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La Conferenza dei membri dell’Assemblea Costituente

Organizzazione della tes

2. La fase para-diplomatica (1919-1926)

2.2 La Conferenza dei membri dell’Assemblea Costituente

Il contesto

Nella primissima fase del loro esilio a Parigi, un numero assai esiguo di membri della dissolta assemblea costituente russa si riunì nel gennaio 1921 per discutere alcuni punti controversi, sollevati in particolare dalla situazione internazionale e dall’intervento delle forze alleate nella guerra civile contro il bolscevismo. Anche se solo una minoranza dei membri della costituente già all’estero risposero in effetti positivamente all’invito (promosso essenzialmente da ambienti SR di centro e di destra legati alla personalità di Kerenskij), l’importanza della conferenza, sistematicamente ignorata in storiografia, non deve essere sottostimata. Le questioni di politica estera che si era inizialmente previsto di discutere furono in realtà in breve tempo trascese; il dibattito si estese ad altri argomenti, marginali nell’ordine del giorno o del tutto imprevisti. In particolare, esso si focalizzò sulla questione delle nazionalità e su quella dei nuovi Stati-nazione indipendenti creatisi lungo i confini dell’ex Impero ed anche più all’interno del suo territorio. L’introduzione di questi temi nel programma della conferenza, che dovette quindi essere profondamente rimaneggiato, fu dovuto principalmente all’impressionante attivismo della frazione tatara107.

I suoi membri nella conferenza del gennaio 1921 sono per lo più esponenti della “vecchia guardia” che aveva partecipato al movimento nazionale dei musulmani di Russia già a partire dalla rivoluzione del 1905. Tra costoro va iscritta la prominente figura del tataro Sadri Maksudi (Maksudov)108, il quale, già collocatosi su posizioni prossime a quelle dei costituzional-democratici

(KD), si pone qui nei confronti di costoro in maniera nettamente più critica, giungendo ad accusarli di incoerenza o almeno di scarsa comprensione dei principi teorici tradizionalmente enunciati. A l’inizio del 1933: CHIDK, f. 461K, op. 1, d. 411, l. 115 (originale russo, l. 114).

107 Anche la frazione SR non aveva giudicato la questione nazionale come includibile nell’ordine del giorno della conferenza; dichiarazione programmatica del partito SR russo, dattiloscritto, s.d., IISG, PSR, d. 1027.

108 Sadri Maksudi (Maksudov) (1879-1957), tataro del Volga, dopo studi nelle scuole riformate di Kazan’ e di Bahçesaray, è uno dei primi allievi tatari della scuola normale per maestri a Kazan’. In questo ambiente intellettuale nascono prima il circolo letterario Terakki e poi quello politico Hürriyet, entrambi all’origine del partito musulmano panrusso Ittifak. Nel 1901 incontra Lev Tolstoj che lo induce a proseguire i suoi studi in Francia, dove conosce Yusuf Akçura e segue corsi, tra l’altro, di Durkheim e Lévy-Bruhl, ottenendo la licence in diritto. Già nell’agosto 1906 partecipa al congresso di Nižnij Novgorod dove è eletto al comitato centrale. È eletto deputato alla II Duma nella fila del partito KD, dall’aprile al giugno 1907; nella Duma successiva i musulmani formano un gruppo associato ai KD e Maksudi è rieletto. Nel 1909 fa parte della delegazione della Duma inviata a studiare il funzionamento del

parlamentarismo britannico: un viaggio che Maksudi descrive in un importante saggio. Dopo la parentesi della

rivoluzione e della guerra civile, già presa in esame, Maksudi emigra in Francia. Sulla sua vita, cfr. tra l’altro Ali Vahit Turhan, “Sadri Maksudi (1879-1957) et le turquisme rationnel et laïque”, CEMOTI, n. 19, janvier-juin 1995, pp. 265-290.

Maksudi si affianca però anche un esponente della nuova generazione, intervenuta sulla scena del movimento nazionale nel 1917 e espressasi, in linea generale, a favore dell’autonomia territoriale (e non culturale) nell’ambito dei dibattiti svoltisi nell’intelligencija tatara all’indomani della rivoluzione di febbraio. Si trattava di Ayaz Ishaki, o Ishakov, promotore prima dell’esilio di uno stato dell’Idel’-Ural, futuro fondatore della rivista berlinese Yaŋa Millī Yul e destinato ad una

carriera di agitatore e propagandista della causa dell’indipendenza dell’Idel-Ural che si spinge fino alla diaspora tatara nella Manciuria sottoposta all’egemonia giapponese.

Tra i 33 partecipanti alla Conferenza del gennaio 1921 si incontrano altre figure di grande spessore politico di vario orientamento: si va dai cadetti (tra cui Miljukov), agli SR di sinistra (Černov) a quelli di centro e di destra (Višnjak109,

Kerenskij). Vi è anche un portavoce della frazione cosacca, V.A. Harlamov110, così come si nota la

presenza di una donna, E.K. Breško-Breškovskaja111. I dibattiti si svolgono dall’8 al 21 gennaio

1921 e sono puntualmente registrati in verbali dopo breve tempo riprodotti e divulgati in russo sulle pagine del Bjulleten’ Soveščanija Členov Učreditel’nogo Sobranija. È questa anche la

principale fonte a disposizione per la ricostruzione della conferenza, essendo altrimenti le evidenze archivistiche decisamente scarse: un fatto che può essere spiegato con il poco interesse generale dell’emigrazione russa ed anche dello Stato ospitante rispetto a questo evento, la cui partecipazione si era rivelata probabilmente di molto inferiore alle attese.

Un ulteriore motivo dello scarso valore attribuito alla conferenza risiede nel mancato raggiungimento dell’obiettivo che essa implicitamente si proponeva, ovvero la convergenza dell’élite politica dell’emigrazione della “prima ondata” attorno ad una serie di importanti problemi politici legati alla necessità di fare fronte comune di fronte agli accadimenti della guerra civile, che pareva in quel momento volgere a sfavore delle forze antibolsceviche. Volendo giudicare la conferenza in base al suo risultato concreto, è evidente che detta unità112, ricercata anche in

analoghe iniziative più o meno coeve dirette ad altre componenti della diaspora (specie quella monarchica), è ben lontana, come riconosceva ad esempio anche l’emigrazione nazionalista russa

109 Mark Veniaminovič Višnjak (1883-1977), politico e giornalista, membro del partito SR dal 1905; tra il febbraio e il novembre 1917 è in particolare membro del Comitato esecutivo del Consiglio panrusso dei deputati contadini. Emigrato a Parigi. Collaboratore di Sovremennye zapiski; con l’occupazione della Francia emigra negli USA, dove lavora al Time.

110 Eletto già nella prima Duma di Stato per l’oblast’ del Don, Vasilij A. Harlamov, nato nel 1875, viene da una brillante carriera locale in rappresentanza dei cosacchi locali, all’interno del partito KD.

111 Ekaterina K. Breško-Breškovskaja (1844-1934). Spirito anticonformista, abbandona il marito per fondare una comune a Kiev; esiliata una prima volta in Siberia, al suo ritorno sarà tra i fondatori del partito SR nel 1901. Nuovamente arrestata nel 1907, è condannata al confino a vita, ma è rilasciata dopo l’abdicazione di Nicola II. A Pietrogrado sostiene Kerenskij e il governo provvisorio. Emigra prima in Cecoslovacchia, dove fonda scuole russofone in Rutenia subcarpatica; dopo la spartizione del Paese, si sposta negli Usa.

112 Così tra gli altri in Robert Harold Johnston, New Mecca, new Babylon. Paris and the Russian exiles, 1920-1945, Kingston, McGill’s-Queen’s University Press, 1988, p. 37.

negli USA113. Da questa parte, si rimproverava ai promotori non solo di non aver raggiunto una

effettiva concordia, ma anche di aver erroneamente preteso di proporsi come rappresentanti autentici della Russia all’estero. Accuse ancora più aspre sono quelle che vedono negli SR di ogni corrente i responsabili (dal 1919 in poi) del successo delle iniziative militari dei “bianchi” Kolčak, Denikin, Judenič, Miller e Wrangel, accuse peraltro esplicitamente respinte dal loro organo praghese Volja Rossii114. Anche alcune componenti nazionaliste

della diaspora russa a Parigi mostrano di non condividere la linea della conferenza, pur seguendone passo a passo lo svolgimento: obiettivo polemico sono la remissività del leader cadetto Miljukov rispetto alla questione nazionale (accettazione dei confini del 5 gennaio 1918, cioè rinuncia alle pretese su Polonia e Finlandia) e il puntiglio dei membri della frazione tatara, che vogliono orientare il dibattito a loro vantaggio115.

È dimostrato che il governo francese non solo consentì lo svolgimento della conferenza, ma anche cooperò affinché essa fosse il più rappresentativa possibile, ad esempio agendo da tramite per contattare alcuni dei potenziali partecipanti116. Esso si interessò ai suoi risultati – anche se difformi

rispetto all’intento originale. Egualmente appare chiara l’intenzione della conferenza medesima di farsi conoscere al pubblico istituzionale e all’opinione pubblica europea, mediante la divulgazione dei risultati dei suoi lavori (in primo luogo delle risoluzioni) anche in lingua francese ed eventualmente inglese117. È assai significativo che nelle pubblicazioni destinate a lettori non

russofoni si sia chiaramente enunciata la natura privatistica della conferenza, oggetto delle polemiche già viste sopra, mentre al destinatario russo si voleva dare l’impressione della continuità tra l’Assemblea costituente e la conferenza stessa.

A ben leggere i verbali della conferenza, tuttavia, emerge chiaramente come la pretesa di formulare delle decisioni vincolanti, in sé legittima per dei membri della Costituente regolarmente eletti ma momentaneamente costretti all’esilio, non sia stata in genere condivisa. Come afferma tra gli altri il rappresentante della frazione tatara Maksudov nella sua dichiarazione programmatica, unica pretesa che la conferenza può con piena ragione accampare è quella di rivendicare l’eredità

113 Si veda in particolare la nota di protesta della “Russian National Society” di New York al Segretario di Stato americano, inoltrata per via diplomatica al Quai d’Orsay: Jusserand (ambasciatore di Francia a Washington) a Briand (PCM, MAE), 10 febbraio 1921, QdO, CPC, Z-Europe, URSS, d. 118, ff. 10 e 11-15.

114 Volja Rossii, nn. 75 e 78 (1920), richiamato nella lettera della “Russian national society” al Segreterio di Stato Bainbridge Colby, 5 febbraio 1921, ivi, f. 14.

115 E. Maksimov, “Iz loži žurnalistov”, Obščee delo, 16 gennaio 1921, in QdO, CPC, Z-Europe, URSS, d. 118, ff.

6-7.

116 Telegramma da MAE, DP, Sous-Direction Europe, a Haut Commissaire, Tiflis, 4 dicembre 1920, QdO, CPC, Z- Europe, URSS, d. 118, f. 1. Si chiede di contattare l’allora presidente della Georgia indipendente Noé Jordania. 117 Cfr. la raccolta trilingue delle risoluzioni: Častnoe soveščanie členov vserossijskago učreditel’nago sobranija. Conférence privée des membres de l’assemblée constituante de Russie. The private Conference of members of the Constituent assembly, Pariž, « Zemgor », 1921, in QdO, CPC, Z-Europe, URSS, d. 118, ff. 35-72; nonchè la

traduzione dei verbali: Comité exécutif de la Conférence des Membres de la Constituante de Russie, Comptes-rendus

del “democratismo russo” in tutte le sue correnti. La conferenza si situava così in una linea di continuità che risale oltre la sua elezione, per ricollegarsi ad altre manifestazioni politiche più antiche, ad esempio conseguenti alla rivoluzione del 1905. L’argomento in questione era tuttavia un’arma a doppio taglio: membri “anziani” come Miljukov potevano usarlo per legittimarsi e per proporsi come auctoritas, ad esempio nel dibattito sulla questione delle nazionalità; al contrario, la frazione tatara se ne servirà per accusare lo stesso Miljukov e anche i militanti SR di incoerenza con il proprio passato.

Non è solo l’élite politicamente attiva, però, a divenire bersaglio delle critiche dei membri della frazione tatara presenti a Parigi: la loro virulenza investe complessivamente tutta l’intelligencija russa, definita qui sbrigativamente negli usuali ambivalenti termini di gruppo socio-professionale e di “comunità di sentire”. L’intelligencija è rappresentata come, se non soggettivamente, almeno “obiettivamente avversaria” delle nazionalità, cioè degli allogeni in generale e dei musulmani in particolare, poiché si è troppo lungamente ostinata nella propria posizione, secondo la quale detti allogeni non avrebbero potuto trovare meglio che in Russia un paese in cui vivere e progredire nella prosperità. Non solo: l’intelligencija si è dimostrata e continua a dimostrarsi incapace di comprendere la questione nazionale perché essa è per lei “nuova e sconosciuta”. A questo seguirebbe l’inanità della conferenza parigina nella trattazione di questo tema, essendo la conferenza stessa in massima parte composta da membri che di quella intelligencija fanno tipicamente parte118. I membri russi della conferenza avrebbero anche rifiutato occasioni di

confronto offerte loro dai membri appartenenti alla frazione tatara prima dell’inizio della conferenza stessa, con il velato intento di boicottare sul nascere un’intesa nell’esilio attorno alla questione nazionale119.

L’incoerenza dei rappresentanti russi presenti alla conferenza è rimproverata loro dai colleghi tatari (Maksudov in testa) non soltanto in riferimento ad un astratto “democratismo” cui idealmente tutti quanti, seppur con sensibilità diverse, si ricollegherebbero, ma anche riguardo a episodi e posizioni più ravvicinate nel tempo, risalenti ad un periodo di poco antecedente all’esilio. Si vede qui come fatti e persone degli anni della rivoluzione e della guerra civile continuino a alimentare, anche nell’emigrazione, aspre recriminazioni. Ciò è ancor più comprensibile qualora si consideri che la conferenza avviene immediatamente a ridosso di quell’epoca e per di più in una congiuntura di particolare incertezza per le sorti dell’ex Impero russo. Bersaglio della frazione tatara sono soprattutto i socialisti rivoluzionari, apertamente accusati di tradimento. Essi avevano infatti 118 Opinioni enunciate da Tuktarov in Bjulleten’ Soveščanija Členov Učreditel’nago Sobranija, no. 5,

relativo alla VI seduta (17 gennaio 1921), riprodotto in dattiloscritto da Mustafa Čokaev: AČ, carton 1, d. 8 (b), f. 36.

119 Così Ishakov in Bjulleten’ Soveščanija Členov Učreditel’nago Sobranija, no. 5, relativo alla VI

seduta (17 gennaio 1921), riprodotto in dattiloscritto da Mustafa Čokaev: AČ, carton 1, d. 8 (b), f. 33.

dimostrato temporaneamente qualche volontà di collaborazione sul tema della questione nazionale mentre si trovavano a gestire il potere a Saratov, nel corso della guerra civile120.

Esiste infine un problema evidente di concorrenza con le coeve proposte di autonomia nazionale formulate dai bolscevichi per guadagnare a sé gli allogeni nella guerra civile. La frazione musulmana alla conferenza del gennaio 1921 è pienamente cosciente di tale situazione, mentre i membri russi non sembrano avvedersene. Una serie di riferimenti velati nel corso delle prime cinque sedute culminano nel paradosso enunciato alla fine della sesta dal tataro Tuktarov, che insiste sul mandato popolare a lui affidato:

Se voi adotterete il progetto della commissione con i suoi diritti alla lingua d’origine, al lavoro etc., e se con una siffatta risoluzione io mi recherò nella regione del Volga, dove dai bolscevichi è stata proclamata una repubblica tatara cosiddetta “autonoma” [“samostojatel’naja”, virgolettato nel testo], dirò alla gente grosso modo così: “Signori, lasciate perdere questa repubblica bolscevica, io vi ho portato dalla Conferenza dei membri della Assemblea costituente una risoluzione, secondo la quale vi si permette di parlare liberamente in tataro e di lavorare 24 ore al giorno…”121

La conferenza, quindi, è profondamente attraversata da inimicizie, reciproci sospetti e diffidenze. Di fronte all’esigua partecipazione ottenuta, anche gli organizzatori probabilmente persero la fiducia che da essa potesse uscire una rappresentanza del variegato mondo dell’emigrazione, coesa in particolare sul tema dell’intervento alleato. È possibile che la “frazione tatara” sia riuscita a farsi largo e ad imporre la discussione della questione delle nazionalità e dei separatismi proprio in virtù del calo di interesse degli altri attori.

La “questione nazionale”: problemi terminologici preliminari.

È necessario capire come si arrivi, nonostante discussioni fin dall’inizio molto animate, ad una risoluzione sulla “questione nazionale” tutt’altro che univoca. Un sintomo chiaro della scarsa volontà di affrontare di petto la questione è il fatto che essa non sia contenuta nell’ordine del giorno originario, ma vi sia stata introdotta su pressione dei rappresentanti tatari, anche a nome di tutti i musulmani dell’ex Impero. La questione nazionale (nacional'nyj vopros) viene contrabbandata nel dibattito attraverso la discussione attorno alle “formazioni statuali dei confini” (gosudarstvennyja

okrainyja obrazovanija), di per sé già assai ambiguamente definite. Proprio questo tema finirà

tuttavia per occupare la maggior parte delle sedute.

120 Gli SR, riferisce Tuktarov, avevano collaborato alla redazione della “Dichiarazione di riconoscimento della autonomia culturale-nazionale dei tatari”, in cui la nazione era intesa come soggetto collettivo di diritti: Bjulleten’ Soveščanija Členov Učreditel’nago Sobranija, no. 4, VI seduta (17 gennaio 1921), p. 6.

121 Cit. da Bjulleten’ Soveščanija Členov Učreditel’nago Sobranija, no. 5, relativo alla VI seduta

(17 gennaio 1921), riprodotto in dattiloscritto da Mustafa Čokaev: AČ, carton 1, d. 8 (b), ff. 38-39.

L’ambiguità è duplice ed investe sia la natura statuale di dette nuove entità, sia il loro situarsi ai confini, o alla periferia, dell’ex Stato imperiale russo. La presenza di due elementi definitori non scioglie il dilemma, data l’indeterminatezza dell’uno e dell’altro. In primo luogo, che cosa deve essere inteso come okrainyj, in una situazione in cui i confini esterni dello Stato russo continuano a variare date le proclamazioni di indipendenza e in cui non è perciò certo che cosa si trovi dentro e che cosa invece si trovi fuori di essi? Gli esempi addotti da Tuktarov122 sono eloquenti e lasciano

intendere come la stessa definizione del termine contenga in sé una presa di posizione politica. Fermi restando i casi non controversi della Polonia e della Finlandia (la cui secessione è data per scontata), la commissione incaricata di elaborare la bozza di risoluzione a questo riguardo è orientata a far rientrare nella definizione la Lituania e l’Estonia. Ma come situare a questo punto, ad esempio, Lettonia e Bielorussia? Se le prime due sono oramai reputate indipendenti, allora Lettonia e Bielorussia si vengono a trovare ai confini, e sono perciò a tutti gli effetti da esaminare sotto la specie di okrainye obrazovanija. La situazione si complica alquanto se si guarda ad est, ad esempio riguardo alla repubblica kirghisa (kazakha) che si è andata formando nella regione delle steppe: essa si trova sicuramente ai confini (nella fattispecie, con la Cina). Ma se si considera valida (alla stregua di quanto fatto con Lituania ed Estonia) la sua dichiarazione di indipendenza, a sua volta la Baškiria diverrebbe una “formazione limitrofa”. La concomitanza di tante dichiarazioni di indipendenza imporrebbe teoricamente, volendole giudicare tutte alla stessa stregua, il trasferimento della nozione

okrainyj a tutte le regioni, fin nel cuore della Russia europea, con l’inclusione del Tatarstan e dell’autoproclamata repubblica dei Čuvaši. In altri termini, la definizione è ben troppo vasta per essere operativa.

L’intento dell’argomentazione di Tuktarov è chiaro fin dagli esempi cui egli attinge: il rappresentante tataro vuole scalzare l’obiezione fondamentale mossa dai membri russi della conferenza all’inclusione della questione nazionale nell’ordine del giorno della conferenza, nel timore (del tutto ragionevole, come si vedrà) che essa ne avrebbe paralizzati i lavori. Secondo Tuktarov, invece, la stessa formulazione dell’ordine del giorno impone il superamento di una rigida distinzione tra questioni interne e questioni di politica internazionale. Non solo: l’intera prospettiva deve essere innovata come propone la frazione tatara: devono essere considerati soggetti politici non solo gli “Stati-governi”, ma, come dirà Maksudov, “i popoli (narody) stessi”123. La genuinità

del carattere nazionale diviene quindi l’unica condizione plausibile per essere inclusi nella categoria delle “formazioni nazionali limitrofe” e per divenire così oggetto di dibattito alla conferenza. Dei due criteri definitori, uno (quello geografico) è, come si è visto, di difficile attuazione, mentre l’altro non sta a significare, nella lettura datane dalla “frazione tatara”, l’effettività del potere su un 122 Bjulleten’ Soveščanija Členov Učreditel’nago Sobranija, no. 2, II seduta (10 gennaio 1921), pp. 2-3.

dato territorio, bensì la legittima e sincera aspirazione all’indipendenza formulata da una popolazione (narodnost’) numericamente maggioritaria entro i confini dati.

Tuktarov non definisce in maniera più pregnante questa condizione, attenendosi all’osservazione per cui tutte le nuove entità statuali “si sono formate in base al carattere nazionale (po

nacional’nomu priznaku)”. È evidente nondimeno che il riferimento alla dialettica tra popolazione

maggioritaria e delimitazione territoriale non è scevro da problemi. Esso è tuttavia sintomatico di una certa apertura da parte del relatore, e probabilmente dell’intera frazione tatara, alle ragioni dell’autonomismo territoriale. Altri indizi permettono in effetti di ravvisare, da parte di questi membri della Costituente in esilio, il superamento della mera autonomia culturale così come sostenuta dallo stesso Maksudov fino al 1917.

Questa apertura, destinata a divenire sempre più visibile con l’avanzamento dei lavori della conferenza, dipende in parte dalla già menzionata concorrenza con quanto contemporaneamente promesso e concesso dai bolscevichi: una circostanza che induce la frazione tatara ad aumentare la posta in gioco. Un peso dovette avere anche la posizione refrattaria assunta da tutti i rappresentanti russi (nonché di quello lituano e di quello cosacco) rispetto a qualsiasi opzione autonomista moderata. I dibattiti svoltisi nella conferenza dal 15 gennaio in poi testimoniano la volontà generale di eludere il problema delle nazionalità (già con malumore incluso nei dibattiti), riducendolo a semplice sottospecie della tutela dei diritti individuali dei cittadini di una futura auspicabile Russia democratica. Nel contempo, è legittimo supporre che le circostanze dell’esilio – ovvero l’isolamento, la debolezza numerica e il prevalere dell’elemento “giovane” – abbiano indotto i rappresentanti tatari a serrare le fila, limando il più possibile le divergenze interne.

La risoluzione di maggioranza e quella della frazione tatara.

Tale conflitto, di natura non puramente terminologica, è evidente all’esame comparativo delle risoluzioni proposte rispettivamente dalla commissione sulla questione delle nazionalità e dalla