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Destinatari e motivazioni: conclusion

Nell‟apprendimento in immersione lo studente viene in contatto con una serie di informazioni provenienti dall‟ambiente extradidattico e necessariamen- te si confronta con le varietà del repertorio, compresi l‟italiano regionale e il dialetto. Insomma, per non trovarsi in una situazione di confusione al momento dell‟impatto con la realtà plurima linguistica italiana, egli deve essere in grado di comprendere che cosa gli viene insegnato e del perché siano state scelte co- me oggetto di apprendimento alcune varietà e non altre. È necessario che sia cosciente degli aspetti sociolinguistici italiani, della variazione dei registri e della dicotomia fra lingua scritta e lingua parlata, del perché certe strutture ap- prese sono spesso in contrasto con la lingua che sente per strada, dai mass me- dia, ecc.

Nell‟apprendimento all‟estero le motivazioni sono differenti ma portano ad un uguale risultato. Spesso il libro di testo costituisce, insieme alla voce dell‟insegnante, l‟unica fonte a disposizione, e si sa che non potrà essere in al- cun modo esaustivo ma che dovrà preparare chi apprende la LS, una volta ve- nuto in contatto con i nativi o con i prodotti ad essi destinati, ad affrontare la realtà linguistica. Se da un punto di vista metodologico si è affermata l‟esigenza di impiegare materiali didattici autentici, tipi testuali non solo scritti e di presentare, per quanto è possibile, la lingua parlata sia attraverso dialoghi che registrazioni audio e video, occorre anche che le strutture descritte e consi- gliate nel momento di riflessione siano adeguate ai modelli di lingua proposti dalle varie tipologie testuali. Poiché il parlante deve quotidianamente confron- tarsi con scelte all‟interno di queste varietà, sembra opportuno che anche le dimensioni diamesica e diafasica della lingua siano oggetto di apprendimento in LS. Sappiamo tutti infatti, e spesso lo sfruttiamo a scopo umoristico, quanto sia importante sapersi servire di un registro o una varietà adatti alla situazione. Con apprendenti adulti questa capacità di operare delle scelte all‟interno del si- stema linguistico di LS appare fondamentale perché non si produca mortifica-

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zione ma coscienza della posizione occupata all‟interno dello spazio linguisti- co adeguato a quello socio-culturale di appartenenza.

Tutto ciò è oggi possibile perché siamo in grado di valutare con un gros- so margine di attendibilità quale possa essere la domanda di insegnamento.

Le indagini che abbiamo passato in rassegna, il collegamento fra le isti- tuzioni che operano in Italia e all‟estero, permettono infatti di fornire oggi del- le risposte differenziate per le diverse situazioni e la costruzione di itinerari di studio adeguati alle plurime esigenze.

Se la domanda linguistica non è più elitaria come un tempo, quando non era necessario chiedersi quale modello di lingua adottare e quello scritto e let- terario copriva ampiamente la richiesta, risposte di questi tipo non sono più sufficienti. Proprio i campi individuati dalle indagini sono quelli in cui viene impiegata per lo più una varietà di lingua che ha recuperato “la componente pragmatica” e si è allontanata dall‟uso “asituazionale” della lingua (Sabatini 1985: 98). Da ciò consegue che, se per competenza comunicativa si intende la capacità di impiegare la lingua in un contesto realmente comunicativo, non si possono ricalcare gli interventi per l‟italiano, sulla base di comportamenti uni- versali, su quelli per altre lingue e continuare a proporre modelli inadeguati. Data la complessità della situazione italiana non è possibile descrivere un mo- dello di lingua che non tenga conto di tutte le variabili del sistema, anche se non tutte sono da apprendere indifferentemente e in modo attivo ma secondo il grado di competenza, l‟età e gli scopi specifici.

L‟artificiosità delle strutture linguistiche proposte, rischio facilmente ri- scontrabile da noi fino a poco tempo fa, crea poi difficoltà per il mantenimento della motivazione, anche quando essa è presente all‟inizio, dal momento che la lingua a cui si è esposti non è molto rispondente a quella effettivamente impie- gata per le comunicazioni reali. L‟organizzazione di un curricolo e di un pro- gramma deve invece mantenere viva e anzi sfruttare la motivazione iniziale ed essere anche in grado di rilevarne l‟evoluzione e di crearne di nuove durante l‟apprendimento stesso con la presentazione di materiali autentici stimolanti. La motivazione è infatti uno dei fattori affettivi del modello di Kreashen che

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costituirebbero la condizione per l‟acquisizione: questi permettono la scoperta della lingua attraverso situazioni e argomenti che riguardano l‟apprendente e offrono una immagine viva, reale della società e della cultura altre, al di là de- gli stereotipi e dei preconcetti.

Per definire i contenuti grammaticali dei manuali per l‟insegnamento è indispensabile dunque tenere conto dei risultati di questo campo di ricerca: ve- dremo nei capitoli successivi quanto delle conclusioni delle indagini motiva- zionali e di dati sulla situazione di emigrazione/immigrazione trovi riscontro nelle scelte degli autori, se le loro opere siano indirizzate a pubblici specifici e quali spazi linguistici cerchino di descrivere/presentare.

Se si confrontano i punti di instabilità della nostra lingua con i dubbi che anche i parlanti colti hanno e con le esigenze della didattica di LS/L2, si capi- sce come molti dei problemi dell‟insegnamento dell‟italiano non risiedano uni- camente nell‟approccio didattico adottato né nella professionalità dei docenti. Risiedono semmai nella natura della nostra lingua, nella sua complessità sintat- tica, nella pressione che il parlato esercita negli ultimi decenni e in un atteg- giamento di tradizionale riverenza nei confronti delle della varietà letteraria, difficile da sradicare. Inoltre i materiali di LM hanno fornito verosimilmente un modello a quelli di LS e L2: i programmi scolastici erano fino a pochi anni fa l‟espressione di una educazione “monolingue” e “monofunzionale” (Simone 1979) forzatamente normativa e riduttiva nei confronti delle varietà presenti nel territorio; il ruolo della grammatica era raramente legato al concetto di svi- luppo cognitivo (Zagrebelsky 1990); la lingua veniva proposta come verità as- soluta. Una situazione, questa, che già anni fa alcuni linguisti deploravano, come Berretta (1978: 16-17) che commenta: “… c‟è il giusto e lo sbagliato, senza relativizzazioni di sorta: ciò che non risponde al modello di lingua impo- sto, non può essere che errore. In sostanza, una pedagogia basata sull‟autoritarismo, coerente con una scuola fortemente selettiva e mirante a scoraggiare la formazione d‟un qualsiasi spirito critico autonomo, sia negli al- lievi, sia, in qualche modo, negli insegnanti stessi”.

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Malgrado tutto ciò le teorie elaborate nel campo della metodologia didat- tica e provenienti in gran parte da aree linguistiche in cui la coscienza della lingua di uso e i problemi di identità sono stati superati prima che in Italia (per esempio quelle anglofone), hanno indotto gli autori di manuali per stranieri ad accogliere atteggiamenti più disinvolti diretti a favorire la performance a sca- pito della “correttezza formale”. Dunque, in glottodidattica si è fatto strada il principio della varietà delle lingue e della variabilità di ogni lingua a seconda delle situazioni comunicative: è da vedere quanto esplicita e a quale livello sia stata condotta questa operazione in italiano, quali elementi estratti dagli eventi comunicativi costituiscano oggetto di riflessione. Sembra infatti inutile far ri- conoscere allo studente le diverse caratteristiche dello scritto e del parlato se poi non si scende nella pratica e non si portano esempi concreti e specifici per la lingua di arrivo.

Fino ad una diecina di anni fa mancavano studi preparatori sui fenomeni dell‟italiano contemporaneo che portassero a sintesi comparabili a quelle esi- stenti da tempo per altre lingue europee e solo dagli anni Ottanta la ricerca ha iniziato a fornire delle sistemazioni del repertorio e strumenti descrittivi com- pleti e di sintesi. Nella nostra ipotesi queste sistemazioni teoriche dovevano con ogni probabilità cambiare anche i contenuti formali di italiano L2/LS. Era interessante verificare in base a quali teorie scientifiche venissero scelti i mo- delli linguistici delle grammatiche e delle sezioni grammaticali dei corsi, quan- to questa operazione fosse cosciente. A questo fine è utile porsi una domanda preliminare e cioè se esiste un italiano standard, un modello di orientamento, insomma una lingua unitaria da poter prendere come riferimento per l‟insegnamento di LS e di L2. Di questo si tratterà nel prossimo capitolo. Vi è poi un altro aspetto da tenere presente per avere un quadro completo ed è quel- lo dell‟educazione linguistica. Anche qui la prospettiva diacronica servirà a comprendere la complessità dei problemi , soprattutto se si tiene conto che la maggior parte dei dubbi degli insegnanti di oggi si spiega con il fatto che essi stessi hanno avuto una formazione linguistica e culturale a retaggi “normativi” e letterari.

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