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Per una tipologia di apprendenti di italiano L

Nell‟analizzare le diverse motivazioni degli apprendenti e nel presentare le situazioni di apprendimento dell‟italiano L2 è emerso un quadro estrema- mente vario ed eterogeneo. Ai fini della specificazione e della progettazione dell‟offerta formativa è pertanto necessario delineare una tipologia di appren- denti di italiano L2.

Vedovelli nel volume Guida all‟italiano per stranieri. La prospettiva del

“Quadro comune europeo per le lingue si muove in questa direzione propo-

nendo dei profili di pubblici di italiano L2 a partire dall‟individuazione dei “bisogni di sviluppo linguistico-comunicativo”; l‟espressione “bisogni di svi- luppo linguistico-comunicativo” sottolinea – scrive lo studioso – “la necessità di collocare il processo di apprendimento della L2 al punto di convergenza di classi di esigenze (provenienti dagli apprendenti individuali) e tipi di situazioni

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dei contesti sociali e culturali dai quali derivano le sollecitazioni comunicative e alle quali gli individui rispondono anche con le competenze sviluppate nella formazione” (Vedovelli 2002: 148).

Vedovelli ha classificato i pubblici che a suo parere “sollecitano mag- giormente il sistema della formazione con esigenze nuove o comunque che non collimano con quelle dei tradizionali pubblici stranieri” (Ibidem); i profili in- dividuati sono i seguenti (Ibidem: 148-193):

 “Adulto straniero immigrato in Italia”. Si tratta del profilo che “negli ul- timi due decenni ha modificato più profondamente il panorama tipolo- gico degli apprendenti l‟italiano come L2” (Ibidem). L‟immigrato stra- niero adulto ha bisogni comunicativi legati in primo luogo alle intera- zioni sociali della fase di accoglienza e di regolarizzazione della sua presenza nel paese (presentare domanda di regolarizzazione, ottenere i documenti di soggiorno, ecc.); prioritari sono poi i bisogni linguistici legati al contesto del lavoro (trovare un lavoro, gestire rapporti di lavo- ro, inserirsi socialmente sul lavoro, usare termini specialistici, ecc.), al- la ricerca dell‟abitazione (trovare un alloggio provvisorio o definitivo, gestire la casa, ecc.) e al contesto della salute e dell‟assistenza (cono- scere i servizi e saperli utilizzare, ecc.) e al contesto della salute e dell‟assistenza (conoscere i servizi e saperli utilizzare, ecc); a questi si aggiungono quelli legati al contesto della formazione (localizzare i cor- si, conoscere la culture del Paese, formarsi professionalmente, ecc.), al- la socializzazione e al tempo libero (entrare in contatto con i nativi, uti- lizzare i mezzi di comunicazione, ecc.) (Cfr. anche Massara 2001: 187- 200; Demetrio, Favaro 1992; Vedovelli 2001: 201-226);

 “Bambino di famiglia immigrata in Italia”. I figli delle famiglie immi- grate o comunque i giovanissimi stranieri immigrati si trovano a essere inseriti nel contesto scolastico italiano, in cui l‟italiano non è solo og- getto di apprendimento ma anche veicolo di insegnamento dei contenuti disciplinari; sono coinvolti dunque sia gli usi del linguaggio comune sia quelli legati agli ambiti settoriali. Per questi bambini l‟italiano si carat-

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terizza per essere “lingua di contatto”; ciò significa “considerare la competenza linguistico-comunicativa come luogo in cui codici lingui- stici e culturali diversi si incontrano e producono nuove identità” (Ibi- dem: 174).

 “Apprendente straniero nel proprio paese: giovane e adulto”. Questa fascia di pubblico e suddivisibile in diversi sottotipi a seconda delle motivazioni di apprendimento:

- gli apprendenti, che costituiscono l‟area più numerosa, caratte- rizzati da una motivazione generalmente culturale: si tratta degli stranieri che si avvicinano “al nostro idioma per il legame che questo ha con un patrimonio artistico-culturale, generalmente in- tellettuale, tra i più rilevanti nella storia dell‟umanità” (Ibidem: 176);

- gli apprendenti mossi da una motivazione specificatamente cul- turale, i quali decidono di studiare la lingua italiana in quanto è inserita nei sistemi scolastici locali, oppure è coinvolta nell‟ambito della formazione universitaria, o ancora diventa og- getto di investimento professionale;

- gli apprendenti con una motivazione professionale,caratterizzati da bisogni linguistico-comunicativi orientati al mondo del lavoro.  “Apprendente straniero nel proprio paese: anziano”. Il pubblico degli an- ziani può presentare motivazioni legate a interessi sviluppati in anni precedenti, a un progetto di crescita culturale o a una spendibilità diretta come per esempio nel caso di un viaggio turistico. Questo tipo di pub- blico, pur piuttosto limitato numericamente, costituisce una novità di ti- po qualitativo “avendo implicazioni sulle metodologie didattiche e sulle condizioni sociali per la possibilità di un‟offerta formativa rivolta a tale destinatario” (Ibidem: 188).

 “Apprendente di origine italiana”. È questo il profilo dell‟emigrato ita- liano all‟estero, che presenta una notevole diversità a seconda delle fa- sce generazionali: per gli adulti la formazione linguistica deve mirare al

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consolidamento nell‟uso dei diversi idiomi coinvolti nella situazione di emigrazione, ossia dialetto, italiano, lingua del paese ospite; per le ge- nerazioni più giovani l‟italiano – nella maggior parte dei casi lingua se- condaria rispetto alla lingua del paese accogliente – si colloca all‟interno dell‟esigenza di riallacciare i legami con identità originaria.

Emerge dunque un quadro tipologico di apprendenti piuttosto vario, che implica la necessità di progetti di formazione sia all‟estero che in Italia3.

Un tradizionale pubblico dell‟italiano L2 è poi quello delle minoranze al- loglotte presenti sul territorio italiano che vivono in una condizione di bilingui- smo data dal contatto tra la propria L1 e la lingua nazionale. Il panorama lin- guistico e culturale italiano è caratterizzato infatti, oltre che dai numerosi dia- letti delle varie zone d‟Italia, da diverse varietà linguistiche minoritarie. In Ita- lia esistono dodici minoranze linguistiche storiche; tali minoranze, tutelate già in passato da leggi regionali o dalle regolamentazioni delle regioni a statuto speciale, sono state di recente espressamente riconosciute dallo Stato italiano in base alla legge n. 482 del 15 dicembre 1999 (Norme in materia di tutela del- le minoranze linguistiche storiche), cui ha fatto seguito il Regolamento di at- tuazione emanato dal Decreto del Presidente della Repubblica del 2 maggio 2001; la legge così recita all‟art. 2:

In attuazione dell‟art. 6 della Costituzione e in armonia con i principi ge- nerali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il francoprovenzale, il friulano, il ladino, l‟occitano e il sardo.

Una recente proposta legislativa (n. 4032, 3 giugno 2003) prevede una “modifica dell‟art.2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482”. In sede di riscrittu- ra della legge, come viene sottolineato in un documento del Centro Internazio-

nale sul Plurilinguismo, dovrà però essere presa in considerazione anche la ti-

3 Per una tipologia dei pubblici di italiano L2 cfr anche M.G. Lo Duca, Lingua italiana ed educa-

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pologia delle cosiddette minoranze diffuse, ossia quelle comunità che si collo- cano all‟interno di un determinato paese in modo sparso, non territoriale, dis- seminate a piccoli gruppi sul territorio. La legge 482 in base a un‟impostazione “territorialista” non considera le esigenze di riconoscimento e visibilità di tali minoranze; dietro una scelta del genere si può riconoscere un preciso modello costruito in funzione di una tipologia minoritaria tipica degli anni immediata- mente successivi alla prima guerra mondiale in nome del criterio dell‟autoctonia. Estendendo il riconoscimento e la tutela anche alle minoranze “diffuse” si potrebbe non solo recuperare la problematica dei nomadi, ma nello stesso tempo adottare “misure ispirate a una politica linguistica aperta e flessi- bile, che superino il concetto di tutela delle minoranze localizzate a favore di una più articolata dimensione interculturale, alla luce anche della situazione attuale, caratterizzata da processi di mobilità in continua crescita che portano cospicui nuclei di popolazione fuori del loro spazio identitario di origine. In tal senso i gruppi di lavoratori immigrati provenienti dai più diversi paesi costi- tuirebbero le nuove minoranze: è questo un fenomeno nuovo e in crescita, co- me abbiamo visto, e ancora non riconosciuto da una tutela legislativa.

Naturalmente però non tutti i lavoratori immigrati sono soggetti potenzia- li di tutela; affinché essi possano costituire una vera e propria minoranza devo- no maturare determinate condizioni che si possono sintetizzare nell‟avvenuta formazione di una entità socialmente aggregata, riconoscibile per istituzioni e strutture di vita comunitaria, e soprattutto per la condivisione di un progetto migratorio di lunga durata e di una volontà di conservare lingua, cultura, reli- gione e identità di origine.

Accanto alla problematica della tutela delle lingue minoritarie si colloca evidentemente in non secondaria posizione la questione relativa alla promo- zione di un reale bilinguismo, in cui la lingua italiana gioca un ruolo fonda- mentale per l‟integrazione e la realizzazione della persona nel contesto sociale e nazionale.

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