Capitolo 3: Analisi dati
3.4 Diagnostica e stato di conservazione
I campioni che abbiamo studiato in questo lavoro si sono distaccati dal supporto murario della Chiesa di San Giuseppe. Le analisi svolte si sono concentrate sulla superficie colorata superiore di ogni campione, sulle parti prive di colore che abbiamo assunto come intonaco e sulla malta posteriore. I campioni esaminati sono dotati di striature colorate classificate con le seguenti tonalità: rosa, nero, grigio, bianco, marrone.
Il nero è stato realizzato con una forma amorfa del carbonio, derivata per esempio dalla combustione di prodotti lignei: il noto carboncino. La tonalità rosa è stata ottenuta miscelando ematite (rosso), gesso (bianco) e grafite (nero). La tonalità biancastra è stata ottenuta con il gesso, al quale è stato aggiunto ematite e grafite, per realizzare la determinata sfumatura desiderata dall’autore. Il rosso potrebbe anche derivare dal disegno o strato preparatorio. Abbiamo, infatti, individuato nell’intonaco le righe caratteristiche dell’ematite. Un’ipotesi plausibile della sua presenza è la sinopia. Era consueto già dal 1300 realizzare uno schizzo sopra l’arriccio con ocra rossa, la sinopia appunto. Quindi il rosso che vediamo in gran parte delle strisce colorate potrebbe non essere derivato da una scelta dell’autore, ma da un miscelamento dell’impasto del velo con il rosso della sinopia o dello strato preparatorio.
Il colore grigio è stato ottenuto con grafite, gesso ed ematite, la cui presenza potrebbe sempre derivare dalla sinopia. Il marrone presenta abbondanza di ematite e grafite (rosso e nero).
Possiamo affermare che la tecnica eseguita è un "affresco" quando in ogni spettro relativo ai colori analizzati è presente il picco caratteristico del carbonato di calcio a 1087 𝑐𝑚−1 [14]- [13]. Garantiamo, dunque, che la tecnica dell’affresco è stata usata per tutta la superficie dei campioni esaminati eccetto che per la striatura nera. Lo studio delle striature nere ha rivelato ulteriori picchi, ma non quelli relativi alla calcite. I picchi individuati sul nero appartengono a un composto organico, nello specifico un olio.
52 Gli oli usati per le pitture murali devono essere dotati di buona siccatività e non devono variare la tonalità dei pigmenti che in esso sono miscelati [8]. Gli oli principalmente usati sono l’olio di lino, di papavero e di noce. I picchi dello spettro dell’olio da noi trovato sono associabili a quelli dell’olio di lino. Possiamo affermare che il nero è stato aggiunto al termine del processo di carbonatazione, come una modifica a “secco”.
Nelle altre striature colorate spennellate a “fresco” è evidente anche la tipica banda dell’idrossido di calcio. Ricordiamo che il supporto pittorico di un affresco è realizzato con calce spenta (idrossido di calcio) miscelata con acqua e inerti. L’idrossido di calcio posto a contatto con l’aria subisce il processo di carbonatazione, a seguito del quale diviene carbonato di calcio. Questo processo però richiede tempi molto lunghi, è dunque altamente probabile e quindi plausibile trovare tracce di idrossido di calcio negli spettri della superficie colorata. Negli strati interni quali arriccio e rinzaffo, benché ci sia la sabbia che velocizza questo processo, è comunque possibile trovare ancora piccole quantità di calce spenta, poiché gli artisti lasciavano questi strati inferiori a contatto con l’aria per brevi periodi di tempo necessari a una sola asciugatura superficiale [8], dopodiché si procedeva con l’inserimento di nuovi strati che rallentano il processo di penetrazione della 𝐶𝑂2.
Nella malta abbiamo trovato bande appartenenti al quarzo e alla moganite. Il quarzo è un composto della comune sabbia (come la sabbia di mare, si usava di solito la sabbia del Poetto, CA), questo è in accordo con la tecnica di realizzazione della malta. La moganite pura invece può essere trovata facilmente in Spagna, ma non in Sardegna: è probabile che la sabbia usata non sia un miscuglio di moganite e quarzo, ma di quarzo e calcedonio. Il calcedonio è una forma criptocristallina della silice formata da quarzo e moganite. Il suo spettro Raman mostra due intensi picchi, uno in corrispondenza di quello fondamentale della moganite e l’altro in corrispondenza di quello fondamentale del quarzo [21]. L‘ipotesi dell’uso di tale composto nella malta dell’affresco esaminato è supportata anche dalla sua grande abbondanza in Sardegna.
Nell’intonaco e nella striatura grigia sono state trovate tracce di ossalato di calcio bi-idrato.
La sua forma minerale è la weddellite.
La weddellite si presenta nelle superfici murali e generalmente marmoree come una patina giallastra ed è un prodotto di degrado dovuto all’attività microbiologica [22] di una famiglia particolare di muffe che affiorano nei manufatti, le Aspergillus Niger.
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Conclusioni
L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di caratterizzare i pigmenti, la malta e l’intonaco di alcuni frammenti di affresco derivati da un processo di distacco dalla pittura murale della volta appartenente alla Chiesa di San Giuseppe situata a Cagliari, individuare possibili correzioni a secco sui campioni e determinare lo stato di conservazione dell’opera. Per svolgere questo lavoro di analisi abbiamo usato uno spettrometro Raman accoppiato con un microscopio. L’analisi è stata svolta raggruppando i campioni per colore e confrontando le stesse striature cromatiche appartenenti a campioni diversi. Abbiamo eseguito analisi anche sulle parti prive di colore e sulla malta e tali spettri sono stati sovrapposti per comprendere la diversità di composizione.
Possiamo confermare l’uso della tecnica di affresco mediante la presenza della banda caratteristica del carbonato di calcio, derivato dalla carbonatazione della calce spenta, posizionata intorno a 1087 𝑐𝑚−1. Tutte le striature esaminate presentavano tale picco, eccetto la grafite. Questo ci ha fatto supporre la presenza di una modifica successiva a
“secco”. Le modifiche a secco sono realizzate miscelando il pigmento con leganti quali oli.
Infatti, abbiamo riscontrato in un punto della striatura nera del campione 6 picchi caratteristici del legame C-H e C-O, ossia materia organica. Questi sono stati attribuiti a un tipo specifico di olio: l’olio di lino.
Il confronto tra la malta e l’intonaco ci ha permesso di individuare una sostanza estranea, un prodotto derivato dal degrado dell’affresco: l’ossalato di calcio bi-idrato 𝐶𝑎𝐶2𝑂4∙ 2(𝐻2𝑂) , la cui forma mineralizzata è chiamata Weddellite. Le superfici pittoriche e marmoree ospitano varie specie di muffe tra le quali quelle appartenenti alla famiglia delle Aspergillus Niger, che sono la causa della formazione dei cristalli di weddellite in queste opere.
La malta, ossia lo strato del rinzaffo e dell’arriccio, presenta tracce di quarzo e moganite.
Troviamo questi due composti nel calcedonio. Generalmente si miscelava sabbia fine di mare o di fiume alla calce per realizzare il supporto di un affresco. La presenza di quarzo e moganite ci conferma l’uso di sabbia come inerte.
54 Nella malta e nell’intonaco sono presenti tracce di idrossido di calcio, il componente della calce spenta che a contatto con la 𝐶𝑂2 subisce il processo di carbonatazione. La sua presenza attesta che tale processo non è completo.
Inoltre, avendo trovato le bande del rosso ocra sull’intonaco, abbiamo ipotizzato che sotto lo strato del velo, dunque sull’arriccio, ci fosse un disegno preparatorio realizzato con ematite:
la sinopia. Studi fatti dal Dipartimenti di Ingegneria e Architettura con la tecnica della diffrazione X sui nostri campioni conferma la presenza di uno strato rosso o della sinopia sopra l’arriccio.
L'analisi condotta, non disgiunta dalle interpretazioni del dato sperimentale, mostra pienamente la validità della spettroscopia Raman applicata allo studio dello stato di conservazione e degrado dei beni culturali. Ulteriori misure sulle malte e sulle superfici marmoree della chiesa forniranno un quadro ancor più esaustivo del suo stato di conservazione.
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Indice delle figure
Figura 1: Tipico spettro Raman ... 4
Figura 2: Transizioni Raman ... 5
Figura 3: Modi vibrazionali normali di una molecola ... 10
Figura 4: Tabella di carattere per 𝐶3𝜈 ... 12
Figura 5: Uso della spettroscopia Raman in situ ... 14
Figura 6: Spettroscopia Raman applicata ai beni culturali ... 15
Figura 7: Spettroscopia Raman applicata alle scienze forensi per individuare tracce ematiche su ascia arrugginita ... 15
Figura 8: Spettrometro Raman palmare ... 16
Figura 9: Spettrometro Raman portatile ... 16
Figura 10: Tipico schema dell’apparato strumentale per la microscopia Raman ... 17
Figura 11: Schema di un monocromatore ... 19
Figura 12: Risposta spettrale di due diversi reticoli ... 20
Figura 13: Reticolo blazed in configurazione littrow ... 21
Figura 14: Microscopio BWTEK BAC151B e Spettrometro i-Raman EX ... 23
Figura 15: Strati fondamentali di un affresco ... 25
Figura 16: Tecnica della sinopia ... 28
Figura 17: Tecnica dello spolvero ... 28
Figura 18: Chiesa di San Giuseppe, facciata esterna ... 32
Figura 19: Chiesa di San Giuseppe, epigrafe e bomba ... 33
Figura 20: Interno della Chiesa di San Giuseppe, navata centrale ... 33
Figura 21: Chiesa di San Giuseppe, sacrestia, affresco della volta, dettaglio della falsa cupola ... 34
Figura 22: Chiesa di San Giuseppe, sacrestia, dettaglio affresco della volta ... 36
Figura 23: Chiesa di San Giuseppe, sacrestia, dettaglio affresco, unghia e lunetta ... 36
Figura 24: Campione 6 ... 38
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Figura 31: Campione 11 ... 39
Figura 32: Spettri Raman delle striature nere ... 39
Figura 33: Spettri Raman del pigmento rosa ... 40
Figura 34: Spettri Raman del pigmento grigio ... 41
Figura 35: Spettri Raman del pigmento marrone ... 42
Figura 36: Spettro Raman del pigmento bianco ... 43
Figura 37: Spettro Raman dell'intonaco ... 44
Figura 38: Spettro Raman della malta ... 44
Figura 39: Deconvoluzione dello spettro Raman del pigmento nero ... 46
Figura 40: Spettri della malta e dell'intonaco sovrapposti ... 50
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Bibliografia
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Ringraziamenti
Ci sono tante persone e cose (si, anche cose!) che voglio ringraziare, non solo per questo lavoro di tesi, ma per tutto il percorso fatto, dove la tesi rappresenta solamente la fine.
Grazie Dott. Chiriu, sia per essere stato il mio relatore sia (e soprattutto) per avermi permesso di partecipare a un lavoro d’indagine che io reputo particolarmente entusiasmante (poiché sono una fan di Doyle, qualunque tipo di indagine, di analisi, di investigazione e scoperta mi emoziona). Abbiamo scoperto tanto su un’opera realizzata circa 300 anni fa, non potevo chiedere di meglio! Grazie di cuore “Indiana Jones sardo”!
Un ringraziamento particolare va alle mie colleghe Arianna e Giulia, se ho superato molti esami è merito vostro (Watson grazie per avermi sopportato !).
Grazie anche a Sabrina e Claudia, per avermi sempre sostenuto e avermi obbligato a mantenere attiva la mia vita sociale ;).
Grazie ai K-drama e i VIXX per avermi fatto rilassare ogni qualvolta ne avevo bisogno.
Grazie a tutte quelle persone che ringrazio sempre ma che a elencarle qui ci impiegherei troppo: sappiate che questi ringraziamenti vanno a voi.
Grazie a tutti voi!