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Strumentazione

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI (pagine 20-27)

Capitolo 1: Raman applicato ai beni culturali: Tecniche e apparati sperimentali

1.3 Strumentazione

Uno spettrometro Raman ha come componenti principali:

 Una sorgente eccitatrice

 Un sistema per la focalizzazione della luce incidente e di raccolta della luce diffusa

 Sistemi di filtraggio

 Un apparato dispersivo come il monocromatore

 Un rivelatore

Figura 10: Tipico schema dell’apparato strumentale per la microscopia Raman

La sorgente eccitatrice usata in tali apparecchi deve essere necessariamente monocromatica, si usa quindi una sorgente laser [1]. Il laser potrebbe presentare delle linee secondarie deboli che sono filtrate mediante un pre-monocromatore. Il laser monocromatico soddisfa un’altra richiesta nell’analisi Raman: un ridotto diametro del fascio incidente (1-2 mm), che può essere ridotto ulteriormente grazie a un sistema di lenti. Il laser usato è Nd:YAG, un laser a stato solido il cui mezzo attivo è costituito da un cristallo di ittrio e alluminio drogato al neodimio (Nd:𝑌3𝐴𝑙5𝑂12). Il sistema di pompaggio è realizzato con diodi laser o lampada stroboscopica (luce a intermittenza). La radiazione emessa dagli Nd:YAG e tipicamente usata ha una lunghezza d’onda di 1064 nm (vicino IR).

18 Lo scattering Raman è un fenomeno debole perciò la luce laser deve essere opportunamente focalizzata nel campione, nel nostro caso con un microscopio, e la luce diffusa deve essere efficientemente raccolta. Il sistema di raccolta è un apparato ottico costituito da una lente di focalizzazione e una di raccolta; può avere una configurazione a 90° o a 180°

(backscattering). La configurazione più adatta è quella a 180°, ossia la luce incidente e la luce diffusa hanno la stessa direzione ma verso opposto.

Il potere di raccolta della luce di una lente è legata al suo diametro 𝐷 e alla sua distanza focale 𝑓 tramite la seguente relazione:

𝐹 = 𝑓 𝐷

A piccoli valori di 𝐹 corrisponde un grande potere di raccolta.

La luce diffusa raccolta deve essere divisa in componenti monocromatiche, ciò viene fatto mediante un monocromatore. Prima di questo, però, va eliminata la riga di Rayleigh, la quale è molto intensa e nasconderebbe il debole segnale Raman. Viene dunque inserito nell’apparato un filtro notch che adempie a questa funzione. Questo è un filtro elimina banda, ossia lascia passare tutte le frequenze eccetto un ristretto range, che vengono riflesse.

Il monocromatore è dotato di due fessure di larghezza regolabile, una per l’entrata del fascio e una per la sua uscita, e di un elemento dispersivo: un reticolo di diffrazione che lavora in riflessione. La luce entra tramite una fenditura variabile, questa è posta in prossimità del fuoco del primo specchio concavo, in modo tale che i raggi siano convogliati verso lo specchio, il quale in seguito riflette i raggi in direzione parallela sul reticolo. Il reticolo scompone il fascio in radiazioni monocromatiche che sono dirette su un secondo specchio concavo, che focalizza i raggi verso la fenditura d’uscita o direttamente verso il rivelatore.

19 Figura 11: Schema di un monocromatore

I parametri caratteristici di un monocromatore sono la risoluzione spettrale, il bandpass e la risposta spettrale.

La risoluzione spettrale [5] è l’abilità di separare due linee spettrali adiacenti, ed è espressa dalla seguente relazione:

𝑅 = 𝜆 d𝜆

Questa dipende dal potere risolutivo del reticolo (il quale a sua volta dipende, come vedremo in seguito, dal numero di scanalature), dal cammino ottico che percorre la radiazione dentro il monocromatore (in modo proporzionale), e dall’apertura delle fenditure.

Se la fenditura d’ingresso è larga, lo spettro uscente risulta più ampio dunque aumenta il 𝑑𝜆 e la risoluzione diminuisce; dunque si ha una dipendenza inversamente proporzionale tra la R e l’apertura delle fenditure. Altro fattore che determina una buona risoluzione è la distanza tra il reticolo e le fenditure [6] poiché il monocromatore seleziona una determinata lunghezza d’onda e permette solo l’uscita di quella (avendo le altre un diverso angolo di diffrazione). Il reticolo dunque viene messo in rotazione per permettere a tutte le lunghezze di uscire ed essere rilevate. Aumentando la distanza tra reticolo e fenditura si riduce il numero di raggi a diversa 𝜆 che potrebbero uscire, migliorando la monocromaticità dello strumento.

Il monocromatore non riesce a realizzare una vera banda monofrequenziale, la banda avrà sempre un’ampiezza, anche se minima, detta larghezza del profilo strumentale. La BP (bandapassante) è definita come l’intervallo di lunghezze d’onda misurato a metà

20 dell’intensità della banda registrata (FWHM). Il bandpass può anche essere espresso con tale relazione:

𝐵𝑃 = 𝐷𝑙𝑖𝑛−1∙ 𝑊

La dispersione lineare (D) rappresenta l’abilità di un monocromatore di produrre una separazione spaziale tra due lunghezze d’onda vicine ed è legata alla dispersione angolare del reticolo:

𝐷 = 𝑑𝜆

𝑑𝑥≅ 𝐹𝑚 𝑑 Dunque si ha:

𝐵𝑃 ≅ 𝑑 𝑚𝐹𝑊

Quando impostiamo la 𝑊 (larghezza della fenditura) al suo valore minimo si ottiene la risoluzione limite RL, che è la risoluzione strumentale.

La risposta spettrale del monocromatore è legata alla lunghezza d’onda di blaze del reticolo, che a sua volta dipende dalla densità delle scanalature e dall’intervallo di lunghezze d’onda in gioco. Se lavoriamo con lunghezze d’onda lontane da quelle di blaze, l’intensità trasmessa sarà debole.

Figura 12: Risposta spettrale di due diversi reticoli

21 I reticoli a riflessione sono costituiti da righe riflettenti intervallate da righe scure o disperdenti. Si ottiene maggiore efficienza se realizzati con delle scanalature ad angolo di Blaze (reticolo blazed). L’angolo di Blaze è valutato rispetto al piano della superficie riflettente del reticolo. Si ottiene il massimo di riflettività quando il raggio incidente e diffratto sono in autocollimazione ossia 𝛼 = 𝛽 (condizione littrow) e sono perpendicolari ai tratti del reticolo:

Figura 13: Reticolo blazed in configurazione littrow

Il comportamento ottico del reticolo sotto tali condizioni è dato da:

2𝑑𝑠𝑖𝑛𝛼 = 𝑚𝜆

Se si pone 𝛼 = 𝛽 = Θ𝐵, si ottiene la lunghezza d’onda di blaze per un dato ordine di diffrazione m definita come la lunghezza d’onda alla quale l’efficienza del reticolo a un dato m è massima.

Una caratteristica importante dei reticoli già accennata in precedenza è il potere risolutivo, espresso dalla seguente equazione:

𝑅 = 𝜆

d𝜆 = 𝑚𝑁

Ossia all’aumentare del numero di fenditure il potere risolvente aumenta.

La radiazione diffratta esce dal monocromatore e viene focalizzata sul rivelatore. In generale il rivelatore è un fototubo o un fotomoltiplicatore [1] che sfrutta l’effetto fotoelettrico per trasformare il segnale luminoso in segnale elettrico. Il fotomoltiplicatore è costituito da un fotocatodo che viene colpito dalla radiazione emettendo fotoelettroni, in seguito questi sono attratti verso i dinodi posti a potenziale sempre crescente, colpendoli emettono elettroni secondari. Questo processo permette di amplificare il segnale.

22 In generale per le analisi Raman si usano i rivelatori con una serie di fotodiodi (photodiode array detection) i quali permettono di rivelare il segnale Raman per ogni frequenza sull’intero range.

I detector sono caratterizzati dalle seguenti caratteristiche [6]:

 responsività 𝑅, data dal rapporto tra il segnale elettrico di output e la potenza incidente;

 range di lavoro, ogni detector lavora su determinati range di frequenza (intervallo di lavoro) in quanto l’intensità delle righe spettrali è fortemente legata all’energia fotonica del raggio incidente, dunque alla sua frequenza;

 la costante di tempo 𝜏 è definita come il tempo al quale il segnale d’uscita è il 63%

del segnale costante d’uscita 𝑉0.

 NEP (noise equivalent power) è la potenza necessaria per creare un rapporto segnale- rumore pari a 1.

 la capacita di rivelazione è di solito indicata con D ed è l’inverso della NEP;

 la capacità specifica (𝐷 permette di confrontare rivelatori diversi, va dunque moltiplicata per la radice dell’area del rivelatore.

Il nostro detector è un InGaAs Array. Il software associato alla strumentazione usata è il BWSpec4.

Riporto di seguito le specifiche degli strumenti impiegati in questo lavoro [7]:

Laser

Eccitazione 1064 𝑛𝑚

Controllo potenza laser < 450 𝑚𝑊 Spettrometro

Modello i-Raman EX-1064S

Range 175 𝑐𝑚−1

− 2500 𝑐𝑚−1

Risoluzione ~9.5 𝑐𝑚−1

23 Rivelatore

Tipologia InGaAs Array

Risoluzione digitale 16-bit

Tempo d’integrazione 200 𝜇𝑠 𝑎 > 20 𝑚𝑖𝑛 . Elettronica

Computer interface USB 3.0/2.0/1.1

Trigger mode 5V TTL

Caratteristiche

Dimensioni 17𝑥34𝑥23.4

Temperatura di lavoro 0 − 35°

Microscopio

Modello BWTEK BAC 151B

Lunghezza d’onda 532,785,1064 nm

Power input 5VDC, 300mA

Dimensioni 24.3 x 20.8x 37.8

Figura 14: Microscopio BWTEK BAC151B e Spettrometro i-Raman EX

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Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI (pagine 20-27)

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