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Denaro e vita dello spirito nel pensiero di G. Simmel

La pratica monetaria e i suoi effetti sulla coesione sociale

2. Denaro e vita dello spirito nel pensiero di G. Simmel

Dapprima nella sua celebre opera Filosofia del denaro (1900) e successivamente ne Le metropoli e la vita dello spirito (1903), Georg Simmel analizza sistematicamente l’istituzione del denaro come forma caratteristica della modernità. Esso è il mezzo che consente l’oggettivazione del valore e della funzione dello scambio, fungendo da volano per i processi di razionalizzazione e di alienazione caratteristici dell’epoca moderna.

Riflettendo sul carattere intellettualistico che tende a diventare preponderante nella vita psichica degli abitanti delle metropoli, Simmel ne rileva un parallelismo con la crescita di importanza attribuita al mezzo di scambio economico.

L’atteggiamento intellettualistico, inteso come attitudine al pensiero logico e calcolatore, attento più agli aspetti pragmatici delle interazioni sociali che a quelli spirituali, è una forma di difesa messa in atto dall’individuo che vive nella grande città a fronte di un innumerevole afflusso di sollecitazioni esterne cui non è in grado di rispondere in maniera empatica.

Nella modernità tecnica e razionale, per Simmel, domina il Verstand sul Vernunft, con la conseguenza che si perde l’esigenza «di un riconoscimento delle diversità che entrano in relazione, annullando la vita insieme al senso del debito nei suoi confronti» (Martinelli, 2014: 38). Con il termine Verstand questo autore intende riferirsi all’intelletto calcolante

che si adatta superficialmente alla situazione, sviluppando un atteggiamento strumentale negli individui verso la vita, le cose, le persone - proprio come avviene nella città moderna. Il termine Vernunft rimanda invece a quella facoltà che ordina le nostre conoscenze ed esperienze sulla base del senso; essa chiama in causa la coscienza e l’intenzionalità - ovvero, la dimensione prettamente soggettiva -, e non rinuncia al confronto con i sentimenti e i valori dell’uomo. Simmel aveva già intravisto il rischio dello sganciamento tra razionalità strumentale e significati e ne anticipa le implicazioni (ibid., p. 67).

La metropoli è anche il luogo per eccellenza dove l’economia monetaria vive il suo pieno sviluppo e l’intellettualismo dell’uomo metropolitano è il riflesso

32 dell’azione di livellamento operata dal denaro, mezzo in grado di disporre ogni cosa su un medesimo piano quantitativo del valore, occultando le differenze qualitative che sussistono tra i diversi oggetti: «economia monetaria e dominio dell’intelletto si corrispondono profondamente. A entrambi è comune l’atteggiamento della mera neutralità oggettiva con cui si trattano uomini e cose, un atteggiamento in cui una giustizia formale si unisce spesso a una durezza senza scrupoli» (Simmel, 1995: 38).

Il denaro, avendo a che fare con ciò che è comune a ogni cosa - il valore di scambio - fa astrazione di tutte le qualità e specificità dei beni, appiattendo su un livello freddamente numerico la loro varietà e molteplicità. Solo «rispetto al denaro non ci si chiede “che cosa” e “come”, ma “quanto”. [...] La qualità del denaro consiste esclusivamente nella sua quantità» (Simmel, 1984: 376-377).

Allo stesso modo l’uomo dall’atteggiamento intellettualistico non è interessato alle sfumature e alle individualità che non possono essere comprese dal puro intelletto logico.

La neutralità del denaro in quanto mezzo di scambio non va dunque intesa come una neutralità rispetto ai suoi effetti sulle interazioni sociali. Al contrario, è una neutralità che livella operando una riduzione dei valori qualitativi a quelli quantitativi, di fatto oscurando i primi, più complessi, e rendendo invece pienamente manifesti solo i secondi.

Nella misura in cui il denaro pesa tutta la varietà delle cose in modo uniforme ed esprime tutte le differenze qualitative in termini quantitativi, nella misura in cui il denaro con la sua assenza di colori e la sua indifferenza si erge a equivalente universale di tutti i valori, esso diventa il più terribile livellatore, svuota senza scampo il nocciolo delle cose, la loro particolarità, il loro valore individuale, la loro imparagonabilità (ibid., p. 43).

Questa semplificazione, che opera analogamente e parallelamente alla riduzione degli aspetti affettivi in favore di quelli utilitaristici nelle relazioni sociali dell’uomo metropolitano, è la chiave per comprendere lo sviluppo in epoca moderna del potere del denaro nei rapporti di scambio. Nelle interazioni mediate dal denaro diventa secondario conoscere chi, come e perché ha prodotto un certo bene o fornisce un determinato servizio. Coerentemente con questa logica, tende a diventare irrilevante ai fini dello scambio anche sapere come e perché un certo individuo si sia procurato il mezzo che gli fornisce tale potere.

33 Mezzo che da un lato tende a trascendere il suo carattere materiale e a cancellare la sua storia, ma che allo stesso tempo permette a chi lo detiene di desiderare quasi tutto per possibilità, il denaro si configura come pura potenzialità, come ciò che più di ogni altra cosa può conferire al singolo essere umano un senso di onnipotenza: «man mano che si “spiritualizza”, il denaro diventa anche un potere sociale sempre più invadente, esclusivo e imperioso». (Poggi, 1998: 168).

La traduzione dei valori in forma monetaria conferisce un grado di libertà infinitamente maggiore ai soggetti coinvolti negli scambi. Inoltre consente un superamento delle distanze altrimenti inimmaginabile, per cui, ad esempio, «un capitalista tedesco, ma anche un operaio tedesco, possono essere realmente partecipi di un cambio di ministri in Spagna, del ricavato delle miniere d’oro dell’Africa, dell’esito di una rivoluzione nell’America de Sud» (Simmel, 1984: 671).

Parallelamente, l’estensione del potere del denaro veicola la tendenza alla disgregazione dei legami di prossimità. Poiché facilita l’associazione con l’esterno e l’accesso a cerchie estranee interessate soltanto al valore in denaro delle prestazioni,

la forma-denaro plasma la famiglia in modo diametralmente opposto alla struttura che la proprietà collettiva, in particolare quella del suolo, le conferiva. Quest’ultima creava una solidarietà di interessi, che si presentava sociologicamente come continuità di legami tra i membri della famiglia, mentre l’economia monetaria rende loro possibile una distanziazione reciproca, anzi la impone. Considerando, oltre la vita familiare, determinate altre forme dell’esistenza moderna, vediamo che si basano proprio sulla distanziazione provocata dalla circolazione monetaria. Infatti, essa pone una barriera tra le persone, in quanto uno dei due contraenti riceve sempre ciò che veramente vuole, ciò che desta in lui sensazioni specifiche, mentre chi riceve soltanto denaro deve andare a cercare quello che vuole presso un terzo (ibid., pp. 671-672).

Ciascun soggetto coinvolto nello scambio si accosta dunque alla transazione con un ventaglio personale di interessi, che non è affatto necessario che siano in accordo con quelli del suo interlocutore in affari. La frequente opposizione tra diversi generi di interessi provoca a priori un nuovo carattere di estraneità.

Inoltre, la qualità strumentale del denaro è rafforzata dalle sue caratteristiche di trasportabilità (cfr. ibid., p. 285) e nascondibilità (cfr. ibid., p. 527) che, insieme al fatto di essere uno strumento silenzioso, relativamente invisibile e che può concentrare un grande valore in uno spazio ristretto, lo rendono particolarmente adatto ad essere utilizzato per finalità illegali o per accumulare indefinitamente

34 potere economico che si potrà poi convertire in potere di altro genere (cfr. Poggi, 1998: 144).

La temperie morale intellettuale della modernità, della quale un significativo aspetto è, come si è detto, la tendenza all’intellettualizzazione dell’esistenza, si combina con la natura strumentale del denaro, generando, come effetto collaterale, un processo di disgregazione dei vincoli sociali di prossimità ai quali tradizionalmente si attribuiva una importanza determinante per la coesione della comunità.

Le componenti valutative ed emotive dell’agire si focalizzano di norma sui «fini», mentre i «mezzi» mettono prevalentemente in gioco un orientamento «freddo», che si colloca sul piano cognitivo. Ora, questo orientamento tende a predominare nella società moderna, sia direttamente, per via [...] del ruolo centrale che viene a svolgervi il denaro, che è per sua natura mezzo par excellence, [...] sia indirettamente. Il denaro [...] nella modernità, permette che vengano messe insieme sequenze sempre più lunghe e complesse composte di molteplici connessioni mezzo/fine; in ciascuna di tali sequenze, quasi tutto ciò che funge da fine lo fa solo provvisoriamente, in vista di fini ulteriori (ibid., p. 181).

Quando l’economia monetaria si espande in estensione e complessità, esaltando le sue interdipendenze interne, sorge quel genere di interdipendenza reciproca che, eliminando l’elemento personale, crea rapporti tra gli uomini pur lasciandoli al di fuori di essi. L’individuo poggia con maggior forza su se stesso e assume una coscienza più positiva della propria libertà.

Il significato ultimo dell’impersonalità del denaro consiste proprio nel fatto che il suo possesso incide sulla persona, formandola e limitandola, in misura molto minore di quanto non faccia il possesso di altri beni o di determinate qualifiche e competenze professionali. Questo suo carattere lo rende particolarmente adatto a fungere da tramite per relazioni in cui i protagonisti cercano di ridurre al minimo il proprio coinvolgimento personale (cfr. ibid., p. 146).

È opportuno, d’altra parte, ricordare che nel pensiero di Simmel felicità e libertà non si presentano affatto necessariamente come conseguenza l’una dell’altra.

In tutti gli aspetti che ineriscono alla sfera sentimentale, per i quali «la felicità non consiste soltanto nell’avere, ma anche nel dare se stessi» (Simmel, 1984: 418) e nei quali ciascuno, sulla base di un rapporto reciproco, viene di fatto arricchito dall’altro

35 in egual misura, «si sviluppa un valore il cui godimento non viene ottenuto mediante una rinuncia della controparte» (ibid.).

È questo il caso, ad esempio, della condivisione di beni intellettuali, di contenuti spirituali o artistici. Si rende dunque necessario, secondo Simmel, arrivare a questa conciliazione degli interessi «anche in quei campi economici in cui la concorrenza per la soddisfazione del singolo bisogno arricchisce ciascuno soltanto a spese di un altro» (ibid.).

Sembrerebbe dunque che l’unico argine agli effetti socialmente disgreganti di un mezzo quale il denaro, divenuto, in epoca moderna, particolarmente influente a causa del suo carattere di pura potenzialità, sarebbe l’emergere di finalità intersoggettivamente condivise che si imponessero, rispetto agli impulsi individualistici, nelle coscienze di un numero considerevole di agenti. Ciò ha forse più probabilità di accadere in un momento di crisi, nel quale si palesano gli effetti disgreganti sul tessuto sociale di una pratica che finisce per minare le basi di una coesistenza costruttiva tra gli esseri umani.

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3. Aspetti qualitativi della pratica monetaria nella