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Il Parlamento europeo è parte di questo presunto deficit?

sentativa e prove di democrazia partecipativa, in AIC, Osservatorio costituzionale

2. Il Parlamento europeo è parte di questo presunto deficit?

Ciò detto, il tema del tasso di democraticità dell’Unione continua a dominare il dibattito scientifico e politico, appassionando in particolare i politologi e i costituzionalisti15. Colpisce tuttavia che, mentre in passa- to il Parlamento europeo, o per meglio dire un suo maggiore ruolo nel funzionamento dell’Unione, era generalmente ritenuto l’antidoto prin- cipale contro il deficit democratico di questa, tanto da farlo definire dal- la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo come «l’instrument princi- pal du contrôle démocratique et de la responsabilité politique dans le système communautaire»16, oggi esso viene sempre più spesso indicato, se non addirittura tra i motivi di quel deficit, quanto meno come un ri- medio non sufficiente a colmarlo.

Le ragioni avanzate a sostegno di queste opinioni, sono le più varie, e investono non solo il suo ruolo nel funzionamento dell’Unione, ma anche la stessa effettività della sua rappresentatività democratica. C’è chi lamenta il sostanziale consociativismo cui il Parlamento europeo

                                                                                                               

13 Cfr. in materia le osservazioni di P.P

ONZANO, Democrazia e governance euro-

pea, in Papers di diritto europeo, 2013/1, p. 4.

14 Cfr. al riguardo, anche per gli ulteriori riferimenti bibliografici, il mio Il governo

economico della zona euro e l’evoluzione del suo quadro normativo, in M.E.BARTOLO- NI,A.CALIGIURI,B.UBERTAZZI (a cura di), L’Unione europea e la riforma del governo

economico della zona euro, Napoli, 2013, p. 4 ss., in particolare p. 42 ss.

15 Si veda al riguardo il bel lavoro di B.G

UASTAFERRO, Le declinazioni sovranazio-

nali del principio democratico, in A.ARGENIO (a cura di), Democrazia e totalitarismo,

Napoli, 2012, p. 173 ss.

16 Sentenza del 18 febbraio 1999, Matthews c. Regno Unito (requête n. 24833/94),

sarebbe obbligato dalle sue regole di funzionamento17; e chi punta il di- to sulla non disponibilità da parte del Parlamento di un potere fonda- mentale delle assemblee parlamentari quale quello d’iniziativa legisla- tiva18. Alcuni ritengono che un’evidente limitazione della sua rappre- sentatività democratica verrebbe dall’intrinseca inesistenza del rappre- sentato, per la mancanza di un demos europeo19; altri, più radicalmente, sottolineano invece l’incapacità di fondo del Parlamento di riflettere il conflitto sociale e politico per la sostanziale de-politicizzazione del progetto europeo quale concepito dalle origini20. Financo l’elezione di- retta è stata ritenuta controproducente rispetto al tasso di rappresentati- vità, perché avrebbe troncato «il collegamento tra classi politiche na- zionali e progetto europeo» e, con esso, il contributo a quest’ultimo dei parlamentari nazionali, «meglio attrezzati per riflettere e plasmare l’opinione pubblica sul tema dell’integrazione europea»21.

La prova definitiva della scarsa rappresentatività democratica del Parlamento europeo è stata poi da più parti indicata nel forte astensioni- smo o, per usare un’espressione recentemente utilizzata rispetto ad altre elezioni (nazionali) di cui però nessuno mette in dubbio la democratici- tà, nella sempre più scarsa affluenza che stanno progressivamente co- noscendo le tornate elettorali europee22.

Ciò che più di tutto colpisce, però, nella maggior parte di queste

                                                                                                               

17 P.P

ONZANO, op. cit., p. 3.

18 G.R

ESS, Parlamentarismo e democrazia in Europa, Napoli, 1999, p. 121.

19 D.G

RIMM, in G.ZAGREBELSKY,P.PORTINARO,J.LUTHER (a cura di), Il futuro

della Costituzione, Torino, 1996, p. 339 ss.; ma in proposito v. anche J.H.H.WEILER,

Demos, Telos and the German Maastricht Decision, in Jean Monnet Working Papers,

1995.

20 R.B

IN, in A.CIANCIO (a cura di), Nuove strategie per lo sviluppo democratico e

l’integrazione politica in Europa, Roma, 2014, p. 497 ss. (in particolare par. 3).

21 Così L.S

IEDENTOP, Il Parlamento europeo è l’anello più debole, in Il Sole24ore

del 16 ottobre 2009.

22 In effetti, con uno strano paradosso, il tasso di partecipazione medio alle elezioni

europee, che si attestava sopra il 60% quando il Parlamento europeo disponeva di poteri molto ridotti, è sceso, ora che quei poteri sono cresciuti nella misura di cui di seguito nel testo, al 43,4%. Va naturalmente detto che se questo è certamente un segnale (grave) di disaffezione dell’elettorato, non è però di per se stesso un motivo di minor legittimazio- ne o rappresentatività, come suggerisce il rilievo fatto nel testo.

analisi critiche, è la sostanziale assenza al loro interno di un’effettiva considerazione dei poteri concretamente detenuti dal Parlamento euro- peo e del ruolo che attraverso questi esso gioca nel funzionamento complessivo del sistema. È vero che il tasso di effettiva democraticità di un sistema politico-istituzionale complesso, come quello dell’Unio- ne, è misurato non solo dalle regole astratte, ma anche dalle concrete dinamiche che lo governano. Ma se, come è stato detto, la democrazia non è una formula organizzativa23, è anche vero che, se quella di cui si dota un determinato sistema è maggiormente rispondente ai canoni de- mocratici, ciò aiuta non poco.

Da questo punto di vista appare perciò certamente parziale lasciare sullo sfondo, in una considerazione critica dell’impatto del Parlamento europeo sull’assetto democratico del processo di integrazione europea, il tema dei poteri che esso esercita. Anche perché questi non sono solo poteri espressamente riconosciutigli dai Trattati (elezione e “sfiducia” della Commissione, codecisione legislativa, approvazione del bilancio e controllo sulla sua esecuzione da parte della Commissione, generale controllo politico sulle altre istituzioni24), ma anche poteri di cui il Par- lamento si è progressivamente auto-investito, «manifestando – come aveva con lungimiranza preconizzato Luigi Ferrari Bravo, scrivendo del Parlamento europeo appena eletto per la prima volta a suffragio di- retto – quella forza espansiva che è tipica degli organismi che sono espressione della volontà del corpo sociale»25. E si tratta, anche in quest’ultimo caso, di poteri la cui impronta democratica appare diffi-

                                                                                                               

23 R.B

IN, op. cit., p. 405.

24 Sia consentito rinviare, per brevità, al mio commento all’Art. 14 TUE, in A.T

IZ-

ZANO (a cura di), Trattati dell’Unione europea, Milano, 2014, p. 130 ss.; nonché a R.

ADAM e A.TIZZANO, op. cit., p. 82 ss.

25 L.F

ERRARI BRAVO, Il Parlamento europeo, in L.FERRARI BRAVO,R.MONACO,E.

PENNACCHINI (a cura di), Manuale di diritto comunitario, vol. I, Torino 1983, p. 114.

Quasi anticipando un rischio collegato alla frammentazione politica del Parlamento eu- ropeo cui può dar luogo la giurisprudenza della Corte costituzionale tedesca di cui si parlerà nel successivo par. 4, Ferrari Bravo sottolineava anche, peraltro, come questo processo incrementale squisitamente politico avesse prospettive di realizzazione a con- dizione che si realizzasse, in seno al Parlamento, «una fortissima coesione delle forze politiche che si dichiarano omogenee ma che... troppo spesso si dividono, al momento del voto, su linee di interessi marcatamente nazionali».

cilmente contestabile, che si tratti del meccanismo dei c.d. Spitzenkan-

didaten messo in piedi dal Parlamento europeo in occasione delle ulti-

me elezioni europee26, ovvero di quella prassi, ripresa dal sistema sta- tunitense perché sconosciuta ai parlamenti di tutti gli Stati membri (ivi inclusa la culla londinese della democrazia parlamentare), del preventi- vo vaglio parlamentare dei singoli candidati alla carica di commissa- rio27, o ancora del più generale legame politico “imposto” alla Commis- sione attraverso gli accordi quadro conclusi tra le due istituzioni ad ogni inizio di legislatura europea28.

Ebbene, la sottovalutazione di tutto ciò spiega anche perché, anche se non da tutti i suoi protagonisti esplicitamente auspicato, l’approdo concreto di questo “processo” critico alla capacità del Parlamento euro- peo di assicurare la democraticità del processo d’integrazione europea sia stato, ineluttabilmente, l’affermazione della necessità dell’ingresso in prima persona nel circuito politico dell’Unione dei parlamenti nazio-

                                                                                                               

26 Risoluzione del Parlamento europeo del 22 novembre 2012 sulle elezioni del Par-

lamento europeo 2014. Si vedano al riguardo C.CURTI GIALDINO, Elezioni europee del

2014 e scelta del candidato alla presidenza della Commissione europea: i primi passi della procedura, in Federalismi.it, n. 11/2014 del 28 maggio 2014, p. 1 ss.; M.I. PAPA,

Elezioni europee e nomina del Presidente della Commissione europea: “questa volta è (veramente) diverso”?, in AIC, Osservatorio costituzionale, maggio 2014, p. 1 ss.; A.

KOCHAROV, This Time It’s Different? Constitutional Complexities of the Spitzenkandi-

daten Arrangement, 12 giugno 2014, Berliner Online-Beiträge zum Europarecht, n. 95,

p. 1 ss.; P. SOLDATOS, La valeur ajoutée de la mise en oeuvre réussie du nouveau mode

d’élection du président de la Commission européenne, in RUE, 2014, p. 524 ss.; J.H.H.

WEILER, Fateful Elections? Investing in the Future of Europe, in EJIL, 2014, p. 361 ss.;

B.GUASTAFERRO, La prima volta del Presidente della Commissione “eletto” dal Par-

lamento europeo. Riflessioni sui limiti del mimetismo istituzionale, in St. Int. Eur., 2014,

p. 527 ss.; e After the European Election: Parlamentary Games and Gambles, in CMLR,

2014, p. 1047 ss., nonché, anche per ulteriori riferimenti bibliografici, C.CURTI GIALDI-

NO, L’elezione del nuovo presidente della Commissione europea: profili giuridico-

istituzionali, in Dir. Un. Eur., 2015, p. 137 ss.

27 In materia si veda la recente risoluzione del Parlamento europeo, adottata l’8 set-

tembre 2015 sulla base della relazione del 19 giugno precedente di R. Corbett, e relativa a Le procedure e le prassi relative alle audizioni dei commissari, insegnamenti da trar-

re dalla procedura 2014 (2015/2040(INI)).

28 Cfr. per tutti quello del 20 ottobre 2010 (GUUE L 304 del 20 novembre 2010, p.

nali come sole effettive espressioni istituzionali della rappresentanza democratica dei popoli degli Stati membri, per l’impossibilità del solo Parlamento europeo di «esaurire la domanda di legittimazione democra- tica dell’Unione europea»29.

Sarebbe facile la battuta. Dato lo stato di salute non brillante dei si- stemi parlamentari in molti dei Paesi membri dell’Unione, almeno dal punto di vista dell’effettiva capacità di trasferire nell’azione dei governi le istanze dei cittadini, non si comprende come si possa immaginare che l’intervento dei parlamenti nazionali possa effettivamente risolvere il c.d. deficit democratico dell’Unione.

Ma, al di là delle battute, non è innanzitutto sempre chiaro quali ul- teriori forme dovrebbe o potrebbe effettivamente assumere un maggior coinvolgimento dei parlamenti nazionali, oltre quelle di cui essi già di- spongono soprattutto dopo il Trattato di Lisbona. Alcune di queste, espressamente previste dai Trattati, si concretizzano, com’è noto, nella partecipazione formale di quei parlamenti ad una serie di meccanismi dell’Unione, attraverso i quali essi possono finanche influenzare, in ta- luni casi, i risultati del processo decisionale in via diretta, al di fuori cioè della mediazione dei rispettivi governi e del tradizionale rapporto che ogni ordinamento nazionale disciplina, anche in materia europea, tra questi ultimi ed il parlamento dello Stato30. Altre forme di quel

                                                                                                               

29 M.C

ARTABIA, op. cit., p. 2. Per la verità, il tema è stato un leitmotiv del pensiero

della Corte costituzionale tedesca indipendentemente dalle critiche da essa mosse a va- rio titolo al Parlamento europeo. Già nella sentenza del 1993 sul Trattato di Maastricht (sulla quale cfr. più avanti), essa osservava, infatti, come il deficit democratico della Comunità non avrebbe comunque potuto essere colmato da un diverso (per composi- zione e poteri) Parlamento europeo, perché, a suo avviso, è nel fatto stesso del passag- gio dell’azione politica dalla dimensione nazionale a quella europea che si crea un pro- blema di democrazia, che non è risolvibile senza un più diretto collegamento dell’azione delle istituzioni europee ai parlamenti nazionali. In proposito si rinvia anco-

ra a M.CARTABIA, Il pluralismo istituzionale come forma della democrazia sovrana-

zionale, in Pol. Dir., 1994, p. 203 ss.

30 In particolare, come prevedono il nuovo art. 12 TUE e una serie di specifici arti-

coli del TFUE, questi sono oggi chiamati a valutare direttamente le proposte legislative della Commissione, nel quadro delle procedure previste dal Protocollo (n. 1) sul ruolo dei parlamenti nazionali nell’Unione europea, e del c.d. “dialogo politico” (sul quale

coinvolgimento hanno invece assunto la veste di una cooperazione in- terparlamentare tra gli stessi parlamenti nazionali (e tra loro e il Parla- mento europeo) in tutta una serie di settori di funzionamento del pro- cesso di integrazione europea31. E anche per questo riesce difficile im- maginare attraverso quali ulteriori vie formali si potrebbe loro assicura- re una partecipazione ancora più intensa alle dinamiche decisionali dell’Unione, le quali non finiscano però, beninteso, per entrare in con- flitto con la stessa idea dell’esistenza di un Parlamento europeo e della esclusiva titolarità da parte sua della rappresentanza dei cittadini