103.

6 Per questa organizzazione, vedi: Le Baron von Ropp et les nationalités des confins russes, Berne, 15.12.1918, in: Bureau de presse français. Annexe: Bureau des Nationalités, Berne, ADF, QdO, CPC, Série Z-Europe, URSS, d. 608, ff. 125-133.

Ropp cessò di esistere dopo la rivoluzione del 1917, e deve per questa ragione essere distinta da un’altra organizzazione simile attiva a Berna nel periodo successivo, chiamata “Conferenza delle nazionalità russe”7. Questa seconda organizzazione ha infatti come scopo quello di ottenere dei

vantaggi dalla sistemazione territoriale e dal nuovo equilibrio di potenza creatisi all’immediato indomani della guerra. La “Conferenza” tenne un proprio congresso a Berna nel Dicembre 1918. Tra i suoi partecipanti, troviamo rappresentati ucraini, georgiani, russi-bianchi e – fatto più interessante dal nostro punto di vista – alcuni Daghestani e Circassi, la cui delegazione si trovava già in Svizzera. Il promotore di questa iniziativa era il nazionalista lituano Gabrys, in cooperazione con un intellettuale franco-svizzero interessato al destino del Caucaso, Pélissier8. Lo scopo della

“Conferenza” era quello di coordinare l’azione dei singoli gruppi allo scopo di mettere le potenze dell’Intesa di fronte al compiuto: una confederazione di nazioni libere dal Caspio al Baltico, orientata in senso sia anti-russo che anti-polacco9.

Nonostante pamphlet e volantini in lingua francese provenienti dalla Germania o da fonti pro- tedesche fossero ovviamente proibiti in Francia durante la guerra e la loro diffusione suscitasse preoccupazioni a Parigi10, nondimeno vi sono segni che la causa delle “nazionalità oppresse” di

Russia trovò comunque alcuni sostenitori nell’Esagono, specialmente nell’area democratica, radicale e in alcuni casi socialista. Per esempio, prima della fine della guerra – ma alcuni mesi dopo la dichiarazione di indipendenza proclamata dalle repubbliche caucasiche, una lettera da parte del deputato all’Assemblée Nationale Albert Thomas fu indirizzata al ministero degli Affari Esteri per indagare circa la posizione ufficiale del suo governo a questo riguardo, tanto più che la Francia stava sostenendo le forze dei “Bianchi” nella Russia europea ed asiatica. La risposta data a Thomas dal gabinetto del ministro, tenendo conto dei fattori esposti sopra, sosteneva l’impossibilità di alimentare in alcun modo domande di indipendenza.

La politique française s’appu[ie] sur les principes le plus évidents, tout en tenant compte du fait de la guerre, et de la nécessité de ne commettre aucune imprudence d’ordre idéologique de nature à compromettre le succès final (condition essentielle de l’application de nos principes de liberté, de justice et de droit) […]. […] Les bases de l’action des alliés […] sont, (outre le désintéressement territorial le plus complet], la non intervention dans les affaires intérieures de la Russie, le respect absolu de la liberté des peuples russes de disposer d’eux- mêmes (l’expression de leur volonté devant d’ailleurs se traduire dans des conditions de régularité incontestable). […] L’unité de la Russie notre alliée reste la règle, jusqu’à la manifestation expresse de la 7 Questa organizzazione sembra aver riunito di nuovo che aveva partecipato già all’iniziativa di Von Ropp, come il lituano Gabrys: La conference des nationalités russes de Berne, Berne, 17.11.1918, in: Bureau de presse français. Annexe: Bureau des Nationalités, Berne, ADF, QdO, CPC, Série Z-Europe, URSS, d. 608, ff. 163-167.

8 Sul Pélissier e le sue iniziative: D.R. Watson, “Jean Pélissier and the Office Central des Nationalités, 1912-1919”,

The English Historical Review, vol. 110, no. 439, 1995, pp. 1191-1206, spec. p. 1196 sulla conferenza di Losanna.

9 Telegramma da Berna, 6.12.1918, ADF, QdO, CPC, Série Z-Europe, URSS, Caucase (Géorgie): SRIE, d. 833, f. 109. 10 Si vedano per il 1916 e il 1917 le proibizioni decretate dalla Sûreté générale, 2e Bureau, in particolare riguardo al pamphlet di Inorodetz, La Russie et les peuples allogènes, Bern, Ferdinand Wyss, s.d. [1917] e Bulletin des Nationalités

de Russie: CAC, 19940494, art. 54, fasc. 4171, f. 4 e 19940494, art. 69, doc. 4848, f. 5 rispettivamente. Inorodetz è da

identificare con Gabrys, anche se erroneamente lo stesso Pélissier credeva che l’opuscolo venisse da von Ropp: D.R. Watson, “Jean Pélissier”, cit., p. 1196 nota 3.

volonté des peuples qui la composent11.

Ad ogni modo, è ragionevole ritenere che la generalità dell’opinione pubblica francese restò insensibile a questa problematica almeno fino all’inizio della conferenza della pace nel 1919. In quell’occasione, sia le delegazioni degli allogeni, sia l’atteggiamento tenuto da altre potenze europee contribuirono a mobilitare la sua attenzione. Un tipico esempio di questa tendenza è offerto da una monografia, Le Mouvement panrusse et les allogènes, pubblicato nel 1919 da Gaston Gaillard12, un pubblicista che, un paio di anni dopo, sarebbe stato editore di Orient et Occident, la

prima rivista ad ospitare contributi del leader turkestano in esilio Mustafa Čokaev. Anche Albert Thomas, in qualche modo legato a Paul Boyer, direttore della Ecole des Langues Orientales Vivantes, continuò ad essere attivo nel sostenere i diritti dei popoli che avevano dichiarato la propria indipendenza dalla Russia, anche se in generale si concentrò sugli Ucraini e su altre nazionalità “cristiane”13.

Anche la figura di riferimento dei tatari di Crimea in esilio, Ġafar Seydahmet, aveva buoni contatti con un ufficiale dell’esercito francese, il maresciallo Franchet d’Esperey14, nei cui consigli

pare egli avesse grande fiducia. I contatti di Seydahmet con Laroche, funzionario alla sezione Affari Russi del Quai d’Orsay, invece, erano dovuti largamente alla mediazione precedentemente esercitata dal già menzionato nazionalista lituano Gabrys15.

Gli Azerbaigiani

I paragrafi che seguono contengono una sintesi dell’attività para-diplomatica condotta dalle varie delegazioni; questo studio si basa sullo spoglio diacronico della corrispondenza con vari attori presenti alla conferenza della pace. Nella maggior parte dei casi, le missive sono indirizzate al presidente francese Clémenceau, perché alla Francia spettava la presidenza della conferenza stessa. Le delegazioni dell’Azerbaigian16 e del Caucaso settentrionale (che inizialmente è classificato con

11 Replica a Albert Thomas, non firmata, 30.8.1918, ADF, QdO, CPC, Série Z-Europe, URSS, d. 608, ff. 8-9; Thomas scrisse al MAE francese per perorare la causa delle nuove nazioni che avevano dichiarato la loro indipendenza ancora una volta nell’estate del 1919: Albert Thomas a MAE (copia), 1.7.1919, ADF, QdO, CPC, Série Z-Europe, URSS, d. 833, f. 214.

12 G. Gaillard, Le Mouvement panrusse et les allogènes, Paris, Librairie Chapelot, 1919; Gaillard era autore anche di altre monografie di carattere pubblicistico sulle relazioni internazionali e sui rapporti tra l’Europa e quello che lui chiamava genericamente “Oriente”.

13 Informativa di polizia no. 3326, 25.7.1919, AN, F7, doc. 13488; informativa di polizia no. 4001, 21.12.1919, ibidem.

14 Lettera autografa da Seydahmet a Franchet d’Esperey, Supreme War Council, 2.3.1921, ADF, QdO, CPC, Série Z- Europe, URSS, d. 609, ff. 107-114.

15 Laroche rispose negando esplicitamente che il movimento nazionale dei Tatari di Crimea avesse la stessa importanza di quelli di Lituania e Georgia, ed escludeva quindi ogni sostegno francese ai partigiani di Seydahmet, ritenuti un “simple mouvement insurrectionnel”: Note, ADF, QdO, CPC, Série Z-Europe, URSS, d. 609, f. 105.

la denominazione di “Daghestan”) furono senza dubbio le più attive, specialmente nel periodo tra 1919 e 1921.

I primi documenti prodotti dai delegati provenienti dall’Azerbaigian furono in verità inoltrati via Istanbul, dove la delegazione fu bloccata nel suo viaggio verso l’Europa per una serie di questioni burocratiche – le quali però nascondevano valutazioni di opportunità politica. In questi primi documenti, il fine non sembra essere tanto quello di perorare il diritto dell’Azerbaigian all’autodeterminazione e all’indipendenza, quanto dimostrare che la delegazione che premeva per raggiungere Parigi in tempo utile per partecipare alla conferenza fosse realmente legittimata a rappresentare le domande del popolo azerbaigiano. Questa è la ragione per la quale, scrivendo a Clémenceau e a Wilson nel marzo 1919, Ali Mardan Topčibaši, presidente del parlamento azerbaigiano, insisteva sia sul valore giuridico, sia su quello politico del mandato di cui la delegazione era stata investita: primo, l’Azerbaigian è definito come una repubblica parlamentare, dove il governo stesso è pienamente sottoposto al controllo del potere legislativo; secondo, questo parlamento include un’equa rappresentanza non solo della maggioranza musulmana della popolazione, ma anche degli Armeni e dei Russi che risiedono sul territorio della repubblica; terzo, la legittimazione di coloro che vogliono essere ammessi a Parigi deriva anche dalle lettere di raccomandazione fornite loro dal generale Thomson, comandante in capo delle forze dell’Intesa e loro rappresentante nella regione. Topčibaši era manifestamente convinto che la delegazione da lui guidata sarebbe stata senz’altro ammessa ai dibattiti della conferenza della pace, e che lo stesso status sarebbe stato garantito anche alle delegazioni provenienti dal Caucaso settentrionale, dalla Georgia e dall’Armenia. In quel momento, quindi, egli non percepiva affatto come problematica la questione del riconoscimento internazionale dell’Azerbaigian come Stato indipendente, che egli dava per scontato. Addirittura, in questa prospettiva Topčibaši sottovalutava la minaccia portata all’Azerbaigian dalla Russia e dalla Turchia: il rischio maggiore – a suo giudizio – veniva dall’iniziativa delle altre repubbliche caucasiche, i cui rappresentanti si trovavano già a Parigi e avrebbero quindi potuto strappare condizioni più favorevoli, in particolare in caso di controversie sulle frontiere17.

Gli ostacoli alla venuta delle delegazione azerbaigiana in Francia paiono tuttavia essere rimossi

“missione” di Parigi diveniva anche la delegazione alla conferenza della pace. In questo senso la legge, approvata dal parlamento il 22 aprile 1920, aveva valore retrospettivo, essendo la delegazione già operante a Parigi dal 23 dicembre 1919: doc. riprodotto in A. Balaev, Azerbajdžanskoe nacional’no-demokratičeskoe dviženie, 1917-1920 gg., Baku, Élm, 1990, p. 83 (originale il CGAOR AzSSR, f. 895, op. 3, d. 314, l. 45).

17 République d’Azerbaïdjan, Délégation de Paix, a Clemenceau (in copia a Wilson), Istanbul, 21.3.1919, ADF, QdO, CPC, Série Z-Europe, URSS, d. 832, f. 40. La cosiddetta “Missione russa della repubblica Nord-Caucasica” passò il confine tra Italia e Francia a Modane negli ultimi giorni di marzo: telegramma da Modane a Berthelot, 30.3.1919, ADF, QdO, CPC, Série Z-Europe, URSS, d. 832, f. 49.

proprio quando allo stesso Topčibaši è impedito di lasciare Istanbul, separandolo in questo modo dagli altri delegati (generalmente anche loro membri del parlamento). Al contrario due di costoro (Mehmed Hassan-Gadžinskij, vicepresidente del parlamento, e Mehmed Muharremov18) furono

autorizzati a proseguire, con il benestare dell’Alto Commissario italiano e del suo equivalente britannico a Istanbul19. Nonostante questi incidenti iniziali, tuttavia, Topčibaši riuscì

comunque a raggiungere Parigi in un secondo momento, come dimostra il fatto che, a partire dal mese di giugno 1919, la sua firma autografa è apposta in calce ai documenti della delegazione. Egli poté entrare in Francia grazie ad un passaporto diplomatico consegnato nel gennaio 1919 proprio dalla neonata repubblica dell’Azerbaigian che doveva rappresentare; questo passaporto conteneva