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Scenario economico nazionale

Nel documento Rapporto 2016 (.pdf) (pagine 17-0)

La ripresa dell’economia italiana prosegue con un passo moderato, sostenuta da una politica monetaria europea accomodante. L’incertezza del quadro politico e le condizioni rigide sul mercato del credito, gravato dal peso delle sofferenze, limitano le possibilità di una crescita più rapida. La graduale eliminazione degli incentivi per le nuove assunzioni dovrebbe condurre a una riduzione della crescita dell’occupazione. L’inflazione è nulla, solo la ripresa dei prezzi dei prodotti energetici potrebbe sostenerla mentre la pressione salariale resta contenuta. Ci si attende una stabilizzazione sia dell’indebitamento, sia del deficit pubblico in rapporto al Pil sui valori del 2016 anche per il 2017.

I conti economici

Nel 2015 l’economia italiana ha continuato a crescere a un passo moderato che dovrebbe condurre a un aumento del prodotto interno lordo tra lo 0,7 e lo 0,8 per cento. Nel 2017 il prodotto interno lordo dovrebbe crescere dello 0,9 per cento, trainato sia dalla domanda interna, sia dalla crescita delle esportazioni, derivante dalla crescita della domanda estera.

Le esportazioni hanno risentito di una bassa crescita nei mercati di esportazione e degli effetti delle tensioni geopolitiche, quali l’embargo alla Russia, fattori che continueranno a pesare anche in futuro sulla crescita delle vendite all’estero, come nel caso degli effetti della Brexit, che pure dovrebbe accelerare con la ripresa della crescita e del commercio globale.

Anche in Italia la crescita degli investimenti procede più lentamente rispetto alle fasi di ripresa del passato. Gli eccessi di capacità produttiva e l’incertezza sull’evoluzione economica hanno a lungo ridotto i programmi di investimento e la domanda di finanziamenti delle imprese. D’altro canto l’incertezza economica, il rischio d’impresa e il peso delle sofferenze sui bilanci e sulla reddittività degli istituti bancari hanno determinato la stagnazione dei prestiti bancari alle imprese. In questo quadro, se le imprese maggiori hanno potuto avvantaggiarsi di un miglioramento delle condizioni e dell’offerta del credito, la disponibilità e le condizioni di finanziamento delle piccole sono negative. Questo ostacola una possibile vera ripresa degli investimenti. Una riduzione dell’imposizione fiscale sulle imprese e specifici incentivi pubblici mirano a sostenere la ripresa degli investimenti in attrezzature e innovazione. La ripresa del settore delle costruzioni è decisamente frenata dalla resistenza degli istituti di credito a finanziare le imprese di un settore a rischio elevato e gravato da un’alta percentuale di sofferenze. Nel complesso, anche nel 2017, una crescita moderata degli investimenti dovrebbe arrestare il processo di depauperamento dello stock dei beni capitali.

L’aumento dell’occupazione continua a sostenere il reddito disponibile e quindi i consumi delle famiglie, la cui crescita è proseguita nel 2016 e continuerà, anche se più lentamente, nel 2017, nonostante le

Fig. 1.2.1. Prodotto interno lordo, valori concatenati, dati destagionalizzati e corretti.

Numero indice (2010=100) e tasso di variazione sul trimestre precedente.

Fonte Istat

95 100 105 110

-3,0 -2,0 -1,0 0,0 1,0 2,0

1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Variazione congiunturale (%, asse sx) Numero indice del Pil (2010=100, asse dx)

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incertezze politico economiche e una fiducia dei consumatori in declino.

Lavoro

Le riforme introdotte sul mercato del lavoro hanno dato un esisto positivo. I tagli per tre anni ai contributi sociali concessi per le nuove assunzioni a tempo indeterminato durante il 2015 e il 2016 hanno sostenuto l’aumento dell’occupazione registrato. Ci si attende che la crescita degli occupati tenda a rientrare nel 2017, con una tendenza all’aumento delle ore lavorate, mantenendo comunque un buon ritmo. Il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro sta inoltre conducendo a una maggiore partecipazione femminile e al rientro sul mercato di una quota crescente di scoraggiati, determinando così un aumento delle forze di lavoro. Con l’aumento del tasso di partecipazione al mercato del lavoro, il tasso di disoccupazione, dopo un’ulteriore riduzione nel 2016, dovrebbe diminuire solo marginalmente nel

Fig. 1.2.2. La previsione del Governo: tasso di variazione sull’anno precedente per prodotto interno lordo, importazioni,

esportazioni, consumi e investimenti; avanzo primario, indebitamento e debito della P.A. in percentuale del Pil; tasso di disoccupazione

Fonte: MEF, Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2016, 27 settembre 2016

Tab. 1.2.1. L'economia italiana. Previsioni effettuate negli ultimi mesi, variazioni percentuali annue a prezzi costanti salvo diversa indicazione. Anno 2016

Governo CSC Fmi Prometeia Ue Com. Ocse

set-16 set-16 ott-16 nov-16 nov-16 nov-15

Prodotto interno lordo 0,8 0,7 0,8 0,7 [8] 0,7 0,8

Importazioni 2,3 2,4 2,9 2,6 [8] 2,4 2,2

Esportazioni 1,3 1,4 2,1 2,4 [8] 1,7 1,8

Domanda interna n.d. 1,0 0,3 [8] 0,9 0,9

Consumi delle famiglie 1,2 1,2 1,0 1,0 [8] 1,2 1,2

Consumi collettivi 0,4 n.d. 0,6 -0,8 [8] 1,0 0,5

Investimenti fissi lordi 1,9 1,8 1,4 1,7 [7] 2,1 1,9

- macc. attrez. mezzi trasp. 0,6 2,9 n.d. 2,7 [8] 4,5 [6] n.d.

- costruzioni 0,6 0,7 n.d. 1,4 [8] 1,1 n.d.

Occupazione [a] 0,9 1,0 0,9 1,0 [8] 1,2 1,3

Disoccupazione [b] 11,5 11,5 11,5 11,5 [7] 11,5 11,5

Prezzi al consumo 0,1 [2] 0,0 -0,1 -0,1 [8] 0,0 [1] -0,1

Saldo c. cor. Bil Pag [c] 2,4 3,5 [5] 2,2 3,0 [4 7] 2,8 3,0

Avanzo primario [c] 1,5 1,5 1,3 1,5 [7] 1,6 1,5

Indebitamento A. P. [c] 2,4 2,5 2,5 2,4 [8] 2,4 2,4

Debito A. Pubblica [c] 132,8 133,3 133,2 133,3 [7] 133,0 132,1

[a] Unità di lavoro standard. [b] Tasso percentuale. [c] Percentuale sul Pil. [1] Tasso di inflazione armonizzato Ue. [2] Deflattore dei consumi privati. [3] Programmata. [4] Saldo conto corrente e conto capitale (in % del Pil). [5] Saldo commerciale (in % del Pil). [6]

Investment in equipment. [7] Rapporto di previsione, 23/09/2016. [8] Aggiornamento del Rapporto di previsione, 04/11/2016.

0,7 6,0 4,3 1,5 1,3 1,5 2,6

0,8 2,3 1,3 1,2 1,9 1,5 2,4

1,0 3,3 2,5 1,0 3,2 1,7 2,0

Pil Import Export Consumi

famiglie

Investi menti f.l.

Avanzo primario

Indeb. A.P./

Pil

2015 2016 2017

132,3 132,8 132,5

Debito A.P.

/ Pil

11,9 11,5 10,8

Tasso disoccup.

2017.

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Questi andamenti divergenti riflettono diversi livelli di rischio di credito. Si è interrotta la crescita dei finanziamenti al settore manifatturiero e si aggravata la restrizione al settore delle costruzioni, ma prosegue l’espansione del credito alle società dei servizi. A agosto, il credito alle società con 20 e più addetti resta stabile (+0,2 per cento), mentre flette quello alle imprese di minore dimensione (-3,6 per cento). La raccolta complessiva delle banche italiane si è ridotta.

Nel 2016 la tendenza all’allentamento delle condizioni di accesso al credito delle imprese si è andata chiudendo, mentre è proseguita per i prestiti alle famiglie per l’acquisto di abitazioni. È proseguita invece fino all’estate la riduzione dei margini applicati alla media dei prestiti sia per le imprese sia per le famiglie.

L’allentamento non ha però interessato le imprese di minore dimensione e l’orientamento degli intermediari appare favorevole nei confronti delle imprese della manifattura e dei servizi e più prudente riguardo a quelle delle costruzioni.

A agosto il costo del credito si collocava su livelli minimi nel confronto storico. Il tasso medio sui nuovi prestiti alle imprese è sceso all’1,7 per cento, ma è salito il tasso medio sui nuovi prestiti alle imprese di importo inferiore al milione di euro, mentre si è nuovamente ridotto quello dei finanziamenti di maggiore entità. Il costo dei nuovi mutui è sceso al 2,3 per cento per le erogazioni a tasso fisso e è rimasto invariato per quelle a tasso variabile, all’1,8 per cento. Il differenziale con l’area dell’euro si è mantenuto su valori prossimi allo zero per i prestiti alle imprese ed è lievemente aumentato per quelli alle famiglie.

Continua a ridursi, ma resta elevata la consistenza dei crediti in sofferenza ereditati dalla lunga crisi. Il flusso di nuovi prestiti deteriorati in rapporto ai finanziamenti in essere è rimasto sostanzialmente stabile sui valori minimi dalla fine del 2008, mostrando una risalita per la componente relativa alle imprese.

Finanza pubblica

Il deficit pubblico in rapporto al prodotto interno lordo dovrebbe ridursi al 2,4 per cento nel 2016, grazie a un marginale aumento dell’avanzo primario e soprattutto a una lieve ulteriore diminuzione della spesa per interessi sul debito pubblico, effetto della gestione del debito e dell’intervento sui tassi e della politica di espansione monetaria della Banca centrale europea.

In dettaglio, la spesa corrente primaria dovrebbe crescere meno del 2 per cento in termini nominali, gli investimenti pubblici dovrebbero restare stazionari e le altre spese in conto capitale dovrebbero ridursi sensibilmente. L’aumento delle entrate dovrebbe risultare inferiore alla crescita del prodotto interno lordo in termini nominali, permettendo una diminuzione della pressione fiscale, derivante in gran parte dalla riduzione del cuneo fiscale sui redditi da lavoro e dall’abolizione dell’imposizione fiscale sugli immobili destinati a prima casa.

Secondo le più recenti previsioni, nel 2017 il disavanzo pubblico dovrebbe stabilizzarsi attorno al 2,4 per cento del prodotto interno lordo, proseguendo opportunamente nel sostegno della crescita economica, per effetto di una compensazione di una lieve riduzione dell’avanzo primario con un’ulteriore leggera diminuzione dell’onere per interessi. La direzione di quest’ultima variazione appare però soggetta

Fig. 1.2.7. La previsione dell’Ocse per l’Italia: tasso di variazione sull’anno precedente per prodotto interno lordo, importazioni, esportazioni, consumi e investimenti; avanzo primario, indebitamento e debito della P.A. in percentuale del Pil; tasso di disoccupazione

Fonte: Oecd, Economic Outlook, 28 Novembre 2016

0,6 5,8 4,0 1,5 1,1 1,4 2,6

0,8 2,2 1,8 1,2 1,9 1,5 2,4

0,9 3,0 3,0 0,6 1,1 1,3 2,4

Pil Import Export Consumi

famiglie

Investi-menti f.l.

Avanzo primario

Indeb. A.P./

Pil

2015 2016 2017

132,4 132,1 132,3

Debito A.P.

/ Pil

11,9 11,5 11,0

Tasso disoccup.

1.2. Scenario economico nazionale 19

a rischio di valutazione in futuro a fronte dell’effetto sui mercati internazionali di una possibile maggiore velocità nel processo di normalizzazione dei tassi da parte della Federal Reserve nel corso del 2017.

Sulla base delle più recenti previsioni, nel 2016 il debito pubblico in rapporto al Pil dovrebbe aumentare ulteriormente, collocato tra il 132,1 e il 133,0 per cento. Nel 2017 un’ulteriore crescita del debito potrebbe risultare contenuta da un’ulteriore riduzione della spesa per interessi e da un aumento delle entrate derivante da una maggiore crescita del prodotto interno lordo nominale, determinando una stabilizzazione del rapporto sui livelli raggiunti o un suo lieve declino.

Secondo la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, l’avanzo primario dovrebbe restare stabile nel 2016 all’1,5 per cento, per aumentare all’1,7 per cento nel 2017. La spesa per interessi si ridurrà al 4,0 per cento del Pil nel 2016 e continuerà a scenderà fino al 3,7 per cento nel 2017.

L’indebitamento netto dovrebbe così scendere fino al 2,4 per cento del Pil nel 2016 e quindi al 2,0 per cento nel 2017. Il rapporto tra il debito pubblico e il Pil verrebbe a toccare un nuovo massimo nel 2016, risultando pari al 132,8 per cento, ma dovrebbe poi iniziare a ridursi lievemente nel 2017, scendendo al 132,5 per cento.

Tab. 1.2.2. L'economia italiana. Previsioni effettuate negli ultimi mesi, variazioni percentuali annue a prezzi costanti salvo diversa indicazione. Anno 2017

Governo CSC Fmi Prometeia Ue Com. Ocse

set-16 set-16 ott-16 nov-16 nov-16 nov-15

Prodotto interno lordo 1,0 0,5 0,9 0,8 [8] 0,9 0,9

Importazioni 3,3 2,9 3,9 3,1 [8] 3,8 3,0

Esportazioni 2,5 2,5 3,5 3,3 [8] 2,8 3,0

Domanda interna n.d. 1,0 1,3 [8] 1,1 0,8

Consumi delle famiglie 1,0 0,7 1,0 0,8 [8] 0,9 0,6

Consumi collettivi 0,5 n.d. 0,5 -0,6 [8] 0,3 0,7

Investimenti fissi lordi 3,2 1,3 1,8 1,7 [7] 2,6 1,1

- macc. attrez. mezzi trasp. 3,2 2,0 n.d. 2,5 [8] 4,5 [6] n.d.

- costruzioni 2,9 0,6 n.d. 1,6 [8] 1,3 n.d.

Occupazione [a] 0,6 0,5 0,9 0,4 [8] 0,7 1,0

Disoccupazione [b] 10,8 11,2 11,2 11,1 [7] 11,4 11,0

Prezzi al consumo 0,9 [2] 0,6 0,5 1,0 [8] 1,2 [1] 0,8

Saldo c. cor. Bil Pag [c] 2,3 3,3 [5] 1,9 2,6 [4 7] 2,5 3,0

Avanzo primario [c] 1,7 1,6 1,4 1,3 [7] 1,4 1,3

Indebitamento A. P. [c] 2,0 2,3 2,2 2,5 [8] 2,4 2,4

Debito A. Pubblica [c] 132,5 134,0 133,4 134,0 [7] 133,1 132,3

[a] Unità di lavoro standard. [b] Tasso percentuale. [c] Percentuale sul Pil. [1] Tasso di inflazione armonizzato Ue. [2] Deflattore dei consumi privati. [3] Programmata. [4] Saldo conto corrente e conto capitale (in % del Pil). [5] Saldo commerciale (in % del Pil). [6]

Investment in equipment. [7] Rapporto di previsione, 23/09/2016. [8] Aggiornamento del Rapporto di previsione, 04/11/2016.

PARTE SECONDA:

L’ECONOMIA REGIONALE

2.1. L’economia regionale nel 2016

2.1.1. Il prodotto interno lordo e la domanda interna

In uno scenario nazionale di lenta crescita economica, le stime redatte nello scorso ottobre da Prometeia hanno previsto per il 2016 per l’Emilia-Romagna un aumento reale del Pil pari all’1,0 per cento, leggermente più elevato rispetto a quanto prospettato per l’Italia nella “Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza” (+0,8 per cento). C’è stata un’accelerazione rispetto al moderato aumento del 2015 (+0,8 per cento), che aveva posto fine alla fase recessiva del triennio 2012-2014. La stima è tuttavia apparsa un po’ più fredda rispetto alle previsioni formulate nei mesi precedenti: +1,1 per cento nell’esercizio di luglio; +1,2 per cento in quello di aprile. Al ridimensionamento della previsione non sono stati estranei la frenata del commercio estero e il basso profilo delle attività commerciali.

Nonostante il ridimensionamento delle stime, l’Emilia-Romagna ha fatto registrare l’aumento del Pil più elevato delle regioni italiane, assieme alla Lombardia. I tassi di crescita reali più contenuti, pari allo 0,3 per cento, hanno riguardato Abruzzo, Basilicata e Campania.

Il livello reale del Pil atteso per il 2016 è ancora inferiore del 5,3 per cento a quello del 2007, quando la crisi causata dall’insolvenza dei mutui statunitensi ad alto rischio non si era manifestata in tutta la sua gravità. Per arrivare al superamento occorrerà attendere il 2021 (+0,3 per cento). Se le previsioni avranno buon fine, dovranno passare quattordici anni per ritornare ai livelli pre-crisi, a dimostrazione di come sia stata profonda la ferita inferta al tessuto economico della regione dalla più grave crisi del dopoguerra.

Alla crescita reale del Pil, stimata, come descritto precedentemente, all’1,0 per cento, si dovrebbe associare un andamento più dinamico per la domanda interna, che dovrebbe crescere dell’1,5 per cento, replicando l’incremento del 2015.

Fig. 2.1.3 Prodotto interno lordo dell’Emilia-Romagna. Variazioni percentuali in termini reali sull’anno precedente. Periodo 2002 – 2018.

Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat e Scenario economico previsionale Prometeia di ottobre 2016.

-8,0 -6,0 -4,0 -2,0 0,0 2,0 4,0 6,0

2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016* 2017* 2018*

'* previsioni 2016-2018

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La formazione del reddito

Per quanto concerne la formazione del reddito, nel 2016 il valore aggiunto ai prezzi di base è stato stimato in crescita, in termini reali, dello 0,9 per cento rispetto all’anno precedente, consolidando la timida ripresa riscontrata nel 2015 (+0,5 per cento), dopo tre anni di recessione Resta tuttavia il deficit nei confronti della situazione ante crisi, pari al 4,7 per cento. Solo nel 2020 si supererà la soglia del 2007, ma in termini assai contenuti (+0,04 per cento), destinati tuttavia ad aumentare negli anni successivi.

Tra i vari rami di attività che concorrono alla formazione del valore aggiunto, l’andamento più dinamico è offerto dall’industria in senso stretto, con un aumento reale dell’1,4 per cento, in frenata rispetto all’evoluzione del 2015 (+2,6 per cento).

L’industria delle costruzioni si è valsa, con tutta probabilità, degli incentivi fiscali previsti per le ristrutturazioni. E’ attesa una crescita dello 0,6 per cento del valore aggiunto, certamente modesta, ma che dovrebbe preludere a una lunga fase di crescita, dopo otto anni di pronunciati cali. Anche in questo caso resta tuttavia un livello di attività inferiore a quello pre-crisi, destinato a rimanere tale anche per i prossimi dieci anni. E’ dal 2008 che ha avuto inizio la recessione. Tra quell’anno e il 2015 c’è stata una variazione media annua negativa del valore aggiunto pari al 5,4 per cento, largamente superiore al calo dello 0,7 per cento registrato nel totale delle attività economiche. La crescita reale del valore aggiunto edile, prevista da Prometeia, è maturata in uno scenario di moderata ripresa del volume d’affari (+0,4 per cento tra gennaio e settembre)1.

I servizi hanno evidenziato una moderato aumento reale del valore aggiunto (+0,8 per cento), che ha tuttavia accelerato rispetto all’andamento del 2015 (+0,2 per cento). Contrariamente a quanto previsto per l’industria in senso stretto, già nel 2018 ci sarà un superamento, seppure lieve, del livello pre-crisi del 2007 (+0,4 per cento). I settori del terziario hanno insomma meglio resistito alla bufera del 2009 e alla nuova fase recessiva che ha afflitto il triennio 2012-2014.

Un cenno infine sulle attività dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, le cui previsioni possono essere fortemente influenzate da imprevedibili fattori climatici. Secondo Prometeia, il 2016 è destinato a chiudersi senza alcuna variazione reale rispetto al 2015. La crisi del 2009 non ha avuto impatti negativi sulla produzione del settore. Nel 2016 si registra un aumento del valore aggiunto del 20,2 per cento rispetto al 2007.

L’impiego del reddito. Consumi e investimenti.

La crescita dell’1,5 per cento della domanda interna ha riflesso gli andamenti espansivi dei consumi delle famiglie e degli investimenti.

Nel 2016 la spesa per consumi finali delle famiglie emiliano-romagnole è apparsa in aumento (+1,5 per cento), ma su ritmi più lenti rispetto alla crescita dell’1,8 per cento del 2015. Nel 2017 la spesa sarà tuttavia maggiore dello 0,2 per cento nei confronti del livello pre-crisi. L’aumento del 2,8 per cento del reddito disponibile delle famiglie, unitamente alla crescita del valore aggiunto reale per abitante (+0,9 per cento) e della base occupazionale (+2,0 per cento) sono i principali ingredienti del nuovo miglioramento.

I consumi delle Amministrazioni pubbliche e Istituzioni sociali private sono previsti in leggera crescita (+0,7 per cento), dopo un quinquennio caratterizzato da una diminuzione media annua dello 0,6 per cento, dovuta con tutta probabilità alle politiche di contenimento della spesa pubblica e al blocco del turn over.

Gli investimenti fissi lordi sono apparsi in crescita del 2,5 per cento. Nonostante l’aumento, il loro livello reale continua a essere piuttosto basso. Rispetto alla situazione del 2007, prima che la crisi derivata dai mutui subprime cominciasse a manifestarsi in tutta la sua gravità, si ha una flessione del 27,3 per cento e dovranno passare almeno altri dieci anni, nella migliore delle ipotesi, prima che si abbia un riallineamento.

La produttività

Con questo termine s’intende il rapporto tra il valore aggiunto espresso in termini reali e le unità di lavoro che ne esprimono il volume effettivamente svolto.

Nel 2016 secondo lo scenario predisposto lo scorso ottobre da Prometeia, il valore aggiunto per unità di lavoro è apparso in diminuzione dello 0,8 per cento rispetto all’anno precedente, aggravando l’andamento di basso profilo del 2015, segnato da crescita zero.

1 I dati fanno riferimento all’indagine congiunturale trimestrale eseguita dal sistema delle Camere di commercio dell’Emilia-Romagna.

2.1. L’economia regionale nel 2016 25

Il calo della produttività si è allineato alla situazione sostanzialmente stagnante che ha contraddistinto il periodo 2001-2016, caratterizzato da una crescita zero. Di ben altro spessore era apparsa l’evoluzione dei dieci anni precedenti, dal 1991 al 2000, rappresentata da un aumento medio annuo dell’1,8 per cento.

La stagnazione della produttività del periodo 2001-2016, che ha riassunto andamenti annuali divergenti (l’anno nero resta il 2009 con una flessione del 4,5 per cento) assume più rilevanza nelle attività del terziario, la cui evoluzione media annua, tra il 2001 e il 2016, appare negativa (-0,4 per cento), Nell’industria in senso stretto si ha invece una crescita media annua dell’1,1 per cento, che nelle costruzioni si riduce a un modesto +0,1 per cento. L’unico settore che registra un aumento reale relativamente sostenuto è l’agricoltura, silvicoltura e pesca, che tra il 2001 e il 2016 beneficia di una crescita media annua dell’1,7 per cento, che sarebbe stata più corposa se non ci fosse stata la flessione del 7,5 per cento del 2016. Se si considera che tale andamento è maturato in uno scenario di pressoché costante calo degli addetti, ne discende che il settore ha potuto sopperire affinando e modernizzando le tecniche di produzione.

In tutti i rami di attività emerge un rallentamento del ritmo di crescita della produttività rispetto al periodo 1991-2000, soprattutto nei servizi, apparsi in contro tendenza: -0,4 per cento contro +1,2 per cento.

La conclusione che si può trarre da questi sommari andamenti è abbastanza scontata. La bassa produttività, specie delle attività terziarie, che costituiscono la parte più rilevante del valore aggiunto reale dell’Emilia-Romagna (67,7 per cento nel 2016) equivale a una minore efficienza del sistema economico regionale, che può avere sviluppi negativi sulle imprese, che rischiano di essere meno competitive, e sugli stessi occupati che vedono ridursi, almeno in teoria, i margini di miglioramento reale dei propri salari e stipendi.

La produttività, assieme alla valorizzazione del capitale umano, è nella sostanza uno degli ingredienti necessari alla crescita economica.

La domanda estera

Le esportazioni di beni, in uno scenario caratterizzato dal rallentamento del ritmo di crescita del commercio internazionale2, sono previste in aumento in termini reali del 3,0 per cento, in misura più contenuta rispetto all’incremento del 4,8 cento rilevato nel 2015. A valori correnti la crescita dovrebbe attestarsi al 2,1 per cento contro il +4,4 per cento dell’anno precedente. Questa previsione riflette una diminuzione dei prezzi impliciti all’export (-0,9 per cento), che sottintende politiche commerciali piuttosto attente a mantenere quote di mercato spesso conquistate con enormi sforzi, anche a costo di comprimere i margini di guadagno.

L’export è tra i maggiori sostegni all’economia, arrivando nel 2016 a incidere in termini reali per il 38,8 per cento del Pil rispetto al 38,0 per cento del 2015 e 32,4 per cento del 2007.

La previsione contenuta nello scenario di Prometeia è stata confermata dai dati Istat che nei primi nove mesi del 2016 hanno registrato una crescita del valore delle esportazioni pari all’1,5 per cento.

Lavoro, occupazione e reddito per abitante

La crescita del Pil, seppure moderata, ha avuto esiti positivi sul mercato del lavoro.

L’occupazione è destinata a crescere nel 2016 del 2,0 per cento rispetto all’anno precedente, consolidando l’aumento dello 0,4 per cento rilevato nel biennio 2014-2015. La stima di Prometeia ha ricalcato la tendenza spiccatamente positiva emersa dalle indagini sulle forze di lavoro dell’Istat relative ai primi nove mesi (+2,4 per cento).

Per quanto concerne le unità di lavoro, che in pratica ne misurano il volume effettivamente svolto, emerge uno scenario ugualmente positivo, rappresentato da un aumento dell’1,7 per cento, in accelerazione rispetto alla crescita dello 0,5 per cento del 2015.

Nel 2016 l’occupazione dovrebbe superare dell’1,6 per cento il livello del 2007, alla vigilia della crisi internazionale innescata dai mutui statunitensi ad alto rischio. Nel biennio 2017-2018 dovrebbe instaurarsi un ciclo virtuoso, sulla scia del consolidamento della ripresa del Pil.

Nel 2016 l’occupazione dovrebbe superare dell’1,6 per cento il livello del 2007, alla vigilia della crisi internazionale innescata dai mutui statunitensi ad alto rischio. Nel biennio 2017-2018 dovrebbe instaurarsi un ciclo virtuoso, sulla scia del consolidamento della ripresa del Pil.

Nel documento Rapporto 2016 (.pdf) (pagine 17-0)