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4. Il problema della legittimazione della giustizia costituzionale:

4.4. Nel dibattito d’Oltralpe

Con riferimento ai fattori che sono capaci di accreditare o rafforzare la legittimità del controllo in sede giurisdizionale delle leggi, nella dottrina francese251 (nonostante la tradizionale avversione che connota questa esperienza paradigmatica), emerge come questo controllo sia ritenuto idoneo a contribuire, grazie agli effetti benefici che è in grado di produrre in seno alla sfera giuridica e politica, al miglioramento del funzionamento dei regimi democratici.

Louis Favoreu252, per esempio, ha isolato alcune fondamentali funzioni che la giustizia costituzionale è chiamata a praticare e che, complessivamente, denotano l’attitudine ad incrementarne la legittimazione.

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Ivi, pag. 311-312.

251Per una disamina approfondita delle controversie teoriche sul custode della costituzione tra le due

guerre cfr. BAUMERT, R., La decouvert du juje constitutionnel entre science et politique. Les

controversies doctrinales sul le contrôle de la constitutionnalité des lois dans la République française et allemande de l’entre-deux-guerres, L.G.D.J. Fondation Varenne, vol 33), Paris, 2009. Cfr. anche,

KRYNEN, J., L’Etat de justice. I. L’ideologie de la magistrature ancienne, Gallimard, Paris, 2009; KRYNEN, J., L’Etat de justice. Ii. L’emprise contemporaine des juges, Gallimars, Paris, 2012; WEDENBURG, H., Die debatte um die Verfassungsgerichtsbarkeit und die Methodenstreit der

Staatsrechtslehrer in der Weimar Republik, Shwartz, Gottinggen 1984; ZANON, N. La polémique entre Hans Kelsen et Carl Schmitt sur la justice constitutionnelle, in Annuaire International de Justice

Constitutionnelle, Presse Universitaire d’Aix-Marseille, Paris, 1991; ZARONE, G., Crisi dello Stato.

Scienza giuridica e trasformazione sociale tra Kelsen e Schmitt, ESI, Napoli, 1982.

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FAVOREU, L., Le Conseil constitutionnel régolateur de l’activité normative des pouvoirs

publics, in Rev. dr. pub. sc. pol., 1967. FAVOREU, L., Actualité et legitimité du contrôle juridictionnel des lois en Europe occidentale, in Rev. dr. pub. sc. pol., 1984. FAVOREU, L., La politique saisie par le droit, Economica, Marseilles-Aix, 1987 e soprattutto FAVOREU, L. e JOLOWICZ, J. A., (a cura di), Le controle juridictionnel des lois. Legitimité effectivité et develloppements recents, Paris, 1986.

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Ripercorrendone alcune, si può menzionare una funzione di pacificazione della vita politica, una funzione di regolazione e autenticazione dei mutamenti politici e dell’alternanza, una funzione di irrobustimento della coesione politica della società, una funzione di dilatazione e radicamento dei diritti fondamentali, una funzione di protezione dei diritti fondamentali, e infine anche una funzione di aggiornamento e adeguamento della Costituzione.

Una configurazione dinamica della giurisdizione costituzionale quale modello adattabile all’attuale mutevole realtà democratica, è stata elaborata da Dominique Rousseau253. Diversamente dalla scuola positivista e da quella del diritto naturale – che fondano la legittimità della giustizia costituzionale su una concezione aprioristica della democrazia – l’Autore suggerisce di leggere la legittimazione del controllo di costituzionalità come istituto capace di produrre una definizione della democrazia che lo legittima.

Rousseau non guarda al rapporto che intercorre fra verità democratica e meccanismo di controllo di costituzionalità, ma la verità democratica che è resa possibile da un tale meccanismo, di conseguenza legittimandolo.

La giustizia costituzionale consente l’individuazione di un nuovo linguaggio, di una diversa rappresentazione del processo democratico che fissa la legittimità dell’intero scenario istituzionale sul principio della preminenza della Costituzione e di conseguenza del giudice costituzionale”.

Tale ricostruzione della democrazia – denominata dallo Studioso francese come “democrazia continua” – consente di legittimare un giudice costituzionale che, tramite la propria attività giurisdizionale, si atteggia a costruttore del progressivo farsi norma della parola del sovrano”.254

Si assiste così, ad un epocale cambio di scena, connotato dal passaggio dalla concezione della costituzione come separazione dei poteri alla costituzione come garanzia dei diritti.

Questa nuova concezione della costituzione impatta direttamente sulla relazione governati-governanti. La carta costituzionale disegna, nella giurisprudenza costituzionale, uno spazio capace di assicurare – non solo in senso simbolico, ma

253ROUSSEAU, D., Droit du contentieux constitutionnel, 4° Ed., Paris, 1995, ROUSSEAU, D., La

justice constitutionnelle en Europe, 3° ed., Paris, 1998.

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soprattutto pratico, attraverso l’annullamento della legge – l’autonomia dei rappresentati dai rappresentanti.

La giurisprudenza è, quindi, in grado di produrre una configurazione nuova del divaricamento dei governati e dei governanti, edificando i diritti dei primi come struttura distinta dalle prerogative dei secondi: la Carta dei diritti e delle libertà costituzionali (divenuta anche giurisprudenziale, con l’inclusione nel block de

consitutionnalité dei Grands Arrêts dei giudici superiori) individua lo spazio dei

governati, la legge, invece, quello spazio dei governanti.

Lo spazio che insiste tra la società civile e quella politica è dunque il “posto” occupato dalla giurisdizione costituzionale.

Inoltre, la più evidente conseguenza prodotta dalla separazione governanti- governati, nel senso appena ripercorso, deve leggersi in quella che viene definita come rappresentazione della rappresentazione.

Infatti, “giudicando delle leggi rispetto alla volontà costituzionale del popolo”, il giudice costituzionale manifesta come i rappresentanti non sono invero sovrani, quanto piuttosto soltanto “delegati” del potere sovrano.

Ogni decisione rappresenta la stessa scena: i governanti avendo parlato e deciso in nome del popolo sono, improvvisamente, ricondotti alla loro condizione di semplici delegati e sottoposti a controllo, e pertanto sottomessi, della fonte della loro delega. E questa scena produce, d’emblé, l’immagine del popolo sovrano, poiché le azioni normative dei suoi delegati sono giudicate rispetto ai suoi diritti e alla sua volontà.

L’affermazione della preminenza del popolo rispetto ai propri delegati si compie nella intermediazione dell’organo di giustizia costituzionale; ma manifesto della sovranità del popolo sovrano è – secondo Rousseau – una “carta giurisprudenziale dei diritti e delle libertà” che il giudice costituzionale “ostende” al popolo al fine di renderlo consapevole di questa sovranità. Essa si mostra, invece, ai rappresentanti per renderli edotti della subordinazione che devono al vero sovrano.

Questa “democrazia continua”, tuttavia, sembra dover scontare una (ma, soltanto apparente) contraddizione.

Questa sarebbe rinvenibile nella natura appunto non elettiva dell’organo che garantisce, ma in definitiva in questo modo si può attuare quella mediata

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superiorità del popolo rispetto ai governanti/rappresentanti. L’aporia si supera, infatti, considerando che il giudice costituzionale non è un ulteriore rappresentante del popolo sovrano, che si giustappone al Parlamento o al Governo. Esso è un’istituzione che non rappresenta tout court i suoi deleganti, ma ad essi (e ai sui delegati) fa rappresentazione della sovranità popolare così come sorge dalla costituzione.

Censurando una legge, il giudice costituzionale non lo fa a sanzione di un eventuale travisamento da parte dei rappresentanti della volontà dei propri elettori; né in quanto depositario di una migliore conoscenza, rispetto agli eletti, della volontà del popolo: esso la censura se il testo nel quale trova espressione la sovranità popolare impedisce l’assunzione stessa di quelle decisioni.

In altri termini, la giustizia costituzionale non fa da rappresentante del popolo sovrano, ma rappresenta ciò nel quale, e attraverso il quale questo si immagina e si riconosce sovrano.

Anche in questo caso l’opera interpretativa che il giudice delle leggi perpetra conferisce normatività alla costituzione interagendo nei rapporti di potere con istituzioni di diversa natura, partecipando in questa continuità democratica, come fosse un imprenditore privilegiato fra gli imprenditori legislativi (entrepreneurs

législatifs) – a determinare un regime di affermazione partecipativo/concorrenziale

delle norme.

Tuttavia, l’interpretazione fornita nell’ambito di operatività del giudizio costituzionale non è il portato di decisioni libere e arbitrarie. Essa è, invece, intelaiata in una pluralità di vincoli e di regole, in una competizione che mette in concorrenza protagonisti diversi (parlamentari, docenti di diritto, organizzazioni di rappresentanza, la stampa, la stessa giurisprudenza costituzionale).

Al di là del suo fondamento in Costituzione, il giudice delle leggi trova legittimazione, quindi, anche sul riconoscimento del valore della propria produzione giurisprudenziale da parte della comunità degli interpreti, siano essi giuristi o politici.

Questo riconoscimento, per essere effettivo e costruttivo, presuppone che fra i due interlocutori si interlinei una relazione in base alla quale i secondi, nonostante

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la collocazione istituzionale riconosciuta al primo, possano comunque “ritrovarsi” nella motivazione e nelle argomentazioni che fanno da sfondo alle decisioni.

In assenza di questo si rischia di far esplodere l’antipatia delle istituzioni parallele, della considerazione delle quali e del rapporto che con esse esiste, tuttavia non si deve fare a meno se si vuole assicurata la sua legittimità e legittimazione.

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CAPITOLO QUINTO

IL PROBLEMA DELLA POLITICITÀ DEL

SINDACATO DI LEGITTIMITÀ

COSTITUZIONALE: GENERAZIONI A

CONFRONTO

1. Il “posto” della Corte costituzionale: giurisdizione o legislazione (ergo