4. Il problema della legittimazione della giustizia costituzionale:
4.3. Nel pensiero di Jürgen Habermas
Il riferimento alla natura deliberativa della decisione quale possibile strumento per affrontare il dilemma contromaggioritario ci consente di spostare l’attenzione sulle implicazioni che si riverberano sul tema in esame avendo riguardo alla teoria della c.d. democrazia deliberativa elaborata da Jürgen Habermas.
Secondo il celebre Filosofo tedesco, un giudice costituzionale può farsi garante della sovranità popolare soltanto se è capace di porsi quale servant di una democrazia “deliberativa”245
. Una democrazia, cioè, in cui le decisioni della maggioranza sono sempre basate su procedure pubbliche “discorsive” di formazione della volontà politica, sottratte alla strumentalizzazione da parte di poteri privati e rispettose delle regole dell’argomentazione.
Secondo Habermas, per mezzo dei sistemi di giustizia costituzionale le costituzioni ambiscono alla realizzazione di un piano equilibrio tra stato di diritto e democrazia, riuscendo a tenere insieme i diritti politici che legittimano l’esercizio del potere legislativo democratico con altri diritti, vale a dire con quelli che nutrono le richieste di giustizia e certezza nei suoi stessi riguardi.
243 ACKERMAN, B. Good-bye, Montesquieu, in Comparative Administrative Law, ed. S. Rose-
Ackerman/P. L. Lindseth, Elgar, Cheltenhan/Northampton, 2010, pp. 128 e 129.
244ELY, J. H., Democracy and Distrust: a theory of Judicial review, Harvard University Press,
Cambridge, 1980.
245
HABERMAS, J., Faktizität und Geltung, Subrkamp, Frankfurt, 1992, trad. it. di CEPPA, L., Fatti
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Il pensiero dell’illustre Filosofo percorre due opere fondamentali246 e, ai fini della individuazione del ruolo che si intende attribuire al processo democratico, muove dalla premessa essenziale consistente nella differenziazione fra concezione “liberale” e concezione “repubblicana”.
Nella concezione “liberale” questo processo è funzionale a una programmazione dello Stato nell’interesse della collettività: qui per Stato s’intende l’apparato amministrativo pubblico, mentre per collettività il sistema di economia di mercato che caratterizza la negoziazione e il commercio dei privati, nonché il sistema del loro lavoro sociale.
In questa chiave, la politica deve aggregare e far valere gli interessi sociali dei privati verso lo Stato, e questo deve specializzarsi nell’impiego amministrativo del potere politico nel perseguimento di comuni obiettivi. Secondo la concezione “repubblicana” invece, la politica è irriducibile a questo ruolo di mediazione costituendo, piuttosto, il processo di socializzazione.
La “politica” è allora un luogo di riflessione etica, un medium attraverso il quale singoli individui – consapevoli della reciproca dipendenza in cui convivono – definiscono e svolgono le relazioni giuridiche discendenti da questo reciproco riconoscimento, facendole confluire in “un’associazione di liberi ed eguali consociati giuridici”247
.
Da questo punto di vista, nel quadro delle proprie competenze, una corte costituzionale ha il compito di fare in modo che il processo della produzione del diritto arrivi appunto a compimento nelle condizioni legittimanti d’una politica deliberativa.
Questa, da parte sua, è legata a presupposti momenti comunicativi che non possono essere circoscritti all’istituzionalizzazione della formazione della volontà in assemblee rappresentative. Essa comprende la più ampia sfera pubblica, la sua base sociale e il suo contesto culturale.
È, in buona sostanza, nella sintesi emergente dal confronto tra formazione della volontà istituzionalizzata in regole procedurali e formazione più squisitamente
246
Ci riferiamo anche a HABERMAS, J., Die Einbeziehung des Anderen. Studien zur politischen
Theorie, Frankfurt A.M. 1996, trad. di CEPPA, L., L’inclusione dell’altro, Studi di teoria politica,
Feltrinelli, Milano 1998; ID. Kampf um Anerkennung im demokratischen Rechtsstaat, Frankfurt A.M. 1998, trad. di CEPPA, L., Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, Feltrinelli, Milano 1998.
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“politica” dell’opinione pubblica che si può sviluppare quella prassi discorsiva di autodeterminazione. Diceva il Filosofo che “iniziative, temi e contributi, problemi e proposte di rilievo giungono più spesso dai margini dell’arco delle opinioni piuttosto che dal suo centro consolidato”248.
La lettura dell’autodeterminazione democratica offerta da Habermas, tende a giustapporre la volontà popolare, “sonnecchiante in lunghi periodi di latenza” e l’attività legislativa istituzionalizzata dei rappresentanti eletti: “durante questi lunghi intervalli, le corti costituzionali – custodi d’una prassi d’autodeterminazione momentaneamente congelata nella routine parlamentare – devono farsi “vicarie” dei diritti d’autodeterminazione del popolo.
Il giudice costituzionale diviene l’aiutante repubblicano per quelle libertà positive che i cittadini – benché nominalmente titolari di esse – sono incapaci di esercitare personalmente.
È questa natura “eccezionalista” rispetto alla prassi politica che rende, in definitiva, necessaria e fornisce legittimazione alla presenza d’un “luogotenente pedagogico”. Questi deve agire, però, soltanto nei periodi in cui “il sovrano” preferisce rinchiudersi nella dimensione privata, anziché occupare la sfera pubblica e lì esercitare i suoi doveri.
Dalla concezione procedurale della Costituzione conseguono nella ricostruzione dell’Autore due corollari. Innanzitutto, la giurisdizione costituzionale deve concepirsi quale strumento chiarificatore del diritto. In secondo luogo, essa deve garantire la coerenza dell’ordinamento, individuando il surplus di diritto e concretizzandolo nelle proprie decisioni.
Questo surplus è un diritto non coincidente con l’insieme delle leggi scritte, avendo la sua fonte nell’ordinamento giuridico costituzionale inteso come totalità e potendo fungere da correttivo della legge scritta. 249
Il secondo corollario riguarda, ancora una volta, la concezione della Costituzione e il ruolo che legislatore e giudici costituzionali assumono nell’estensione e nello sviluppo della medesima: il vincolo che entrambi devono
248
Ivi, pag. 326-327.
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riconoscere alla natura procedurale della Costituzione, non conduce ad alcuna assimilazione concorrenziale tra essi.
Alla Corte costituzionale federale le ragioni legittimanti vengono offerte nella prospettiva dell’applicazione giuridica e non in quanto legislatore sussidiario che interpreti il sistema dei diritti secondo logiche di “policy” costituendo una sorta di legislazione implicita.
Per Habermas la Corte di Kralsruhe “riapre il fascicolo di ragioni confezionato dal legislatore nella legittimazione delle sue delibere, e mobilita nuovamente queste ragioni per decidere il caso sintonizzandosi con i principi giuridici vigenti. Ma di queste ragioni la Corte non può disporre liberamente per interpretare e sviluppare in sede immediatamente giudiziaria il sistema dei diritti”250.