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Presentazione dei campioni

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI (pagine 40-0)

Capitolo 3: Analisi dati

3.1 Presentazione dei campioni

I campioni analizzati erano in un totale di 12 frammenti appartenenti all’affresco eseguito nella volta della Sacrestia della Chiesa di San Giuseppe, dal quale si sono staccati per cause ancora da chiarire.

Essi sono caratterizzati da striature di diversi colori quali nero, rosa, grigio, bianco e marrone, stesi con opportune combinazioni dall’artista per creare diverse tonalità nell’opera.

L’affresco è stato realizzato durante la fase di abbellimento della Chiesa avvenuta tra la prima metà del XVIII secolo e la seconda metà del XIX secolo [15].

Riporto di seguito i campioni con i rispettivi nomi identificativi.

38 Figura 24: Campione 6 Figura 25: Sacrestia 10

Figura 26: Campione 44A

Figura 27: Campione 44B

Figura 28: Sacrestia 9 Figura 29: Sacrestia 4

bianco rosa

grigio

nero

marrone

39 Figura 30: Sacrestia 8

3.2 Dati sperimentali

Riportiamo di seguito un confronto tra gli spettri delle striature nere presenti nei campioni esaminati.

Figura 32: Spettri Raman delle striature nere

In tutti questi spettri notiamo due bande large approssimativamente collocate intorno a 1325 e 1580 𝑐𝑚−1. Tipicamente le bande larghe e deboli sono indice di un composto amorfo, pertanto il

intonaco

Figura 31: Campione 11 malta

40 pigmento nero non sarà derivato da un solido cristallino. Nello spettro del campione 6 si delinea un picco intorno a 1260 𝑐𝑚−1, poco evidente negli altri spettri. Sempre in questo campione e nella sacrestia 9 si legge un picco stretto tra le due bande large, tale picco è collocato nell’intorno di 1446 𝑐𝑚−1. Questa regione è tipica dei legami C-H, quindi un possibile composto organico. Trova riscontro questa ipotesi con il picco addossato alla banda di 1580 𝑐𝑚−1, visibile nel campione 6. Tale picco è posizionato approssimativamente intorno a 1663 𝑐𝑚−1. Inoltre è presente un picco intorno a 1140 𝑐𝑚−1 ben delineato nel sacrestia 9 e campione 6.

Gli spettri della striatura rosa sono i seguenti:

Figura 33: Spettri Raman del pigmento rosa

In tutti questi spettri notiamo un picco stretto e ben marcato a 1006 𝑐𝑚−1. É presente in tutti e quattro gli spettri anche un picco a 1087 𝑐𝑚−1, ma appare fortemente pronunciato solo nel campione 10, che per tale avrà maggiore abbondanza del composto a cui esso appartiene. Altri picchi comuni sono quelli collocati a 286, 410, 490 e 614 𝑐𝑚−1. Anche in questi spettri si notano due bande larghe intorno a 1325 e 1580 𝑐𝑚−1 precedentemente individuate nel pigmento nero: si deduce che nella striatura rosa sia stato usato lo stesso composto amorfo impiegato nella pittura nera. Nel campione 44 e nel Sacrestia 9 è presente un debole picco a 1135𝑐𝑚−1 che risulta ancora più debole nel sacrestia 4, e addirittura assente nel campione 10. Questo picco sicuramente rappresenta una banda debole-media nel composto cui appartiene. Inoltre il campione 10 presenta due bande più intense rispetto agli altri tre spettri situate intorno a 780 e 715 𝑐𝑚−1.

41 Per la striatura grigiastra abbiamo i seguenti spettri:

Figura 34: Spettri Raman del pigmento grigio

Entrambi i campioni presentano i picchi a 1135, 1006 e 1087 𝑐𝑚−1. Il rapporto d’intensità tra i picchi a 1006 e 1087 è invertito nei due spettri. Pertanto nel campione 6 ci sarà maggiore abbondanza del composto il cui spettro possiede un picco stretto a 1087 𝑐𝑚−1, nel sacrestia 9 evidentemente prevale il composto a cui corrisponde il picco di 1006 𝑐𝑚−1. Troviamo anche in questi spettri le bande large intorno a 1325 e 1580 𝑐𝑚−1 assai intense nel campione sacrestia 9. Altri picchi comuni tra i due spettri si trovano a 275, 410, 490 e 614 𝑐𝑚−1. Inoltre questi ultimi tre sono già stati individuati nella striatura rosa. Questi picchi rispetto alle bande comuni con la striatura nera (1325 e 1580) sono abbastanza deboli. Il pigmento grigio dunque contiene un composto in comune con la striatura nera e uno in comune con la striatura rosa, sebbene sia più copioso quello in comune con la striatura nera.

Sono presenti in entrambi i campioni altre due bande intorno a 715 e 780 𝑐𝑚−1, sebbene più intensi nel sacrestia 9. Notiamo che queste bande le possiedono anche gli spettri della striatura rosa, ma sono assenti in quelli della striatura nera. Inoltre entrambi presentano un picco intorno a 1480 𝑐𝑚−1 e un altro debole picco intorno a 503 𝑐𝑚−1.

Altra striatura esaminata è quella di color marrone presente in due campioni:

42 Figura 35: Spettri Raman del pigmento marrone

In questi spettri sono presenti due bande larghe, indice di un composto amorfo, poste all’incirca a 1325 e 1580 𝑐𝑚−1, trovate anche nelle altre striature. Entrambi i campioni possiedono un picco medio in corrispondenza di 1022 𝑐𝑚−1 e un picco più basso a 1087 𝑐𝑚−1. I due campioni condividono un altro picco a 1169 𝑐𝑚−1 che appare più intenso nel campione 8. Ritroviamo anche nella striatura marrone del campione 8 e del campione 10 i picchi a 286, 410, 614 𝑐𝑚−1, che avevamo già individuato nelle striature rosa.

Nel campione Sacrestia 9 era presente una striscia biancastra che non avevano gli altri campioni:

43 Figura 36: Spettro Raman del pigmento bianco

Questo spettro è caratterizzato da un picco molto intenso a 1006 𝑐𝑚−1 . Un altro picco più intenso rispetto a quelli esaminati negli spettri precedenti è quello posto a 1135 𝑐𝑚−1. Il composto identificativo deve essere presente in maggiori quantità in questa tonalità rispetto alla striatura rosa, marrone e grigia. È presente anche una banda larga e intensa intorno a 780 𝑐𝑚−1 e un picco a 715 𝑐𝑚−1. Abbiamo le due bande larghe e deboli a 1325 e 1580 𝑐𝑚−1 caratteristiche degli spettri della striatura nera. Si notano ulteriori picchi medi collocati a 410, 490, 614, 1087 𝑐𝑚−1, picchi comuni con gli spettri della striatura rosa, marrone e grigia. É evidente anche un debole picco a 275 𝑐𝑚−1.

Sono stati acquisiti anche spettri della malta e dell’intonaco. L’intonaco è stato analizzato nelle zone prive di colore, dunque tra la superficie dell’arriccio e la parte inferiore del velo.

La malta è stata acquisita girando i campioni di spessore di circa 2 cm, ossia a livello del rinzaffo [8].

44 Figura 37: Spettro Raman dell'intonaco

Notiamo un intenso picco a 1087 𝑐𝑚−1 e due bande rispettivamente a 715 e 780 𝑐𝑚−1. Queste righe erano già presenti in tutte le striature eccetto quella nera. Addossate a queste due bande si vedono altri due picchi medi rispettivamente a 614 e 893 𝑐𝑚−1. Abbiamo inoltre un picco intenso intorno a 275 𝑐𝑚−1, uno medio a 410 𝑐𝑚−1 e uno debole a 503 𝑐𝑚−1. I picchi intorno a 410 e 614 li abbiamo trovati ben marcati nella striatura rosa. Intorno a 1480 𝑐𝑚−1 si delinea un altro picco debole-medio, trovato precedentemente in una striatura grigia.

Lo spettro della malta è il seguente:

Figura 38: Spettro Raman della malta

45 Nella malta le bande più intense sono quelle a 780 e 715 𝑐𝑚−1. Abbiamo due picchi medi rispettivamente a 275 𝑐𝑚−1 e 1087 𝑐𝑚−1, meno intensi di quelli presenti sull’intonaco. I picchi caratteristici della malta sono posizionati a 202, 465 e 510 𝑐𝑚−1, caratteristici poiché li individuiamo per la prima volta, dunque derivati da un composto che possiede solo la malta o derivati da una sostanza estranea a essa e all’insieme delle superfici esaminate.

3.3

Analisi e discussione

I picchi degli spettri della striatura nera, visibili nella figura 32, sono stati identificati con i pigmenti tipici usati negli affreschi [11]- [17], nel seguente modo:

Striatura nera Picchi dello spettro

[𝑐𝑚−1] Composto

identificativo Attribuzione dei modi vibrazionali

1325 Grafite Banda D, indotta dal disordine

1580 Grafite (𝐶 − 𝐶) stretching

1140 Olio (𝐶 − 𝐶) stretching

1260 Olio (= 𝐶 − 𝐻) rocking simmetrico

1446 Olio (𝐶 − 𝐻) scissoring

1663 Olio (𝐶 = 𝐶) stretching

La striscia di colore scuro presente nei campioni è stata realizzata con grafite non cristallina.

Non sono stati rilevati i picchi del carbonato di calcio che derivano dal processo di carbonatazione dell’intonaco mischiato al pigmento: si può ipotizzare che quest’ultimo sia stato aggiunto a secco. Un’ulteriore prova di tale ipotesi deriva dal ritrovamento di un composto organico mischiato al colore nero. Infatti, in vari punti della striatura nera del campione 6 sono stati individuati picchi appartenenti ad un olio [17]. Abbiamo separato i picchi caratteristici della grafite con quelli appartenenti all’olio facendo una deconvoluzione con funzioni gaussiane:

46 Figura 39: Deconvoluzione dello spettro Raman del pigmento nero

I picchi dell’olio trovati nelle striature nere sono collocati a 1140, 1270, 1469, 1663, 1766 𝑐𝑚−1. L’ultimo picco è tipico degli esteri naturali tra i quali annoveriamo l’olio di semi, d’oliva e le cere.

Per la tonalità rosa abbiamo identificato i seguenti pigmenti [14]- [18]- [11]- [12]:

Pigmento rosa Picchi dello spettro

[𝑐𝑚−1] Composto

identificativo

Attribuzione dei modi vibrazionali

286 Ematite (𝐹𝑒 − 𝑂) stretching simmetrico

410 Ematite (𝐹𝑒 − 𝑂) stretching simmetrico

490 Gesso 𝑆𝑂4 bending simmetrico

614 Ematite (𝐹𝑒 − 𝑂) stretching simmetrico

715 Calcite 𝐶𝑂3 bending simmetrico

780 Idrossido di calcio (𝑂 − 𝐻) bending fuori dal piano

1006 Gesso 𝑆𝑂4 stretching simmetrico

1087 Calcite 𝐶𝑂3 stretching simmetrico

1135 Gesso 𝑆𝑂4 stretching asimmetrico

1325 Grafite Banda D, indotta dal disordine

1580 Grafite (𝐶 − 𝐶) stretching

Campione 6

[ ]

[a.u.]

47 L’artista ha realizzato il rosa miscelando il pigmento rosso derivato dell’ematite, il nero dovuto alla grafite e il bianco ottenuto dal gesso. Questa striatura fu messa a intonaco fresco poiché è presente il carbonato di calcio. Inoltre la banda intorno ai 780 𝑐𝑚−1 ci rivela che non tutto l’idrossido di calcio [19] ha subito il processo di carbonatazione.

Le bande della figura 35 sono state caratterizzate nel seguente modo [11]- [12]- [14]- [18]:

Pigmento marrone

410 Ematite (𝐹𝑒 − 𝑂) stretching simmetrico

614 Ematite (𝐹𝑒 − 𝑂) stretching simmetrico

1022 Solfato di calcio 𝑆𝑂4 stretching simmetrico

1087 Calcite 𝐶𝑂3 stretching simmetrico

1169 solfato di calcio 𝑆𝑂4 stretching asimmetrico

1325 Grafite Banda D, indotta dal disordine

1580 Grafite (𝐶 − 𝐶) stretching

La tonalità marrone è stata realizzata con ematite (i cui picchi sono molto intensi) e grafite non cristallina. È presente del solfato di calcio anidro (anidrite): la mancanza della molecola d’acqua genera uno spostamento della banda verso frequenze maggiori rispetto al picco caratteristico del solfato di calcio bi-idrato a 1006 [18]. Il picco a 1087 𝑐𝑚−1 dovuto al carbonato di calcio, garantisce la presenza della tecnica di affresco anche per queste striature.

Per le striature grigie abbiamo i seguenti composti:

Pigmento grigio

Picchi dello spettro [𝑐𝑚−1]

Composto identificativo Attribuzione dei modi vibrazionali

275 Calcite 𝑇(𝐶𝑎, 𝐶𝑂3)

410 Ematite 𝐹𝑒 − 𝑂 stretching simmetrico

490 Gesso 𝑆𝑂4 bending simmetrico

503 Weddellite C-C-O bending

48

1325 Grafite Banda D, indotta dal disordine

1480 Weddellite 𝐶 = 𝑂 stretching simmetrico

1580 Grafite 𝐶 − 𝐶 stretching

Il grigio è stato realizzato con grafite, gesso ed ematite. Sono presenti anche idrossido di calcio, calcite e alcuni picchi fondamentali dell’ossalato di calcio bi-idrato [20].

Il pigmento bianco della figura 36 è stato identificato con le seguenti sostanze:

Pigmento bianco Picchi dello spettro [𝑐𝑚−1]

Composto identificativo Attribuzione dei modi vibrazionali

275 Calcite 𝑇(𝐶𝑎, 𝐶𝑂3)

1006 Gesso 𝑆𝑂4 stretching simmetrico

1087 Calcite 𝐶𝑂3 stretching simmetrico

1135 Gesso 𝑆𝑂4 stretching asimmetrico

1325 Grafite Banda D, indotta dal disordine

1580 Grafite 𝐶 − 𝐶 stretching

I picchi più intensi sono quelli dovuti al gesso. L’autore ha creato il bianco spennellando il gesso nell’intonaco ancora fresco, come garantisce la presenza della calcite, il cui picco era ben evidente. Troviamo piccole quantità di altri composti quali grafite amorfa, usata per il nero, ematite usata per il rosso e idrossido di calcio. Il nero è sicuramente stato inserito

49 dall’artista per creare una tonalità più scura. L’idrossido di calcio deriva dall’impasto del velo.

Per la malta abbiamo:

Malta

Picchi dello spettro

[𝑐𝑚−1] Composto

identificativo

Attribuzione dei modi vibrazionali

202 Quarzo O-Si-O bending

275 Calcite 𝑇(𝐶𝑎, 𝐶𝑂3)

465 Quarzo 𝑆𝑖 − 𝑂 − 𝑆𝑖 stretching simmetrico

510 Moganite 𝑆𝑖 − 𝑂 − 𝑆𝑖 stretching simmetrico

715 Calcite 𝐶𝑂3 bending simmetrico

780 Idrossido di calcio 𝑂 − 𝐻 bending fuori dal piano

1087 Calcite 𝐶𝑂3 stretching simmetrico

La malta ha come inerte tipico la sabbia di fiume o di mare. Abbiamo trovato picchi corrispondenti al quarzo e alla moganite [21], due forme del diossido di silicio. Abbiamo attribuito questi due composti al calcedonio, il cui spettro è simile a quello trovato nella nostra malta [21]. Altri composti individuati nella malta sono la calce e idrossido di calcio:

anche nella malta il processo di carbonatazione non è completo.

Abbiamo sovrapposto lo spettro della malta e quello dell’intonaco per comprendere le differenze di composizione. Osservando la figura sottostante si nota che l’intonaco presenta delle bande in più rispetto alla malta posizionate rispettivamente a 410, 614, 893, 1480 𝑐𝑚−1.

50 Figura 40: Spettri della malta e dell'intonaco sovrapposti

I picchi indicati in figura sono stati attribuiti all’ematite e all’ossalato di calcio bi-idrato. Nella tabella sottostante indentifichiamo tutti i picchi appartenenti all’intonaco.

Intonaco

Picchi dello spettro [𝑐𝑚−1]

Composto identificativo Attribuzione dei modi vibrazionali

275 Calcite 𝑇(𝐶𝑎, 𝐶𝑂3)

410 Ematite 𝐹𝑒 − 𝑂 stretching simmetrico

614 Ematite 𝐹𝑒 − 𝑂 stretching simmetrico

715 Calcite 𝐶𝑂3 bending simmetrico

780 Idrossido di calcio 𝑂 − 𝐻 bending fuori dal piano

893 Weddellite 𝐶 − 𝐶 stretching

1087 Calcite 𝐶𝑂3 stretching simmetrico

1480 Weddellite 𝐶 = 𝑂 stretching simmetrico

L’intonaco è formato da calcite attribuibile sia al processo di carbonatazione della calce spenta sia alla polvere di marmo tipica nel velo. Abbiamo anche una netta banda relativa all’idrossido di calcio, indice di un processo di carbonatazione non ultimato. Abbiamo identificato una parte di picchi con l’ematite. La presenza di ematite sull’intonaco (parte

51 priva di colore) si potrebbe attribuire all’esistenza di un disegno preparatorio realizzato con la Sinopia sull’arriccio (o di uno strato preparatorio rossastro). I picchi a 1480 e 893 𝑐𝑚−1 sono stati assegnati all’ossalato di calcio bi-idrato. I suoi picchi caratteristici sono collocati a 1470 (s), 197, 502 e 896 𝑐𝑚−1 [20]

3.4 Diagnostica e stato di conservazione

I campioni che abbiamo studiato in questo lavoro si sono distaccati dal supporto murario della Chiesa di San Giuseppe. Le analisi svolte si sono concentrate sulla superficie colorata superiore di ogni campione, sulle parti prive di colore che abbiamo assunto come intonaco e sulla malta posteriore. I campioni esaminati sono dotati di striature colorate classificate con le seguenti tonalità: rosa, nero, grigio, bianco, marrone.

Il nero è stato realizzato con una forma amorfa del carbonio, derivata per esempio dalla combustione di prodotti lignei: il noto carboncino. La tonalità rosa è stata ottenuta miscelando ematite (rosso), gesso (bianco) e grafite (nero). La tonalità biancastra è stata ottenuta con il gesso, al quale è stato aggiunto ematite e grafite, per realizzare la determinata sfumatura desiderata dall’autore. Il rosso potrebbe anche derivare dal disegno o strato preparatorio. Abbiamo, infatti, individuato nell’intonaco le righe caratteristiche dell’ematite. Un’ipotesi plausibile della sua presenza è la sinopia. Era consueto già dal 1300 realizzare uno schizzo sopra l’arriccio con ocra rossa, la sinopia appunto. Quindi il rosso che vediamo in gran parte delle strisce colorate potrebbe non essere derivato da una scelta dell’autore, ma da un miscelamento dell’impasto del velo con il rosso della sinopia o dello strato preparatorio.

Il colore grigio è stato ottenuto con grafite, gesso ed ematite, la cui presenza potrebbe sempre derivare dalla sinopia. Il marrone presenta abbondanza di ematite e grafite (rosso e nero).

Possiamo affermare che la tecnica eseguita è un "affresco" quando in ogni spettro relativo ai colori analizzati è presente il picco caratteristico del carbonato di calcio a 1087 𝑐𝑚−1 [14]- [13]. Garantiamo, dunque, che la tecnica dell’affresco è stata usata per tutta la superficie dei campioni esaminati eccetto che per la striatura nera. Lo studio delle striature nere ha rivelato ulteriori picchi, ma non quelli relativi alla calcite. I picchi individuati sul nero appartengono a un composto organico, nello specifico un olio.

52 Gli oli usati per le pitture murali devono essere dotati di buona siccatività e non devono variare la tonalità dei pigmenti che in esso sono miscelati [8]. Gli oli principalmente usati sono l’olio di lino, di papavero e di noce. I picchi dello spettro dell’olio da noi trovato sono associabili a quelli dell’olio di lino. Possiamo affermare che il nero è stato aggiunto al termine del processo di carbonatazione, come una modifica a “secco”.

Nelle altre striature colorate spennellate a “fresco” è evidente anche la tipica banda dell’idrossido di calcio. Ricordiamo che il supporto pittorico di un affresco è realizzato con calce spenta (idrossido di calcio) miscelata con acqua e inerti. L’idrossido di calcio posto a contatto con l’aria subisce il processo di carbonatazione, a seguito del quale diviene carbonato di calcio. Questo processo però richiede tempi molto lunghi, è dunque altamente probabile e quindi plausibile trovare tracce di idrossido di calcio negli spettri della superficie colorata. Negli strati interni quali arriccio e rinzaffo, benché ci sia la sabbia che velocizza questo processo, è comunque possibile trovare ancora piccole quantità di calce spenta, poiché gli artisti lasciavano questi strati inferiori a contatto con l’aria per brevi periodi di tempo necessari a una sola asciugatura superficiale [8], dopodiché si procedeva con l’inserimento di nuovi strati che rallentano il processo di penetrazione della 𝐶𝑂2.

Nella malta abbiamo trovato bande appartenenti al quarzo e alla moganite. Il quarzo è un composto della comune sabbia (come la sabbia di mare, si usava di solito la sabbia del Poetto, CA), questo è in accordo con la tecnica di realizzazione della malta. La moganite pura invece può essere trovata facilmente in Spagna, ma non in Sardegna: è probabile che la sabbia usata non sia un miscuglio di moganite e quarzo, ma di quarzo e calcedonio. Il calcedonio è una forma criptocristallina della silice formata da quarzo e moganite. Il suo spettro Raman mostra due intensi picchi, uno in corrispondenza di quello fondamentale della moganite e l’altro in corrispondenza di quello fondamentale del quarzo [21]. L‘ipotesi dell’uso di tale composto nella malta dell’affresco esaminato è supportata anche dalla sua grande abbondanza in Sardegna.

Nell’intonaco e nella striatura grigia sono state trovate tracce di ossalato di calcio bi-idrato.

La sua forma minerale è la weddellite.

La weddellite si presenta nelle superfici murali e generalmente marmoree come una patina giallastra ed è un prodotto di degrado dovuto all’attività microbiologica [22] di una famiglia particolare di muffe che affiorano nei manufatti, le Aspergillus Niger.

53

Conclusioni

L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di caratterizzare i pigmenti, la malta e l’intonaco di alcuni frammenti di affresco derivati da un processo di distacco dalla pittura murale della volta appartenente alla Chiesa di San Giuseppe situata a Cagliari, individuare possibili correzioni a secco sui campioni e determinare lo stato di conservazione dell’opera. Per svolgere questo lavoro di analisi abbiamo usato uno spettrometro Raman accoppiato con un microscopio. L’analisi è stata svolta raggruppando i campioni per colore e confrontando le stesse striature cromatiche appartenenti a campioni diversi. Abbiamo eseguito analisi anche sulle parti prive di colore e sulla malta e tali spettri sono stati sovrapposti per comprendere la diversità di composizione.

Possiamo confermare l’uso della tecnica di affresco mediante la presenza della banda caratteristica del carbonato di calcio, derivato dalla carbonatazione della calce spenta, posizionata intorno a 1087 𝑐𝑚−1. Tutte le striature esaminate presentavano tale picco, eccetto la grafite. Questo ci ha fatto supporre la presenza di una modifica successiva a

“secco”. Le modifiche a secco sono realizzate miscelando il pigmento con leganti quali oli.

Infatti, abbiamo riscontrato in un punto della striatura nera del campione 6 picchi caratteristici del legame C-H e C-O, ossia materia organica. Questi sono stati attribuiti a un tipo specifico di olio: l’olio di lino.

Il confronto tra la malta e l’intonaco ci ha permesso di individuare una sostanza estranea, un prodotto derivato dal degrado dell’affresco: l’ossalato di calcio bi-idrato 𝐶𝑎𝐶2𝑂4∙ 2(𝐻2𝑂) , la cui forma mineralizzata è chiamata Weddellite. Le superfici pittoriche e marmoree ospitano varie specie di muffe tra le quali quelle appartenenti alla famiglia delle Aspergillus Niger, che sono la causa della formazione dei cristalli di weddellite in queste opere.

La malta, ossia lo strato del rinzaffo e dell’arriccio, presenta tracce di quarzo e moganite.

Troviamo questi due composti nel calcedonio. Generalmente si miscelava sabbia fine di mare o di fiume alla calce per realizzare il supporto di un affresco. La presenza di quarzo e moganite ci conferma l’uso di sabbia come inerte.

54 Nella malta e nell’intonaco sono presenti tracce di idrossido di calcio, il componente della calce spenta che a contatto con la 𝐶𝑂2 subisce il processo di carbonatazione. La sua presenza attesta che tale processo non è completo.

Inoltre, avendo trovato le bande del rosso ocra sull’intonaco, abbiamo ipotizzato che sotto lo strato del velo, dunque sull’arriccio, ci fosse un disegno preparatorio realizzato con ematite:

la sinopia. Studi fatti dal Dipartimenti di Ingegneria e Architettura con la tecnica della diffrazione X sui nostri campioni conferma la presenza di uno strato rosso o della sinopia sopra l’arriccio.

L'analisi condotta, non disgiunta dalle interpretazioni del dato sperimentale, mostra pienamente la validità della spettroscopia Raman applicata allo studio dello stato di conservazione e degrado dei beni culturali. Ulteriori misure sulle malte e sulle superfici marmoree della chiesa forniranno un quadro ancor più esaustivo del suo stato di conservazione.

55

Indice delle figure

Figura 1: Tipico spettro Raman ... 4

Figura 2: Transizioni Raman ... 5

Figura 3: Modi vibrazionali normali di una molecola ... 10

Figura 4: Tabella di carattere per 𝐶3𝜈 ... 12

Figura 5: Uso della spettroscopia Raman in situ ... 14

Figura 6: Spettroscopia Raman applicata ai beni culturali ... 15

Figura 7: Spettroscopia Raman applicata alle scienze forensi per individuare tracce ematiche su ascia arrugginita ... 15

Figura 8: Spettrometro Raman palmare ... 16

Figura 9: Spettrometro Raman portatile ... 16

Figura 10: Tipico schema dell’apparato strumentale per la microscopia Raman ... 17

Figura 11: Schema di un monocromatore ... 19

Figura 12: Risposta spettrale di due diversi reticoli ... 20

Figura 13: Reticolo blazed in configurazione littrow ... 21

Figura 14: Microscopio BWTEK BAC151B e Spettrometro i-Raman EX ... 23

Figura 15: Strati fondamentali di un affresco ... 25

Figura 16: Tecnica della sinopia ... 28

Figura 17: Tecnica dello spolvero ... 28

Figura 18: Chiesa di San Giuseppe, facciata esterna ... 32

Figura 19: Chiesa di San Giuseppe, epigrafe e bomba ... 33

Figura 20: Interno della Chiesa di San Giuseppe, navata centrale ... 33

Figura 20: Interno della Chiesa di San Giuseppe, navata centrale ... 33

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI (pagine 40-0)

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