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Diversi generi di capitale con rilevanza sociale

Nel documento UNIVERSITA CATTOLICA DEL SACRO CUORE MILANO (pagine 101-105)

I capitali nella sfera sociale

3. Diversi generi di capitale con rilevanza sociale

Premessa

Come si è avuto modo di chiarire all’inizio del secondo capitolo, il concetto di capitale sociale è di carattere multiforme e include molteplici dimensioni di tipo valoriale e relazionale che possono rispondere a istanze molto differenti tra loro. Per quanto queste caratteristiche contribuiscano in maniera decisiva alla sua versatilità rispetto ai diversi contesti di ricerca nei quali può essere utilizzato, possono anche, per contro, renderne difficoltosa una sua applicazione precisa e calzante a livello empirico.

Ad esempio, il capitale sociale può rivelarsi un concetto troppo generico quando si tratta di comprendere che genere di stock di valore siano oggetto di transazione in determinate interazioni tra attori sociali, anche quando si tratta di scambi economici.

Per questo motivo si ritiene pertinente proporre uno sviluppo teorico integrativo, che provi a identificare in modo più specifico diversi generi di capitale rilevanti per le interazioni sociali, esplorando successivamente alcuni dei loro meccanismi di interazione reciproca. Con il termine “capitale” qui s’intende genricamente uno stock di valore riconoscibile intersoggettivamente e suscettibile di essere mobilitato in vista di un fine.

La classificazione qui proposta dei diversi generi di capitale che sono emersi dall’esperienza di ricerca sul campo e dallo studio dei contributi teorici utilizzati per la sua interpretazione non intende in alcun modo presentarsi come esaustiva. Il ricercatore ritiene che ogni operazione di classificazione, per quanto utile a una comprensione sociologica dei fenomeni, sia sempre frutto di un’operazione che, costruendo un modello, implica come contraltare una perdita rispetto alla complessità del reale.

101 Le affermazioni contenute nei successivi due paragrafi costituiscono dunque uno sviluppo teorico di tipo più personale rispetto a quelle dei precedenti approfondimenti e, per questo motivo, saranno meno suffragate da contributi teorici e da evidenze empiriche.

Dove non si riterranno pressoché evidenti, tali affermazioni potranno essere considerate come ipotesi di ricerca scaturite dall’analisi dei dati raccolti tramite il lavoro sul campo e dai contributi teorici presi in considerazione allo scopo di approfondirne lo studio. Queste potranno essere eventualmente sottoposte a integrazione e validazione tramite ulteriori approfondimenti.

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Tempo

Il tempo è il capitale di cui tutti disponiamo fin dal primo istante della nostra esistenza. Pur essendo esprimibile in termini quantitativi, non possiamo sapere con certezza di quanto ne disponiamo complessivamente.

La peculiarità che in primis lo distingue da tutti gli altri generi di capitale è che siamo costantemente “costretti” a impiegarlo in qualche modo, a spenderlo. Il capitale tempo può essere utilizzato sia per la produzione o l’approvvigionamento di beni e servizi di sussistenza, sia per azioni o pensieri che interagiscono con gli altri generi di capitale.

Forse questa sua peculiarità è una delle ragioni che rende più difficile percepirne il valore. Già Seneca invitava a riflettere sulla facilità con la quale si richiede e si concede a chi ci sta intorno l’impiego di tempo, contrapponendola alla estrema preziosità di questo capitale.

Mi fa sempre meraviglia vedere alcuni chiedere tempo e chi ne è richiesto così arrendevole; l’uno e l’altro guardano allo scopo per cui si chiede tempo, nessuno dei due al tempo in sé: lo si chiede come se fosse niente, lo si dà come se fosse niente. Si gioca con la cosa più preziosa di tutte. Non ne hanno coscienza, perché è immateriale, perché non cade sotto gli occhi, e perciò è valutata pochissimo, anzi non ha quasi prezzo (Seneca 1993: 61).

Il tempo è una risorsa molto versatile, che viene però costantemente consumata da ciascun agente. Non è in alcun modo possibile arrestare lo scorrere del tempo e, anche quando dormiamo, lo stiamo impiegando in un’attività indispensabile a garantirci la possibilità di fruirne ulteriormente in futuro, nonché di fruirne in buona salute.

Questo ci porta dritti ad un altro punto importante: la qualità del nostro tempo. Il capitale tempo, che possiamo misurare in anni, in mesi o in secondi può essere impiegato in condizioni che per il soggetto sono percepite come un valore o come un disvalore. Una serata di festa con gli amici in riva al mare sotto le stelle ha, ad esempio, un valore ben diverso da una serata trascorsa in prigione.

In riferimento al valore, il capitale tempo ha quindi due dimensioni: una quantitativa, di segno sempre positivo e in costante decrescita, e una qualitativa, che

103 al livello della percezione può incommensurabilmente variare d’intensità e avere segno sia positivo, sia negativo e al limite forse anche neutro.

Il capitale tempo è sempre impiegato in modo irreversibile: una volta speso non possiamo farcelo restituire in alcun modo. Tuttavia è possibile intraprendere attività e seguire stili di vita che aumentino la probabilità di disporre di una maggiore quantità, e soprattutto di una maggiore qualità, del tempo a nostra disposizione.

Le analisi sociologiche sul tempo hanno evidenziato notevoli criticità sul ruolo del tempo nelle società moderne. P. A. Sorokin e R. K. Merton (1937), nell’analizzare la natura sociale del tempo, evidenziano il legame funzionale che si è creato tra l’allargarsi e l’intensificarsi dell’interazione sociale e il prevalere di un modo inadeguato di indicare e misurare il tempo: quello che si focalizza principalmente sul suo aspetto quantitativo.

Già Simmel (1903) aveva notato che la vita di una grande città moderna si bloccherebbe immediatamente se si fermassero, anche solo per poco, i suoi orologi, perché la minuta regolamentazione del tempo è diventata ormai imprescindibile, giacché le relazioni e gli affari dell’individuo metropolitano sono generalmente così complessi e vari che, in mancanza della più rigida puntualità nell’adempimento delle promesse e nei servizi, l’intera struttura rovinerebbe in un caos indicibile.

G. Gurvitch (1963), nel descrivere la molteplicità dei tempi sociali, sottolinea che il tempo istituzionalizzato è diventato un elemento totalizzante nella vita degli esseri umani. Esso influisce su tutti i processi sociali e in tal modo innesta un conflitto con i ritmi e le esigenze degli individui.

Il “Saggio sul tempo” di N. Elias (1988) considera il rapporto fra tempo e modelli di razionalità partendo dall’idea che il tempo è una creazione della società e che è diventato un punto essenziale nel processo di razionalizzazione dell’età moderna.

La scarsità del tempo è un’altra rilevante questione che per Luhmann (1975) è causata dalle condizioni e dai problemi legati alle differenziazioni della società in tanti sotto-sistemi autonomi.

Simonetta Tabboni (1988), dopo aver sottolineato che la natura del tempo è

“convenzionale”, e «non ci si interroga sulle ragioni che conducono a dare una certa sistemazione consuetudinaria in termini temporali alla vita quotidiana, alla biografia

104 individuale, al mondo degli affetti e dello scambio sociale» (Tabboni, 1988: 10), così sintetizza il suo pensiero sul tempo:

Nelle società contemporanee è diventato una delle colonne portanti di una cultura che lo ha feticizzato, attribuendogli un valore autonomo, definendolo una risorsa scarsa, equiparandolo al denaro, accentuando sempre più la sua socializzazione e razionalizzazione, conferendo, infine, a certi comportamenti temporali quali la efficienza e la velocità una forte approvazione sociale (ibid., p. 11).

Nel documento UNIVERSITA CATTOLICA DEL SACRO CUORE MILANO (pagine 101-105)