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La corretta pianificazione dell’ intervento chirurgico non può prescindere da una attenta diagnosi preoperatoria e dalla valutazione del livello di difficoltà del terzo molare da estrarre (Marciani, 2007). Si procederà quindi ad una valutazione sia di tipo clinico che di tipo radiografico.

3.2.1. Valutazione clinica

La valutazione clinica prende in considerazione:

Condizioni di salute generale: terapie farmacologiche in atto, presenza di condizioni patologiche o di situazioni a rischio a livello sistemico;

 Presenza di processi flogistici attivi: pericoronite, pus;

Presenza di lesioni cariose o di restauri nel dente: in questo caso l’ elemento si romperà più facilmente nelle zone di minor resistenza;

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Grado di apertura della bocca e quindi di accessibilità al sito: essa condiziona la possibilità di inserimento e movimento degli strumenti per raggiungere una regione anatomica di per sé poco accessibile;

Valutazione dello spazio retromolare;

Eventuale semi-inclusione o inclusione totale;

Presenza o meno di gengiva cheratinizzata;

Grado di collaborazione del paziente: essa include anche il riflesso al vomito, cioè la possibilità di sollecitare alcune zone del palato, dei trigoni retromolari, del pavimento orale o della lingua senza causare episodi emetici.

3.2.2. Valutazione radiografica

L’indagine radiografica rappresenta un momento imprescindibile sia per la diagnosi che per l’esecuzione, successivamente, dell’intervento chirurgico (Chandler & Laskin, 1988). È inoltre un mezzo di tutela per l’odontoiatra dal punto di vista medico legale (Hupp, 2007), in caso si verifichino complicanze a seguito dell’intervento stesso. La valutazione radiografica prende in considerazione:

Posizione anatomica del dente: ad esempio, la vicinanza dell’ incluso a denti contigui in assenza di un setto osseo tra incluso e radici del dente contiguo rappresenta un fattore di maggiore difficoltà, poiché rende più difficoltosa la lussazione con una leva e aumenta la possibilità di danneggiare, durante la lussazione stessa, i denti vicini;

Numero, lunghezza e forma delle radici dentarie del terzo molare: il momento ideale per estrarre l’ elemento dentario sarebbe in uno stadio di formazione delle radice compreso tra la metà ed i due terzi; quando le radici non sono formate, spesso non è necessario eseguire la separazione delle radici stesse, diminuendo il rischio di lesioni a carico delle strutture adiacenti. La presenza di un’ unica radice rappresenta un fattore favorevole, mentre la presenza di radici multiple, in particolare se divergenti, richiede generalmente la separazione delle stesse;

Ampiezza del legamento parodontale del terzo molare: si riduce progressivamente con l’ età; nei pazienti anziani è di frequente riscontro un certo grado di anchilosi degli elementi inclusi, che può complicare notevolmente l’ avulsione;

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Grado di mineralizzazione dell’ osso alveolare: nei pazienti di età inferiore ai 25

anni il tessuto osseo dei mascellari presenta una minore mineralizzazione; durante i movimenti di lussazione è quindi più probabile che il tessuto osseo subisca delle parziali deformazioni, facilitando l’ avulsione. Indipendentemente dall’ età, il mascellare superiore presenta mediamente una minore densità ossea rispetto alla mandibola, per cui l’ estrazione degli inclusi superiori risulterà più agevole rispetto a quella degli inclusi inferiori;

Ampiezza del sacco follicolare del terzo molare: la presenza di un ampio sacco follicolare che circonda la corona di un dente incluso rende l’ avulsione meno complicata, poiché sarà sufficiente una minore ostectomia per creare dei punti di leva per lussare il dente;

Classificazione radiografica di Pell e Gregory e classificazione di Winter (vedi cap. 2.4.1. e 2.4.2);

Segni di Rood e Shehab (vedi cap. 2.4.3.).

3.3. Strumentario

Gli interventi chirurgici richiedono uno strumentario chirurgico standard e uno strumentario chirurgico specifico per l’ intervento da eseguire. Lo strumentario dedicato all’ estrazione dei denti inclusi deve essere preparato integralmente prima di iniziare l’ intervento al fine di consentirne l’ esecuzione di ogni passaggio operativo senza pause; tutti gli strumenti devono essere sterili e conservati imbustati fino al momento del loro utilizzo. premesso che la scelta di alcuni strumenti può variare a seconda delle preferenze dell’ operatore, il kit chirurgico base è composto da 15 ferri:

 Siringa carpule;

 Specchietto piano n°5;

 Manico per bisturi bard-parker n°7;

 Due scollatori, un molt ed un freer;

 Divaricatore langenbeck;

 Due escavatori;

 Due curette;

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 Due pinzette, una chirurgica ed una anatomica: quella chirurgica è caratterizzata dalle estremità dentate per una presa più decisa, quella anatomica ha le estremità zigrinate, per prese più delicate;

 Forbice;

 Pinza emostatica crile.

A seconda delle necessità, a questi strumenti se ne possono aggiungere altri: leve (dritte, angolate, incrociate, di heidbrink), pinze (corna di bue, distalizzatore, pinze da terzi molari) e strumenti rotanti (manipolo dritto con frese da ostectomia, quali ossivore lindeman e rosetta multilama; turbina con fresa a fessura da odontotomia). (Figura 3.1.)

Figura 3.1.

3.4. Anestesia

Le tecniche anestesiologiche assumono in chirurgia orale un’ importanza fondamentale per il controllo del dolore, permettendo di ottenere dal paziente la massima collaborazione per il miglior risultato chirurgico. Per procedere all’avulsione del terzo molare inferiore, si rende necessario il blocco della conduzione del nervo alveolare inferiore, prima che questo si faccia endosseo all’interno del canale mandibolare (Blanton

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& Roda 1995; Pilot Clinical Guidelines, 1995); mediante l’ anestesia tronculare al nervo alveolare inferiore si anestetizzano la polpa dentaria di tutti gli elementi dell’ emiarcata fino alla linea mediana o quasi, poiché per gli incisivi esiste un’ innervazione transmediana, il tessuto osseo della mandibola, la mucosa labiale fino alla linea mediana , mucosa e periostio posti lingualmente a tutti gli elementi dentari di quell’ emiarcata e mucosa e periostio posti vestibolarmente ai denti incisivi e canini; manca invece l’ anestesia di mucosa e periostio posti vestibolarmente a molari e premolari, visto che questa regione è innervata dal nervo buccinatore. La tecnica prevede l’identificazione del rafe pterigomandibolare e della spina di spix (o lingula mandibolare), l’inserimento dell’ago (con inclinazione verso i premolari controlaterali nella tecnica diretta, parallelo al versante mediale del ramo mandibolare nella tecnica indiretta) fino a contattare il piano osseo, l’aspirazione per escludere la penetrazione all’interno delle strutture vascolari componenti il fascio vascolo nervoso alveolare inferiore (Webber et al., 2001), l’iniezione lenta dell’anestetico. L’anestesia tronculare è eseguita con una siringa da 2.5 ml caricata con una fiala (1.8 ml) di mepivacaina cloridrato 3%, senza vasocostrittore.

Per procedere al blocco anestetico della rimanente parte di mucosa vestibolare, ovvero della zona dei molari e premolari inferiori, si rende necessaria l’esecuzione di una anestesia tronculare al nervo buccale (o buccinatorio). Tale anestesia è eseguita inserendo l’ago circa 1 cm vestibolarmente alla regione del terzo molare; si può procedere anche all’esecuzione di anestesia plessica vestibolare a livello del fondo del fornice sempre nella suddetta zona.

L’anestesia tronculare al nervo buccale e l’eventuale plessica vestibolare sono eseguite con siringa carpule con ago corto, caricata con una fiala di mepivacaina cloridrato 2% con adrenalina in concentrazione 1:100.000. (Figura 3.2.).

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Figura 3.2.

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