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Demografia delle imprese

Nel documento Rapporto 2016 (.pdf) (pagine 51-71)

2.2.0. Premessa

Prima di commentare l’andamento del Registro delle imprese occorre ricordare qualche limite imposto dalla natura amministrativa dello stesso. L’anomalia più evidente riguarda la mancata rispondenza tra i saldi delle iscrizioni e cessazioni e la consistenza di fine periodo. A saldi positivi possono non corrispondere aumenti della consistenza e viceversa. Tale situazione può derivare dal fatto che un’impresa iscritta, ad esempio, nel primo trimestre con un determinato codice di attività, l’abbia cambiato nei trimestri successivi. Nel caso delle imprese giovanili, ed è l’esempio più emblematico, il titolare che s’iscrive con l’età al limite della soglia dei 34 anni, col passare dei mesi transita nelle altre imprese a causa dell’invecchiamento. I dati della consistenza, oltre che essere influenzati dai cambiamenti di attività o di status, riflettono i trasferimenti delle imprese in altre province oppure le iscrizioni da altre province.

C’è poi il capitolo delle imprese non classificate, prive cioè del codice d’attività all’atto dell’iscrizione. Ne discende che i vari settori ne registrano i flussi d’iscrizione solo in un secondo tempo, quando viene attribuito il codice di attività. Nei primi nove mesi del 2016 le imprese non classificate iscritte sono ammontate a 1.682 sulle 462.561 registrate. Un’altra anomalia, di peso tuttavia relativo vista l’esigua consistenza dei movimenti, riguarda l’adeguamento dei codici d’attività a quelli dell’Agenzia delle entrate.

Imprese che in passato figuravano in un determinato settore si trovano successivamente in un altro. Altri fattori che possono rendere di difficile interpretazione i dati del Registro delle imprese sono rappresentati da fusioni, incorporazioni, ecc. Se, ad esempio, quattro titolari decidono di unirsi per dare vita a una nuova impresa andranno ad alterare flussi e consistenze senza che, di fatto, via stato un reale cambiamento, e lo stesso avviene se i soci di un’impresa decidono di scioglierla per dare corso ad altrettante imprese individuali. Per concludere occorre sempre una certa cautela nelle valutazioni della demografia delle imprese.

2.2.1. L’evoluzione generale e il confronto con le regioni italiane

A fine settembre 2016 nei Registri delle imprese gestiti dalle Camere di commercio dell’Emilia-Romagna erano attive 409.890 imprese, vale a dire lo 0,5 per cento in meno rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, che è equivalso, in termini assoluti, alla perdita di 2.116 imprese. In Italia c’è stata una leggera crescita, pari allo 0,1 per cento. E’ dalla fine del 2011 che la compagine imprenditoriale dell’Emilia-Romagna diminuisce costantemente, mentre in Italia è in atto una tendenza moderatamente espansiva dallo scorso febbraio. I motivi economici possono essere tra le principali cause di questa situazione, ma non può essere ignorato il mancato ricambio in talune attività, specie artigiane, i cui titolari si ritirano per raggiunti limiti d’età, oppure perché l’attività non ha più mercato e quindi non dà più reddito.1 Non bisogna inoltre tralasciare l’erosione dovuta alle cancellazioni d’ufficio, che il legislatore ha disciplinato dal 23 luglio 2004. Nei primi nove mesi del 2016 ne sono state eseguite 938 contro le 1.418 di un anno prima.

Di segno positivo è invece apparsa la movimentazione tra iscrizioni e cessazioni al netto delle cancellazioni d’ufficio, che ha comportato un attivo di 734 imprese, in misura tuttavia più contenuta rispetto al surplus di 1.153 rilevato nei primi nove mesi del 2015. Nello stesso periodo del 2009, vale a dire l’anno del culmine della più grave crisi economica dal dopoguerra, era stato registrato un saldo negativo di 1.484 imprese.

In ambito nazionale la metà esatta delle regioni ha fatto registrare una crescita della consistenza delle imprese, in un arco compreso tra il +0,1 per cento di Toscana e Sardegna e il +1,4 per cento della Basilicata. Cinque regioni italiane hanno evidenziato un andamento più negativo di quello dell’Emilia-Romagna, dal -0,7 per cento delle Marche al -1,0 della Valle d’Aosta.

1 A fine settembre 2016, le persone attive nell’artigianato sono ammontate in Emilia-Romagna a quasi 173 mila. Un anno prima erano 176.542. Dieci anni prima erano 201.988. In Italia tra settembre 2006 e settembre 2016 si passa da 1.894.676 a 1.698.224.

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Sotto l’aspetto della forma giuridica, emerge una linea di tendenza comune. La grande maggioranza delle regioni ha visto scendere le imprese “personali”, ovvero le società di persone e le imprese individuali, mentre hanno guadagnato terreno le società di capitale2 e le “altre forme societarie”3, quest’ultime equivalenti in Italia al 2,5 per cento delle imprese attive. Per quanto riguarda le imprese individuali, che continuano a costituire la maggioranza delle imprese iscritte al Registro, i decrementi si sono distribuiti tra la punta massima dell’1,5 per cento di Abruzzo e Marche e quella minima dello 0,2 per cento di Lombardia e Toscana. L’Emilia-Romagna, con una diminuzione dell’1,0 per cento (-0,6 per cento in Italia) si è collocata in una posizione a ridosso delle regioni più colpite dal fenomeno. Per quanto riguarda le società di persone, i cali non hanno risparmiato alcuna regione, replicando l’andamento di un anno prima, in un arco compreso tra il -1,0 per cento della Basilicata e il -3,5 della Valle d’Aosta. Anche in questo caso l’Emilia-Romagna si è collocata a ridosso delle regioni più colpite, con una diminuzione del 2,2 per cento, leggermente superiore a quella media nazionale del 2,1 per cento.

Come accennato in precedenza, ogni regione ha visto crescere la consistenza delle società di capitale, in testa Basilicata, Calabria, Molise e Campania, tutte e quattro con aumenti compresi tra il 6 e 9 per

2 Riguardano spa, srl, società in accomandita per azioni e società a responsabilità limitata con unico socio, semplificate e a capitale ridotto.

3 Il gruppo delle “altre forme societarie” comprende le imprese aventi forma giuridica diversa dai raggruppamenti delle ditte individuali, società di persone e società di capitale. Le tipologie più numerose sono costituite da cooperative, consorzi, consorzi con attività esterna, società consortili, società consortili per azioni o a responsabilità limitata e società costituite in base a leggi di altro Stato.

Tab. 2.2.1. Imprese attive iscritte nel Registro delle imprese. Emilia-Romagna (a).

(a) La consistenza delle imprese è determinata, oltre che dal flusso di iscrizioni e cessazioni, anche da variazioni di attività, ecc.

Pertanto a saldi negativi (o positivi) possono corrispondere aumenti (o diminuzioni) della consistenza. Un’impresa iscritta in un determinato periodo potrebbe alla fine dello stesso svolgere altre attività. Il saldo non comprende le cancellazioni d’ufficio.

Fonte: Infocamere ed elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica Unioncamere Emilia-Romagna

Consistenza Saldo Consistenza Saldo Var. % imprese iscritte imprese iscritte imprese settembre cessate settembre cessate attive

Rami di attività - codifica Ateco2007 2015 gen-set 15 2016 gen-set 16 2015-16

Coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali, c... 57.220 -863 56.604 -725 -1,1

Silvicoltura e utilizzo di aree forestali 595 7 595 0 0,0

Pesca e acquacoltura 2.103 1 2.100 -11 -0,1

Totale settore primario 59.918 -855 59.299 -736 -1,0

Estrazione di minerali da cave e miniere 176 -4 170 -1 -3,4

Attività manifatturiere 45.196 -580 44.517 -652 -1,5

Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata 785 -10 795 -4 1,3 Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di gestione rifiuti ecc. 599 -6 598 -9 -0,2

Costruzioni 68.745 -916 67.457 -798 -1,9

Totale settore secondario 115.501 -1.516 113.537 -1.464 -1,7

Commercio ingr. e dett.; riparazione di auto e moto 94.005 -1.266 93.373 -1.657 -0,7 Trasporto e magazzinaggio 14.491 -382 14.253 -423 -1,6 Attività dei servizi alloggio e ristorazione 29.565 -447 29.868 -524 1,0 Servizi di informazione e comunicazione 8.557 52 8.668 90 1,3

Attività finanziarie e assicurative 8.704 1 8.806 15 1,2

Attivita' immobiliari 27.259 -296 27.226 -275 -0,1 Attività professionali, scientifiche e tecniche 15.477 73 15.597 -31 0,8 Noleggio, ag. di viaggio, servizi di supporto alle imprese 11.220 134 11.523 86 2,7

Amm. pubblica e difesa; assicurazione sociale, ecc. 5 0 8 1 60,0

Istruzione 1.551 26 1.604 13 3,4 Sanita' e assistenza sociale 2.238 25 2.302 -27 2,9

Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e diver... 5.619 0 5.751 10 2,3

Altre attività di servizi 17.748 -184 17.948 -128 1,1

Attiv. di famig. e convivenze come datori di lavoro ecc. 5 1 6 0 20,0

Organizzazioni ed organismi extraterritoriali 0 0 0 0

-Totale settore terziario 236.444 -2.263 236.933 -2.850 0,2

Imprese non classificate 143 5.787 121 5.784 -15,4

TOTALE GENERALE 412.006 1.153 409.890 734 -0,5

2.2. Demografia delle imprese 51

cento. L’Emilia-Romagna è tra le regioni più “lente”, con un incremento del 2,5 per cento, inferiore a quello nazionale del 3,7 per cento. Le società di capitale sono arrivate a rappresentare in regione il 20,8 per cento del totale delle imprese attive (20,9 per cento in Italia). A fine 2000 si aveva un’incidenza dell’11,4 per cento. In ambito nazionale sono nuovamente Lombardia e Lazio a registrare le quote più elevate, pari rispettivamente al 28,8 e 32,3 per cento, seguite dalla Campania (21,1). L’Emilia-Romagna è quarta, davanti a Toscana (20,5 per cento) e Veneto (20,4 per cento).

Nell’ambito delle “altre forme societarie” tre regioni, oltre all’Emilia-Romagna, vale a dire Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta, hanno accusato diminuzioni. L’Emilia-Romagna, con un calo dello 0,2 per cento (+2,0 per cento in Italia), si è pertanto collocata nella fascia delle regioni meno dinamiche. Gli aumenti più consistenti, superiori al 4 per cento, hanno interessato Sardegna e Lazio.

Nonostante lo stillicidio, l’Emilia-Romagna continua a distinguersi, in ambito nazionale, per l’ampia diffusione d’imprese. Se rapportiamo la consistenza di quelle attive alla popolazione residente, la regione si posiziona nella fascia più alta (vedi figura 2.2.1), con un rapporto di 922 imprese ogni 10.000 abitanti (erano 927 un anno prima), preceduta da Sicilia (955), (961), Abruzzo (962), Toscana (963), Lombardia (988) e Marche (1.001). Gli indici più contenuti sono stati riscontrati in Sardegna (725), Friuli-Venezia Giulia (752), Calabria (803) e Piemonte (813). La media nazionale si attesta su 820 imprese ogni 10.000 abitanti.

Se si analizza la diffusione dell’imprenditorialità sotto l’aspetto dell’incidenza delle persone attive iscritte nel Registro delle imprese (titolare, socio, amministratore, ecc.) sulla popolazione residente (vedi figura 2.2.2), l’Emilia-Romagna compie un deciso passo avanti rispetto alla graduatoria creata sulla base della diffusione della consistenza delle imprese attive sulla popolazione, arrivando a occupare la seconda posizione, con un rapporto di 149 persone ogni 1.000 abitanti (primo il Trentino-Alto Adige con 154) replicando nella sostanza la situazione di un anno prima (150). Negli ultimi sette posti figurano sei regioni del Mezzogiorno, con l’”intrusione” del Lazio4.

4 La forte concentrazione di dipendenti pubblici può essere tra le cause della ridotta diffusione d’imprenditorialità.

Fig. 2.2.1. Imprese attive ogni 10.000 abitanti. Situazione al 30 settembre 2016

Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica Unioncamere Emilia-Romagna su dati Infocamere e Istat (popolazione al 30 giugno 2016).

725

0 200 400 600 800 1.000 1.200

Sardegna

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2.2.2. L’evoluzione settoriale

Come descritto nella premessa, nell’analizzare l’andamento settoriale occorre tenere presente che la consistenza dei vari settori di attività può essere leggermente sottodimensionata a causa delle imprese non classificate, alle quali viene attribuito il codice attività in un secondo tempo rispetto alla data d’iscrizione. Un’altra anomalia, in atto dal 2013, può derivare dall’allineamento dei codici attività camerali a quelli dell’Agenzia delle Entrate. Tali fenomeni non sono tuttavia tali da inficiare la sostanza dei confronti. A fine settembre 2016 le imprese attive non classificate sono ammontate a 121 su un totale di 409.890, mentre gli allineamenti dei codici di attività sono risultati statisticamente trascurabili.

Fatta questa premessa, se si guarda all’evoluzione dei vari gruppi di attività, si evince che la diminuzione generale dello 0,5 per cento è stata determinata dalle attività agricole e industriali, mentre il terziario ha mostrato una migliore tenuta. In pratica è stata replicata la situazione del biennio precedente.

A fine settembre 2016 le attività dell’agricoltura, caccia, silvicoltura e pesca si sono articolate su 59.299 imprese attive, con un calo dell’1,0 per cento rispetto allo stesso periodo del 2015. La diminuzione ha consolidato la pluriennale tendenza negativa, come per altro emerso dai dati dell’ultimo censimento agricolo del 20105. E’ in atto un riflusso che trae per lo più origine dal ritiro di taluni operatori per raggiunti limiti d’età e dai processi di acquisizione delle aziende, i cui titolari abbandonano per motivi prevalentemente economici. Più segnatamente è stato il comparto delle coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali, caccia e servizi connessi, che ha inciso per il 95,5 per cento del settore primario, a determinare il risultato negativo, con una diminuzione dell’1,1 per cento, a fronte della stabilità delle attività forestali e della moderata riduzione di pesca e acquacoltura (-0,1 per cento). Nei primi nove mesi

5 Secondo i dati definitivi divulgati da Istat, nel 2010 sono state censite in Emilia-Romagna 73.466 aziende rispetto alle 106.102 del censimento del 2000 e 171.482 di quello del 1982. Nelle sole aziende a conduzione diretta il numero di imprese si è ridotto tra il 2000 e il 2010 da 96.791 a 68.795.

Fig. 2.2.2. Persone attive ogni 1.000 abitanti. Situazione al 30 settembre 2016.

Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica Unioncamere Emilia-Romagna su dati Infocamere e Istat (popolazione al 30 giugno 2016).

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2.2. Demografia delle imprese 53

del 2016 il saldo tra iscrizioni e cessazioni, al netto delle cancellazioni d’ufficio, del settore primario è apparso in “rosso” per 736 imprese, in riduzione rispetto a quello rilevato un anno prima (-855).

Le attività industriali hanno evidenziato un nuovo saldo negativo tra iscrizioni e cessazioni, al netto delle cancellazioni d’ufficio che non hanno alcuna valenza congiunturale, pari a 1.484 imprese, meno elevato rispetto a quanto rilevato nei primi nove mesi del 20154 (-1.516). A questo andamento si è associata la riduzione dell’1,7 per cento della consistenza delle imprese attive scese da 115.501 a 113.537 unità. Emerge pertanto una situazione dai connotati negativi, anche se con minore intensità rispetto a un anno prima, che ha visto il concorso della maggioranza dei settori. Unica eccezione l’energia (+0,7 per cento), che ha tratto giovamento dalla crescita delle imprese impegnate nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (+1,3 per cento), dovuta soprattutto al diffondersi della produzione di energie alternative. Nella sola produzione di energia elettrica le imprese sono salite, nell’arco di un anno, da 653 a 659. Cinque anni prima erano 335. La “Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento” è invece apparsa in leggero calo (-0,2 per cento). Il comparto più consistente è rappresentato dall’“Attività di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti; recupero materiali” che si è articolato su 348 imprese, il 2,1 per cento in più rispetto a un anno prima. Segue la

“Gestione delle reti fognarie”, le cui imprese attive sono passate da 140 a 139.

Nelle industrie edili, che con 67.457 imprese attive costituiscono il comparto più consistente delle attività industriali, è stata rilevata una diminuzione dell’1,9 per cento, che ha consolidato la tendenza negativa in atto dal 2009, dopo un lungo periodo caratterizzato da elevati tassi di crescita, da attribuire in parte all’assunzione della partita Iva da parte di occupati alle dipendenze, spesso incoraggiati da talune imprese al fine di ottenere vantaggi fiscali. Il calo più consistente, e non è una novità, ha interessato le imprese impegnate nella costruzione di edifici (-3,1 per cento), seguite dai “Lavori di costruzione specializzati” (-1,5 per cento) e di “Ingegneria civile” (-0,1 per cento). Il saldo tra iscrizioni e cessazioni, al netto delle cancellazioni d’ufficio, è apparso negativo per 798 imprese, in misura meno elevata rispetto al deficit di 916 imprese dei primi nove mesi del 2015.

Le industrie manifatturiere, che taluni economisti considerano il fulcro del sistema produttivo, hanno accusato un calo delle imprese attive pari all’1,5 per cento, che ha consolidato la pluriennale tendenza negativa. Nei primi nove mesi del 2016 la movimentazione tra iscrizioni e cessazioni, al netto di quelle d’ufficio, ha prodotto un passivo di 652 imprese, in misura più elevata rispetto alla situazione emersa nell’analogo periodo dell’anno precedente (-580).

La quasi totalità dei vari comparti manifatturieri ha subito diminuzioni. Nel composito settore metalmeccanico – ha rappresentato il 41,1 per cento del manifatturiero – il calo è stato dell’1,5 per cento, frutto degli andamenti negativi di tutti i comparti, in primis la “Fabbricazione di altri mezzi di trasporto”6 (-4,7 per cento). Le imprese della moda, equivalenti al 15,7 per cento del manifatturiero, hanno subito un nuovo calo che le ha ridotte a 6.989. A settembre 2009 se ne contavano 8.262. Su tale andamento ha pesato la flessione del 3,7 per cento del comparto tessile, tra le più elevate delle attività manifatturiere. Le industrie alimentari e bevande – valgono circa un decimo del manifatturiero - hanno mostrato una migliore tenuta, limitando la riduzione all’1,0 per cento. A fine settembre 2009 si aveva praticamente lo stesso numero d’imprese del 2016: 4.920 contro 4.910. L’ aumento più significativo per la consistenza del settore, e non è una novità, ha interessato la “Riparazione, manutenzione e installazione di macchine e apparecchiature” (+1,4 per cento). Non è da escludere che questa nuova crescita – dalle 2.260 imprese di settembre 2009 si è progressivamente passati alle 3.199 di settembre 2016 - derivi da forme di auto impiego di dipendenti licenziati a causa della crisi e dei suoi strascichi. Nei primi nove mesi del 2016 l’80,0 per cento delle 190 imprese iscritte è stato costituito da imprese individuali. Delle 1.888 imprese individuali esistenti a fine settembre 2016 1.394 sono costituite da un solo addetto. Tra gli altri comparti manifatturieri in crescita, è da evidenziare anche la ripresa della “Fabbricazione di prodotti chimici”, le cui imprese attive sono passate da 485 a 493 (+1,6 per cento).

Il terziario ha mostrato una maggiore tenuta rispetto alle attività agricole e industriali (+0,2 per cento).

Come si può evincere dalla tavola 2.2.1, la moderata crescita è stata originata da andamenti divergenti dei vari settori. Tra quelli più “virtuosi” troviamo i servizi legati all’”Istruzione” (+3,4 per cento) assieme alla

“Sanità e assistenza sociale” (+2,9 per cento) e al “Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese” (+2,7 per cento), che comprende i servizi di pulizia generale (non specializzata) di edifici.

Questo comparto a fine settembre 2016 si è articolato su 1.857 imprese attive con una crescita del 5,6 per cento rispetto a un anno prima (erano 527 a fine settembre 2009) Si tratta per lo più d’imprese individuali (70,1 per cento del totale) mentre dal lato della struttura prevalgono le imprese con un solo

6 Nautica, locomotive e materiale rotabile ferroviario, aeromobili, mezzi militari, biciclette, motocicli e ciclomotori e relativi accessori e pezzi staccati..

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addetto (51,1 per cento). Come osservato per i riparatori, non è da escludere che la pluriennale tendenza espansiva sia frutto di forme di auto impiego. E’ inoltre da evidenziare la forte presenza d’imprese straniere che a fine settembre 2016 hanno inciso per il 34,4 per cento (era il 34,2 per cento un anno prima), a fronte della media del Registro imprese dell’11,1 per cento.

Come si può evincere dalla tavola 2.2.1, i cali delle imprese attive del terziario sono stati circoscritti a tre settori, ma tra essi c’è quello più consistente, rappresentato dalle attività commerciali (22,8 per cento del totale delle imprese attive), che ha accusato una diminuzione dello 0,7 per cento rispetto a settembre 2015. Il comparto commerciale più consistente, forte di 46.622 imprese attive, costituito dal “Commercio al dettaglio (escluso quello di autoveicoli e di motocicli)” ha accusato una diminuzione dell’1,0 per cento), che si è coniugata al saldo negativo di 1.132 imprese dei primi nove mesi del 2016, superiore al passivo di 866 di un anno prima. Se si analizzano le relative classi di attività, quella più consistente, costituita dal

“Commercio al dettaglio di articoli di abbigliamento in esercizi specializzati”, ha registrato una riduzione dello 0,7 per cento. Se il confronto viene esteso alla situazione di settembre 2009, il calo sale all’8,3 per cento. Il riflusso dei prodotti della moda si coniuga alla fase recessiva che stanno vivendo le industrie del settore. Anche il secondo settore per importanza, quale il “Commercio ambulante di prodotti tessili, abbigliamento e calzature” ha accusato una diminuzione su base annua (-0,7 per cento), che conferma le difficoltà dei prodotti della moda. Stesso andamento per la terza tipologia, cioè il “Commercio al dettaglio in esercizi non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande” (-2,5 per cento). Tra i settori con più di 2.000 imprese attive, è da evidenziare anche il calo delle imprese impegnate nella vendita al dettaglio in esercizi specializzati di giornali e articoli di cartoleria (-3,5 per cento). Nella fascia oltre le 2.000 imprese l’unico aumento ha riguardato l’eterogeneo comparto del “Commercio al dettaglio di altri prodotti (esclusi quelli di seconda mano in esercizi specializzati”7 (+0,3 per cento). Tra i comparti in aumento è da segnalare la cospicua crescita delle vendite per corrispondenza o attraverso internet (+7,3 per cento). Dalle 660 imprese attive di settembre 2009 si è progressivamente arrivati alle 1.405 di settembre 2016.

Il “trasporto e magazzinaggio” ha accusato un nuovo calo delle imprese attive (-1,6 per cento). Per quest’ultimo settore si è consolidata la pluriennale tendenza negativa, che trae origine soprattutto dal riflusso del comparto più consistente, vale a dire i “Trasporti terrestri e mediante condotte” (-2,1 per cento). Il solo autotrasporto merci su strada, tra settembre 2015 e settembre 2016, è sceso da 9.806 a 9.534 imprese attive (-2,8 per cento). Se il confronto è eseguito con la situazione di sette anni prima, la riduzione sale al 22,9 per cento. Per le sole imprese individuali il calo si attesta al 28,8 per cento, per le società di persone al 16,9 per cento. Segno opposto per le società di capitali (+30,2 per cento) e le “altre forme societarie”, che comprendono la cooperazione (+23,5 per cento). C’è nella sostanza sempre meno spazio per i cosiddetti “padroncini”, per lo più artigiani, stretti tra la concorrenza dei grandi vettori e la riduzione delle attività dovuta alla Grande Crisi del 2009. A fine settembre 2016 le imprese attive nell’autotrasporto merci con un solo addetto sono ammontate in Emilia-Romagna a 5.814 sulle 9.534 totali. Un anno prima erano 6.046, sette anni prima 7.923.

Nel solco della crisi dell’edilizia si sono collocate le attività immobiliari, le cui imprese attive sono scese da 27.259 a 27.226 (-0,1 per cento). Resta tuttavia una consistenza superiore del 2,4 per cento a quella di sette anni prima.

Un cenno infine su Internet. Le imprese attive che si occupano di portali web sono ammontate a 112

Un cenno infine su Internet. Le imprese attive che si occupano di portali web sono ammontate a 112

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