Organizzazione della tes
2. La fase para-diplomatica (1919-1926)
2.3 Forme di cooperazione prima del “Fronte prometeico”
Forme di mutua cooperazione e persino ideali federalisti furono coltivati tra gli esuli musulmani russi anche prima del loro coinvolgimento pubblico nel “Fronte prometeico”; quest’ultimo infatti coincise di fatto con l’inizio di un significativo supporto finanziario in tal senso da parte della Polonia. Nel paragrafo seguente saranno analizzate le basi teoriche e simboliche di queste prime esperienze di integrazione, se non altro tra gruppi attivi nell’emigrazione. In questa sede, al contrario, si porrà attenzione a come e quando questi accordi, per quanto temporanei e rudimentali, furono stipulati e quali attori furono coinvolti nella loro formulazione.
L’iniziale solidarietà reciproca dimostrata dai nazionalisti nord-caucasici e azerbaigiani ancora nel primissimo periodo dell’indipendenza era all’inizio poco valorizzata dopo che i rispettivi leader si erano trasferiti in Europa. Come abbiamo già constatato, in una prima fase le due delegazioni sospettavano addirittura una dell’altra, concentrandosi sulle dispute territoriali ancora aperte più che sull’urgenza di organizzarsi per affrontare dei nemici comuni, fossero essi “bianchi” o “rossi”. Al contrario, questa reciproca simpatia tornò ad essere sottolineata quando gli stessi rappresentanti caucasici intrapresero più impegnativi esperimenti politici, quali la creazione del Comitato per l’Indipendenza del Caucaso (Komitet Nezavisimosti Kavkaza, o KNK) o, nel 1934, la sottoscrizione solenne del patto della Confederazione Caucasica. Era infatti vero che volontari nord-caucasici (provenienti principalmente dal Daghestan) avevano partecipato attivamente alla difesa di Baku quando la città dovette fronteggiare per la prima volta la minaccia dei Bolscevichi. Egualmente va rammentato che l’Azerbaigian indipendente aveva cercato di sostenere la repubblica indipendente in Ciscaucasia nella sua lotta prima contro Denikin e poi contro l’Armata Rossa. Un dettaglio che si sarebbe prestato a recriminazioni, però, era quello della forma che questo sostegno azerbaigiano aveva assunto: Baku infatti per ragioni prudenziali non aveva mandato armi o munizioni ma, evitando di esporsi troppo, solamente buoni del tesoro che in Azerbaigian all’epoca circolavano come unità monetaria150.
Integrarsi per ottenere credibilità
La maggior parte dei tentativi organici di dare forma a questo astratto sentimento di solidarietà ebbe luogo però nell’esilio e dipese largamente dalle condizioni di isolamento imposte da quest’ultimo.
150 Cfr. su questo punto Kurd, “Azerbajdžancy i Gorcy Kavkaza”, VG, 4, agosto 1927, pp. 13-14, qui p. 13, e Kurtatag, “Istoričeskie zadači Gorcev Kavkaza” (II parte), VG, 5, pp. 3-8.
Dette iniziative, in particolare, furono anche abbondantemente pubblicizzate, affinché la comunità internazionale – e quindi tutti i potenziali sostenitori dell’indipendenza del Caucaso – potessero trarne l’idea dell’affidabilità delle controparti. Accordi più o meno sinceri mirarono, all’inizio degli anni Venti, a persuadere le cancellerie francesi, italiane ed altre ancora non solo del fatto che la regione, una volta ottenuta la libertà, non sarebbe piombata in una concatenazione di sanguinose lotte intestine, ma anche della volontà di costituire appena possibile forma ancora più strette di integrazione, tali da promuovere l’economia locale (o almeno di non distruggerne l’ossatura infrastrutturale) e da permettere agli investitori europei di trarre il massimo profitto da concessioni e da altre attività imprenditoriali.
La prima occasione in cui gli emigrati cercarono di stringere tra di loro patti, anche a beneficio degli osservatori esteri, fu quella dell’accordo tra l’Azerbaigian e la Georgia indipendenti, siglato a Tbilisi alla metà di giugno 1919. è significativo che, benché il testo della convenzione fosse stato inizialmente preparato ed approvato a Tbilisi, i presidenti delle delegazioni georgiana e azerbaigiana alla conferenza della pace (rispettivamente Tcheidze e Topčibaši) giudicassero qualche tempo dopo utile e necessario sottoporre lo stesso testo all’approvazione del Segretario Generale della conferenza stessa. Più delle misure pratiche previste in questo patto difensivo, ciò che le delegazioni volevano mostrare ai partecipanti alla conferenza era lo “spirito di solidarietà tra i popoli di Transcaucasia, che permea[va] la convenzione del 16 giugno”. Proprio per questo, presentandone il testo, Tcheidze e Topčibaši insistettero sul suo carattere puramente difensivo e sull’obbligo di risolvere ogni controversia territoriale reciproca attraverso l’arbitrato o con altre modalità pacifiche151.
Questo accordo, tuttavia, era in un certo senso profondamente diverso da quelli che seguirono, egualmente sottoscritti da due, tre, o addirittura quattro tra le delegazioni caucasiche negli anni seguenti. Quello del giugno 1919 non era un patto tra governi in esilio, o persino tra semplici delegazioni la cui rappresentatività poteva essere messa in discussione e doveva quindi essere continuamente argomentata. Si trattò al contrario di un trattato tra due Stati indipendenti, entrambi posti di fronte alla minaccia letale dell’avanzata di Denikin, e posti nell’urgenza di chiedere alle potenze europee che sostenevano quest’ultimo di fare qualcosa per ricondurne sotto controllo le iniziative militari. Anche se l’esistenza indipendente di questi Stati sovrani era costantemente in pericolo e dubbio anche il controllo che essi esercitavano nell’estate del 1919 sui rispettivi territori, nondimeno il loro appello poteva avere qualche credibilità, se adeguatamente supportato da accordi reciproci. Molto più difficile da raggiungere, quindi, era l’obiettivo delle negoziazioni preliminari 151 Tcheidze e Topčibaši a Segreteria generale della CdP, Paris, 24.7.1919, ADF, QdO, Série Z- Europe, URSS, d. 832, f. 82; testo dell’accordo (copia), ibidem, ff. 87-88.
condotte dai rappresentanti di Azerbaigian, Caucaso settentrionale e Kuban nel novembre 1920. In quell’occasione, per persuadere gli interlocutori francesi che un loro coinvolgimento nella regione si sarebbe risolto in vantaggi concreti nel futuro, egualmente fu utilizzato l’argomento per cui il raggiungimento dell’indipendenza nazionale delle singole repubbliche avrebbe naturalmente condotto alla loro unione federativa. Questo argomento era evidentemente un topos ricorrente, perché lo si ritrova anche in un telegramma di Čermoev della primavera del 1920, riferito questa volta alla spinta centripeta che unisce Transcaucasia e Ciscaucasia (per la quale, nello specifico, si chiedeva il riconoscimento de jure).
Ne divisez pas les peuples du Caucase […]; en reconnaissant les uns et en ne reconnaissant pas les autres vous détruisez à priori la possibilité d’une fédération de ces Républiques, but qui leur est dicté chaque jour plus clairement par les nécessités vitales. Diviser les destins historiques du Transcaucase et du Caucase du Nord, c’est plonger ces riches contrées dans l’anarchie152.
Nell’autunno 1920, la rappresentatività dei negoziatori azerbaigiano, nord-caucasico e cosacco era meno plausibile ed essi non potevano offrire che promesse da realizzare in un prossimo futuro. Inoltre, essi chiedevano più di un riconoscimento, e più di un semplice freno imposto a Denikin: al contrario, le domande che dovevano argomentare riguardavano armi, denaro e altre forme di assistenza materiale. Čermoev, Topčibaši e Byč non potevano nemmeno assicurare agli interlocutori francesi che la Georgia (ed ancor meno, l’Armenia) avrebbero partecipato alla combinazione proposta: Tbilisi – a quell’epoca ancora indipendente – stava conducendo delicati negoziati coi Bolscevichi e non aveva intenzione di esporsi153. L’unità prospettata era troppo fragile, come dimostra il fatto che, solo alcuni mesi dopo,
Topčibaši chiese separatamente il riconoscimento de jure dell’Azerbaigian, sulla base del fatto che esso era stato concesso ai vicini georgiani154.
L’accordo quadrilaterale del giugno 1921
Molto più importante, quindi, è l’accordo firmato dalle quattro repubbliche caucasiche nel giugno 1921155: un documento retrospettivamente considerato dagli stessi emigrati negli anni successivi
152 Telegramma da Čermoev a Millerand, presidente del Consiglio dei Ministri, 12.3.1920, ADF, QdO, Série Z-Europe, URSS, d. 637, f. 125.
153 Nota manoscritta, non firmata, 8.11.1920, ADF, QdO, Série Z-Europe, URSS, d. 637, f. 139. Il progetto era stato sottoposto sia all’autore della nota stessa (Laroche? Kammerer?) che, fatto più interessante, Berthelot. I tre
rappresentanti menzionarono l’assenso tacito della Georgia ed assicurarono che avrebbero procurato quello della delegazione armena.
154 Delegazione di Azerbaigian (Topčibaši), al presidente del Consiglio supremo alleato, 17.2.1921, ADF, QdO, Série Z-Europe, URSS, d. 639, ff. 198-199.
155 Ciclostilato, non firmato, Paris, 15.6.1921, ADF, QdO, Série Z-Europe, URSS, d. 637, ff. 169-173. Il documento avrebbe dovuto essere firmato dai rappresentanti di Armenia, Azerbagian, Caucaso settentrionale e dall’emissario
come la pietra angolare della loro successiva cooperazione, fino al traguardo finale dello stabilimento virtuale della Confederazione Caucasica156. Il preambolo a questo documento, firmato
da Georgia, Caucaso settentrionale, Azerbaigian e Armenia, esprimeva il desiderio “di garantire a tutti i popoli caucasici i benefici dell’indipendenza, della democrazia e della prosperità economica”, e l’impegno a “eliminare tutti i motivi di controversia tra queste repubbliche”. L’indipendenza individuale veniva quindi considerata come obiettivo primario, ma se ne sottolineava la conformità ai desiderata della comunità internazionale in virtù della posizione strategica della regione. Nondimeno, il secondo articolo specificava che gli obiettivi menzionati sopra non potevano essere raggiunti dal Caucaso senza “una stretta unione fraterna di tutti i suoi popoli”. Come nel patto bilaterale del 1919, anche qui si prevedeva l’arbitrato obbligatorio per tutte le controversie, e non venivano tralasciate né una clausola di mutua alleanza difensiva (par. V), né la proibizione di concludere accordi ed alleanze con terzi che sarebbero potuti risultare nocivi per gli altri partner caucasici. Per quanto concerne le relazioni con i vicini del Caucaso, oltre ai rituali richiami alla volontà di cooperare con essi, le quattro repubbliche caucasiche adottarono una posizione comune, largamente plasmata in base alle preoccupazioni di Georgia e Armenia circa i loro confini con la Turchia. Si trattava di una indubbia dimostrazione di buona volontà da parte dei delegati nord- caucasici e soprattutto azerbaigiani, probabilmente motivata dalla necessità di impressionare favorevolmente gli osservatori europei; non è nemmeno illegittimo sospettare che questa clausola sia stata aggiunta e sottoscritta proprio dietro esplicite pressioni da parte di questi ultimi157.
La genesi dell’accordo del giugno 1921, in effetti, non fu affatto del tutto spontanea. Contatti tra Briand e i delegati delle repubbliche caucasiche, per lo più condotti attraverso il fiduciario del primo, Loucheur, ebbero luogo nel maggio 1921, come fu rivelato – senza citare la fonte – dal quotidiano sovietico Izvestija nel 1925, e confermato da fonti interne al Quai d’Orsay in reazione a queste rivelazioni. Secondo le fonti di Izvestija (che sono quindi da considerare in larga parte affidabili), un primo incontro si svolse l’8 maggio 1921. Dopo questa prima visita, cui partecipò anche il ministro, Briand incaricò Loucheur di condurre personalmente la prosecuzione dei straordinario e plenipotenziario della repubblica di Georgia.
156 Ad esempio: Exposé sur les engagements signés par les représentants des quatre républiques du Caucase, s.d. [1927?], CHIDK, f. 461K, op. 1, d. 230, ff. 10-12, qui f. 10.
157 “Attachant d’autre part non moins d’importance à l’établissement de relations d’amitié et de bon voisinage avec la Turquie, les Républiques caucasiennes tâcheront de consolider, par leurs efforts communs, ces relations, sur la base des observation et du respect par la Turquie de l’inviolabilité des territoires du Caucase dans ses frontières de 1914. Considérant également que la non solution, jusqu’à ce jour, de la question arménienne en Turquie a constitué un des obstacles principaux à l’établissement d’une union des Etats caucasiens, au grand détriment de leurs intérêts évidents, les Représentants de ces Etats trouvent qu’une prompte et équitable délimitation territoriale de la Turquie et de l’Arménie, conforme à leurs intérêts mutuels, dans les limites de la Turquie, sera un des gages de la paix et du calme dans le Proche Orient, et que la solidité et la visibilité des Républiques caucasiennes et de leur Union dépendront dans une large mesure de ce règlement […]. ”: vedi ancora: nota ciclostilata, non firmata, Paris, 15.6.1921, ADF, QdO, Série Z-Europe, URSS, d. 637, ff. 169-173, qui ff. 170-171. Una nota manoscritta da un funzionario fracese sosteneva comunque che “cette question a déjà été réglée dans le sens négatif”: nota su carta intestata MAE, allegata all’accordo, s.d., ibidem, qui f. 176.
negoziati. Nel novembre 1921 Briand avrebbe quindi convocati i delegati ancora una volta dopo la firma dell’accordo, chiedendo loro di fornire ulteriori dettagli circa le loro richieste e di chiarire quanto sarebbero stati disposti ad offrire in cambio dell’aiuto della Francia. La prova di buona volontà e il desiderio di pervenire ad una soluzione federativa, impliciti nell’accordo di giugno, non erano probabilmente risultati abbastanza convincenti. Anche questa seconda parte delle accuse formulate da Izvestija potrebbe corrispondere alla verità: quanto meno, non ci sono documenti del ministero degli Esteri che mostrino chiaramente che cosa sia successo alla fine dell’estate, dopo la conclusione del patto quadrilaterale158. Alcuni documenti, tuttavia, permettono di asserire che, tra
questa e l’autunno 1921, diversi colloqui ebbero comunque luogo, e che essi ebbero per oggetto la possibile assistenza che la Francia avrebbe potuto dare alle repubbliche caucasiche in lotta per l’indipendenza.
Le 3 août 1921, les représentants caucasiens furent reçus de nouveau par M. Briand: M. Tchenkéli adressa copie du procès-verbal de cet entretien à M. Briand par lettre en date du 23 août. D’après ce procès-verbal, l’entrevue aurait eu lieu sur le désir de M. Briand, qui aurait demandé aux représentants l’attitude qu’ils comptaient prendre en vue de « l’éventualité très prochaine du renversement du régime bolcheviste en Russie », les représentants auraient répondu que dans leur œuvre de réorganisation ils comptaient sur le « concours moral et matériel de la France ». M. Briand leur avait suggéré l’envoi d’une note exposant en détail leurs besoins, non seulement en céréales, mais « avant tout en armes et en munitions », ajoutant que la question devrait être traitée « sous le double point de vue économique et politique »159.
Il fatto che la volontà di integrarsi non bastasse agli interlocutori francesi per dare credito, in senso sia letterale che figurato, alle delegazioni caucasiche, è dimostrato anche dall’esito negativo delle domande di aiuto economico che queste ultime formularono nell’agosto 1921, allo scopo di risollevare le rispettive economie nazionali. Il governo francese semplicemente le invitò a rivolgersi a compagnie bancarie e commerciali private. In altri termini, benché i contatti fossero mantenuti vivi con la mediazione di Loucheur160, la Francia esitò a impegnarsi e, in conclusione, rifiutò
qualsiasi tipo di coinvolgimento. L’atteggiamento del governo Briand nella gestione della questione caucasica, ed in particolare delle insistenti richieste dei rappresentanti a Parigi, è quindi caratterizzato dalla tensione tra la volontà di mantenere attivi dei contatti che potrebbero rivelarsi utili in una situazione percepita come ancora abbastanza magmatica, e una costante tendenza al temporeggiamento, realizzato imponendo alle delegazioni condizioni negoziali preliminari sempre nuove e lanciando messaggi in parte contraddittori (ad esempio, lasciando intendere la possibilità di un aiuto diretto, e poi rimandando al settore bancario privato). Questo atteggiamento consegnerà al successore di Briand degli interlocutori caucasici fin troppo fiduciosi in un cambiamento di linea.
158 Izvestija, 21.7.1925, p. 2, ADF, QdO, Série Z-Europe, URSS, d. 634, f. 183; telegramma da Herbette (ambasciatore di Francia a Mosca) a MAE, 21.7.1925, ibidem, f. 181.
159 Note pour M. Corbin, 28.7.1925, ADF, QdO, Série Z-Europe, URSS, d. 634, ff. 193-194, cit. f. 193. 160 In particolare mentre Briand era a Washington per la conferenza navale: ibidem, f. 194.
Da Briand a Poincaré
La convenzione quadrilaterale del giugno 1921 non è l’ultima iniziativa cui abbia partecipato anche la delegazione della repubblica armena in esilio, assieme a quelle delle altre tre repubbliche caucasiche. Aharonian infatti sottoscrisse anche altri documenti congiunti destinati a Briand nel gennaio 1922, qualche giorno prima e durante la conferenza di Cannes161: ad essa gli esuli
guardavano con molta attenzione, poiché ne poteva derivare l’accettazione dello status quo in Russia sovietica sulla base del principio di effettività e conseguentemente, per essi, l’impossibilità di vedere riconosciute le proprie pretese in qualità di Stati-nazione effettivamente esistenti. In nome dell’effettività del potere bolscevico sul territorio russo – incluse le periferie – la violazione dei “diritti nazionali” e della sovranità, già perpetrata con l’invasione militare, veniva in un certo senso prescritta. Dall’allarme si passa poi alle proteste in una lettera indirizzata a Poincaré dopo Cannes, e dopo la fine della presidenza Briand. Tutti questi documenti, in ogni caso, non costituiscono degli accordi in senso proprio. Essi sono piuttosto delle petizioni nel senso usuale del termine: in essi si lamentava la situazione del Caucaso (definitivamente conquistato, ma essenzialmente diverso dalla Russia sotto il profilo culturale ed etnografico)162 e si invocava la fine dell’occupazione militare163.
Quest’ultima richiesta diviene quasi un topos in tutta la corrispondenza diretta alle potenze europee o alla Società delle Nazioni da queste date in poi. Anche se fino al 1924 la Russia sovietica non era ancora a tutti gli effetti riammessa nella comunità internazionale, le conferenze del 1922 (e gli accordi di Rapallo, seppur in senso diverso) avevano già indotto una forma di sdoganamento. Per questa ragione, ci si poteva ancora attendere che il diritto internazionale manifestamente violato da Mosca fosse fatto rispettare164; nondimeno, la violazione che si mette maggiormente in luce
dall’inizio del 1922 non è più quella del diritto all’autodeterminazione, ma viene fatta coincidere con l’occupazione militare illegale del territorio.
In questo quadro, continuando a sperare che la situazione potesse essere sanata, le delegazioni cercarono di sfruttare il malcontento diffuso presso gli industriali, le compagnie commerciali e persino i piccoli risparmiatori francesi, duramente colpiti dai provvedimenti di nazionalizzazione del governo bolscevico, soprattutto nei settori petrolifero, minerario (nel Caucaso si estraevano
161 Aharonian, Topčibaši, Čermoev, Tchenkéli, a Poincaré, Paris, 30.1.1922, ADF, QdO, Série Z- Europe, URSS, d. 634, ff. 12-13.
162 Aharonian, Topčibaši, Tchenkéli, Čermoev, a Briand, 5.1.1922, ADF, QdO, Série Z-Europe, URSS, d. 634, ff. 4-9, qui f. 6.
163 Lettera al “président” [Briand?], firmata da Topčibaši, Aharonian, Gegečkori (Guéguétchkori), Cannes, 7.1.1922, ADF, QdO, Série Z-Europe, URSS, d. 634, f. 10.
164 Aharonian, Topčibaši, Tchenkéli, Čermoev, a Briand, 5.1.1922, ADF, QdO, Série Z-Europe, URSS, d. 634, ff. 4-9, qui f. 5.
carbone, rame e manganese) e bancario. I delegati delle repubbliche caucasiche chiesero nuovamente che il governo si facesse intermediario tra loro e settori dell’economia francese. Diversamente che nell’estate 1921, tuttavia, lo scopo non era ottenere fondi per risollevare le economie nazionali165, ma fare leva sui diritti delle imprese francesi violati dal nuovo regime,
promettendo il loro ripristino166.
Vi sono chiari segni del fatto che Aharonian, Topčibaši, Čermoev e Tchenkéli (subentrato a Tcheidze) interpretarono l’arrivo al governo di Poincaré (e del suo vice Barthou) come un’opportunità positiva, in particolare per sbloccare lo stallo che si era creato a causa del continuo temporeggiare del tandem Briand-Loucheur. Essi tuttavia dimostrarono qualche ingenuità nel valutare la situazione, non riuscendo a cogliere del tutto la distanza politica – e l’antipatia personale – tra Poincaré e il suo predecessore. Ingenua appare in particolare la loro insistenza sui rapporti tessuti con il precedente governo, addirittura allegando alla corrispondenza destinata a Poincaré una nota autografa di Briand, in cui questi aveva assicurato la disponibilità del governo a facilitare gli investimenti francesi nel Caucaso167. Ancora nel 1923, Džejhun Hadžibejli,
in qualità di “membro della missione diplomatica dell’Azerbaigian”, sottolineava il fatto che, sotto Briand, i tentativi della sua delegazione e di quella georgiana per entrare in rapporti d’affari con imprese francesi avevano avuto l’appoggio del Quai d’Orsay. Gli affari concordati erano andati a monte proprio perché le imprese avevano atteso un cenno di assenso del governo, che invece non era arrivato: cenno inequivocabile che ora si richiedeva da Poincaré168. I rappresentanti caucasici,
insomma, non compresero che questo atteggiamento “continuista” dava precisamente a Poincaré una ragione per liquidare senz’altro le loro richieste.
La nuova linea del governo risultò per molti aspetti diversa (invero, nei modi più che nell’esito finale) da quella che aveva segnato i colloqui della primavera-estate 1921. Problemi più urgenti e più vicini dovevano essere affrontati dalla diplomazia del paese ospitante: la crisi dei pagamenti e la conseguente occupazione della Ruhr, in primo luogo, nonché la Realpolitik nei confronti della Russia imposta in particolare dal rapporto privilegiato tra questa e la Germania stabilitosi a seguito di Rapallo. In quest’ottica, il bolscevismo non poteva più essere considerato come un fenomeno 165 Note pour M. Corbin, 28.7.1925, ADF, QdO, Série Z-Europe, URSS, d. 634, ff. 193-194, qui f. 194.
166 “[…] peut-être le Gouvernement français pourrait-il faire connaître, dans la forme et la manière qu’il jugerait opportun, aux établissements financiers, avec lesquels nous sommes actuellement en tractations, que quoiqu’il arrive ultérieurement, la France prendra les mesures nécessaires pour faire reconnaître les droits acquis au Caucase par des citoyens ou groupements français négociant avec les gouvernements indépendants du Caucase.”: Aharonian, Topčibaši, Čermoev, Tchenkéli, a Poincaré, Paris, 30.1.1922, ibidem, qui f. 13 verso.