Paola Mori
SOMMARIO: 1. La Carta dei diritti fondamentali quale “base costituzionale
dell’UE”. – 2. L’ambito di applicazione della Carta nella giurisprudenza della Corte di giustizia. – 3. L’autonomia della Carta in un sistema multilivello di tutela dei diritti fondamentali. – 4. Il primato della Carta.
1. La Carta dei diritti fondamentali quale “base costituzionale dell’UE”
La scelta di affrontare una tematica concernente la Carta dei diritti fondamentali dell’UE in questo incontro dedicato all’opera e al pensie- ro scientifico di Luigi Ferrari Bravo nasce avendo in mente il volume contenente la Carta commentata con la giurisprudenza della Corte di giustizia e della Corte europea dei diritti dell’uomo1.
Pubblicato nel 2001, il volume si pone in linea di continuità con il ben più ponderoso Codice dell’Unione europea la cui prima edizione venne messa in cantiere quando il processo di ratifica del Trattato di Maastricht non era ancora completato e il suo esito ancora incerto2.
In quegli anni Ferrari Bravo insegnava Diritto comunitario nella Fa- coltà di Giurisprudenza della Sapienza. Chi ha avuto il privilegio di col- laborare con lui sa che la sua dottrina, il suo insegnamento teorico era- no sempre vivificati dall’esperienza del negoziatore internazionale e da
1 L. F
ERRARI BRAVO, F. M. DI MAJO, A. RIZZO, Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, Milano, 2001.
2 L.F
ERRARI BRAVO,V.RIZZO, Codice dell'Unione europea. Il trattato di Maastri-
cht. Il trattato istitutivo della Comunità europea come modificato dal trattato di Maa- stricht, annotato con la giurisprudenza della Corte di giustizia: i documenti rilevanti,
quella di capo del Contenzioso diplomatico presso il Ministero degli affari esteri, posizione che egli ricopriva in quegli anni e che gli con- sentiva una visione prospettica e di ampio respiro delle dinamiche dei rapporti tra lo Stato e l’allora Comunità europea.
Come si legge nella Premessa di Ferrari Bravo, l’idea che ha ispirato i Codici era quella di valorizzare «l’evoluzione pretoria del diritto eu- ropeo» riconoscendo «alla Corte di giustizia il ruolo di motore fonda- mentale per lo sviluppo» del diritto e più in generale del processo di in- tegrazione europea.
Evidentemente il ruolo della giurisprudenza europea – delle Corti di Lussemburgo e di Strasburgo – assume un significato ancora più spic- cato nell’evoluzione e nella codificazione dei diritti fondamentali.
In questo sta l’intuizione profonda di un codice commentato della Carta dei diritti fondamentali, quando, siamo nel maggio 2001, la Carta era stata appena solennemente proclamata dal Parlamento europeo, Consiglio e Commissione (7 dicembre 2000) e senza che ancora le fos- se stato riconosciuto valore formalmente vincolante. E dunque senza neppure un corpo di giurisprudenza rilevante3.
A questo proposito ancora nella Premessa Ferrari Bravo osservava come potesse sembrare «strano» un esercizio siffatto ma come tale stranezza in realtà fosse solo apparente: la Carta che, come preconizza- to, diventerà con le opportune procedure «la base costituzionale dell’UE», era già «in effetti oggetto di elaborazione giurisprudenziale da quando circa trent’anni orsono ha cominciato a svilupparsi l’orien- tamento della Corte di Lussemburgo diretto a ricercare il significato dei diritti europei su cui si basa la costruzione europea».
È chiaro in queste parole il riferimento a quella nozione di principi generali del diritto dell’Unione ricavati dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri attraverso la quale la Corte di giustizia ha tutelato i diritti fon- damentali in assenza di un catalogo scritto.
3 La prima menzione della Carta nella giurisprudenza comunitaria appare nelle con-
clusioni dell’avv. gen. Tizzano pronunciate l’8 febbraio 2001 nella causa C- 173/99,
Sotto questo profilo la Carta si colloca in una linea di continuità giu- ridica, ha valore ricognitivo di diritti già altrove sanciti4: nei Trattati istitutivi, nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in altri stru- menti internazionali.
In realtà se questo è vero, nondimeno la Carta ha un indubbio valore innovativo nella misura in cui codifica in maniera sistematica e in un unico testo, a cui l’art. 6, par. 1, TUE quale modificato dal Trattato di Lisbona, conferisce lo stesso valore giuridico dei Trattati, diritti che al- trimenti non avrebbero valore vincolante o non per tutti gli Stati mem- bri o comunque non con le stesse garanzie.
Si pensi ai c.d. diritti di terza generazione, come ad esempio il dirit- to all’integrità fisica della persona sancito nell’art. 3 della Carta il quale incorpora per gli ambiti della medicina e della biologia i principi stabi- liti nella Convenzioni di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina pur non essendo questa vincolante per tutti gli Stati membri dell’Unione. Per non parlare dei diritti economici e sociali ai quali, no- nostante le profonde divergenze e ostilità da parte di alcuni Stati mem- bri, la Carta, rifacendosi in particolare alla Carta sociale europea, dedi- ca l’intero Titolo IV, Solidarietà. Ed anche rispetto ai classici diritti ci- vili e politici, per i quali il principale parametro di riferimento è costi- tuito dalla CEDU, la Carta apporta alcune significative precisazioni e in alcuni casi innovazioni. Fra le molte basti fare menzione dell’art. 47 che, garantendo un ricorso effettivo davanti a un giudice imparziale per tutti i diritti e le libertà garantiti dal diritto dell’UE, ha un ambito di ap- plicazione più ampio rispetto alle corrispondenti disposizioni della CEDU, gli articoli 13 e 6, par. 1. Altrettanto si può dire per l’art. 50 che, facendo coerente applicazione dell’acquis Schengen (art. 54-58 Convenzione di applicazione Schengen), implica l’applicazione trans- nazionale tra giurisdizioni degli Stati membri del principio ne bis in
idem, e non più solo all’interno di uno Stato (art. 4 Protocollo 7 CE-
DU). Per non parlare poi del divieto di discriminazione a cui l’art. 21, par. 1, della Carta dà rilevanza sotto molteplici, diversi profili.
4 Come affermato nel Protocollo n. 30 «la Carta ribadisce i diritti e le libertà e i
principi riconosciuti nell’Unione e rende detti diritti più visibili ma non crea nuovi di- ritti o principi».
In questi aspetti di novità, in questa maggiore modernità di conte- nuti della Carta, unitamente al fatto di essere inserita in un contesto isti- tuzionale e giurisdizionale che ne garantisce una particolare efficacia, vanno probabilmente ricercati i motivi della straordinaria, forse esorbi- tante, attenzione che essa sta ricevendo soprattutto da parte dei giudici nazionali5. Da quando ormai cinque anni fa il Trattato di Lisbona ha at- tribuito alla Carta lo stesso valore giuridico dei Trattati, la Corte di giu- stizia è chiamata ad esaminare un numero crescente di rinvii pregiudi- ziali, spesso tendenti ad avallare interpretazioni volte a utilizzare la Carta come uno strumento di tutela dei diritti di portata generale, appli- cabile anche al diritto nazionale indipendentemente da qualsiasi colle- gamento con il diritto europeo6.
2. L’ambito di applicazione della Carta nella giurisprudenza della Corte di giustizia
La Corte di giustizia ha via via fornito sempre maggiori elementi ai fini dell’individuazione dei confini del diritto dell’Unione e quindi dell’applicazione della Carta, circoscrivendo quelle letture dirette ad
5 Basti pensare che nel 2014 le pronunzie della Corte di giustizia che hanno richia-
mato in motivazione articoli della Carta sono state più di 210 mentre nel 2013 erano 113, 87 nel 2012 e 43 nel 2011; v. Relazione 2014 sull’applicazione della Carta dei di- ritti fondamentali dell’Unione europea, COM(2015)191 final, e il Documento di lavoro allegato, SWD(2015)99 final. Per completezza si può anche segnalare che la Commis- sione ha fatto riferimento alla Carta in 11 procedimenti di infrazione fondati sugli arti- coli 258-260 TFUE; di questi cinque casi riguardano l’asilo e la migrazione. Dal Docu- mento di lavoro allegato alla Relazione, emerge che le procedure di infrazione riguarda- no in particolare casi di violazione degli articoli 6 (libertà e sicurezza), 18 (asilo, non
refoulement), 24 (diritti del minore) della Carta in materia di migrazioni e di discrimina-
zioni dei Rom in violazione della direttiva 2000/43 (parità trattamento indipendente- mente dalla razza e origine etnica) e degli articoli 14 (diritto all’istruzione), 20 (ugua- glianza davanti alla legge) e 21 (non discriminazione) della Carta.
6 Per alcuni esempi in tal senso, v. P.M
ORI, La "qualità" della legge e la clausola
generale di limitazione dell'art. 52, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali, in Dir. Un. Eur., 2014, p. 257-286, e in Studi in onore di Giuseppe Tesauro, Napoli, 2014, p.
estenderne indebitamente l’ambito di applicabilità7.
In linea di continuità con la giurisprudenza in materia di principi ge- nerali8, la Corte ha specificato che ricadono nell’ambito del diritto dell’Unione e sono quindi soggette alla Carta soltanto quelle regola- mentazioni dello Stato membro che siano comunque dirette a dare at- tuazione ad obblighi derivanti dai Trattati e dal diritto derivato e ciò an- che qualora lo Stato membro disponga di ampia discrezionalità in mate- ria9.
La Corte ha pertanto ritenuto che la protezione offerta dalla Carta viene in rilievo ogniqualvolta una misura nazionale presenti un «colle- gamento tra un atto di diritto dell’Unione e il provvedimento nazionale in questione che vada al di là dell’affinità tra le materie prese in consi- derazione o dell’influenza indirettamente esercitata da una materia sull’altra»10.
Nella sentenza Akeberg Fransson11 la Corte ha precisato che non
occorre però che la misura sia stata specificamente adottata dal legisla-
7 In argomento v. K. LENAERTS, Exploring the Limits of the EU Charter of Funda-
mental Rights, in ECLR, 2012, p. 375 ss.; P. MENGOZZI, La rilevanza giuridica e
l’ambito di applicazione della Carta alla luce della giurisprudenza della Corte di Giu- stizia, in St. Int. Eur., 2015, p. 23 ss.; D. V.SKOURIS, Développements récents de la
protection des droits fondamentaux dans l’Union européenne: les arrêts Melloni et
Åkerberg Fransson, in Dir. Un. Eur., 2013, p. 229 ss.; A. TIZZANO, L’application de la
Charte de droits fondamentaux dans les États membres à la lumière de son article 51, paragraphe 1, in Dir. Un. Eur., 2014, p. 429 ss.
8 Corte giust. 13 luglio 1989, causa 5/88, Wachauf, punti 19-22; 13 aprile 2000,
causa C-292/97, Karlsson, punto 37, nonché, con riferimento alle misure nazionali che introducono deroghe alle libertà fondamentali previste dai Trattati, 18 giugno 1999, C- 260/89, ERT, punti 42-43.
9 Si veda in particolare Corte giust. 21 dicembre 2011, cause riunite C-411/10 e C-
493/10, N. S. e a., punti 65 ss., in cui la Corte ha ritenuto che la decisione adottata da uno Stato membro nell’esercizio del potere discrezionale riconosciutogli dall’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003 di esaminare o meno una domanda di asilo rispetto alla quale esso non è competente in base ai criteri enunciati nel capo III di detto regolamen- to, «dà attuazione al diritto dell’Unione ai fini dell’art. 6 TUE e/o dell’art. 51 della Car- ta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».
10 Corte giust. 6 marzo 2014, C-206/13, Siragusa, punto 24; 10 luglio 2014, causa
C-198/13, Hernandez, punto 34.
tore nazionale per dare attuazione al diritto dell’UE. Nel caso di specie si trattava di una normativa nazionale che, pur non essendo stata adotta- ta per trasporre la direttiva 2006/112 in materia di IVA, portava co- munque a sanzionare penalmente la violazione delle disposizioni della stessa e pertanto ad attuare l’obbligo imposto dall’art. 325 TFUE agli Stati membri di sanzionare in modo effettivo i comportamenti lesivi degli interessi finanziari dell’Unione.
Nella più recente sentenza Berlington, è stata affrontata la questione se le normative, tra cui provvedimenti di aumento delle imposte dirette, adottate da uno Stato membro nel quadro di una riforma nazionale di- retta ad ostacolare la gestione delle slot machine, che comportano una restrizione alla libera circolazione delle merci e della libera prestazione dei servizi, possano trovare giustificazione in motivi imperativi di inte- resse generale. Richiamando la giurisprudenza ERT, la Corte ha ribadi- to che, quando uno Stato membro invoca motivi imperativi di interesse generale per giustificare una normativa tale da ostacolare l’esercizio della libera prestazione dei servizi, «questa giustificazione dev’essere parimenti interpretata alla luce dei principi generali del diritto dell’Unione e, segnatamente, dei diritti fondamentali ora garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea»; di conseguenza, «la normativa nazionale in questione potrà fruire delle eccezioni previ- ste solo se è conforme ai diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto»12. Vale la pena di sottolineare che, espressamente richiesta
sul punto dal giudice del rinvio, la Corte ha poi precisato che normative nazionali, come quelle rilevanti nel caso di specie, che riguardino un ambito di competenza degli Stati membri, qual è l’imposizione tributa- ria diretta, devono comunque rispettare il diritto dell’Unione e che, per- tanto, «le giustificazioni dedotte da uno Stato membro a sostegno di una restrizione a dette libertà devono essere interpretate alla luce dei diritti fondamentali, anche quando detta restrizione riguarda un ambito di competenza di tale Stato membro, una volta che il caso in questione rientra nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione»13.
12 Corte giust. 11 giugno 2015, C-98/14, Berlington, punto 74; v. anche 30 aprile
2014, C-390/12, Pfleger, punto 35.