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Emancipazione o sfruttamento?

III.3. Il turismo sessuale femminile

III.3.4. Emancipazione o sfruttamento?

La letteratura che recentemente si è occupata del crescente fenomeno del turismo sessuale (sia femminile che maschile) si divide in due contrapposte forme di pensiero.

Per quanto riguarda la prima, gli autori considerano queste forme di esperienze un incentivo alla prostituzione poiché inducono a comportamenti immorali e illegali. Essi ricadono negativamente sulle società coinvolte, portando all’arricchimento di persone di malaffare e a traffici clandestini contro i quali anche le istituzioni lottano apertamente, opponendosi con fermezza soprattutto allo sfruttamento sessuale di minori.

In tal senso la legislazione internazionale affronta chiaramente la problematica; a seguire se ne illustrano i provvedimenti principali42.

Un importantissimo documento in materia è il Codice Mondiale di Etica del Turismo, adottato nel 1999 con la Risoluzione dell'Assemblea Generale dell'Organizzazione Mondiale del Turismo di Santiago del Cile, con gli obiettivi di promuovere un turismo responsabile, sostenibile e accessibile a tutti, di tutelare i minori da ogni forma di sfruttamento sessuale e di contrastarlo in quanto negazione stessa del concetto di turismo. Il testo normativo è successivo alla precedente Risoluzione sulla prevenzione del Turismo Sessuale Organizzato (Il Cairo, 22 ottobre 1995) e alla Dichiarazione di Stoccolma contro lo Sfruttamento Sessuale dei Bambini per fini commerciali (28 agosto 1996).

Altro strumento normativo è La Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali, nota come Convenzione di Lanzarote nella quale si                                                                                                                

42www.osservatoriopedofilia.gov.it/dpo/it/turismo_sessuale.wp;jsessionid=CCF3C726ECFC67ADA79B176

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sottolinea l’intollerabilità e la lotta contro il turismo sessuale. Anche la nuova Direttiva Europea 2011/93/UE del 13 dicembre 2011 ha previsto il reato di turismo sessuale a danno di minori, disponendo che le autorità nazionali degli Stati membri possano perseguire i propri cittadini che abusano di minori all’estero e organizzano viaggi a tale scopo. Per contrastare gli abusi sessuali commessi durante i viaggi all’estero, la nuova Direttiva introduce anche il divieto di pubblicizzare occasioni di viaggio che possano indurre a commettere abusi sessuali su minori.

Istituzioni, organizzazioni mondiali e nazionali e tutti coloro che si oppongono al turismo sessuale guardano negativamente al fenomeno anche per lo stretto legame che esso ha con la diffusione delle malattie a trasmissione sessuale come l’HIV, virus che, in particolare, nel corso degli anni ’80 del secolo scorso ha mietuto vittime in ogni parte del mondo; una piaga contro cui si sta combattendo da decenni ma che è ancora lontana dall’essere risolta, specialmente nei Paesi sottosviluppati del Terzo Mondo.

Questo problema è ancora maggiore all’interno della comunità LGBT poiché è stato riscontrato a livello statistico che l’incidenza di rapporti sessuali non protetti tra omosessuali in viaggio è superiore a quelli tra eterosessuali (Hughes, 2006).

L’altra linea di pensiero sostenuta da alcuni studiosi guarda al turismo sessuale in un’ottica che fa ricadere le responsabilità non sugli uomini dediti a queste pratiche ma sul comportamento e sulla discutibile moralità delle donne. Inoltre, sostiene che la colpa debba essere ricercata nel movimento femminista con il quale le donne stesse non solo hanno rivendicato l’uguaglianza e la parità di diritti in materia di politica e di vita civile ma anche in merito alla propria sessualità. Una libertà di scelta all’interno della coppia che giustificherebbe il desiderio di molti uomini occidentali di recarsi in Paesi esotici per sperimentare la disponibilità e la gentilezza ormai perdute dalle emancipate e sicure donne occidentali (Richter, 2005).

Lo stesso femminismo nel corso del tempo si è diviso in due filoni in merito alla prostituzione: il femminismo liberale e quello radicale. Quest’ultimo vede nella prostituzione femminile una forma di vittimizzazione poiché il corpo della donna è puro oggetto e merce di scambio.

Il pensiero liberale, al contrario, pone notevole risalto sull’aspetto del potere e del piacere sessuale (Herold et al., 2005). Ad esempio il fenomeno delle sex workers che viaggiano verso il posto di lavoro viene accettato e rispettato perché considerata un’attività lavorativa a tutti gli effetti necessaria per la sopravvivenza di queste donne. In altri casi esse percorrono tale strada per scelta personale, si tratta, quindi, di prostitute d’alto bordo che hanno la possibilità di guadagnare ingenti somme di denaro grazie al contatto con una clientela facoltosa. Pertanto, sono due situazioni molto differenti in cui la logica dello sfruttamento segue deboli confini: in alcuni casi la prostituta si colloca in posizione svantaggiata poiché è sfruttata e costretta a condurre una vita difficile, invece, in altre situazioni è una professionista consapevole del suo ruolo e dei vantaggi che ne derivano (Oppermann, 2005).

Interessante sarebbe valutare anche qual è o quali sono le linee di pensiero che il femminismo ha in relazione al tema della prostituzione maschile. Tuttavia, nonostante un’attenta ricerca, non si sono riscontrate informazioni in merito. Il femminismo pare essere più sensibile e più interessato al tema della prostituzione femminile, tralasciando quella maschile a cui sempre più donne fanno ricorso. Si potrebbe azzardare che la corrente liberale sia più aperta a questo fenomeno vista la sua concezione più libera della sessualità e della vendita del corpo, a differenza della corrente radicale che si oppone alla prostituzione in genere poiché socialmente degradante. Tuttavia, non si può generalizzare ed essere certi di tale considerazione poiché non ha trovato riscontro in nessuna fonte e ricerca sino ad ora effettuata.

Alla luce delle considerazioni affrontate, sorge spontaneo chiedersi se la libertà conquistata dalla donna per una maggiore uguaglianza in ogni aspetto della vita sociale e quindi anche nella possibilità di viaggiare svolgendo attività prima di prerogativa maschile come il turismo sessuale, sia un ulteriore passo verso l’emancipazione o sfoci esclusivamente in una mera forma di sfruttamento di esseri umani.

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Il turismo può rappresentare senz’ombra di dubbio uno strumento importante di crescita personale, di ricerca dell’identità non solo individuale ma anche di genere. Bisogna comunque porre molta attenzione ai fenomeni attuali che si stanno verificando, in quanto “La vacanza per la donna costituisce un’esperienza ambivalente poiché da un lato può liberarla dal ruolo stereotipato ma, al contempo, può rafforzare e perpetuare gli stereotipi di genere” (Ruspini E., 2005, p. 38).

La tematica non è di facile analisi in quanto le riflessioni e i dibattiti che essa solleva hanno forti implicazioni di natura etica, sociale e culturale.

IV CAPITOLO

LA DONNA IMPRENDITRICE TURISTICA