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PARTE II La ricerca empirica

CAPITOLO 6. Come si diventa scommettitori e pokeristi? La costruzione

3. Il denaro del peccato va nel peccato

La motivazione economica tuttavia non è un fine in sé stesso ma è funzionale a rispondere a dei bisogni.

Al giorno d’oggi le scienze sociali riconoscono che una concezione del denaro in senso solo economico-finanziario sarebbe riduttiva e insoddisfacente (Zelizer, 2010, 1997; Carruthers, 2010). Le interpretazioni classiche ritraggono il denaro come uno strumento chiave nella razionalizzazione della vita sociale. Il denaro è definito come un mezzo (Simmel, 1984), in grado di omogenizzare tutte le distinzioni qualitative in un concetto astratto. Per Vivian Zelizer (1997) tale concezione utilitarista rappresenta un limite. Mentre il denaro trasforma effettivamente oggetti, valori e sentimenti in equivalenti monetari, esso stesso viene però modellato in questo processo. Per l’autrice i fattori culturali imprimono un senso qualitativo al modo in cui significhiamo questi soldi stabilendo differenze nelle fonti, negli usi, nelle modalità di allocazione e persino nella quantità di denaro che spendiamo. Il denaro pur essendo l’elemento caratteristico degli scambi economico-razionali costituisce un ponte tra attività economiche e processi sociali (Maniscalco, 2002: 17). Il significato ad esso attribuito non è quindi esterno al denaro ma intrinseco ad esso. In questo senso il mettere dei soldi su una partita può già rappresentare un segno di appartenenza al gruppo. Un esempio emblematico di questo significato sociale del denaro mi è stato offerto durante un pomeriggio di osservazione al centro scommesse. In quell’occasione erano presenti tre ragazzi che stavano facendo una schedina davanti a uno dei monitor della sala.

“Lo spazio sul monitor non è grande e i tre ragazzi si stanno un po’addosso per riuscire

a guardare lo schermo e decidere cosa giocare. A un certo punto uno dei tre dice “spostati da lì, non li metti tu i soldi” –riferito a uno dei due amici, sotto inteso nelle sue parole si intuisce che intenda, lascia spazio sul monitor a me che ce li metto. (2.04.2014_centro

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Il fatto di non aver contribuito, di non aver messo “la sua parte” nella scommessa fa sì che a uno dei ragazzi venga negata, o per lo meno messa a un piano diverso, la possibilità di giocare e di partecipare all’esperienza.

Allo stesso tempo anche la motivazione economica della vincita non è un fine in sé stesso: per i giovani con cui ho parlato infatti il vincere era percepito come subordinato ad avere accesso a una serie di altri beni a cui non avrebbero puto accedere in altro modo “se chiedo a mia mamma ogni giorno i soldi

non me li dà (Leon_poker).

Parlando con Alberto appare evidente come secondo la sua percezione, i soldi che i suoi genitori gli davano non fossero sufficienti a rispondere ai suoi bisogni:

Si sì a me i miei mi davano i soldi il venerdì mi duravano venerdì e sabato e la domenica erano già finiti. Magari perché sei una femmina, per i maschi 50 euro erano pochi, io comunque avevo delle esigenze non potevo stare non, non so come avrei fatto. (Alberto_scommesse sportive)

Il ragazzo si è sentito motivato e legittimato a cercare modi alternativi per guadagnare del denaro.

La maggior parte dei giovani sottolinea come i soldi vinti servissero principalmente a comprarsi oggetti, espressione per loro di simboli di status. Già nel 1979 il sociologo francese Pierre Bourdieu, nel suo libro “La

distinzione. Critica sociale del gusto”, aveva messo in evidenza come le scelte che

gli individui fanno nei propri consumi non siano casuali ma rispondano alla volontà di aderire e mostrare un certo status a cui ciascuno appartiene o vuole appartenere. In questo frangente i ragazzi ricorrono alle vincite del gioco d’azzardo per acquisire oggetti e spazi ben visibili e considerati desiderabili secondo i loro gusti e in relazione al gruppo a cui sentono di appartenere. Per Edoardo questo si riassume nel potersi comprare i jeans che gli piacciono:

Più che altro i miei mi hanno sempre comprato pochi vestiti. Non era un loro vizio. Io i vestiti li compravo sempre con i miei soldi, grazie alle schedine mi sono comprato sempre abbastanza cose. Erano soldi miei che mi ero guadagnato. Guadagnato, guadagnato furbamente! (Edoardo_scommesse)

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Comprarsi un paio di scarpe, pagare un tavolo in una discoteca romagnola o le sigarette, sono solo alcuni tra i numerosi esempi di quello che i ragazzi hanno fatto con i soldi vinti.

In maniera particolare colpiscono le parole usate da un ragazzo in riferimento alla destinazione d’uso dei soldi vinti e che potrebbero fare eco all’utilizzo che ne hanno fatto molti altri di loro in riferimento al significato che vi attribuiscono: C’è un detto nella nostra cultura: i soldi del peccato vanno nel

peccato, non li ho guadagnati (nota di campo 2.05.2017).

Per i ragazzi i soldi del gioco d’azzardo è giusto rimangano in una sfera di vita associata non a necessità ma al togliersi capricci e sfizi. Di fatto confermando la natura socialmente significativa di questo denaro (sociale la spesa, sociale l’utilizzo).

Contrariamente a quanto emerso in letteratura, specialmente nei lavori di stampo funzionalista, risultano rilevanti due elementi: questa necessità di denaro per la propria affermazione sociale non è unicamente presente nelle classi sociali più basse della popolazione ma in tutti i giovani e dipende principalmente dalla loro effettiva disponibilità della risorsa denaro (che nei giovani minorenni è principalmente mediata dai genitori). Questo aspetto viene messo in luce ad esempio dalle parole di Claudio:

I- Cosa ti ha incuriosito del gioco?

All’inizio solo una questione di soldi. I miei stanno abbastanza bene, ho sempre avuto una vita molto privilegiata. Poi arrivato a 19 anni hanno capito che ero un po’ un cazzone e che non me ne fregava un cazzo, se volevo mantenere questo stile di vita qui me la dovevo cavare da solo se no andavo avanti a magiare così a caso senza fare sforzi. Poi una cosa che mi è sempre piaciuta era avere soldi per spendere. La cosa principale erano i soldi, il poker era l’unico modo per avere soldi e dove potevi usare la strategia (Claudio_poker)

Nonostante la famiglia di Claudio “stia bene” economicamente, viene messo secondo lui nella condizione di dover trovare una via alternativa per poter rispondere ai propri bisogni. Per il ragazzo il giocare a poker offre un’occasione per farlo.

Un altro aspetto che emerge dalle interviste e dal confronto con i ragazzi è relativo al valore della posta vinta. Molti studi hanno sottolineato come le persone giochino d’azzardo nella speranza della grande vittoria “dreem buyers” (Scott, 1968) e in cui le piccole vincite fungono più come rinforzi per

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alimentare la speranza della grossa ricompensa futura. Per questi ragazzi il ruolo cruciale del denaro sembrerebbe invece giocarsi proprio sull’esiguità della posta in palio. L’importanza dei soldi vinti a una schedina o a un torneo di poker in cui ci sono in palio 10 euro appaiono per una persona adulta una ricompensa di poco conto, ma assumono un significato completamente diverso se guardati con gli occhi di un ragazzo giovane, il più delle volte minorenne, e senza stipendio:

Ovviamente a quell’età lì61 anche solo vincere 50 euro, avere 50 euro per andare a ballare il sabato sera. Avere quei 50 euro in più per il sabato sera mi facevano gola (Riccardo_poker)

Riccardo parla al passato proprio perché questa percezione del valore del denaro vinto cambia col tempo e in genere è fortemente legata all’aver trovato accesso a un’altra fonte economica (ovvero il più delle volte essere entrati nel mercato del lavoro). Le parole dei ragazzi che lavorano, confermano questa visione. Per loro è considerato vincita l’ottenere una cifra da una certa somma in su (altrimenti non la considerano tale)

Una vincita? Considero una vincita dagli 80-100 euro in su, se no non la gioco neanche (Davide_scommesse)

Non solo cambia la percezione che hanno di cosa si debba considerare una “vera” vincita, ma anche l’utilizzo che fanno di quei soldi, che smettono di essere visti come “soldi speciali” (Zelizer, 1997) e iniziano ad essere trattati come soldi “normali”: La regola è quelli che avevo giocato precedentemente li rigioco, gli

altri li tengo in tasca e li spendo come soldi normali (Dario_scommesse).

Dalle parole dei ragazzi si può osservare quindi come il denaro rappresenti un aspetto importantissimo nel loro coinvolgimento nelle pratiche di gioco. I soldi infatti non sono solo soldi, ma rimandano alla possibilità di avere accesso una serie di status e di simboli molto importanti per i giovani e a cui una persona che ha disponibilità di un’entrata più alta, come può essere uno stipendio, dà poca importanza.

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