amministrazioneincammino.luiss.it) avviato dalla Commissione nel 2006 a partire dalla
sua Comunicazione su “Un’agenda dei cittadini per un’Europa dei risultati” (COM(2006) 211 def.); sono associati al controllo politico sulle due agenzie dell’Unione (Eurojust ed Europol) operanti nei settori della cooperazione giudiziaria in materia penale e di polizia, e alla valutazione sull’attuazione delle politiche dell’Unione nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia; e possono finanche, in taluni casi, bloccare direttamente, senza la mediazione dei rispettivi governi, decisioni delle istituzioni, come nel caso della procedura di controllo sul rispetto del principio di sussidiarietà, disciplinata dal Protocollo (n. 2) sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità (ma si veda anche il potere loro riconosciuto nel quadro del procedimento legislativo di adozione di atti dell’Unione in materia di diritto di famiglia, dove è previsto dall’art. 81, par. 3, comma 3, TFUE che se un parlamento nazionale comunica entro sei mesi dal ricevimento della proposta della Commissione la sua opposizione a questa, perché la decisione del
Consiglio non possa più essere adottata). Cfr., nell’ampia dottrina,C.MORVIDUCCI, Par-
lamenti nazionali (ruolo nell’UE), in Enc. Dir., Annali, vol. VII, Milano, 2013, p. 593
ss.; N.LUPO, I poteri europei dei Parlamenti nazionali: questioni terminologiche, clas-
sificazioni e primi effetti, in A.MANZELLA e N.LUPO (a cura di), Il sistema parlamenta-
re euro-nazionale. Lezioni, Torino, 2014, p. 101 ss.; M.BARUFFI, Art. 12 TUE, in F.
POCAR e M.BARUFFI (a cura di), Commentario breve ai Trattati dell’Unione europea,
Padova, 2014, p. 61 ss.; P.MENGOZZI, Art. 12 TUE, in A.TIZZANO (a cura di), Trattati
dell’Unione europea, Milano, 2014, p. 108 ss.
31 Per una ricostruzione del “percorso di avvicinamento” dei parlamenti nazionali al
sistema dell’Unione si veda M.CARTABIA, I parlamenti nazionali nell’architettura co-
stituzionale dell’Unione. Che cosa resta in caso di mancata ratifica?, in L’integrazione dei sistemi costituzionali europeo e nazionali. Atti del 20° Convegno annuale dell’AIC
(Catania, 14-15 ottobre 2005), in http://archivio.rivistaaic.it/materiali/convegni/aic 200510/cartabia.html.
dell’Unione in quanto tali, o, per meglio dire, dell’interesse generale di questi32.
Perché il punto centrale di una discussione relativa al ruolo che i parlamenti nazionali possono giocare in prima persona nel funziona- mento dell’Unione sta, in effetti, proprio in questo. Quell’eventuale ruolo è comunque loro di fatto precluso, a mio avviso, soprattutto per ragioni per così dire “genetiche”. La visione dei parlamenti nazionali, essendo necessariamente, e com’è giusto che sia, quella di ciascuno di essi, è destinata a rimanere comunque parziale, e quindi incapace di rappresentare l’interesse generale del sistema: il loro maggiore coinvol- gimento nell’azione dell’Unione potrà certamente accrescere la caratura democratica della politica europea di ciascuno dei loro Stati, ma che questo significhi anche una diversa operatività del principio democrati- co nel processo d’integrazione europea, è francamente lecito dubitarne. La prassi di applicazione della principale delle nuove funzioni ad oggi riconosciute ai parlamenti nazionali nel sistema dell’Unione sta del resto lì a confermarlo. È difficile infatti rinvenire nell’utilizzo, ad esempio, dei poteri di controllo di cui essi dispongono in materia di ri- spetto del principio di sussidiarietà da parte delle proposte legislative della Commissione, una lettura da parte loro di tali poteri che dia una qualche considerazione all’interesse comune all’adozione o meno di una determinata misura dell’Unione: i parlamenti nazionali vi appaiono invece tendenzialmente ripiegati su un’interpretazione di questo loro ruolo strettamente funzionale all’affermazione di posizioni politiche puramente nazionali33.
32 Per tutti A.M
ANZELLA, Parlamento europeo e parlamenti nazionali come siste-
ma, in Riv. tel. giur. AIC, n. 1/2015.
33 Per un esempio si veda il parere motivato adottato dal Senato italiano
(http://ec.europa.eu/dgs/secretariat_general/relations/relations_other/npo/docs/italy/201 1/com20110126/com20110126_senato_opinion_en.pdf,), nel quadro della procedura in precedenza ricordata di controllo da parte dei parlamenti nazionali sul rispetto del prin- cipio di sussidiarietà, sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla compe- tenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in mate- ria di regimi patrimoniali tra coniugi (COM (2011) 126 definitivo) e sulla (collegata) proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate (COM (2011) 127 definitivo).
3. Una risposta che pesa: la Corte costituzionale tedesca e il principio di degressività nella composizione del Parlamento europeo
Paradigmatica di questo indirizzo critico verso il Parlamento euro- peo assunto dal dibattito sulla democrazia nell’Unione è certamente la giurisprudenza della Corte costituzionale tedesca, nella quale, peraltro, riecheggiano cumulativamente non pochi degli argomenti prima ricor- dati.
Compiendo un percorso simile a quello dell’elettorato europeo (quanti più poteri il Parlamento acquisisce, tanti meno voti riceve), la Corte di Karlsruhe ha in effetti proceduto nel corso degli anni, dopo una prima più benevola considerazione, ad una progressiva svalutazio- ne del ruolo e della natura stessa del Parlamento europeo, che ha signi- ficativamente coinciso, in senso inverso, proprio con il progressivo in- cremento dei poteri di questo.
Pronunciandosi all’inizio degli anni ’90 sul Trattato di Maastricht34, essa aveva in effetti data per acquisita, in quel momento, l’importanza del Parlamento quale canale di rappresentanza dei popoli degli Stati membri, auspicando anzi un ulteriore rafforzamento di questa rappre- sentatività e della conseguente legittimazione democratica della Comu- nità attraverso una crescita dell’influenza del Parlamento sulla presa di decisione tanto politica, che legislativa di questa. In altri termini, il pro- blema del deficit democratico sembrava allora essere, per i giudici di Karlsruhe, quello di una carenza di poteri e non certo di rappresentativi- tà del Parlamento.
Circa venticinque anni dopo e, soprattutto, quattro Conferenze in- tergovernative dopo, è proprio quella rappresentatività che viene invece rimessa fortemente in discussione dalla stessa Corte tedesca, chiamata a pronunciarsi questa volta sulla ratifica da parte della Germania del Trat- tato di Lisbona35.
34 Sentenza del 12 ottobre 1993. Data l’abbondanza dei commenti che questa sen-
tenza ha ricevuto, ci si limita a rinviare alla bibliografia contenuta in G.HIRSCH, Euro-
päischer Gerichtshof und Bundesverfassungsgericht – Kooperation oder Konfrontation,
in NJW, 1996, p. 2457.
35 Sentenza del 30 giugno 2009, sulla quale si vedano, nella ugualmente sterminata
Il punto di attacco è il sistema di proporzionalità degressiva sulla cui base sono ripartiti, tra gli Stati membri, i seggi al Parlamento europeo. Com’è noto, infatti, lo stesso TUE dispone all’art. 14, par. 2, che all’interno del Parlamento «la rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale, con una soglia minima di sei membri» e un tetto massimo di 96, con la conseguenza che il numero di elettori rappresentati da ciascun parlamentare europeo differisce in ra- gione della dimensione della popolazione dello Stato membro nel quale lo stesso è eletto: in pratica, quanto più grande è la popolazione di uno Stato, tanto più è alto il numero degli elettori rappresentati, e viceversa. Tanto per capirci, nell’attuale Parlamento, mentre un parlamentare te- desco rappresenta quasi 840 mila cittadini, uno maltese ne rappresenta poco più di 70.000.
Ciò porta la Corte costituzionale tedesca ad affermare, in questa nuova sentenza, non solo che con questo sistema non è rispettata quella parità tra gli elettori, intesa come uguaglianza del voto, che deve esserci all’interno di un medesimo corpo elettorale; ma anche che, proprio per questo, il Parlamento europeo non rappresenta, in contraddizione con il nuovo art. 14, par. 2, TUE, i cittadini dell’Unione unitariamente intesi, bensì ancora, come recitava il precedente Trattato, i popoli degli Stati riuniti nella Comunità; su un piano concreto inoltre, recita la sentenza, se ne deve concludere che «una sovranità popolare a se stante dell’in- sieme dei cittadini dell’Unione» non è comunque in grado di esprimersi attraverso il Parlamento europeo, dato che «in caso di decisioni a mag- gioranza qualificata risicata tra gli indirizzi politici presenti nel Parla- mento, non vi è alcuna garanzia che alla maggioranza dei voti espressi corrisponda una maggioranza dei cittadini dell’Unione».