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Diversi studi effettuati in vitro, su modelli animali e sull’uomo, hanno suggerito vari meccanismi attraverso i quali l’iperglicemia cronica, che caratterizza il diabete mellito, possa favorire l’aterogenesi nelle arterie. E’ stato dimostrato come alte concentrazioni di glucosio possano incrementare l’espressione di NF-kb a livello nucleare (60)(61), e come questa attivazione a sua volta incrementi l’attivazione di altri geni nelle cellule endoteliali, monocitiche e muscolari liscie. A seguito di esposizione ad alte concentrazioni di glucosio si formano i prodotti terminali di glicosilazione avanzata (AGEs), vale a dire proteine e lipidi glicati (60). La presenza e l’accumulo di AGEs nella cellula ne altera struttura e funzioni. Infatti AGEs provocano cross-legami irreversibili a livello delle proteine presenti nella parete dei vasi, portando a lungo andare ad un loro ispessimento e ad un aumento di permeabilità, con formazione di anomali depositi di proteine provenienti dal circolo ematico a livello degli strati sub-intimali della parete

(61). In aggiunta questi prodotti sono responsabili dell’attivazione di specifici recettori cellulari (RAGE), che a sua volta provoca una up-regulation di fattori di crescita, come il già citato (NF-kb), coinvolti nella risposta infiammatoria (64). E’ stato inoltre dimostrato che AGEs solubili sono in grado di attivare i monociti e di inibire l’azione dell’ Ossido Nitrico (NO) a livello endoteliale (64).

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Altro meccanismo sospettato di essere coinvolto nella genesi dell’aterosclerosi nel DM2 è rappresentato dall’incrementato stress ossidativo mediato dalla glicemia, con possibili effetti dannosi a carico della parete dei vasi arteriosi. In particolare è stato osservato un ruolo dell’autoossidazione del glucosio nella produzione di particolari specie reattive dell’ossigeno (ROS), come l’anione superossido, responsabili in esperimenti in vitro dell’ossidazione di LDL (62). Evidenze indirette suggeriscono infatti la presenza di un aumento delle lipoproteine ossidate in pazienti con DM2 e di un loro legame con il controllo glicemico. Tuttavia molte di queste osservazioni si basano su analisi fatte con sistemi di rilevazione biochimica non specifici per prodotti reattivi dell’ossigeno, ed inoltre l’assenza di marcatori specifici di stress ossidativo nel collagene, nel plasma o nelle urine di pazienti con DM2 non depone per un incremento sistemico dei meccanismi ossidativi. Nonostante ciò resta valida l’ ipotesi riguardo ad un possibile ruolo dell’ossidazione e della glicosilazione non enzimatica nello sviluppo delle complicanze macrovascolari del DM2. Le vie biochimiche sospettate di essere coinvolte in questo meccanismo sono: generazione di Superossidi mitocondriali, aumentata produzione di NADPH nei macrofagi di derivazione monocitaria, alterato equilibrio red-ox con formazione di radicali idrossilici

(63). Infine a conferma del ruolo dell’iperglicemia nell’incrementare lo stress ossidativo nel metabolismo cellulare, studi sull’uomo hanno messo in relazione l’escrezione giornaliera di specifici indicatori di aumentata produzione di radicali liberi con le oscillazioni della glicemia in pazienti diabetici: ebbene l’escrezione urinaria nelle 24 ore di 8-isoprostaglandina F2 (un derivato dell’acido arachidonico prodotto dalla membrana cellulare in condizioni di stress ossidativo) era incrementato in pazienti diabetici di tipo 2 rispetto alla popolazione generale, e l’aumento era correlato alle escursioni glicemiche nel corso della giornata (62).

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Fig. 8 La figura rappresenta in modo schematico i più importanti meccanismi patogenetici chiamati in causa per collegare la condizione di iperglicemia cronica e di insulinoresistenza che caratterizza il DM2 con lo sviluppo di aterosclerosi a livello vascolare.

La disfunzione endoteliale è ritenuta allo stesso tempo un precursore oltre che un effetto finale della aterosclerosi. Infatti accanto ad una ovvia funzione meccanica, l’endotelio svolge anche funzioni biologiche cruciali mediate da varie molecole biologicamente attive prodotte e rilasciate dalle cellule endoteliali. Fra queste funzioni troviamo la regolazione dell’adesione leucocitaria all’endotelio vasale, la regolazione di adesione e aggregazione piastrinica ed infine la regolazione del flusso ematico (65). La formazione di ROS e di AGEs, che abbiamo prima visto essere fortemente pro aterosclerotica, stimola anche l’espressione da parte endoteliale di citochine pro-infiammatorie, come IL-6 e fattore chemio tattico-1 monocitario, con

GLICEMIA E DISFUNZIONE ENDOTELIALE

Disfunzione endoteliale Iperglicemia Insulinoresistenza Iperinsulinemia Infiammazione cronica Stress Ossidativo Dislipidemia Formazione di AGES Attivazione Monociti Alterata fibrinolisi e coagulazione Ipertensione

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conseguente azione favorevole verso l’adesione dei leucociti a livello endoteliale (66). In aggiunta l’incrementato stress ossidativo comporta anche una ridotta produzione di NO, riconducibile a degradazione di un cofattore (BH4) essenziale per il funzionamento di Nitrossido Sintasi Endogena (eNOS). Il deficit di NO ha un duplice effetto: favorisce da una parte l’adesione leucocitaria endoteliale, in quanto la produzione di NO comporta l’inibizione delle molecole di adesione, dall’altra altera quei meccanismi endotelio dipendenti di vasodilatazione locale che sono essenziali nella regolazione del flusso di sangue nei tessuti (60). Sulla alterata produzione di NO endogeno sembra che agisca anche la condizione di insulinoresistenza, sempre presente nel DM2 (65).

Di recente è stato ipotizzato un ruolo attivo del C-peptide nella regolazione della funzione endoteliale (67). C-peptide è una proteina cosecreta assieme all’insulina dalle beta-cellule pancreatiche a partire da un precursore comune, la Proinsulina, e i suoi valori risultano estremamente bassi nel sangue dei pazienti diabetici di tipo 1. Da sempre considerata come una molecola inerte, è stato di recente riportato come questa possa avere funzioni biologiche incrementando il flusso di sangue a livello del circolo muscolare, cutaneo e retinico; inoltre in pazienti con DM1 un ridotto flusso a livello coronarico può essere migliorato dal ristabilirsi di normali valori di C-peptide. E’ stato ipotizzato che il C-peptide possa avere una azione indiretta di tipo vasodilatante incrementando l’espressione endoteliale di NO (66).

Tanto alte concentrazioni di glucosio che di AGEs sono associate ad un incrementato stato di attivazione dei monociti del sangue, sia in vitro che in vivo (66). Sempre da questi studi è stato notato che monociti incubati in vitro con alte concentrazioni di glucosio risultano attivati in uno stato di

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infiammazione cronica, dimostrato dall’aumentata espressione di citochine (IL-1 e IL-6) e CD 36, e gli stessi risultati si sono osservati anche in monociti isolati dal sangue di pazienti con un diabete scarsamente controllato (69). Questi cambiamenti pro infiammatori a carico dei monociti sembrano siano correlati in vivo con attivazione della via cellulare della Protein Chinasi C (PKC), con l’attivazione del fattore di trascrizione NF-kb ed infine con l’aumentata produzione di anioni superossidi (62). Queste tre vie sono tutte a loro volta riconducibili a una condizione di stress ossidativo da iperglicemia cronica. I monociti attivati entrano in gioco nella patogenesi delle placche aterosclerotiche penetrando gli spazi endoteliali sotto lo stimolo di fattori chemio tattici, proliferando e differenziandosi in macrofagi dentro la parete vasale. L’accumulo di macrofagi a livello intimale nella parete vascolare è stato ripetutamente osservato nei diabetici. La presenza di valori alterati di glicemia ripetuti nel tempo non basterebbero però a spiegare questo anomalo accumulo di macrofagi nelle lesioni aterosclerotiche: a questo processo sembra infatti partecipare la dislipidemia secondaria a diabete, che stimola la proliferazione intimale dei macrofagi probabilmente mediante meccanismi mediati dalla ossidazione glucosio dipendente delle particelle LDL (62).

Alte concentrazioni di glucosio sono in grado di stimolare la proliferazione di cellule muscolari lisce vasali in vitro (62). Alla progressione dell’ aterosclerosi, le cellule muscolari lisce della tonaca media migrano verso la tonaca intima ove proliferano e generano fattori di crescita, partecipando così allo sviluppo del cappuccio fibroso aterosclerotico. Inoltre simili risultati si sono visti dopo l’esposizione di cellule muscolari lisce ad alte concentrazioni di AGEs e di Insulina (62). E’ noto che le cellule muscolari lisce dei vasi arteriosi producono diverse molecole della matrice extracellulare che possono essere implicate

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nell’aterogenesi (70). Ad esami istologici post-mortem è infatti stata rinvenuta nelle placche aterosclerotiche di pazienti con DM2 una aumentata presenza di condroitin solfato e dermatan solfato, a discapito di eparan solfato che è invece risultato essere ridotto a confronto con lesioni di non diabetici (71). Queste modificazioni potrebbero facilitare la ritenzione di particelle LDL a livello sub endoteliale, favorendo quindi lo sviluppo di aterosclerosi e di infiammazione cronica a livello vasale (62).

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