• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2: Dialogo, retorica, dialettica Premessa

1.3 Dialogo e dialettica

Il passaggio dalla forma dialogica socratica alla dialettica può essere considerato anche come il passaggio da un "Platone socratico" ad un "Platone dialettico"164 e gli interpreti si suddividono in coloro che vedono una continuità (e ritengono che i concetti socratici siano diventati le idee) e in coloro che vedono una rottura. Io mi colloco tra coloro che vedono una continuità per una serie di ragioni che espongo qui di seguito.

Già Diogene Laerzio, nella sua Vita di Platone, indicava una continuità, almeno a livello esteriore, tra dialogo e dialettica165 e probabilmente (se accettiamo la proposta di Giannantoni166 di interpretare l'"esaminare le cose dette" come definizione del dialogo socratico) anche Aristotele167.

I termini "dialogo" e "dialettica" sono, a livello etimologico, legati l'un l'altro ed esprimono entrambi un processo comunicativo (discussione) tra due parti mediante il logos.

È importante osservare la ricorrenza della parola dialeghestai 168, cogliendone gli

svariati significati, per cogliere come essa sia presente nell'intero corpus

platonicum, sia nei dialoghi socratici sia nei dialoghi dialettici e per dedurre,

quindi, una profonda continuità tra "dialogo" e "dialettica". La parola dialektike e 163 Sarebbe interessante, ma non è questo il luogo, domandarsi come mai l'uso della persuasione

sia presente specialmente nei primi dialoghi socratici e nell'ultima opera platonica. Questo tema è collegato a quello dell'evoluzione del pensiero platonico in merito alla possibilità di educazione filosofica sul quale rinvio per alcune, anche se non esaustive, riflessioni al capitolo 5.

164 In base a questo si compie la periodizzazione in periodi, considerando i dialoghi socratici come

"i primi dialoghi" ed i dialoghi dove compare la dialettica come "i dialoghi della maturità". Tuttavia, già Irwin evidenziò come in alcuni dialoghi considerati del primo periodo (Gorgia,

Eutidemo, Cratilo, Menone) Socrate utilizzi la dialettica. Cfr. T. Irwin (ed.), Plato's Gorgias,

Oxford 1979, p. 111,

165 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, libro 3, cap. 48, cap. 87

166 G. Giannantoni, Dialogo socratico e nascita della dialettica nella filosofia di Platone, Napoli

2005, p. 15.

167 Aristotele, Met.. A 6. 987 b 31-33.

168 Cfr. M. Dixsaut, Métamorphoses de la dialectique dans les dialogues de Platon, Paris 2001,

i suoi derivati169 ricorre di meno e, per quanto riguarda i dialoghi socratici, solo nell'Eutidemo e nel Menone. Questo può far pensare a come essa sia una specificazione del dialeghestai sopraggiunta successivamente e specifica di alcuni dialoghi (Repubblica, Sofista, Filebo, Fedro, Politico, Teeteto, Cratilo). Zenone viene riconosciuto come fondatore della dialettica, avendo elaborato il metodo dell'affermazione della verità attraverso la reductio ad absurdum; Platone, tuttavia è stato il primo ad aver teorizzato il procedimento ed ad avergli attribuito caratteristiche filosofiche. Infatti, nella Repubblica170, Platone arriva ad identificare filosofia e dialettica (essendo, quest'ultima, la scienza più alta che permette di cogliere la verità) e filosofo e dialettico (essendo la dialettica la disciplina propria del filosofo).

Secondo Giannantoni171, a parte le differenze stilistiche e metodologiche, l'opposizione alla sofistica e l'oratoria sarebbe uno dei tratti comuni che permette di cogliere la continuità tra il "Platone socratico" ed il "Platone dialettico"172. L'altro tratto, collegato strettamente al modo in cui Giannantoni interpreta la "verità" in Platone, è rintracciabile nell'atteggiamento che Platone ha nei confronti della filosofia; esso rimane fino alla fine "socratico". Ogni verità scoperta va sempre messa in discussione, bisogna sempre "dare conto" di sé ed in questo richiamo autobiografico, le presunte verità si confrontano pariteticamente. Secondo Giannantoni, la dialettica è lo sbocco necessario del dialogo socratico ma esso non è un suo superamento perché ogni suo esito ricade sempre sotto la necessità di critica e messa in discussione tipica del socratismo.

Sono d'accordo con Giannantoni sul fatto che Platone sia rimasto fino alla fine "socratico", ma questo non deve significare che Platone non veicolasse, all'interno dei dialoghi, determinate verità. Farlo, per Platone, era una necessità non solo di ordine ontologico o gnoseologico, ma anche pedagogico-politico. Secondo Trabattoni173 vi sono due esigenze alle quali la “teoria delle idee"

169 Ibidem, pp. 353-354. 170 Platone, Resp. VII.

171 G. Giannantoni, Dialogo socratico e nascita della dialettica nella filosofia di Platone, Napoli

2005, p. 38.

172 "(...) un'opposizione irriducibile a intenti meramente apologetici, la quale rivela in concreto le

motivazioni genuinamente filosofiche che segnano il percorso di congiunzione tra il

dialeghesthai dei dialoghi giovanili e la "dialettica" del periodo della maturità."Ibidem, p. 38.

risponde: l’istanza pratica-etica-politica nella quale si nota la continuità di Platone con il suo maestro Socrate, e l’istanza fisica-teoretica, per la quale si mostra la stabilità del sensibile, l’unità del molteplice e nella quale si coglie la continuità con la ricerca presocratica

La necessità di una conoscenza certa è mossa dal fatto che ci sia stabilità e ordine nell’agire. Trabattoni, cioè, pur dicendo che alla base della teoria delle idee vi è un’esigenza teoretica, sottolinea molto di più l’aspetto pratico-politico-etico:

Si tratta per Platone di un passaggio decisivo per rifondare la vita morale e civile di Atene, che si era corrotta proprio perché i vecchi paradigmi erano andati in frantumi, e la sofistica avanzava istanze teoriche che impedivano di costruirne di nuovi.174

L’universale presente nell’esperienza va riconosciuto, ricordato, non creato. Ciò che va creato, seguendo l'ordine presente nell'anima e nella natura, sono le norme e le leggi che possono reggere armoniosamente la polis. La dialettica collega sensibile ed intelligibile.

La teoria delle idee ha […] lo scopo di rimettere l’uomo sulle tracce dell’universale “dimenticato” nell’esperienza comune.175

Platone non può accettare il relativismo, lo scetticismo e l’ignoranza del suo tempo176, così si propone di mostrare e di far ricordare come un ordine sia presente nella natura, un ordine che dal punto di vista generale non ha a che fare con il legiferare umano ma che all’interno del quale l’uomo opera seguendo i principi che questo ordine detta.

La società, quindi, aveva bisogno per Platone di sicurezze, di punti di riferimento, al di là del relativismo proposto dai sofisti.

La dialettica permette di ricordare l'ordine ideale e quindi poterlo ricreare nell'anima degli uomini e della polis che si erano degenerate.

174 Ibidem, p. 143. 175 Ivi.

176“E’ un esito che Platone non può tollerare, soprattutto, (…), perché renderebbe vano qualunque

progetto etico-politico. Ma per superare tale posizione, è chiaro che deve individuarne la causa. Questa causa consiste in una errata concezione della realtà, intesa come eterno e mobile fluire della materia, secondo quella che era la tesi degli eraclitei.”, ivi, p. 104.

L'essere socratico di Platone è il mantenere un metodo dialogico, una ricerca comune la quale, con un affinamento logico ed argomentativo ed una verità da esporre, diviene "dialettica". Essa conduce alla scoperta di una verità unica che va messa in pratica attraverso una cura di sé, una rivalutazione dei propri valori e della propria morale che permetta di costruirla nel contesto socio-politico.

A mio parere non è così scontato che lo stesso Socrate, nel metodo dialogico, non proponesse delle tesi positive; sicuramente ciò accadeva in maniera meno esplicita e programmatica. Dal punto di vista morale, specialmente nei primi dialoghi socratici è possibile rinvenire delle tesi positive.

È innegabile, comunque, un passaggio metodologico dal dialogo socratico alla dialettica platonica. Un indizio di ciò ci è fornito dallo stesso Platone nel momento in cui, tra i personaggi, Socrate non è più l'interlocutore principale ma è sostituito dallo Straniero di Elea, da Parmenide, dall'Ateniese.

La dialettica è comunque in azione anche nei dialoghi della maturità, dove Socrate è ancora l'interlocutore principale.

Dobbiamo quindi pensare che in questi dialoghi Socrate personaggio sia una maschera di Platone o dobbiamo interpretare questo aspetto come un indizio della continuità essenziale che sussiste tra metodo socratico e dialettica?

Per rispondere a questa domanda è necessario riferirsi non solo all'insieme dei personaggi ma anche alle teorie che i personaggi espongono.

In questo modo possiamo individuare nella presenza della "teoria delle idee" un discrimine in grado di determinare un passaggio dal metodo socratico alla dialettica.

"Dal momento che Socrate non possiede nessuna conoscenza, egli non può proporre una definizione di scienza basata sulla conoscenza delle Forme. Nel momento in cui lui è rimpiazzato dallo Straniero di Elea, il metodo educativo cambia da maieutica a dialettica."177

177 "Since Socrates does not possess any knowledge, he cannot propose a definition of science

based on the knowledge of Forms. And since he is replaced by the Elian Stranger, the educational method changes from midwifery to dialectics.", L. Brisson, "The relations between the interpretation of a dialogue and its formal structure: the example of the Theaetetus", in A. Bosch-Veciana, J. Monserrat-Molas (ed.), Philosophy and Dialogue. Studies on Plato's

A mio parere, tuttavia, anche questo discrimine non basta dal momento che non c'è un dialogo dedicato interamente alla "teoria delle idee"; essa viene espressa a pezzi in vari dialoghi del periodo della maturità e successivamente, nel

Parmenide, pur utilizzando la dialettica e facendo forse la migliore espressione

metodologica di essa, viene anche criticata.

È necessario forse riferirsi ad elementi meno appariscenti per individuare una linea di demarcazione tra metodo socratico e dialettica, essendo al contempo consapevoli che questa linea non è netta perché sussiste una continuità tra i due metodi pedagogici.

Un elemento importante che consente di notare un passaggio tra i due metodi è stato messo in luce da Brisson178. Si tratta della presenza delle emozioni all'interno dei dialoghi, specialmente per quanto riguarda la combattività tra Socrate ed i suoi interlocutori e la conseguente modalità comunicativa tra gli interlocutori. Brisson, cioè, fa notare, che più ci si distanzia dai dialoghi socratici più i dialoghi diventano calmi, più l'esposizione è piana e più gli interlocutori si limitano a rispondere con un "sì", "mi pare", "è giusto", assumendo un ruolo di spalla al dispiegamento dell'argomentazione dialettica.

Socrate già nei dialoghi socratici richiedeva risposte brevi, ma nei dialoghi successivi si nota un'accettazione maggiore, da parte degli interlocutori, a seguire questa regola. Se le possibilità di risposta dell'interlocutore sono ridotte a due ("sì", "no"), o se ciò che l'interlocutore può scegliere è un'opzione tra due nella diairesi dialettica, l'iniziativa di chi risponde è molto limitata. Al contrario, se le possibilità di risposta dell'interlocutore sono indeterminate (come quando gli viene posta una domanda aperta "che cos'è x?"), l'iniziativa consentita a chi risponde è più grande.

È vero che agli interlocutori dei dialoghi dialettici viene richiesta meno partecipazione tuttavia questo non significa che il loro ruolo sia più semplice. Il dialogo dialettico, infatti, è più difficile per gli interlocutori. Glaucone179, ad esempio, chiede a Socrate di spiegargli meglio il metodo perché non ha capito. 178 L. Brisson, "Vers un dialogue apaisé. Les transformations affectant la pratique du dialogue

dans le corpus platonicien", in F. Cossutta, M. Narcy (ed.), La forme dialogue chez Platon.

Évolution et réceptions, Éditions Jérôme Millon, Grenoble 2001, pp. 209- 226.

Gli interlocutori devono essere più esperti180 perché devono essere in grado di seguire il processo argomentativo e di poter cogliere il vero nel momento in cui si disvela.

Sia nei dialoghi socratici sia nei dialoghi dialettici vi è un background di ricerca comune che si allaccia però in un modo differente ai contenuti teorici esposti; nei primi il background è più evidente e Socrate vuole far comprendere agli interlocutori i propri errori, nei secondi è meno evidente e l'interlocutore principale, possedendo delle teorie, le vuole far apprendere dialetticamente ai suoi interlocutori.

Anche Dixsaut181 sostiene che non ci sia una rottura tra dialogo socratico e dialettica ma che si possano solo osservare dei cambiamenti. Nei primi dialoghi secondo Dixsaut, si può già parlare di dialettica ma come se fosse ad un livello alborale. Infatti Dixsaut propone di interpretare il passaggio dal dialogo socratico alla dialettica come fosse una "metamorfosi", un passaggio di forma di un qualcosa che era già insito nella prima fase. Nella prima fase, quella del dialogo socratico, essa ha come scopo esaminare il sapere degli altri; successivamente, a partire dalla Repubblica, la dialettica assume un ruolo più positivo e risponde alla necessità di apprendere ed esporre la realtà vera (l'ousia). La dialettica, cioè, diviene il metodo182 attraverso il quale è possibile cogliere le idee.

Sono necessari il contesto dialogico, una vita vissuta in comune, la sincerità degli interlocutori e buone disposizioni naturali183, tuttavia, per cogliere le idee, è necessario anche possedere l'unica scienza vera che è la dialettica.

Dixsaut non sarebbe d'accordo con quest'ultima affermazione che riporta le condizioni per poter attingere la verità perché per lei la dialettica è la forma stessa del pensiero nel suo manifestarsi184 e non va scambiata con un dialogare cooperativo tra più interlocutori. Tuttavia, personalmente, se posso accogliere che in Platone la dialettica rappresenti l'essenza stessa del logos non posso accogliere 180 Troviamo, ad esempio, interlocutori abili in dimostrazioni matematiche e geometriche. 181 M. Dixsaut, Métamorphoses de la dialectique dans les dialogues de Platon, Paris 2001.

182 Utilizzo la parola "metodo" anche se propriamente la dialettica non è un "metodo", ma la

"scienza più alta". Cfr. Ibidem pp. 92-93.

183 Condizioni necessarie per l'attingimento della verità. Cfr. cap. 5.

184 È il logos che parla in Socrate e non Socrate ad essere maestro esperto di logos. M. Dixsaut,

il fatto che essa sia scissa da uno scambio comunicativo tra uomini alla ricerca della verità185. Questo non significa, comunque, che l'atto di conoscenza del reale sia un atto meramente soggettivo o inter-soggettivo186.

Gadamer187, al contrario di Dixsaut, in "Dialettica e sofistica", sottolinea l'aspetto comunicativo-cooperativo della dialettica platonica:

"Egli descrive, come, nonostante tutta la finitezza e limitatezza della nostra umanità, venga raggiunta la conoscenza: la ricerca comune, che instancabilmente affina, l'uno con l'altro, parola e concetto e intuizione, che ama sottoporre a prova ogni propria opinione e, nel gioco di domanda e risposta, si lascia alle spalle ogni forma di prepotenza, non deve rendere possibile solo la comprensione di questo o quello, ma anche, per quanto è umanamente possibile, la conoscenza di ogni virtù e vizio nonché della totalità dell'essere."188

La dialettica, a livello metodologico, utilizza strumenti differenti rispetto a quelli del metodo socratico: diairesi, divisione e raggruppamento, ipotesi, induzioni, etc..

Unificazione (dal sensibile all'intelligibile) e moltiplicazione (dall'intelligibile al sensibile) sono i due aspetti della dialettica maggiormente collegati alla "teoria delle idee". Essi vengono presentati nel Fedro:

Fai=droj: ti/nwn dh/; Swkra/thj: ei)j mi/an te i)de/an sunorw=nta a)/gein ta\ pollaxh=? diesparme/na, i(/na e(/kaston o(rizo/menoj dh=lon poih=? peri\ ou(= a)\n a)ei\ dida/skein e)qe/lh?. w(/sper ta\ nundh\ peri\ )/Erwtoj - o(\ e)/stin o(risqe/n - ei)/t' eu)= ei)/te kakw=j e)le/xqh, to\ gou=n safe\j kai\ to\ au)to\ au(tw=? o(mologou/menon dia\ tau=ta e)/sxen ei)pei=n o( lo/goj. Fai=droj: to\ d' e(/teron dh\ ei)=doj ti/ le/geij, w)= Sw/kratej; Swkra/thj: to\ pa/lin kat' ei)/dh du/nasqai diate/mnein kat' a)/rqra h(=? pe/fuken, kai\ mh\ e)pixeirei=n katagnu/nai me/roj mhde/n, kakou= magei/rou tro/pw? xrw/menon:

FEDR. Che procedimenti? SOCR. Uno: abbracciare in uno sguardo d'insieme e

185 Su questo punto cfr. "Commento critico" al cap. 3.

186 Qui mi limito a rimandare alle parziali conclusioni proposte nel cap. 5. Per uno studio

completo sull'argomento cfr. F. Aronadio, Procedure e verità in Platone (Menone, Cratilo, Repubblica), Napoli 2002.

187 Anch'egli sostenitore di una continuità tra dialogo socratico e dialettica. 188 H. G. Gadamer, Studi Platonici 1, Casale Monferrato 1983, p.267.

ricondurre ad un'unica forma ciò che è molteplice e disseminato affinché definendo ciascun aspetto si attinga chiarezza intorno a ciò di cui s'intenda ogni volta insegnare. Come anche adesso nel caso di Amore, siccome l'abbiamo definito, bene o male che lo si sia fatto, il nostro discorso ha potuto raggiungere chiarezza e coerenza con se stesso. FEDR. E qual è l'altro procedimento che dici, o Socrate? SOCR. Consiste nella capacità di smembrare l'oggetto in specie, seguendo le nervature naturali, guardandosi dal lacerarne alcuna parte come potrebbe fare un cattivo macellaio. 189

È importante notare, a mio parere, che anche nei dialoghi socratici, pur non essendo ancora stato teorizzato il metodo, Socrate cercava di condurre il proprio interlocutore dal particolare all'universale, dal sensibile al concettuale. La strategia che Socrate utilizza per mettere in atto questo passaggio è quella dell'esempio. Tuttavia, spesso, questo procedimento non andava a buon fine perché l'interlocutore non era in grado di seguire Socrate190. La preparazione dell'interlocutore, quindi, è un elemento importante che va ad incidere sulla possibilità o meno di mettere in atto un procedimento dialettico.

L'elenchos, elemento principale del metodo del dialogo socratico, è presente anche nella dialettica ma agisce differentemente. Se nel dialogo socratico esso era diretto all'interlocutore andando ad analizzare le sue tesi ma anche il suo modo di vivere, nella dialettica la confutazione è per certi aspetti "disincarnata" ed opera essenzialmente a livello concettuale191.

In linea generale, è possibile affermare che pur utilizzando strumenti diversi e pur assegnando al dialogare una valenza differente, sia il metodo socratico sia la dialettica hanno come fine la conoscenza del Bene, dal Platone socratico considerato come il modo giusto e retto di vivere, dal Platone dialettico considerato come suprema forma al di là dello stesso intelligibile192.

189 Platone, Phaedr. 265d-266a. 190 Cfr. analisi del Gorgia.

191 Propongo a livello di ipotesi di considerare come la confutazione presente nel dialogo socratico

abbia di mira il rispetto del principio di non contraddizione, mentre nella dialettica (riferendoci specialmente al Sofista e al Parmenide) il rispetto del principio di non contraddizione venga in qualche modo limitato nel momento in cui si ricerca in merito ai generi sommi e agli universali. Per un approfondimento cfr. L. V. Tarca, Differenza e negazione, Napoli 2001, pp. 305-359, L. V. Tarca, Quattro variazioni sul tema negativo/positivo. Saggio di composizione filosofica, Treviso 2006, pp. 133-136 e A. Coltelluccio, Dialettica aporetica. Il Parmenide di Platone nella dialettica hegeliana, Saonara 2010.

Riprendendo le parole chiave della presente ricerca (strategie, interlocutori, finalità) posso sostenere che, dialogo socratico e dialettica:

- per quanto riguarda le strategie sono ad un livello generale differenti, specialmente per l'utilizzo di strategie retoriche;

- per quanto riguarda gli interlocutori sono differenti dal momento che nella dialettica gli interlocutori sono meno attivi nelle risposte e non sono prevalentemente personaggi storici (vanno a cadere quindi le finalità, proprie del dialogo socratico, di testimonianza e di azione sul pubblico che conosceva i personaggi, attraverso l'elenchos retroattivo);

- per quanto riguarda le finalità, ad un livello generale, sono le medesime, essendo esse collegate all'attingimento della verità per vivere rettamente.

Pur essendoci delle notevoli differenze, sostengo una profonoda continuità tra dialogo socratico e dialettica per gli elementi particolari indicati nel presente paragrafo e per motivi di ordine generale che risiedono nel significato di filosofia come filosofare attraverso una ricerca in comune. Sia nel dialogo socratico, sia nella dialettica, l'aspetto della ricerca della verità messo in atto attraverso una discussione tra interlocutori è ben presente, anche se il modo di condurre la discussione differisce per strategie e modalità.

CAPITOLO 3: I vari usi della forma dialogica