Le scritture di viaggio sono uno strumento molto utile per analizzare le caratteristiche, i modi, i tempi e gli spazi della donna viaggiatrice nella storia poiché sono l’incontro tra l’osservazione individuale e il filtro delle visioni istituzionali, comuni e canonizzate.
Attualmente studi in contesto italiano che si rivolgano alla storia del viaggio femminile mancano, a differenza della letteratura anglosassone che ne è ricca; ciò anche perché le viaggiatrici inglesi furono in assoluto le prime e le più numerose in Europa e nel mondo.
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Quando si parla di letteratura di viaggio si possono intendere due diversi filoni: il primo racchiude i testi in cui l’autrice (o l’autore) racconta esperienze di viaggio direttamente vissute; il secondo, invece, include romanzi e storie inventate di personaggi di fantasia (Frediani, 2007).
In questa sede, ci si soffermerà sulla prima tipologia poiché, tramite essa, si potrà indagare la componente psicologica, culturale e sociale che il viaggio ha avuto nella storia della donna. I diari, i resoconti e le epistole inviate ad amici e parenti lontani sono solitamente narrati in prima persona e raccontano l’esperienza diretta riportando le sensazioni, i pensieri e le idee della scrivente. Aspetto interessante è che questi documenti sono solitamente connotati dalla presenza di numerose immagini che arricchiscono le descrizioni e le rendono più complete ed accattivanti.
La letteratura di viaggio nelle sue diverse varianti è un genere “di confine” per la compresenza di autobiografia e guida turistica, per la mescolanza tra soggettività e oggettività che la rende particolare e unica. Essa nasce da lunghi e dettagliati appunti che la viaggiatrice annotava quotidianamente e cronologicamente su piccoli taccuini che poi si occupava di risistemare in un secondo momento o ritornata in patria.
I diversi studi e le analisi affrontate in materia di scrittura di viaggio femminile hanno rilevato che essa presenta delle peculiarità e delle differenze rispetto a quella maschile. Tuttavia, per una valutazione più completa sarebbe necessario tenere in considerazione l’importanza e l’influenza dell’orientamento sessuale, dell’etica, della classe sociale e del luogo di origine. La sola considerazione dell’appartenenza di genere sarebbe una mera semplificazione (Frediani, 2007). Le ragioni di queste peculiarità vanno ricercate nel diverso ruolo che le donne assumevano nel viaggio, nel modo che esse avevano di spostarsi. Le viaggiatrici che hanno narrato le loro storie in diari e resoconti erano nel passato considerate anticonformiste. Esploratrici di nuove terre, pellegrine o emigranti, esse rappresentavano comunque una categoria a sé stante.
Qualsiasi fosse la ragione del viaggio, erano accomunate da un aspetto principale: partivano affrontando problemi, percorsi complessi e spesso rischiosi alla volta di luoghi ignoti superando le convenzioni e le restrizioni che la società di appartenenza imponeva loro. Erano donne che
vivevano una forte conflittualità interiore perché “lacerate dall’identificazione con la propria razza e l’identificazione con il proprio genere” (Garcia-Ramón et.al, 2005, p.119).
L’aspetto che contraddistingueva (e forse contraddistingue ancor’oggi) uomini e donne nel modo di viaggiare risiede nel fatto che i primi cercavano risposte al Cosa e al Dove, mentre le seconde al Come e al Perché, aspetti imputabili alla diversa condizione delle donne e al loro differente processo d’integrazione nella società. La maggior parte delle scrittrici si spostava per scopi personali, più raramente per incarichi lavorativi, perciò i resoconti che esse narravano rispondevano a necessità distinte e di tipo non professionale. La percezione dell’ignoto, del diverso e dell’Altro che la viaggiatrice aveva durante la sua esperienza era diversa da quella maschile e derivava da una sensibilità e da un’apertura più marcate che si rivelano anche tra le righe dei loro scritti (Robinson, 1990).
Esse davano molta rilevanza alla sfera sociale e familiare dei popoli con cui entravano in contatto, per questo si potrebbero definire delle exploratrices sociales, come afferma Mary Louise Pratt, docente della New York University a lungo dedicatasi allo studio della scrittura di viaggio. Mostravano una maggiore capacità di osservazione e un interesse più spiccato verso l’etnografia e verso le popolazioni indigene. Ciò è stato imputato da alcuni studiosi al diverso modo di socializzazione e alle diverse modalità di formazione della conoscenza e della soggettività femminili. Le donne sembravano, in effetti, più preoccupate della presentazione della propria identità e del proprio senso d’indipendenza più che della produzione di conoscenza e della narrazione di racconti d’avventura (Garcia-Ramón et.al, 2005).
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La differenza tra la scrittura femminile e quella maschile risiede nel fatto che quest’ultima è tendenzialmente più tecnica, mentre la prima è più dettagliata, particolaristica e maggiormente attenta alla dimensione sociale. Con i loro scritti, le donne hanno arricchito la scoperta del mondo realizzata dall’uomo grazie a dettagli che prima non erano emersi. Tante sono le viaggiatrici che si sono distinte nel corso del tempo, per citarne alcune: Freya Stark, Louise Arner Boyd e Ida Pfeiffer12 (Rinaldi, 2012).
Robinson riporta le storie di ben 400 viaggiatrici, ripercorre le vicissitudini di esploratrici, antropologhe, pilote e governanti coraggiose e impavide che hanno descritto nei loro diari e resoconti i luoghi scoperti, gli stati d’animo e le difficoltà affrontate. Tra le più tenaci sono da ricordare Amy Johnson, Mary Kingsley e Emmeline Lott13.
Ricorre spesso tra gli scritti femminili, il tema della condizione delle donne in altri Paesi e dei loro costumi; con questi racconti esse desideravano rivendicare una certa autorità, volevano affermare che solo una donna può comprenderne un’altra, anche se appartenente a una cultura diversa, perché può immedesimarsi e può approfondire il rapporto con essa più di uomo. Da ciò deriva una piena conoscenza dell’Altro ma anche di sé. Tuttavia, la principale difficoltà per le prime donne scrittrici stava proprio nel doversi confrontare con la letteratura nel suo complesso, con la tradizione della
12 Freya Madeleine Stark (Parigi, 1893 – Asolo, 1993) è stata un’esploratrice e saggista britannica, famosa
per le sue esplorazioni in Medio Oriente, per le opere letterarie e per il lavoro di cartografia. Fu tra le prime donne occidentali a viaggiare nel Deserto Arabico
(www.fembio.org/english/biography.php/woman/biography/freya-stark/).
Louise Arner Boyd (1887 –1972) fu un’esploratrice americana della Groenlandia e dell’Artico. Fu la prima donna a viaggiare sopra il Polo Nord (1955) (www.encyclopedia.com/topic/Louise_Arner_Boyd.aspx). Ida Laura Pfeiffer (Vienna 1797 - Vienna 1858), viaggiatrice austriaca e autrice rinomata di libri di viaggio, le cui opere furono tradotte in ben sette lingue
(www.studylight.org/encyclopedia/bri/view.cgi?n=15794).
13 Amy Johnson (Kingston upon Hull, 1903 – Parigi, 1941), aviatrice britannica, laureatasi in economica,
cominciò a volare per passione, finché nel 1930 partì per un volo transcontinentale che la rese celebre: fu la prima donna a volare dall’Inghilterra all’Australia
(www.biographyonline.net/adventurers/amy-johnson.html).
Mary Henrietta Kingsley (Islington, 1862-Simon’s Town, 1900) è stata una scrittrice ed etnologa inglese. Affrontò numerosissimi viaggi in Africa per studiare le popolazioni locali
(www.britannica.com/EBchecked/topic/318739/Mary-Henrietta-Kingsley).
Emmeline Lott nell’aprile del 1864 si recò in Egitto per lavorare come governante per il gran pacha Ibrahim, figlio di Ismael Pacha, il viceré d'Egitto turco; pubblicò le sue memorie The English Governess in Egypt nel 1865, raccontando le difficoltà affrontate
scrittura di cui l’uomo era padrone indiscusso. Le convenzioni letterarie con cui esse si scontravano erano di due tipi: da una parte vi era la tradizione letteraria maschile, caratterizzata da un’evidente oggettività nello stile, un’accurata documentazione e la descrizione dei Paesi stranieri come luoghi di inciviltà e inferiorità. Dall’altra, invece, vi erano i canoni della cosiddetta scrittura femminile in cui l’attenzione alla vita domestica e familiare e l’enfasi sui sentimenti e sullo stile delicato erano gli elementi caratterizzanti.
E’ importante precisare che non esiste, di fatto, una “cultura” femminile storicamente separata da quella maschile e che il modo di rappresentare l’Alterità in forma più sfumata e nebulosa nella scrittura femminile, derivava, invece, dalla cultura dominante tanto per gli autori quanto per le autrici (Frediani, 2007).
All’epoca i testi scritti da viaggiatrici erano solitamente accolti con scarso entusiasmo, erano visti con molta diffidenza perché le stesse donne che affrontavano viaggi di un certo rischio erano considerate eccentriche e poco attendibili. Crearsi spazio tra i numerosi scienziati e antropologi, botanici ed esploratori uomini, era molto difficile per le donne che svolgevano gli stessi mestieri. Spesso le loro opere sono passate inosservate e sono state poi riscoperte postume, attribuendo loro il giusto valore solamente nei secoli successivi. Eppure le scrittrici erano spesso donne acculturate e capaci, ambiziose ma allo stesso consapevoli della limitata rilevanza che avevano agli occhi della società e per questo non s’illudevano di ottenere fama e ricchezza (Robinson, 1990). In molti casi erano addirittura costrette ad usare pseudonimi o a ricorrere a generi letterari minori come diari, racconti brevi e articoli per giornali per poter condividere le loro avventure (Garcia-Ramón et al., 2005).
III CAPITOLO
ALCUNI FENOMENI ATTUALI